A chi risponde la segreteria?

Sottotitolo e riepilogo: come ottenere un partito che sia pilotato dai suoi elettori invece che dai suoi iscritti, come fare in modo che il gruppo decisionale, comunque ampio o ristretto, si senta vincolato a seguire la volontà degli elettori?

Siamo passati da una deprimente visione fatalista ad una rivalutazione del lavoro di Casaleggio nel MoVimento 5 Stelle, per poi pensare a come sia possibile costruire praticamente un partito del genere, in cui il decisionale condivide e le moltitudini vengono coinvolte.


La segreteria di partito, l’assemblea di partito. Quelle cose che prendono le decisioni nei partiti storici.

Alla fine rispondono in un modo o nell’altro agli elettori, e la segreteria anche all’assemblea.

In un sistema democratico liquido, come “imporre” questo feedback loop con l’elettorato? Come far rendere conto a chi vota che non sta decidendo soltanto per sé? (O sta decidendo soltanto per sé?)

Penso di non aver afferrato quello che stai cercando di comunicare. Riesci ad essere più esplicito ed un po’ più “terra terra” affinché io possa comprendere il contesto nel quale vorresti inserire questa “segreteria di partito”?

Non sto parlando di introdurre una segreteria di partito, solo il feedback fra chi decide (assemblea in questo caso, assemblea+segreteria nel caso classico) e l’elettorato.

Già mi risulta più chiaro.

La segreteria di partito viene roteata nel caso faccia cazzate. Come dici tu “ne risponde” direttamente, deve renderne conto sia all’assemblea che all’elettorato.

Le nostre decisioni, in questo caso l’assemblea, non può essere roteata per evidenti motivi. Se facciamo cazzate, tutti ne rispondiamo direttamente all’elettorato. Paghiamo con la nostra stessa credibilità. E con la credibilità della democrazia online.

Quindi siamo fottuti, stai dicendo.

Sei sicuro che non esista una soluzione – strettamente umanistica, eh – per ricordare all’Assemblea che sì, possono fare quello che vogliono, ma anche no, ne rispondono all’elettorato per cui stanno decidendo?

Esattamente.

Dubito possa esistere una soluzione al problema, senza stravolgere il concetto di democrazia attuale. Il che implica un board.

Eh, no. Col cazzo che c’è quell’implicazione.

Per questo chiedevo di una soluzione umanistica, non legalistica. Pensa alle scuole di partito care a @f00l.

Ma… cosa implica la ricerca di una soluzione umanistica?

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Sociologicamente parlando (che ultimamente vedo sociologia ovunque), la vedo come una ardua impresa. Mi viene difficile ipotizzare una soluzione che possa responsabilizzare gli iscritti ad un utilizzo corretto della piattaforma a fini politici. Così come mi viene ancor più difficile pensare possa esistere una tale soluzione e nel contempo non incidere negativamente sulla partecipazione. Una sorta di “scuola pirata”, o se vogliamo definirla così “accoglienza” che funzioni… ma il problema è che chi insegna, influenza. E pesantemente. Rendendo obbligatorio un percorso di istruzione, perdi attivi e tanti.

Implica sperimentazione. E non so se possiamo ancora permetterci di sperimentare.

Quindi mi sembra di capire che diventa necessario recuperare in quantità ciò che perdiamo in qualità. La cosa non mi piace troppo, anche perché significa tunare (esternamente, direi) gli algoritmi che da “dati” estraggono “informazione.”

Che è un po’ esattamente ciò che ha fatto Casaleggio: ha deciso le regole e non le rende modificabili ai “cittadini” a cinque stelle, perché come estrarre informazione dalla massa informe lo decide lui, esternamente e facendo le necessarie valutazioni politiche e sociali.

