La chiusura degli Internet Store mette in evidenza il fatto che le licenze degli ebook (come di tutti i servizi) é una licenza d’uso che puó essere revocata in ogni momento. Questo solleva parecchi interrogativi, tra i quali la cancellazione della memoria collettiva, ma anche l’impossibilitá da parte dell’individuo di conservare i propri libri senza che questi vengano cancellati. Credo che il PP dovrebbe costruire un dibattito politico su questo argomento.
Vuoi censire librerie digitali o fare qualcosa di simile?
No, penso che dovremmo inserire nel nostro programma politico qualcosa che limita questo potere da parte degli store. Per esempio, nel mondo reale io entro in un negozio acquisto un libro, e poi posso andare in un altro negozio e acquistare un altro libro. Entrambi i libri finiscono nella mia libreria a casa mia. Col meccanismo creato da Cloud + DRM, questa cosa che diamo per scontata diventa molto difficile da mettere in pratica. Tralaltro ci sono anche problemi di distorsione della concorrenza. Io credo di avere il diritto di fare questo, quindi dovrei essere in grado di scaricare la copia, metterla nella mia libreria personale e poter aprire il libro con qualunque software, anche perché ho il diritto di aprire quel libro dopo 20 anni e leggerlo a mio nipote.
Forse intendi il 171? Diciamo che la modalitá con cui si raggiunge l’obiettivo poi va studiata bene, perché quando si cancella o riscrive un articolo bisogna andare a vedere quali sono le conseguenze. E poi c’é comunque il diritto dell’autore a guadagnarci e a vedere che il proprio investimento nel suo lavoro non é stato tempo perso. Bisogna trovare un bilanciamento. Il problema é che attualmente la situazione é sbilanciata a favore di pochi giganti che non solo conservano la proprietá del libro, ma hanno anche la tua libreria. Cioé usano il DRM per fidelizzarti.
Sì, il 171. Andrebbe studiata la cosa. Il punto non è vietare i DRM, almeno all’inizio, ma rendere legale romperli, che insieme alla proposta di legge sul file sharing potrebbe già far molto.
Per romperli ci vogliono competenze tecniche, devono criptarli con la chiave che gli fornisco io, o con una chiave che loro mi assegnano e alla quale io ho accesso. Un’altra opzione, che non so se mi piace, ma é interessante esplorare e potrebbe essere l’obbligo di separazione tra la biblioteca personale e lo store. Cioé l’obbligo di trasferire il libro una volta venduto ad un soggetto terzo che garantisce entrambi, con l’obbligo di rilasciare il libro decriptato a scadenza del diritto d’autore.
Non c’è bisogno di un soggetto terzo: io compro un libro digitale e deve poter essere mio, scaricabile, nel mio computer e in tutti i miei dispositivi. Se me lo vogliono vendere criptato (con la MIA chiave pubblica), ben venga. Sennò in chiaro: I don’t care. Ma tutto il resto sta a zero. Basta vendere il “diritto (temporaneo) di lettura”: io voglio comprare solo il libro. Ah dimenticavo: se lo voglio regalare, devo poterlo fare. Prestare? Pure. Donare ai miei figlioli post mortem, pure. Con buona pace della Micromerdasoft.
Già da tempo diverse case editrici hanno iniziato ad affittare i contenuti dei libri, invece di vendere gli e-book. Come con i video.
Alcuni editori, come O’Reilly, vendevano i loro e-book senza DRM direttamente dal loro sito, permettendo di fare tutte quelle cose che dice @solibo. In base a una specie di patto tra gentiluomini: compri i nostri libri e ci fai quello che vuoi, ma non ci fai una concorrenza sleale. Oggi, O’Reilly affitta l’intera libreria come servizio di formazione online, in cambio di un canone mensile. Se vuoi comprare i libri, vai in Amazon, o nel play store di Google se li vuoi senza DRM. Almeno per ora. Ma per quanto? Altri editori invece affittano pezzi di libri in base ai crediti acquistati.
In questo scenario, le proposte che ho letto qui sul DRM o sulla condivisione dei file appaiono già anacronistiche. Perché gli editori hanno già subito l’impatto del file sharing (anche se illegale) e sono già corsi ai ripari.