Caso pertusillo: Acqua vs Petrolio (?)

Alla fine persino il PD-presidente della Regione Basilicata ( regione in cui sono nato e cresciuto ) ha deciso di sospendere le attività dell Centro Oli dell’ ENI, dopo che la stessa ENI aveva ammesso lo sversamento da due dei suoi depositi di olio greggio.

Ovviamente “c’e’ grande preoccupazione per le ricadute occupazionali” : anche qui, come con l’ILVA di Taranto, si propone sia pure in modo piu velato il ricatto occupazionale: se vuoi mangiare, lascia che ti avveleni. Ma questa volta non si tratta di emissioni in aria, ma di inquinare una grande fonte di acqua potabile, che finisce nei rubinetti della Puglia meridionale. Eppure, fino ad un mese fa, si negava ancora. Gli interessi in gioco sono tanti: i pozzi della Basilicata forniscono circa il 6% dei consumi nazionali (dati 2015). Regione ed enti locali campano ormai da anni grazie alle royalties, eppure l’oro nero ha portato pocho o zero sviluppo economico nella regione

Tra le tante domande che questo episodio, come altri simili, fa sorgere, ne voglio proporre due:

  1. Come evitare il ricatto occupazionale ? A me sembra principalmente un problema culturale, ma non escludo che si potrebbe rendere più chiara la egislazione in materia di priorità tra Salute e Economia.

2.L’ARPA Basilicata ( come in circostanze simili l’ARPA Pglia) non sembra aver fatto il suo lavoro con la dovuta diligenza. Perchè?

P.S : aggiungo, come uteriore (triste) spunto di riflessione la storia del Tenente Di Bello.

Ottimi spunti di discussione. Non vorrei dare l’impressione di utilizzare la questione del reddito come la panacea per tutti i mali ma il ricatto occupazionale lo affronti anche garantendo un reddito e andando ovviamente alla ricerca di economie più sostenibili. Qui si apre ovviamente una discussione che meriterebbe un capitolo a sé e che riguarda non soltanto la Basilicata ma un po’ tutta l’Italia. Turismo, arte, cultura, settore agroalimentare, sono sufficienti per sostenere buona parte dell’economia Italiana? Sull’ARPA invece bisognerebbe indagare (corruzione? mancanza di fondi? impeparazione? …)

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Concordo, anche se dubito che un RdE da solo possa bastare. Ma certamente l’uomo comicia a ragionare di politica (o di ambiente o di salute ) solo quando la sua pancia ha smesso di urlare, di qui non si scappa … ecco perchè i politici che incitano a “ragionare con la pancia” oggi vanno per la maggiore.

Per quando vorrei rispondere di si, sono convinto di no. All’Italia occorre anche l’industria. Ma bisogna renderla compatibile con il nostro territorio.

Quello che mi sconcerta di più è la mancanza di dati certi … secondo me ogni sito industriale di una certa rilevanza dovrebbe essere messo sotto sorveglianza continua 24x365, con procedure di raccolta dati ben definite e ripetibili e dati resi pubblici via internet … forse questo aiuterebbe a far scattare prima certi allarmi, evitando a gruppi con interesse politico od economico di occultare od offuscare dati sugli impatti ambientali …

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concordo, sarebbe bello ma è assai improbabile. Però leggendo i dati scopro che il turismo in Italia rende poco meno del 15% del PIL e che la Germania (e anche Francia e GB) hanno dal turismo un indotto economico assai superiore a quello dell’Italia. Inoltre sembra che soltanto 3 o 4 regioni italiane stiano valorizzando il proprio patrimonio turistico il che significa che il potenziale Italiano è assai più grande di quanto lo è ora. Forse non ne potremo ricavare il 100% del PIL ma ci si potrebbe avvicinare anche se occorre fare tanta strada. Attualmente siamo più impeganti a costruire inutili infrstrutture che tra l’altro fatichiamo a manutenere e che cadono a pezzi piuttosto che a valorizzare e curare il territorio.

