Esteri Europa

Discussione relativa all’iniziativa https://agora.partito-pirata.it/initiative/show/6339.html

Due problemi, 1. quello formale: hai inserito una mozione di programma come emendamento del regolamento… mi sa che devi spostare la proposta… 2. credo che un posizionamento esplicitamente favorevole verso un paese post-democratico invece di un altro non troverà consenso…

Una sezione Esteri che non parli di Europa e si limiti ai patti Lateranensi è semplicemente ridicola.

Concordo. Credo che la maggior parte del programma pirata ha un carattere universale per il quale un punto programmatico orientato ad una specifica enclave politica ci sta un po’ storto di mezzo e crea un’idea tutta sbagliata che non ci siano posizionamenti europei nel nostro programma…

Riguardo alla Russia raccomando che vai a trovare la cara Lola o chiunque altri del PP-RU e ti sintonizzi sulla loro percezione della Russia… secondo me anche loro considerano una Russia di Putin da trattare con le pinze.

Per chi possiede Tor, ecco il link per scaricare l’intervento della piratessa Cristina ♛ nella presenza e in critica delle politiche europee di Romano Prodi… chi Tor invece non ce l’ha, pazienza. L’intervento è stato malcitato dalla stampa dato che Cristina in nessun modo ha auspicato “un ritorno alle frontiere tra gli Stati Ue”. Evidentemente faceva comodo presentare gli studenti come mezzi idioti. Vabbeh, dato che ci sono tanto vale che copio-incollo il suo testo originale– conoscendola so che vuole divulgarlo:

“Salve professore, Sono Cristina di Rethinking economics Bologna e la ringrazio per aver accettato il nostro invito. Detto ciò, però, questo è l’unico ringraziamento che mi sento di farle. Mi permetta di rubarle due minuti. Le parlo come componente di quella che viene definita “Generazione Erasmus”. Eccola qui, la generazione Erasmus: una generazione nata e cresciuta all’interno dell’Unione Europea ed educata con la favola di un’Europa di cooperazione e obiettivi comuni, di uno spazio in cui viaggiare liberamente ed educarsi alla diversità. Un luogo di pace, prosperità e libertà. La favola della nuova generazione Europea di studenti colti, aperti e con alta mobilità si scontra però con la realtà, ossia con la generazione dei disoccupati e dei lavoratori poveri. Infatti, solo l’1% degli studenti italiani partecipa a progetti di mobilità, mentre gli altri si trovano in situazioni di precarietà o disoccupazione. La disoccupazione giovanile nel 2017 è arrivata a superare il 40% e coloro che trovano lavoro sono costretti ad accettare orari e salari da fame con contratti a termine o retribuiti tramite voucher. In tantissimi sono costretti ad emigrare; alcuni svolgono attività di ricerca qui sotto finanziata altri sono costretti a lavori non qualificati e sottopagati, nonostante l’alto livello d’istruzione. Il futuro dei giovani italiani è un futuro grigio e di cui lo Stato ha deciso di non farsi carico. Siamo una generazione abbandonata dalle istituzioni e, certo, non sarà tutta colpa dell’Unione europea, ma sicuramente per capire come migliorare bisogna prima individuare le colpe ed i colpevoli. L’Italia ha scelto di condividere e mettere in atto lo smantellamento dello stato sociale: ha tagliato educazione, istruzione, protezioni sociali, investimenti industriali, ecc. Una situazione di cui nessuno vuole farsi responsabile ma che è strettamente collegata con l’adesione dell’Italia alle politiche neoliberiste. Professore, lei, il 18 gennaio ha rilasciato un’intervista al Quotidiano.net in cui dice “la mia Europa è morta. Ma spero che la crisi la svegli. Ora possiamo solo aggiungere: preghiamo” Beh, troppo semplice così. Mi dispiace ma mi rifiuto di vivere in un paese che soffre di deficit di memoria. Che trasforma i carnefici in vittime e i colpevoli in eroi. Non possiamo non dimenticare che lei, come presidente dell’IRI ha svenduto il patrimonio economico italiano a società private. Lei partecipò in prima persona alla nascita dell’euro, prima come Presidente del Consiglio e poi come Presidente della commissione europea. Lei non si è battuto per cambiare i criteri scellerati del trattato di Maastricht, nei quali l’Italia non rientrava, ma promise riforme future. Da quel peccato originale è succeduto un vortice di privatizzazione, tagli al welfare, sottomissione ai diktat franco- tedeschi, attacco ai salari e ai diritti dei lavoratori con l’unico obiettivo di ridurre il nostro debito pubblico, rientrare nei parametri di Maastricht e renderci “competitivi”. Fu proprio durante il suo governo che venne approvato il pacchetto Treu che diede inizio al fenomeno della precarietà in Italia. Durante il suo secondo mandato da Presidente del consiglio, poi, fu lei a firmare il trattato di Lisbona che di fatto era uguale alla Costituzione europea bocciata nel 2005 da francesi e olandesi. Mi dispiace ma non può dire che questa non è la sua Europa. Questa è proprio la sua Europa. Lei ha svenduto il nostro futuro e in cambio di cosa? Ecco cosa abbiamo ottenuto: la libertà di andare all’estero a fare i camerieri o di vivere una vita di precarietà e misera. Una vita che ha condotto molte persone alla disperazione ed alcuni anche al suicidio. Adesso, non le chiedo, come fa qualcuno, di formare un nuovo partito o ricandidarsi per riparare alla situazione. No, quello spetta a noi. Però le chiedo, come minimo, che riconosca le sue responsabilità e i suoi errori; e che magari ci chieda anche scusa.”

