Cooptazione e conflittualità: perché ci servono entrambi

In che senso?

Lo puoi diventare, se sei curioso. Chi non è curioso si terrà ben lontano da chi mette la curiosità al centro del proprio sistema di valori ed accetta ciò che ne consegue.

Io voglio (e sono abituato a…) un partito aperto e democratico in cui viga una forte delega di fiducia. La “democrazia” del partito fa le scelte di natura politica e definisce le urgenze politiche e sceglie coloro i quali rappresentano i migliori interpreti di quelle scelte e gli dà pieni poteri e tempo a sufficienza per mettere in pratica le cose, e se del caso ritira la delega esecutiva. Un partito in cui il contratto sociale sia al contempo semplice e fortissimo.

Aggiornare questo modello ad un sistema multilaterale e mediato come quello del Partito Pirata non è semplice, visti taluni vincoli che potremmo voler supportare.

Una cosa è certa però, per me «democratico» non significa che qualsiasi minuzia deve essere delegata ad una somma di opinioni private, ma solo alla volontà generale. Ecco, su questo il manuale di Dottrina della Costituzione di Carl Schmitt, scritto appena ieri nel 1928 dice parole molto chiare.

La sfida è quella, riuscire ad avere un modello con un distinto livello di apertura e democrazia, rifuggendo dalle campane fasulle di quelli che urlano che solo una possibilità di apertura e di democrazia è possibile (invariabilmente la loro), per trovare insieme la nostra apertura e democrazia.

Una sfida difficile ma possibile.

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ti ringrazio per lo sforzo ma questo partito ha già una sua identità politica e un progetto che sta definendo poco alla votla e che trova nel CEEP una sintesi dalla quale ripartire. L’identità che ho in mente è altrettanto aperta alla differenza e al dialogo, ma non necessariamente consente a chiunque di decidere del futuro del partito, quello è in mano ai soli pirati e a nessun’altro

Parliamone. Io sarei anche disponibile ad un Jitsi prossimamente, se non siete già tutti in ferie,

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Questo se si pensa che il voto sia il tutto e non la ratifica di un processo concluso. La partecipazione alla elaborazione delle politiche che possono soddisfare la maggior parte dei cittadini o degli iscritti è la parte fondamentale non il voto. Senza la partecipazione il voto resta effettivamente un processo privato ma esponendosi nella discussione ed ascoltando le altre opinioni ci si avvicina ad una volontà collettiva. Se in AP non si può discutere tranne che per mozioni ed emendamenti la partecipazione va cercata prima e può essere registrata sia nei GdL sia dopo la presentazione quando è pronta per essere discussa ed emendata in AP. La politica ha bisogno di tempo per giungere a una volontà collettiva ma il momento burocratico dell’approvazione rimane necessario. Al massimo possiamo dire che è meglio non votare troppo presto e su tempistica, quorum di partecipazione e di approvazione non si è ancora discusso molto perché per alcuni sono una perdita di tempo e si cerca un decisionismo da “migliori”. Non per me.

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No non sei l’unico a vedere questo partito così:

Io non condivido questa visione.
E direi anzi che è in netto contrasto con quanto descritto da Statuto e Manifesto.
E la cosa che non capisco è perché abbiate scelto quello Statuto e quel Manifesto se ne volevate uno diverso.

Quale?
Dove viene descritta? Nel manifesto che volete abrogare con una scusa ridicola?

No, questo è ciò che una minoranza sta cercando di imporre a tutto il partito.

Perché siamo chiari, se le proposte di @Cal non hanno raggiunto il 50% di interesse che pretendono di imporre al partito significa che siete sempre più una minoranza. E ne siete consapevoli, tanto da cercare disperatamente di blindarvi alla guida di questo partito.

Attenzione: non sto parlando di te specificatamente.
Mi hai già spiegato di non avere ambizioni in tal senso e ti credo.

Ma questo non rende vera la tua affermazione.

Se lo fosse, non avreste bisogno di cambiare in fretta e furia il programma, il regolamento, il manifesto o lo statuto. Potreste aspettare il 2020 e vedere le vostre istanze approvate in assemblea. Sapete che non accadrà.

