Conoscenza, semplicità, complessità, consumo (Semaforo nutrizionale)

Il tema è tutt’altro che semplice. La notizia è questa: la multinazionale svizzera Nestlè introduce una nuova etichettatura (Nutriscore) che, attraverso una semplificazione estrema ma efficace, indicherà la qualità nutrizionale del cibo. Una specie di semaforo che divide gli alimenti buoni (fibre, frutta) da quelli cattivi (grassi, zuccheri).

Alcune autorità sanitarie e in particolare il governo francese, la commissione europea e la World Health Organization delle nazioni unite, appoggiano esplicitamente il metodo perché è un modo per far conoscere in modo chiaro e semplice se il prodotto ha un impatto positivo o negativo sul bilancio alimentare individuale.

In Italia è rivolta. Coldiretti, Filiera Italia, Federalimentare, CIA e altre organizzazioni di categoria guidano la fronda contro Nestlé “rea” di adottare in autonomia questo sistema anticipando addirittura le autorità nazionali, dichiarando che le etichette sarebbero addirittura ingannevoli perché, in base alla notevole schematizzazione dell’apporto nutrizionale, rischiano di sostenere modelli pericolosi per la salute (leggasi per la produzione incapace di adeguarsi agli standard produttivi delle grandi multinazionali). Tutte unite nella difesa del Made In Italy, ma soprattutto la produziona nazionale, che, a loro dire, sarebbe penalizzato da questo sistema di etichettatura.

Alla fine è più importante l’industria nazionale o la conoscenza dei cittadini?

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Certo che se lo fa Nestlé che ha maggiormente prodotti nocivi nel portfolio qualcosa di losco ci dev’essere… ;D

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chi la fa la fa: l’importante è che garantisca trasparenza e conoscenza. Invece di bloccare la conoscenza si attivassero misure di trasparenza anche verso la Nestlè in modo da ampiare la conoscenza e non ridurla.

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Piú che altro questa posizione conferma ulteriormente la mediocritá dei capitani dell’Industria italiana. Geni assoluti che si sono fatti fregare il primato delle pizzerie da catene americane come Apache Pizza o Pizza Hut, la ristorazione italiana da catene tedesche come Hostaria e Vapiano, il primato del caffé da Starbucks e Nestlé. Non sono stati capaci di tenersi una compagnia aerea in un mondo che usa l’aereo piú del treno Ryanair é nata in un paese di 4 milioni di abitanti. Adesso si fanno rubare il primato del cibo perché hanno paura che si scopra che il cibo che producono non é salutare e non sanno come reagire ad una cosa che non é un problema legale, ma é capacitá di fare promozione, li voglio vedere, quando i prodotti nestlé avranno i bollini verdi e i loro prodotti niente. Addirittura scomodano la dieta mediterranea, perché é noto che nella dieta mediterranea si cucina con burro e zucchero. Le melanzane, l’olio d’oliva, i pomodori pachini, i ceci, gli asparagi, il pesce, le carni bianche, cosa c’entrano con la loro incapacitá cronica di promuovere l’Italia e la sua ricchezza? A meno che non pensino che la dieta mediterranea sono la nutella, i kinder pinguí, i biscotti col latte e gli hamburger surgelati. Forse dovrebbero veramente chiedersi cos’é la cultura e la cucina italiana. Scusate lo sfogo.

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Mah. Che la Coldiretti sia un covo di conservatori e un bacino elettorale dei nazional-populisti è fuor di dubbio, ma questa operazione della Nestlè mi ricorda tanto quello che ha fatto Starbucks sul caffè Fair Trade (per chi volesse approfondire, qui c’è un articolo che ho scritto tempo fa).

Oddio, io tenderei a fidarmi di più di sistemi di certificazione gestiti da realtà indipendenti. Il negazionismo scientifico a fini di business è una strategia vecchissima.

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Personalmente non condivido l’allarme, ma condivido lo scetticismo.

Certamente la Nutella non fa bene. Come non fanno bene molti prodotti Nestlé.

Ma il salame? È cancerogeno, ma in quale quantità? Il salmone è uno dei pesci più ricchi di metalli pesanti… e omega-3.

In certe condizioni, cereali, frutta e fibre sono dannosissime (celiachia, diabete, diverticolite… )

Insomma dubito che 25 categorie siano in grado di classificare il cibo, quanto meno quello non industriale.

Il che significa due cose:

  • le aziende che non ottimizzano per quella classificazione ne risulteranno danneggiate a vantaggio di quelle che lo fanno (by design) e saranno costrette ad alzare i prezzi per compensare il minore volume di vendite (o ad abbassarli per provare a mantenere il volume invariato)
  • le persone con un livello culturale (ed economico) maggiore ignoreranno bellamente la nuova classificazione, mangiando meglio ed in modo più vario

Personalmente sono contrario all’idea, ma non mi preoccupa particolarmente: basta insegnare a non farsi condizionare dal marketing.

