Bufale vs Bavaglio, meglio il micropayment?

Su richiesta apro questo topic per discutere di quale dovrebbe essere la posizione del PP-IT in merito alle c.d. bufale online e alle contromisure da adottare. In particolare in ML proponevo di rispondere con una lettera aperta ad Enrico Mentana (qui la proposta di testo) che di recente ha proposto come soluzione la fine dell’anonimato. La mia personale posizione sta già nel pad linkato.

Sto cercando di mettere giù due righe. Penso che convenga scrivere quello che pensiamo poi vedere a chi mandarlo come lettera pubblica (la mia idea attuale sarebbe Mentana, Grillo, Pitruzzella)

La mia impostazione sarebbe la seguente. Se qualcuno è interessato potremmo cercare di avanzare anche qualche proposta

BUFALE vs BAVAGLIO L’argomento è troppo importante perché si risolva nel solito conflitto tifosi-della-rete contro tifosi-altri-media e per questo noi del Partito Pirata in quanto amanti sì della rete, di cui utilizziamo le opportunità, ma attenti anche alle sue minacce, in termini di privacy e manipolazione, ci sentiamo spinti ad intervenire. Non possiamo dimenticare che nel secolo corso i regimi fascisti sono arrivati al potere grazie a bufale e campagne d’odio orchestrate con l’ausilio dei media del tempo, infinitammente meno potenti dell’attuale rete. Ma non possiamo nemmeno dimenticare che questo potere, è stato mantenuto e rafforzato anche chiamando bufale le verità degli avversari. Credo sia inutile esporre qui le modalità, gli effetti e la diffusione della disinformazione quando Noam Chomsky l’ha già fatto disponendo di capacità e carisma infinitamente superiori a quelli che potremmo mettere in campo noi. Quello che vorremmo chiedere e chiederci è perché mai la disinformazione non sia accettabile nel campo della informazione pubblicitaria e sia invece tollerata nei ben più importanti settori della politica e del sociale. La nostra risposta è che sino a ieri la gestione dei media era affidata al potere: il costo di aprire un giornale od una televisione era ed è così elevato che solo chi aveva il potere dei soldi poteva permetterselo. Oggi invece il costo dell’utilizzo del nuovo media, la rete, è irrisorio e quindi la possibilità di informare e disinformare è estesa anche a coloro che non fanno parte del potere e questo ha portato chi governa ad occuparsi finalmente di questo fenomeno che è esistito da sempre. La risposta più sbagliata che possiamo dare oggi è quella di una contrapposizione fra I media di pochgi ed il media di tutti, che si può sintetizzare rozzamente in “L’avete fatto sino ad oggi adesso tocca a noi continuiamo così”; dobbiamo invece approfittare del fatto che oggi è un problema di tutti i tipi di media per trovare tutti insieme, vecchi media nuovo media ed utenti, le modalità migliori per salvaguardare l’informazione dalla disinformazione, nel rispetto della controinformazione.

La mia impressione è che questo è uno di quei temi dove è facile scivolare e farsi male ma ovviamente è proprio su questi temi che non possiamo tentennare. Io dico la mia. Storno fa bene a legare questo problema alla dimensione del “potere”. Storno fa bene anche a dire che la disinformazione è stata fatta sistematicamente anche dai media tradizionali e non è un problema specifico del web. La conclusione invece merita alcune puntualizzazioni perchè la salvaguardia dell’informazione e la lotta alla disinformazione (per non parlare della controinformazione) non può che passare da una definizione di questi termini. E qui vi voglio. Cos’è l’informazione? E la disinformazione? Chi assegna la patente di informazione corretta e quella di bufala o informazione ingannevole o semplicemente inesatta o incompleta o semplicemente parzialmente vera? Ogni tentativo di discriminare manu militari la buona informazione dalla cattiva informazione pretendendo che l’informazione “esatta” non venga cambiata nella sua purezza lede uno dei principi fondamentali della società dell’informazione, il diritto alla distorsione e alla manipolazione dell’informazione. Ognuno di noi è libero di manipolare in qualsiasi maniera l’informazione, che sia un detorurnement linguistico, una citazione, una parafrasi, una citazione musicale o cinematografica. Che sia una foto, un’icona. Anche la satira produce una distrosione dell’informazione. Nella società dell’informazione non puoi e non devi impedire che l’informazione venga manipolata. E questo principio deve valere anche per difendere l’anonimato, punto di forza della cultura pirata. In definitiva dobbiamo rassegnarci alle bufale e capire che questo pericolo è inequivocabilmente legato alla libertà del web. Tentare di regolamentare questo aspetto rischia seriamente di introdurre una cura più dannosa della malattia. Questo non significa neppure starsene a guardare zitti. L’evoluzione produrrà sicuramente una risposta in termini di reti trusted dove le informazioni vengono fatte circolare forti di una fiducia tra i nodi, che sia tramite una block-chain o un social o una reputazione che vi siete guadagnati poco importa, ti affiderai al network preferito proprio come si è sempre fatto con la stampa tradizionale senza ricorrere a censure o divieti. La strategia del controllore/censore è perdente perché il paradigma del web è il Rizoma. Nel rizoma i nodi traditori vengono isolati dagli altri nodi. E se il numero dei nodi traditori è la maggioranza allora vuol dire che il rapporto si è già invertito e che la falsa informazione assurgerà ad informazione vera. In poche parole, la mia posizione è NO a qualsiasi tentativo di regolamentare la veridicità delle informazioni sul WEB.