Non è che ripetendo la stessa cosa di continuo (ogni domenica, per esempio) puoi sperare che diventi vera, eh.

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Cosa esattamente?

Che non hai ottenuto il sostegno del 50% dei pirati e le tue mozioni non passerebbero i quorum che impongono?

Non ha bisogno di diventare vera. E’ già vera.

Qui presumi una invasione di falsi pirati. Parli anche di una visione personale, servirà allora che la proponi e poi venga approvata in modo che i nuovi pirati siano consapevoli degli scopi e degli obiettivi pirati che proponi. Io sono qui perché ho letto il CEEP ed ho trovato adeguati statuto, manifesto e regolamento ma non so ancora se entro nella categoria dei pirati puri perché da quello che vedo non è stata ancora formalizzata. Si possono certamente condividere un nucleo di valori e scopi preciso per essere pirati ma poi il resto resterà a disposizione della democrazia.

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Questa qui:

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E quale parte di quella affermazione sarebbe falsa?

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Il problema, caro @briganzia, e capisco benissimo tutto il fulcro delle tue argomentazioni sull’identità del partito, non si risolve elicitando in qualche modo, scrivendo manifesti o proclami su quale dovrebbe essere questa identità, ma cogliendo l’attimo magico che ci ha permesso per comune sentire di esserne riconoscibilmente interpreti e qui sì per cooptazione agire per riconoscere nuovi interpreti generosi, e viaggiare così di nuovo interprete in interprete da coinvolgere. E figurati se non ho già idee in merito. È un ruolo per cui l’autorità del partito non serve a nulla, ma ci vuole autorevolezza, e quella l’abbiamo conquistata e la stiamo coltivando bene. Ma è anche vero che dobbiamo lasciare il partito-strumento nelle mani di chiunque mostri di avere quel mix di comprensione, com-passione e condivisione per assumere il proprio generoso ruolo strumentale nelle battaglie politiche. In questo la struttura tradizionale del PP è forse migliore anche di altre tradizioni politiche. Questo è il gioco di una doppia cooptazione - verso i politici e verso gli esecutivi. Se lo strumento-partito fosse già funzionale a questo, staremmo un bel pezzo avanti e potremmo concentrarci sull’aspetto puramente politico, ma non è così. Le scorie del democraticismo e della disfunzionalità sono ancora molto presenti nel partito. Così come, un po’ tragicamente, c’è ancora questa mentalità di arrovellamento sulle questioni tecniche ininfluenti (è un verbale politico quello dell’ultima assemblea?), intese per far funzionare un volontarismo dal quale però (lo dico con grandissimo rispetto per tutti quelli che danno volontariamente una mano) dovremmo presto liberarci per liberare risorse per la politica (anche perché non è giusto che qualcuno possa avere tempo di occuparsi di obiettivi politici e altri debbano stare alle macchine in retrovia). Il problema è: riusciremo a rendere funzionale lo strumento-partito? Sai che la mia risposta è sì, se però sceglieremo chiaramente di rendere viva da subito la politica e se riusciamo a sfuggire dalle trappole organizzativo-strutturali che, in un certo senso, sono inutili.

C’è un passaggio del tuo primo messaggio che si lega bene ad altre successe nel periodo elettorale. Tu parli in un punto di «senso di colpa» (e non è la prima volta che sento parlarne, anche se questa volta ne parli in altro senso), a quel tempo si parlava di «siamo tutti amici». Ora io credo che si debba essere chiari. La politica si nutre di confronto e dialogo, ma una volta fatta una scelta assieme, assieme non si fanno prigionieri, nessun sentimentalismo, o sei funzionale al progetto, o ti rendi tale, o non lo sei e ciò che avviene deve essere conseguente. Nessuno vuole un decisore politico incapace di mettere in atto una azione per mero sentimentalismo. Diverso è impiegare un tempo anche cospicuo per considerare ogni possibilità per mantenere (ben oltre il livello della fredda razionalità) il più coeso possibile il gruppo, diverso è tentare ogni atto possibile per porsi nelle scarpe dell’altro anche sconosciuto, o impegnarsi profondamente per introiettare nei propri obiettivi quelli altrui, anche non direttamente espressi o rappresentati, e diverso è non saper raggiungere il proprio obiettivo per non turbare un equilibrio amicale. Le basi morali di un partito arretrato, dal quale dovremmo rifuggire metodologicamente, sono proprio quelle di una sorta di familismo amorale che contrasta con l’ethos comunitario che il partito deve ancora sviluppare. Se di senso di colpa vogliamo parlare è solo quello dell’inazione e del non aver tentato tutto per raggiungere gli obiettivi che ci stiamo ponendo.

