Ho scoperto da poco il sito della P2P Foundation, e devo dire che è una scoperta illuminante. In particolare sto leggendo Commons Transition: policy proposal for an Open-Knowledge Commons Society, il cui pregio principale è quello di essere coerente col titolo: in effetti fornisce una proposta politica per un nuovo modello di società, basato sul concetto di conoscenza libera e di Commons (intendendo con questo termine i beni comuni, sia quelli “tradizionali” sia quelli digitali come il software libero). Quando l’avrò finito proverò a farne un sunto in italiano, ma per il momento mi limito a indicare alcuni motivi per cui lo consiglio.
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Fa capire che il binomio che andrebbe superato, al giorno d’oggi, non è tanto quello tra “destra/sinistra” (declinato nelle varie versioni locali [labour vs liberal, repubblicani vs. democratici etc.], quanto quello tra Mercato vs. Stato. Il modello di società che si delinea è alternativo a questo binomio, con un ripensamento del ruolo di entrambi. Reso possibile proprio dalla nascita di filosofie come quella dei Commons e di movimenti come il software libero, l’open access etc. L’utilità che ne deriva a noi consiste nel fatto che in questo si può marcare la distanza col M5S (e altri movimenti populisti): i grillini criticano il Governo perché -ad esempio- il PIL non cresce abbastanza, ma non mettono sostanzialmente in discussione il fatto che la crescita del PIL debba continuare a essere visto come l’indicatore fondamentale della salute di un Paese.
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Viene fatta un’ottima analisi dei modelli di business in Rete. Si va dal “netarchical capitalism” di Facebook e Google al “capitalismo distribuito” di Bitcoin, e si mettono in evidenza le criticità delle varie licenze libere. Infine, si propone un’alternativa a tutti questi modelli (la Peer Production License), cercando di far convivere l’openess con la possibilità di sviluppo economico solidale (è complicata da spiegare in tre righe, va letto il testo originale per capire). Mi sembra interessante anche alla luce del dibattito che c’è stato anche inter nos tra @lynX e @mauro sulla tecnologia blockchain.
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Fornisce (pagg.39-47) un ottimo spunto di “storytelling” che lega i Commoners ai movimenti definiti “neo-tradizionalisti”, con ciò intendendo tutti quei fenomeni che criticano gli aspetti più distruttivi della globalizzazione e cercano invece di recuperare le tradizioni locali. L’esempio che cita sono i popoli indigeni, ma più in senso lato credo ci si possa tranquillamente includere tutto il mondo che ruota attorno alla riscoperta del biologico, del km0, dell’economia circolare etc.
In estrema sintesi: va letto perché hanno fatto ciò avrebbe dovuto fare il PP tanto tempo fa.