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Grazie per l’invito a nozze. Innanzitutto vorrei dire, come dissi altrove,che il PP non deve fare informazione, ma comunicazione, cioè mette in comune quello che sa. Il concetto di informazione è quello di dare forma, cioè la forma che voglio a chi ascolta. Quando Rooswelt che era stato eletto perché affermava che gli USA dovevano occuparsi solo dei fatti loro decise di entrare in guerra contro la Germania organizzò un team (non mi ricordo che razza di team) “informazione”, (in realtà propaganda) con il compito di indurre gli statunitensi ad appoggiare la guerra. Non stiamo parlando di buona o cattiva informazione, anche perché è difficile giudicare se non pubblico una notizia o ne metto in evidenza un’altra in base a quello che ritengo o meno importante o se perché voglio ottenere un certo risultato. Stiamo parlando di notizie false. Io non sono disposto a tollerare che i 35 € al giorno ai richiedenti asilo faccia tranquillamente il giro del web suscitando odio nei loro confronti. Esiste naturalmente un problema: come permettere a Galileo di dire che la terra gira intorno al sole e non viceversa? (controinformazione) Perché chi l’ha condannato ai tempi era in perfetta buona fede. Ed oggi per l’11/9? I quesiti sono questi: Come tutelare la controinformazione? Chi valuta la falsità? Come evitare le falsità, se possibile in modo non repressivo?

briganzia ti ha risposto ed io sono d’accordo con lui: non si può reprimere la libertà di parola. Se si tratta della società intera, del Web intero (e non di uno spazio specifico dove si accetta la sua moderazione), non esistono criteri, codifiche, formule che possano distinguere chiaramente il vero dal falso. Ciò non vieta che istituti accreditati, gruppi di persone che si stimano a vicenda, selezionino le fonti ritenute affidabili e seguano quelle, ma questo avviene già. Così come non possiamo “salvare” l’ingenuo che crede a tutto quello che gli si racconta (dal vivo) o che legge sul Web…

Dobbiamo accettare l’umanità per quella che è e tentare di istruirla, diffondere la conoscenza, farla sentire possibilmente curata e non “usata nella produzione” o “spremuta con le tasse” e magari si fiderà di più del proprio governo e di quanto arriva dalle fonti ufficiali.

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non puoi, puoi solamente sperare che l’introduzione di buone pratiche e un mggior livello culturale isolino le falsità che peraltro hanno tutto il diritto di circolare in rete. Una d queste buone pratiche è la verifica delle fonti, cosa che potrebbe essere insegnata a scuola al posto delle barzellette raccontate durante l’ora di religione.

Il rendere i cittadini consapevoli di ciò che accade.

Il propagandare notizie false o tendenziose, tacendo o distorcendo alcuni fatti per far sì che il cittadino giunga alle conclusioni a cui lo si vuol far giungere.

Ad esempio i siti di fact-checking, ma se le cose “degenerano” anche un tribunale. Ciò che è vero e ciò che è falso lo si può stabilire con criteri oggettivi, per fortuna. Altrimenti il reato di diffamazione non avrebbe ragione di esistere.

Esatto. Leggetevi l’ultimo articolo di Falkvinge, che ricorda come questa paura delle bufale e conseguente tentativo di arginarle (in Francia con l’impiccagione, in Inghilterra col copyright) emerse già dopo l’invenzione della stampa di Gutenberg. In effetti, se pensate che il primo libro ad essere stampato fu la Bibbia, vi renderete conto di come le bufale resistono ad ogni innovazione tecnologica.

Esatto.

È chiaro che ci sono alcune cose che in modo evidente si possono stabilire vere o false, ma mi riferivo a quei casi dove la verità non è così evidente e purtroppo ci sono molte situazioni delicate, da interpretare, evidenti per alcuni e assurde per altri, ricerche contrastanti, errori in buona fede, verità di comodo da cui non ci si intende “staccare” (arriviamo al totalitarismo?), ecc.

