La mentalità degli italiani è ferma al dopoguerra

A luglio un sondaggio di SWG ha rilevato che ancor oggi la massima aspirazione lavorativa per 1 italiano su 2 è il posto fisso, possibilmente nel pubblico impiego. Il che spiega come mai in un concorso per 10 posti da bidello si presentino in 3600, molti dei quali laureati. Chissà, forse è per questo che il Governo Fuffi si prepara ad assumere mezzo milione di dipendenti pubblici, ufficialmente per questioni di turn-over. Tutto ciò mi ricorda qualcosa.

Altro aspetto interessante è il tema della casa di proprietà. Qui ci sono le percentuali europee (ma sono dati del 2015; quelli più aggiornati si trovano ad esempio qui); ora, vabbè che l’economia è una scienza molto complessa e che ci sono tantissimi fattori in gioco, ma guarda caso i Paesi con le più alte percentuali di proprietari di case sono quelli dell’Europa del Sud (più la Romania). In Germania, ad esempio, i proprietari di casa risultano poco più della metà. Sarà mica che nell’era della mobilità e della società liquida rimanere fissi in un luogo vita natural durante è un limite?

La sensazione generale è che questi dati rispecchino quella mentalità diffusa nel popolo italico (magistralmente interpretata da Luca Medici, in arte Checco Zalone), che ha come massima ambizione nella vita il trovare lavoro sotto casa nel paesello d’origine, spostandosi solo per le ferie estive. Uno scenario idillico-bucolico da piccolo mondo antico: in un’immagine, la Gubbio di Don Matteo (non a caso la serie più vista di sempre in Italy). E la politica -almeno quei partiti che vanno tanto di moda ora- continua ad alimentare l’illusione che quel mondo possa tornare

aspetta, la questione della casa di proprietà è determinata anche dal fatto che in media abbiamo gli affitti più cari. Ora è evidente che se paghi la stessa cifra per un alloggio, sia come canone d’affitto sia come mutuo, il tentativo di acquistare l’abitazione c’è. Almeno la rivendi e ti prendi come minimo i soldi che ci hai messo. Cioè non tutto è spiegabile come riflesso culturale e sociale, c’è anche l’aspetto economico che conta, come nel numero di persone che rimane sotto lo stesso tetto dei genitori fino e oltre i trenta

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Dibattito stimolante. Certamente credo che l’ambizione al posto fisso sia determinata da alcuni fattori:

  1. pochissima mobilità sociale
  2. assenza di meritocrazia
  3. erogazioni economiche da parte delle banche (“mutui”) solo con contratti a TI

è chiaro che il popolo italiano ha dovuto adattarsi a questo sistema e così ecco che il posto fisso, magari statale, diventa -alla Checco Zalone- INTOCCABILE !!!

E lo dico da dipendente pubblico a TI, quindi teoricamente un “privilegiato” che però ha barattato assenza di meritocrazia e lavoro sottopagato per uno stipendio sicuro in fondo al mese. Il tutto in un contesto, come è Siena (ma che, di fatto, è simile in molte parti d’Italia), dove uno specialista IT è “il ragazzo che ti aggiusta il piccì”…

Tutto vero, ma chiediamoci perché ad esempio altrove la situazione sia diversa. Negli USA lavorare nel pubblico mi pare sia considerato in modo diverso: un atto quasi “eroico”: nelle serie TV c’è il cliché del medico/poliziotto/agente_fbi che a un certo punto viene contattato da qualche azienda privata che gli offre uno stipendio molto più alto, ma Egli rifiuta per un innato senso di patriottismo. Anni fa Michael Moore girò SickO, un documentario sulla sanità in America (pre-Obamacare), e a mo’ di provocazione visitò l’Europa chiedendo ai medici dipendenti pubblici se andassero a lavorare in autobus perché non potevano permettersi una macchina. Lui sapeva che era una domanda ridicola, ma se l’ha fatta è perché da quelle parti evidentemente il comune sentire è quello. Insomma, nel privato si guadagna di più, anche se magari dipende dal fatto che si sgobba di più (e qui si vede la differenza di weberiana memoria tra i Paesi con background protestante, con annessa forte etica del lavoro, e quelli cattolici). Da noi è il contrario: nell’immaginario comune il posto pubblico è sinonimo di garanzie di stipendio decente e diritti, contrapposto al settore privato che è una giungla di sfruttamento spesso sottopagato.

ho lavorato sia nel pubblico che nel privato, quindi posso dirti che nel privato si guadagna, in genere, di più.Se sei bravo, fai carriera o hai opportunità. Se sei davvero bravo, qualche soddisfazione te la togli. Nel pubblico no: accetti di fatto di lavorare in un contesto mediocre pur di godere di stabilità, stipendio fisso, sicurezza del lavoro e -per me essenziale- orario che permetta di vivere una vita fuori dall’ufficio (alle 16:00 sono a casa).

Sono scelte, è chiaro. Come è chiaro che si può vivere la giornata lavorativa in tanti modi. C’è chi si gira i pollici e chi decide di sfruttare l’opportunità per imparare. Io sono un tipo che non è capace di stare senza far niente, quindi nei momenti di meno carico faccio comunque qualcosa, come ad esempio il progetto Nidan (http://nidan.tk/) che uso anche per lavoro.

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Ah, bello Nidan. Io uso il protocollo PSYC per le notifiche, ma cambia poco alla fine… HTTP ha i suoi vantaggi.

Riguardo alla proprietà — è una delle poche cose andate bene in Italia, che la gente almeno possiede dove abita — in Germania i sistemi di sussistenza esistenziali sono necessari anche per quello, perché solo i ricchi possiedono la propria casa, mentre gli altri devono rastrellare 500-1000 € al mese per esistere.

Il metodo americano è di comprare e vendere casa ogni volta quando ti sposti… in Europa non si usa fare così, ma forse sarebbe il caso…

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è un problema farlo quando per acquistare una casetta devi indebitarti 30 anni con la banca, con tanto di ipoteca per il doppio del mutuo. Ed ogni volta, se calcoli il montante del mutuo stesso, ti accorgi che quel buco da 100.000€ te ne verrà a costare almeno il doppio…

Si, vero. Il modello americano funziona solo se hai la casa dei nonni da vendere, cioè se non sei una famiglia che prolifera. Senza eredità hai lo stesso problema ovunque… anzi, in Europa almeno puoi cambiare abitazione in affitto — spostandoti, usando meno metri quadri. In USA se ti ritrovi incapacitato a pagare il mutuo sei immediatamente col culo per strada.

il problema della casa è indubbiamente reale. Ma secondo la mia modesta opinione si supera garantendo un reddito dignitoso e mobilità sociale. L’assistenzialismo purtroppo genera solo parassitismo e mediocrazia.