Ragionasi quivi dello scenario che veda, in futuro, le città (intese non necessariamente solo come comuni, ma anche come aree metropolitane) giocare un ruolo maggiore e più centrale nella società.
Ad oggi circa la metà della popolazione mondiale vive nelle città; era il 30% negli anni '70, saranno i 2/3 nel 2050; è quindi naturale che l’importanza di Sindaci ed amministratori locali vada aumentando, con gli anni.
Il Municipalismo (o neo-municipalismo) vorrebbe accentuare l’autonomia politica e fiscale delle città, a scapito degli Stati centrali e nazionali. Un tema particolarmente sentito ad esempio a Barcellona, che sotto la guida di Ada Colau sta portando avanti un’azione costante di dialogo con un network di città autodefinitesi “ribelli”, con ciò intendendo scelte diametralmente opposte a quelle di alcuni governi nazionali su temi specifici, ad esempio l’accoglienza ai rifugiati o -negli Stati Uniti- la prosecuzione degli impegni per il contrasto al cambiamento climatico.
Proprio su quest’ultimo fronte, solitamente indicato dai detrattori del municipalismo come esempio di tema in cui non si potrebbe fare a meno degli Stati nazionali, c’è da segnalare l’iniziativa C40: un network di 40 città -tra cui molte capitali- sparse per tutti i continenti, che collaborano per rendere più efficaci gli impegni di contrasto al Climate Change. Del resto, è intuitivo che le città siano le zone del mondo maggiormente inquinate e inquinanti, ma al tempo stesso quelle in cui esistono i più ampi margini di intervento, e in cui i suddetti interventi possano essere meglio accolti dai residenti: a nessuno piace vivere in città inquinate o con i rifiuti per strada.
Rientrano nel tema del Municipalismo argomenti come le piattaforme di partecipazione dal basso, gli Open Data o le ipotesi di criptovalute comunali.