Comunque le tue conclusioni sono perfettamente in linea con il mio pensiero, bisogna accettare che sul Web circolino le parole liberamente e puntare all’educazione, a reti di notizie affidabili, ecc. Poi se si arriva a pesanti offese, questioni gravi soggette a querele e via dicendo, si seguono le opportune procedure, ma non si può prevenire tutto.

D’accordo con voi e, come dice Sylvan, il problema non è mai tra il bianco e nero ma tra le infinite sfumature di grigio.

Riassunto di quanto ho scritto in lista:

A me piace l’idea che si possa imporre una rete sicura via legge che impedisce il lucro sui dati tracciati semplicemente perchè la rete non permette che si traccino le persone. Tecnicamente è realizzabile, ma ci vuole una legge per imporlo in quanto il business model della sorveglianza non lo batti con la buona volontà. Una legge che impedisce di controllare e lucrare sulla disinformazione… attraverso la privacy radicale dei sistemi di comunicazione ed un social che appartiene a tutti e a nessuno… mentre rifiuto l’idea di lasciare “i social” in mano alle corporations… è come dare in esercizio commerciale la costituzione.

A quanto io sappia la sociologia non conosce altra soluzione al problema che la moderazione (allusione al nostro documento sulla convivenza). La ritengo anche realistica se togliessimo una premessa: che i social e le case editrici fossero responsabili per le nostre discussioni. Il fatto che i nostri dibattiti avvengono sui siti delle ditte piuttosto di trovare spazio nei protocolli fondamentali di comunicazione della rete è un grave errore evolutivo della rete. In questo senso i nostri scambi d’opinione non dovrebbero stare su tali siti e responsabilizzare delle ditte a mantenere la nostra privacy e difendere i nostri diritti civili, che ovviamente non hanno interesse commerciale di fare. Così piuttosto sarebbe logico che ognuno moderasse i propri dibattiti. Personalmente lavoro ad un social network distribuito che da il potere all’autore di un contributo di moderarne il seguente dibattito. Chi si percepisce censurato può iniziare un dibattito proprio. Troll anonimi non esistono perchè tutti sono in qualche modo socialmente connessi tra di loro. Se qualcuno introduce un sacco di utenti fake, lo sbattiamo fuori insieme a tutti i suoi cloni. In questo modo la questione della moderazione non è poi così difficile: come nella vita “reale” tutti hanno una faccia da perdere, perciò si comporterebbero meglio che in Facebook o Twitter dove una ditta gli mantiene una foglia di fico dietro alla quale illudersi anonimi.

I miei punti allora sarebbero:

  1. Impedire il lucro attraverso le fake news per fermare il business model macedone, idealmente combattendo l’economia del tracciamento e passando all’economia del micropayment (TALER).
  2. Penalizzare ogni forma di influenzamento elettorale sulla base di big data, fermando in questo modo l’operato anticostituzionale della https://en.m.wikipedia.org/wiki/Cambridge_Analytica che pare abbia svolto un ruolo chiave in entrambe le campagne BREXIT e Trump. Vedi anche: https://youtu.be/n8Dd5aVXLCc
  3. Costituire spazi di moderazione autonoma (il self-social descritto in alto tipo progetto secushare.org) o moderazione democratica (cioè il metodo del forum PP = separazione dei poteri RdC vs CA) ed abolire sia l’idea di una moderazione statale che quella di una moderazione “commerciale”.

I limiti dell’accettabile sono IMHO definiti dalla costituzione o piuttosto la costituzione andrebbe aggiornata a tenere conto dei pericoli alla democrazia creatisi con la rete. L’amico che ti dice la sua ovviamente non è il problema, ma se un influenzatore fa uso di omniscienza, approfittando dell’assenza di segretezza di comunicazione tra la gente e del tracciamento degli interessi politici a livello individuale, servendo il messaggio studiato ad ogni individuo - ecco che l’intero assetto democratico sul farsi una opinione propria crolla in senso cognitivo, sociologico e perciò costituzionale.

Per dire, non è più democrazia se l’opinione pubblica non si fonda sul dibattito democratico aperto e trasparente bensì sull’influenzamento micro-invasivo grazie alla sorveglianza o il controllo della piattaforma sociale. Il caso Malvinas è l’unico eccezionale caso nel quale un leak ci ha detto cosa è avvenuto veramente - riguardo a BREXIT, Trump, Erdogan, Renzi, AfD, M5S ecc possiamo solo speculare.

