Contro l'alienazione, una politica commossa (Franco Arminio)

La politica come mezzo per dare dignità alle persone. Internet da luogo di liberazione sta diventando l’ennessima arma di rimbecillimento di massa. Mi sembra un buon spunto di riflessione.

###Per una politica commossa

3 gennaio 2016 - **[Franco Arminio][1]**, **"paesologo"**

Viviamo in una democrazia zippata, dove tutti parlano e questo parlare produce solo altre parole. È l’apocalisse del chiasso inconcludente, dell’agonia ciarliera. La Rete è una nave che ti imbarca anche se non ti presenti al porto. E allora si tratta di navigare controcorrente in questo mare senz’acqua, dove sembra finta perfino la vita più convinta. Bisogna combattere contro l’autismo corale, darsi cura di accendere focolai di condivisione nella realtà più che nel virtuale. (continua su comune-info.net)

Grande bellezza e compassione in questo manifesto, ma trovo un pochino ironico come esso stesso pare essere un contributo alla categoria degli appelli inconcludenti.

È giusto accorgersi che esiste un problema, ma serve anche di comprendere come si forma e come si può combattere. “La politica deve avere un sapore di alba” non è una analisi di cause e metodi ma somiglia più ad una ulteriore voglia che qualcosa sia diverso, senza ben capire di preciso cosa.

  1. Intanto il dibattito in rete è inconcludente perché sotto #sorveglianza e perciò sotto manipolazione. Non possiamo concludere nulla se non siamo veramente liberi di pensare. Perciò ci vuole una rete sicura, piattaforme libere, un exodus di massa dalla cloud. Parafrasando Richard Stallman, la cloud è semplicemente computer altrui, che lavorano con interessi divergenti dai tuoi. Può sembrare ovvio e semplice, ma secondo me qui ci vuole una legislazione europea apposita.
  2. Siamo inconcludenti perché non siamo organizzati. E non basta lanciare l’ennesimo nuovo progetto politico per risolvere ciò. Se non usiamo strumenti di #deliberazione collettiva non siamo un coro unito ma solo una cacofonia di opinioni simili ma non precisamente correlate. In particolare le opinioni sul da farsi sono sempre divergenti e dense di superficialità per mancanza di competenza, opportunità d’attracco per populismo e demagogia. La #democrazialiquida può apportare il metodo per arrivare a piani d’azione ben ragionati ed allo stesso tempo condivisi. Il rappresentantivismo è fallito. Anche quello con le buone intenzioni. Chiamalo di sinistra se vuoi.

Non è la politica che deve. Per citare Zygmunt Bauman, la politica è suddita di due problemi strutturali:

  • L’esigenza dei politici di farsi rieleggere;
  • La finanza che pretende profitti.

Se la politica non siamo noi e non disinneschiamo il meccanismo di esigenza di rielezione, qui non si va da nessuna parte e il fenomeno di #interregno (cit. Bauman) potrebbe trasformarsi in un mondo di schiavitù globalizzata, mascherata da democrazia. Anzi, mascherata da #interregno indeterminato.

E questa volta non sappiamo nemmeno chi è a capo di tutto. Magari non lo sanno nemmeno loro. In passato almeno c’era un despota in vista. Il capitalismo invece è un meccanismo autonomo, una specie di distributed autonomous organization per usare un termine dal mondo del Bitcoin. E tale meccanismo si è immunizzato contro il potere della politica, corrompendo il rappresentantivismo ovunque si manifesti – dai ministri riuniti nella eurogroup ai personaggi di fiducia nelle NGO. Dalla commissione trilaterale al segretario di partito di quartiere. Dai trattati WTO al rappresentante eletto del condominio.

Magari ancora non abbiamo trovato la ricetta perfetta per una democrazia partecipata, ma ogni anno che passa senza provarci (ed imparare dagli errori precedenti!!! – un aspetto spesso pigramente ignorato) è un anno perso.

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Riflessioni molto giuste, ma credo che non hai colto il nocciolo del messaggio del decalogo.

Siamo alienati e disorganizzati, completamente vittima dei meccanismi di mercato (che aumentano le disuguaglianze e quindi devastano il mondo). Accendere focolai di condivisione nella realtà vuole essere un invito a stringere relazioni umane vere, basate sulla condivisione dei problemi, delle esigenze, delle soluzioni. E farlo di persona, in carne e ossa. Questo è necessario per diventare comunità e cambiare le cose.

Bada bene, ciò non è alternativo, ma complementare, a quello che sottolinei tu.

Uhm, ti capisco. Ma da quando abbiamo la rete abbiamo un problema… la gente viene a “sapere” di “noi” prima ancora che noi gli abbiamo stretto la mano. Si fanno una opinione prima ancora di avere parlato con chiunque. Si fanno influenzare da chi gli ha passato la notizia.