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Cristo tra Houellebecq ed @exedre ho l’imbarazzo della scelta. Godo.

Dici L’UNICO voto in assemblea causato dall’assenza di collegio arbitrale? Vuoi andare a leggere come lo ho argomentato?

Comunque la tua idea che scegliere i candidati sia equiparabile alla cooptazione degli iscritti continua a essere fuori da questo mondo e non hai detto nulla a riguardo.

Se sei di parte non puoi essere totalmente inclusivo perché devi essere selettivo

No, sono le persone a essere selettive a scegliersi il partito. Poi il partito deve essere strutturato in modo tale che nessun iscritto lo possa distruggere dall’interno — se invece tentiamo di impedire alle talpe di iscriversi abbiamo già perso, è una battaglia che non possiamo vincere perché nessuna cooptazione può mai essere sufficientemente intelligente.

No, non capisco. A me pare totalmente sbagliata questa espressione.

Insisti da alcuni mesi su questa prospettiva, ma a mio avviso continua ad essere sbagliata. Finché il modello “orizzontale” non lo completiamo, non c’è ragione d’aspettarsi che possa già funzionare.

Esatto, e infatti non è “orizzontale” neanche la visione dei radicali neo-iscritti.

Siamo sempre stati bravi a definire un progetto. Eravamo mal attrezzati a definire una strategia e non abbiamo mai espresso sanzioni contro chi il progetto non lo rispettava. Poi per compensare ci siamo detti che siamo belli perché siamo vari, ma io non sono d’accordo. Io voglio che siamo democratici a definire il progetto e disciplinati a rispettarlo, affinché una strategia riesca anche a prendere piede.

Mi disturba che continui a promuovere in giro questa tua prospettiva nonostante non hai saputo rispondere in modo sostanziale alle mie critiche.

Ti sbagli. Ho spiegato mille volte che in un partito gli attivi sono forse il 10%. Se siamo meno di cento, significa che sono meno di dieci persone.

NOTA: Questo contributo è stato censurato senza alcuna informazione cosa ci sarebbe di scorretto…

Ti chiedo veramente scusa, ma temo di essermele perse o di essermi dimenticato di risponderti.

A quali critiche esattamente non ho risposto?

Non ho detto che non hai risposto. Ho detto che sostanzialmente non hai saputo rispondere. Il thread lo conosci. È il tuo.

Ah cioè la mia risposta non ti ha convinto?

Vado a rileggerla. Se vuoi spiegarmi cosa non ti ha convinto sarò felice di prendere in considerazione la tua prospettiva.

Quoto. Quando dico che ci vuole tempo per confronto e dialogo per formare un pp coeso in base ad un unico programma e non al programma o agli scopi di pochi voglio esprimere un pp forte ed autorevole con una unica voce. Quindi il confronto ed il dialogo deve portare a questa voce unica per approvarla una volta pronta. Vicino alle elezioni è importante fermare le modifiche e lavorare come un solo uomo. Ma non c’entrano i sentimentalismi, piuttosto il protagonismo, la voglia di distinguersi dagli altri e di dimostrarsi migliori, e tutto va bene solo se ci si distingue nel lavoro e non nelle proposte politiche che sono del partito.

Bene, allora siamo d’accordo. Ecco il regolamento di LQFB da supportare se volete che si faccia in questo modo.

Io non sono in agorà.

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