Mi spiace ma questa mi era sfuggita! Non vorrei essermi espresso male ma quello che intendevo è che al corso di tecnica delle costruzioni puoi spiegare benissimo le proprietà dell’acciaio per lo scopo in questione ma a un fisico specialista nel campo delle leghe metalliche, quella spiegazione sembrerà comunque una volgare semplificazione. Dipende sempre tutto dal punto di vista e dalla messa a fuoco desiderata
Guarda, ciò che dici è probabile e frequente (anche nei libri di scuola di mia figlia alle elementari io e mia moglie abbiamo trovato strafalcioni da picchiare la testa contro un muro!), ma non necessario.
Nelle lezioni che ho tenuto ai bambini di 5a elementare, ho spiegato il protocollo ed il routing IP. Ho omesso alcuni dettagli (e ho spiegato perché li omettevo) ma non ho detto nulla di falso o impreciso. Stessa cosa per il One Time Pad: tutto ciò che ho spiegato era corretto e preciso, ma ho usato somma/sottrazione in modulo invece dello XOR bit a bit (cioè ho reso l’algoritmo leggermente più complesso, ma più comprensibile) ma ho spiegato che era una versione “per 5a elementare ma sicura esattamente come quella originiale” dell’algoritmo di cifratura OTP.
In altri termini, secondo me, se conosci veramente una materia, la sai spiegare omettendo alcune parti che potranno essere aggiunte dopo, ma senza banalizzare concetti per renderli più digeribili.
epperò…ragionando su questo contesto specifico: un segnale che mi porta a ragionare che il cibo è composto di tanti elementi che possono essere potenzialmente nocivi, è qualcosa che spinge ad informarsi comunque, magari non subito, magari non sempre, ma comunque spinge ad approfondire rispetto a nessuna informazione. Mi vengono in mente l’acquisto delle uova: in molti le prendono per l’aspetto, il costo o la marca. Oppure perché sono “biologiche”, senza nemmeno sapere cosa significa. Però basta mettere in chiaro sull’etichetta alcuni elementi, come quello di aver allevato i polli in gabbia o all’aperto, che scatta il ragionamento. Per esempio nelle giovani donne in età riproduttiva queste etichette acquistano improvvisamente molto valore ed in genere trasmettono questo modo di valutare il cibo nei loro figli. Molte sono le patologie legate all’alimentazione e quando ci s’imbattono le persone tendono a chiedere maggiori informazioni. Metterle sull’etichetta aiuta a fornire degli elementi per approfondire che, altrimenti, sarebbero più difficile da raggiungere…
Non ci sono dubbi sulla utilità di una etichetta chiara.
Ma non può banalizzare ed appiattire la complessità, o finisce per disinformare invece di incuriosire.
Se tutti i prodotti si ritrovano con un semaforo rosso o giallo, cosa vuoi che faccia il consumatore disinformato? Penserà “paraculi” e ignorerà l’etichetta come rumore di fondo.
La dicotomia fa bene/fa male (anche se divisa in un arcobaleno di 25 gradazioni) ha solo una utilità manipolativa.
Vogliamo dargli un significato utile? Bene: usiamo le informazioni raccolte dai supermercati sugli acquirenti per tracciare le abitudini, per permettere al Ministero della Salute di correlare prodotti e malattie. E a quel punto facciamo partecipare le aziende produttrici alla spesa sanitaria che causano come esternalità del proprio business.
A quel punto le 25 gradazioni sono utili.
Tutti i dati riportati su un’etichetta sono utili. Ma il semaforo, cioè un giudizio, dato per di più da un produttore e non da un ente terzo è un invito alla manipolazione. Se il semaforo è riferito a 50 g. di pane avrà un colore, se riferito a 50 kg di pane un altro e questo è solo il parametro più semplice che puoi definire a tua scelta. Abbiamo tutti sentito la campagna contro l’olio di palma perché “faceva male”, era cancerogeno, … In realtà nulla di tutto questo (a dosi normali) ma fa malissimo all’ambiente. Come rientra questo nel semaforo? Il pericolo maggiore, oltre alla possibilità di manipolazione (semaforo per un cioccolatino, mentre tutti se ne hanno di più ne mangiano di più) è l’abitudine al semaforo, per cui tutte le altre considerazioni svaniscono. (il semaforo delle uova di galline allevate all’aperto è uguale per quelle allevate in gabbia con antibiotici)
Forse la battaglia di Coldiretti sarebbe piú condivisibile se invece di metterla in termini di difesa dalla nazione la mettevano in termini di difesa della trasparenza nei confronti dei consumatori…