Vi rendete conto che possiamo accusarli quanto vogliamo di averci fregato le idee, ma alla fine, loro hanno un’implementazione funzionante e in produzione, cazzo. E probabilmente è anche l’unico modo che hanno trovato, e probabilmente ancora buttavano fuori gli amici di liquid proprio perché sapevano che sarebbe finita così. Davvero ci serve la Casaleggio Associati, con una segreteria eletta e una piattaforma molto grossa ma fondamentalmente propositiva?

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Non strettamente, si riesce a canalizzare utenza secondo me con opportune strategie. Il problema è non far implodere su se stessa l’utenza che convogliamo nel sistema decisionale… e se non riusciamo a gestisci in 30, nemmeno fosse una riunione di condominio, figuriamoci in centinaia.

Anticipando un’implementazione possibile, un direttorio di 10–12 persone che vive su Vilfredo, e una camera propositiva che in realtà è un sistema di sondaggistica.

Quelle centinaia abbiamo bisogno di convogliarle in iniziative, non sul decisionale, ma contemporaneamente dobbiamo riuscire a responsabilizzare il decisionale (Vilfredo proprio perché non si voti e ognuno sia ascoltato, 10–12 per limiti sociali, etc…)

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non capisco il presupposto di partenza: perché mai un partito dovrebbe essere pilotato dagli elettori? Ma se così fosse allora più che un direttorio occorrerebbe un probivirato capace di cassare le iniziative che si ponessero al di fuori delle linee guida del manifesto / statuto. Dopodiché tutto quello che viene fuori dalla piattaforma di decisione…

Forse “pilotato” è il termine sbagliato. Ma non si può fare un partito dimenticando che in ultima analisi deve rispondere agli (ai suoi) elettori.

Il direttorio invece del probivirato perché:

  • gli elettori e gli iscritti sono due gruppi diversi, quindi “tutto ciò che esce dalla piattaforma” non è un’opzione;
  • hai bisogno di una certa quantità di mediazione e valutazione politica, e non vuoi, in realtà, impegnare la gente in un parlamento finto, quando puoi averla per strada a fare “propaganda.”

Il problema è che gli (i suoi) elettori non sono identificabili. PD docet: per le primarie, si sono presentati più avversari del PD che simpatizzanti (lo so che esagero) firmando ridendo l’adesione ai principi del PD (che ovviamente non conoscevano, immagino). D’altronde anche ai tempi della democrazia ateniese non facevanole parte del demo le femmine e chi non aveva antenati ateniesi. La rassegnazione è un’ottima cosa-

Non è vero che non sono identificabili, servirà un’indagine di mercato.

PD docet: vogliono acchiappare tutto, fanno votare chiunque assicurandosi che l’assemblea* rispecchi l’intera società invece del solo establishment. (Certo, pubblicità a parte.)


* = l’assemblea del pd è elettiva – composta di rappresentanti dei circoli – ed elegge a sua volta il segretario

L’indagine di mercato individua la tipologia, non il singolo elettore e non può essere la tipologia a votare. E allora tanto vale pensare che la tipologia degli elettori sia quella degli iscritti, altrimenti gli elettori voterebbero altrove.

Ma non deve votare: deve essere interpretata politicamente dalla struttura decisionale.

Ma neanche per sogno, fra gli elettori e gli iscritti c’è almeno un fattore 1000. È una questione di responsabilità rappresentativa.

(Oddio, può avere senso pensarlo, visto che credete di essere un partito di elettori invece che di politici; ma un partito così non va da nessuna parte.)

In nessun partito esiste un’assemblea più vicina alle esigenze dell’elettorato che in un partito con una AP in LQFB. Il problema del PP-IT è semplicemente che non ha raggiunto >10.000 persone in AP. Da quel punto in poi il problema non si pone. Lo dissero già i sondaggi per il PP-DE nel 2012: il corpo degli iscritti ai Piraten è vagamente più giovane della media, ma rappresenta tutte le sfaccettature della popolazione tedesca– non solo del proprio elettorato (che verrebbe declamato come “clientelismo”).