Una cosa è sicura, se non siamo radicali nella ristrutturazione della comunicazione in rete, la democrazia ce la possiamo scordare. Non esiste democrazia finché è legale l’uso di Facebook. Si può vietare un finto falso pluralismo che non si attiene a principi democratici. Se poi la gente si fa le piattaforme personali o quelle associative, facciano come gli pare - ma le piattaforme commerciali non sono democratiche allo stato odierno.

A parte venti anni di Berlusconi direi che il popolo italiano è tra i meglio educati al mondo – eppure nessuna educazione può far fronte a manipolazione cognitiva mirata individualmente. Qui stiamo parlando di un cambio di paradigma di comunicazione che sfascia le premesse costituzionali.

La pdl rende illegale di vendere cellulari con preinstallato Facebook mentre richiede che i cellulari o i portatili abbiano un sistema operativo comprovabilmente in regola con premesse costituzionali e provveda a funzioni social cifrate end-to-end - così se gli utenti installano Facebook nonostante il loro cellulare gli offra funzioni costituzionali by default, allora sono attivamente incoscienti.

Finché tali cellulari non esistono, le persone non hanno scelte migliori. Richiedere che tutti si comprino server non è una risposta adeguata e porterebbe ad un tracciamento sistematico delle VPS se non esiste già.

Morozov sulla questione https://pbs.twimg.com/media/C1UiAF3VIAEcCX9.jpg:large

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D’accordo con linyx. Tutta la nostra informazione è filtrata dalle nostre conoscenze,bada bene che se il mondo gira in un certo modo è perché è confacente ad un pensiero globale tollerato. Pensate che ci sono leader politici che tentano in qualsiasi modo di far vedere le cose solo dal loro punto di vista ma se li metti alla prova "Cadono"eccoli balbettano è peccato che noi li non ci siamo.

Morozov mi sta iniziando a dare sui nervi… parla sempre d’impulso e d’istinto… credeva che l’Internet avrebbe apportato democrazia automaticamente. Si è sbagliato e sbaglierà ancora. Questa volta dice che i governi hanno paura del popolo, ma è il popolo che deve avere paura se ci sono persone che hanno il potere, attraverso disinformazione chirurgicamente piazzata individualmente, di manipolare intere popolazioni. Non sono i nostri governi a perderci. Siamo noi che perdiamo quanto è rimasto della nostra democrazia. Morozov intanto è ottimista riguardo al pluralismo… ma allora sei un coglione e non ti sei informato su JTRIG e nulla!

Assolutamente d’accordo. P.S. ho citato lynX che riporta il pensiero di Morozov

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La legge contro le fake news: un misto di ignoranza e voglia di censura

di Fabio Chiusi, valigiablu, 16 febbraio 2017

http://www.valigiablu.it/legge-fakenews-censura/

Se poi la “fake news” è tale da “destare pubblico allarme”, o “fuorviare settori dell’opinione pubblica”, l’articolo 2 aggiunge ai 5 mila euro di multa ammenda anche un anno di reclusione. Di fatto, significa criminalizzare la propaganda. Quando poi ancora quella propaganda sia una “campagna d’odio” contro un individuo, o possa “minare il processo democratico, anche a fini politici”, gli anni di reclusione diventano due, e l’ammenda sale a 10 mila euro.

Si noti la vaghezza della terminologia usata: è qui che risiede la vera pericolosità della norma. Chi decide quali notizie siano “esagerate” o “tendenziose”? Come si stabilisce che ne è colpito un “settore dell’opinione pubblica”, qualunque cosa significhi?

Supporto inaspettato a questa linea di pensiero da parte di Evan Williams.

La confessione del fondatore di Twitter: «Internet non funziona più. E scusateci per Donald Trump»

Evan Williams ha dato vita a Blogger, Twitter, Medium. E, in un’intervista al «New York Times», spiega perché, secondo lui, l’architettura del web sia in questo momento spezzata: «Favorisce gli estremi. Pensavo che il mondo sarebbe diventato automaticamente migliore se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi. Mi sbagliavo»

«Il problema», continua, è che «non tutti siamo persone perbene. Gli umani sono umani. Non è un caso che sulle porte delle nostre case ci siano serrature. E invece, Internet è iniziato senza pensare che avremmo dovuto replicare questo schema, online».

«I sistemi basati sulla pubblicità», spiega, «premiano inevitabilmente l’attenzione di molti utenti. Non possono premiare la risposta corretta. I sistemi pagati dai consumatori, invece, possono premiare il valore di un contenuto. La soluzione è una sola: le persone dovranno pagare per contenuti di qualità».

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