Mi fa piacere che alcuni apprezzino questa novità di Nestlé: l’azienda in passato si è comportata molto male (famoso l’affare del latte Nestlé in Africa), tanto che ha subito molti boicottaggi. Ma se è giusto dare anche a chi esce di prigione una nuova opportunità a maggior ragione è corretto riconoscere ad un’industria i meriti quando mostra pentimento per i danni alla salute perpetrati in passato e cerca di rimediare introducendo soluzioni innovative che grandemente contribuiscono alla cosa più importante che abbiamo: stare in buona salute. Sono certo che Nestlé, nella sua onestà, avrà organizzato i parametri correttamente, a costo di dare semaforo rosso a molti dei suoi prodotti. Da notare che se la speranza di vita nel mondo cresce diminuisce invece la speranza di vita sana ed una delle cause è proprio il cibo spazzatura che ingurgitiamo tutti i giorni.

Se pensate di intervenire all’AO di Torino vi conviene portare un po’ di soldi, perché una mia pozione,ricavata da erbe autoctone del biellese, trovata in un diario della mia bisnonna fa miracoli, non solo per la salute (depura ogni organo) ma anche per l’estetica (ferma la caduta dei capelli e brucia i grassi

Era già stato introdotto nella perfida Albione. Qui il primo articolo che mi è capitato sotto mano:

ATTENZIONE Ogni semplificazione è una perdita di conoscenza Populismi ed altre aberrazioni culturali prosperano sulla semplificazione. Semplificando semplificando si arriva a due contendenti ed a quel punto è guerra

Il maggior contributo alla cultura italiana da parte della politica è stato dato dal partito radicale degli inizi con l’introduzione del concetto di “diverso” che tagliava la gola al dualismo “Giusto / ingiusto” “Vero / falso”, …

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basta guardare cosa dice di mangiare Salvini sul suo profilo con l’intento di fare indentificare l’italiano medio… :sob:

hai ragione non avevo pensato al fatto che un bollino indurrà le persone a fidarsi senza controllare sul serio…

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Volevi dire di Milano, vero?

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A me in ogni caso questa mentalità anti-anglosassone mi fa girare sempre i coglioni, come a rimarcare poi una supremazia altra (quale, italica? mediterranea? greca?).

Let’s move on please (notasi come l’inglese sia la lingua del pianeta Terra, no way out, così, tanto per dire…)

Non è mica una novità che il cibo italiano sia pieno di sale e grassi, oh. Ma è tutta una questione di quantità, sul medio periodo: se un giorno mangi mezzo chilo di pasta non succede niente; se ne mangi 200g al giorno per un mese, prendi 4 chili senza neanche accorgertene.

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Ho spostato 4 messaggi in un nuovo argomento: La perfida Albione

Non c’è nessunissimo dubbio! La conoscenza è un po’ come i pani e i pesci della parabola: è l’unica risorsa che puoi dividere e moltiplicare insieme e che puoi condividere senza ridurre proporzionalmente in base al numero di fruitori…

La conoscenza è sempre un vantaggio, anche quando è parziale

altrimenti, se dovessimo respingere le semplificazioni, dovremmo abolire anche la scuola elementare.

Comunque l’OMS ha stilato un documento importantissimo ( https://italiarappginevra.esteri.it/rappginevra/resource/doc/2019/05/draft_document.pdf) in cui lega l’adozione di una corretta e immediata comunicazione all’adozione di una dieta sana. Eppure “l’ambasciatore” italiano all’OMS ha lanciato una critica di fuoco in cui sostiene che non vi sia nulla di scientifico nella classificazione “a semaforo” e che il miglioramento in termini di salute pubblica o di lotta all’obesità non sia dimostrato da alcun dato.

La realtà è che di dati scientifici a favore delle etichette chiare ne stanno emergendo molti ma il problema è che, secondo la lobby dell’agroalimentare, il made in Italy ne sarebbe penalizzato. Da una parte infatti la coldiretti è focalizzata sull’esaltazione della “qualità topografica” (p.es: le cose che si fanno tra Reggio e Parma sono sempre migliori, che siano grassi, o documenti di certificazione…); dall’altra, le grandi industrie alimentari italiane sono da anni focalizzate su prodotti iperenergetici…

A questo si aggiunge la grettezza localistica e la presunzione di eccezionalità dell’imprenditore medio italiano che si caga sotto di fronte ad ogni novità che non gli consenta di farsi bellamente i cacchi suoi! Ma l’imprenditore italiano conosce benissimo anche la cultura media del consumatore italiano… Un consumatore che è ormai abituato da circa sessant’anni a comprare riso vialone, senza sapere che in quel pacchetto potrebbe non esserci neanche un chicco di vialone!