Allo stesso tempo si è creata una cultura di profonda mancanza di fiducia. Se arriva uno e propone qualcosa, si può anche essere d’accordo, ma i tempi quando ciò implicava che si può delegare a tale persona sono passati. La delega di potere ci ha tradito così spesso, che la prendiamo in considerazione solo per persone che conosciamo di persona – e visto che ci facciamo una opinione prima ancora di incontrare le persone, è improbabile che avvenga alcuna delega di potere.

In pratica il vecchio modello dell’opposizione antecedente l’avvento dei social si impalla sulle sue stesse premesse. In questo generale sentimento del nessuno si fida più di nessuno è già tanto se riusciamo a raccogliere persone disposte almeno a provare una architettura democratica liquida.

In pratica se Varoufakis si limita a fare l’alleanza dei soliti partiti restanti della sinistra avrà diffilcoltà a fare numero, perché la maggioranza troverà qualche scusante per non fidarsi. Per gli italiani per esempio basta se in quell’alleanza ci sta Rifondazione.

Le parole di quel decalogo sono belle, ma temo molto ingenue, fondamentalmente ignorano l’egoismo umano che c’è e rende di difficile attuazione il decalogo. Comunque, non voglio commentarlo, piuttosto mi soffermo sul seguente punto:

Lo studio per i giovani (università) ed il lavoro (spesso a tempo pieno oppure più lavori part time o lavoro + studio) sono il motivo per cui le persone non hanno tempo. A questo occorre aggiungere lo spazio per lo svago (chi prende seriamente studio e/o lavoro facilmente manco lo trova) ed eventualmente la famiglia. Questo assorbimento nei ritmi di formazione e produzione è alienante. Di conseguenza non ci sono energie residue per impegnarsi, per riflettere, per aver voglia di qualcosa e tanto meno per organizzarsi.

Quando il tempo è poco hanno successo le distrazioni o gli intrattenimenti facili, immediati, magari che ti raggiungono in casa: TV con i suoi mille mila canali, youtube, videogiochi, oppure uscite per bere, distrarsi un po’, possibilmente divertirsi un po’. Non lo dico con fare critico – massima libertà per ogni modo di passare il tempo – ma senza energia il tempo libero diventa piuttosto passivo. Del resto non c’è spazio per un “secondo lavoro libero”.

Riguardo le relazioni umane, c’è un problema nella natura umana stessa. Considerando che non abbiamo una vita tribale e più nemmeno contadina (che ci obbligavano con attività urgenti a fare cose insieme), certamente si è passati ad un contesto che incentiva molto l’individualismo. Però, liberi da necessità di sussistenza, gli umani cercano intrattenimento: qualcuno che li faccia divertire, buone cose da mangiare e belle cose da vedere, a questo si aggiunge il desiderio sessuale che condiziona molte uscite, per esempio, in discoteca, ma anche nei pub.

È pressocché irreale (o rarissima) la figura di qualcuno che si interessa dei problemi degli altri, che cerca soluzioni a tali problemi (ammesso sia possibile), che sia in grado di ripristinare un primordiale senso di comunità quando questa di fatto non c’è (da soli non si fa comunità). Gli umani cercano divertimento, comodità, sfoghi (fisici con lo sport o psichici), mangiar bene, affetto e sesso. L’essere umano è un animale che cerca di soddisfare i suoi bisogni; l’empatia è un fatto piuttosto contenuto e anche quando c’è spesso non si sa come risolvere le situazioni spiacevoli e si finisce per dover coltivare un certo “spirito cinico” (nel senso che ci si abitua ai senza tetto, al pazzo che passa per strada, allo squallore di tante periferie… o alle brutte notizie che circolano).

Soluzioni? Credo che occorre partire dai desideri umani e cercare di soddisfarli, per se stessi e se possibile aiutare gli altri a farlo (un egoismo consapevole praticamente). Trovare il modo di far pressione per far passare qualche riforma al sistema finanziario e a beneficio dei lavoratori che dia più tempo alla gente (l’obiettivo minimo è avere delle tutele che permettano di vivere bene con un part time). Un uso intelligente di Internet per rendere la collettività capace di produrre lavori validi e coerenti, dato che con una certa soddisfazione di base e tempo libero in larga misura, allora è credibile che si faccia qualcosa per alcuni dei problemi generali che abbiamo (in politica in primo luogo, ma molto altro dai software alla cura delle conoscenze).

Si chiama perdita di capitale sociale (argomento trattato da Putnam in particolare nel libro “bowling alone”) e dipende certamente dai ritmi di vita, ma Putnam dava una grossa responsabilità alla televisione (quando ha letto non c’era internet, cercherò di aggiornarmi).