Premetto che per me non si tratta di un ricatto occupazionale ma di un dilemma (o altra parola) occupazionale. La parola è importante, perché la parola ricatto anziché far sì che si riflettera sulle alternative reali (chiusura od occupazione) porta semplicemente ad “odiare” l’ENI (o chi per essa). Premetto anche che nell’alternativa industria/ambiente i sindacati sono sempre stati fortemente a favore dell’industria/occupazione. L’Italia non è indipendente quanto a risorse di base (idrocarburi, minerali, …) ed oggi nemmeno dal punto di vista dell’agricoltura. Non ha quindi alternative allo sviluppo industriale, certo sviluppando il turismo il più possibile. Maturità significa accettare rischi ed eventuali danni senza tragicizzare, perché è una scelta obbligata. Naturalmente occorre minimizzare rischi e danni. Ma è difficile in un paese dove il livello d’ignoranza dei cittadini permette di manipolarli a proprio piacere. Vedi il TAP che permette di alimentare l’ILVA a metano anziché a carbone, con scarso danno ambientale, perché gli ulivi saranno riposizionati.

Naturalmente gioverebbe la Decrescita Felice

Un altro dato che non mi sarei atteso

probabilmente causato da una alimentazione meno scarsa o insalubre che altrove. Poi ditemi che questa non è una risorsa che vale più del petrolio.

Il dilemma diventa ricatto quando lo si usa per forzare l’accettazione di . situazioni anche di dubbia legalità. Il caso Pertusillo sarebbe dovuto scoppiare nel 2010, quando ci furono le prime rilevalzioni anomale. Se non è successo è perchè qualcuno ha ritenuto che la mancanza di royalties e/o eventuali ricadute occupazionali avessero priorità rispetto alla salute pubblica … non so se l’ENI abbia o meno consapevolmente avallato questa scelta, ma comunque di ricatto si tratta…

Ed a Taranto i sindacati hanno perso credibilità anche per questo …

Maturità significa minimizzare i rischi, effettuare un monitoring costante e trasparente delle attività ad alto rischio ambientale e dare comunque priorità alla salute, come succede in altre parti del mondo. Maturità significa agire con trasparenza, non nascondere lo sporco sotto il tappeto per anni, perchè il lavoro viene prima. Maturità significa scegliere le politiche industriali più confacenti con il territorio e con i suoi cittadini, non quelle che massimizzano i guadagni dei tuoi amici industriali o ti permettano di sviluppare la tua rete clientelare. Ad esempio a Taranto in tempi pre-italiser (divenuta l’ILVA di adesso) era presente una discreta industria di cantieristica nvale, di cui oggi sono rimaste solo tracce. Perchè non cercare di sviluppare quella, invece di creare dal nulla cementifici, raffinerie e acciaierie che poco hanno a che fare con la vocazione del territorio?

Mi sfugge come si possa produrre acciaio - che è una lega di ferro e carbone - senza carbone, ma leggo che c’e’ chi dice che si può fare ( ma sospetto che questo significa importare acciaio prelavorato, e mi chiedo quando sia economicamente fattibile).

Comunque sia questa scelta è indipendente dal TAP, che approderebbe a circa 150 chilometri di distanza sull’altra costa della Puglia. E comunque, vincolare la più grande acciaieria d’Europa ad una fornitura di gas proveniente da un paese lontanissimo e con regime tutt’altro che democratioco non mi sembra una grande scelta strategica.

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Vero ma questa è la “maturità degli altri” e poco ha a che fare con l’occupazione ma con la cultura industriale, con le capacità individuali, con la corruzione, … Spesso la corruzione è la forzatura di chi, incapace, non si vuole assumere rischi. Uno dei problemi sono le risorse umane che hai a disposizione e, naturalmente, la cultura.