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Innanzitutto grazie per l’avvertimento. Probabile che non trovi consenso, ma per me è importante anche discuterne.

Giusto ampliare il programma parlando di esteri, e giusto -e coraggioso, di questi tempi- ribadire l’europeismo. Però credo si possa e si debba ampliare e migliorare il discorso, dicendo che tipo di Europa vorremmo (magari riprendendo spunto dal programma comune alle europee). Se ho tempo ci provo. Il discorso sulla Russia francamente non lo condivido. Non mi è chiaro cosa vuol dire che l’Europa è “unita dalla storia” alla Russia, e soprattutto mi pare che al giorno d’oggi la Russia è una dittatura -esattamente come la Turchia- e i dittatori dovrebbero rimanere fuori dall’Europa.

La stampa italiana è quello che è, ma francamente quell’intervento pare davvero un comizio di Salvini. Si scaricano sull’Europa una serie di responsabilità che sono molto più italiane che europee.

Classico esempio. Quale sarebbe la responsabilità dell’Europa sulla disoccupazione italiana? Perché non è al 40% in Olanda, in Svezia, in Germania? Per non parlare dei voucher: ce li ha per caso imposti Bruxelles?

Idem come sopra. Altri paesi europei hanno investito in ricerca e cultura, noi (cioè i governi italiani, regolarmente eletti dagli italiani -Berlusconi in primis-) hanno deciso di fare l’opposto. Non possiamo negare che una parte della spesa pubblica italiana sia improduttiva: solo che nessuno riesce a tagliarla perché spesso è clientelare, e invece si è tagliato in questi anni dove non si doveva.

Prodi avrà anche fatto tanti sbagli, ma durante i suoi governi il rapporto deficit/PIL scese di parecchi punti. E’ tornato ad aumentare dal 2008 in poi (vd.qui). Ed era allora che andava fatto scendere (pretendere di abbatterlo negli anni di crisi è follia pura, ma quando l’economia gira -e c’è un discreto avanzo primario- non è affatto una brutta idea).

In linea generale, questo rimproverare a Prodi di averci portato in Europa è grottesco. Sì, ci ha “costretti” a entrare in un club frequentato da Paesi quasi tutti più evoluti di noi, laddove per “evoluti” intendo meno corrotti, coi conti pubblici decisamente più in ordine [conseguenza dell’essere meno corrotti] e con quasi tutti gli indicatori migliori dei nostri (occupazione, pari opportunità, tasso di alfabetizzazione, eccetera eccetera eccetera.). Se non fossimo mai entrati in Europa oggi probabilmente non avremmo manco uno straccio di legge sui diritti civili, ce ne sbatteremmo allegramente delle soglie di inquinamento, pagheremmo svariati di miliardi di euro l’anno in più di interessi sul debito e chissà cos’altro. Poi certo, la direttiva Bolkenstein non piace manco a me, ma non si può gettare il bambino con l’acqua sporca.

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Il rapporto con l’Europa è complesso. Da una parte c’è stato un grande beneficio a livello di diritti, finanziamenti di progetti (che spesso il governo sa brillantemente sprecare, dal dimenticare di usarli al “come mangiarci sopra”), sollecitazioni a metterci al pari con certe tutele ed ammodernare alcune infrastrutture (mi vengono in mente gli acquedotti, su cui abbiamo preso già diverse multe). Guardando queste cose vien da dire: l’Europa è il bene e l’Italia fa piangere.