Pensate che Danone, multinazionale che produce oltre a prodotti mediamente sani, anche un fracasso di monnezza, prevede di introdurre l’etichetta a semaforo su tutto l’assortimento entro la fine del 2020. Ma non lo farà… Indovinate dove? … ma in Italia, naturalmente! Una scelta che discrimina i consumatori italiani per una ragione chiara: “gli Italiani sono stupidi e se vedessero un semaforo rosso o arancione potrebbero esserne terrorizzati” (per non parlare dei Romani, che di fronte a un semaforo arancione, inizierebbero ad accelerare vertiginosamente, andando a sbattere con il carrello contro gli scaffali)…

Pertanto, siccome, noi lo facciamo diverso (e meglio, ovviamente), l’Italia ha presentato alla Commissione Ue una proposta alternativa al “semaforo”: l’etichetta “a batteria”. Praticamente la stessa cosa ma con l’icona della batteria del cellulare… Perché? Beh… perché no! Io sarei stato curioso di vedere le facce dei colleghi europei quando hanno sentito la traduzione della proposta italiana (quelli che si tolgono le cuffie perché pensa a un’interferenza, quelli che ridono sotto i baffi, quelli che fanno le faccine buffe…)! Già mi immagino i “gegni” del nostro marketing alimentare che usano il simboletto della batteria stracarica (=cibo monnezza) per connotare positivamente la “ricarica di energia” apportata da quel cibo…

L’unico problema è che in questo modo rimane ancora troppo riconoscibile il cibo monnezza: io avrei inserito più prudentemente una rappresentazione su piano cartesiano della funzione che descrive l’assimilazione energetica del prodotto alimentare (Y) sul tempo successivo all’assunzione (X). Naturalmente, in bianco e nero, per non traumatizzare i bambini…

Per concludere, non scandalizziamoci se la Nestlé introduce una misura positiva per i consumatori. Se lo fa è perché le conviene, perché il suo marketing ha già trovato il modo di gestire il rischio, perché probabilmente già conosce bene il fatto che la prossima ventura dirompente novità legislativa sarà quella della riconsiderazione dei danni causati dal consumo di zucchero.

Per chi comunque non volesse arrendersi a questo tentativo di lasciare gli Italiani nella loro grassa (non crassa) ignoranza, è possibile firmare la petizione per richiedere l’obbligatorietà del “Nutriscore”. Pensate che la raccolta firme è stata promossa da SETTE associazioni dei consumatori: una francese (la promotrice UFC-Que Choisir), una spagnola, una olandese, una belga, una tedesca, una polacca e una greca. Non ce ne è invece nessuna italiana! La stessa Altroconsumo che è sempre stata favorevole all’iniziativa, non ha potuto dare l’adesione… per motivi organizzativi!!! Il ché mi sembra dimostri che aver destinato fondi pubblici alle sue iniziative, sia stato effettivamente un lungimirante investimento…

Beh… riscattarci dalla vergogna di sembrare l’unico popolo che si beve (e si mangia) qualsiasi cosa, mi pare un motivo valido per sperare che siano tantissimi gli italiani che vorranno firmare quella petizione: https://eci.ec.europa.eu/009/public/#/initiative

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Alla scuola elementare insegnano concetti semplici, non semplificati.

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Sì, insegnano anche concetti semplicemente semplici… Ma alle elementari la maggior parte dei concetti vengono semplificati: l’evoluzione, la struttura della terra, l’atomo, praticamente tutta la storia antica, la geometria, la fluidodinamica (no, quella no :wink: ). E non lo si fa solo alle elementari, ma è un metodo didattico che si pratica in tutti i corsi compresa l’università, fino ad arrivare ad un elevato livello di conoscenza settoriale della materia…

Non sono molto d’accordo: premesso che si potrebbe senza ombra di dubbio affermare che ogni conoscenza è sempre parziale (o almeno most of them), a volte è peggio la parziale conoscenza che nessuna conoscenza.

Se non conosci per niente qualcosa, magari la temi, magari non ti esponi pubblicamente con un pensiero a riguardo o peggio come esperto. Se invece conosci parzialmente (ma non sufficientemente) qualcosa, i danni potrebbero essere superiori ai vantaggi.

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E devo dire che è un metodo che ho sempre trovato discutibile: infatti coi miei figlioli non lo uso. Cerco se un concetto è difficile di dargli più strumenti (semplici) che permettano loro la comprensione piuttosto che dargli in pasto una semplificazione che da un lato non fa capire molto e dall’altro potrebbe risultare persino ingannevole.

Per non parlare delle semplificazioni a livelli più alti d’istruzione: chi semplifica all’università è un criminale.

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Dipende dal punto di vista. Di solito disprezziamo la conoscenza parziale solo perché siamo convinti di avere una conoscenza completa