Dall’altro lato abbiamo la folle unione monetaria che è paralizzata a metà e probabilmente non si compirà mai fino in fondo (es. unione dei debiti pubblici, coerenza di visioni per la politica economica europea). Il problema (e qui sono d’accordo con le analisi di Bagnai) è che il processo è stato di molto forzato - certamente a vantaggio di pochi, in particolare, di chi ha poi esportato tanto dalla Germania ai Paesi periferici (che non è tutta la Germania, la cui fascia media è stata cmq penalizzata ed anche lo Stato ha accusato vari problemi di tagli) - ma c’è anche un forte squilibrio di privilegi a favore delle banche più grandi e dei finanziatori delle fette più grosse dei debiti pubblici. L’unione monetaria non è stata fatta a beneficio dei cittadini, altrimenti bisognava accettare un processo più lungo ed iniziare ad uniformare: titoli di istruzione, apprendimento delle lingue (abbiamo grossi problemi di barriere linguistiche, pensiamo a quanto è più facile negli USA… molti americani non sanno che qui parliamo una lingua per ciascuna nazione e restano stupiti), uniformità delle tutele per i lavoratori e i disoccupati, allineamento della pressione fiscale, ecc. ecc. Quando molti presupposti iniziano ad andare apposto, allora l’unione monetaria diventa un processo quasi naturale. Ma evidentemente c’è stata qualche “mano pesante” a cui un processo sano non interessava affatto.

La situazione di questa “strozzatura” non porta i Paesi “indietro” a recuperare magicamente in produttività, proprio mentre gli tagli le risorse a livello di spesa pubblica e tocca spremere il più possibile con le imposte… Il risultato è simile ad un paese che viene abbandonato per andare in città, ovvero l’Italia è un Paese in stasi e si cerca un mercato più vivo altrove (estero). Però, questa scelta che tanto fanno apparire semplice è in realtà carica di gravi problemi: tocca lasciare la famiglia (alcuni lo fanno volentieri, ma le statistiche qui in Italia presentano certi legami unitamente ad una casa di proprietà, per cui non risultano scelte “leggere” o banali); probabilmente lasciare le amicizie; passare da una casa di proprietà ad una situazione di affitto e spesso affitti condivisi (a meno che non vuoi lavorare per sopravvivere all’estero…); imparare nuove lingue richiede una certa predisposizione e il fatto che in Europa ne parliamo molte è tutt’altro che un’agevolazione; anche la barriera culturale non è da sottovalutare (non abbiamo quasi mai un’immagine realistica di cosa troveremo in Inghilterra, in Germania, in Francia, ecc.) ci sono elementi di discriminazione taciuti e diffusi che spesso creano non pochi problemi agli italiani, il degrado delle periferie e la criminalità non è un fenomeno solo italiano, anche la Francia ne soffre non poco (ma io dati completi non li possiedo: mi baso un po’ su fatti di cronaca, testimonianze di chi mesi ha vissuto qua e là, ecc.)

Insomma, l’identità europea… non si sa bene nemmeno cosa sia. L’euro di danni ne ha fatti tanti perché è stato impostato male ed è fermo a metà, senza una politica economica comune (anzi è conflittuale al suo interno) e senza alcuna voglia di condividere ricchezze e debiti… In altre parole che cavolo lo abbiamo fatto a fare? Ogni tanto economisti di tutti gli orientamenti menzionano la necessità di riforme e il problema della disuguaglianza, e sono anni che si fermano a queste parole senza che nulla di concreto segua. Su questo binario l’unione monetaria è destinata a disgregarsi, magari come euro del mediterraneo ed euro del nord. La vedo molto come Bagnai anche sugli esiti attesi.

Mentre divergo sul fatto che un piccolo Stato può cavarsela nel mercato globale; Bagnai evidenzia che gli Stati nella recente storia si sono suddivisi e molti hanno ricercato autonomia ed identità, praticamente non c’è stato un fenomeno spontaneo di unione, ma piuttosto è prevalso il contrario (nella recente storia). Pare che non veda questo fenomeno come problematico, invece penso che lo sia nella misura in cui il mercato globale continua ad agire fuori dai confini nazionali e quindi “al di là” o “al di sopra” della legge, praticamente occorre regolamentarlo. E qui torna fuori l’Europa ed i processi di unificazione, quasi mondiale (non pochi personaggi hanno menzionato la necessità di andare verso un governo mondiale, ma sembra che non ci si creda più in questa strada… sta prevalendo il protezionismo).

Detto tutto questo, che vogliamo fare con l’Europa? È probabilmente saggio non disgregarla, ma occorre riformarla e ripensarla lavorando a livello internazionale (con altri partiti pirati e partiti compatibili) con gli strumenti della democrazia liquida. Se non sono i cittadini che pensano ad un governo sano per loro stessi, non lo faranno altri “santi”, dato che, se proprio ci sono, vengono estromessi dai potenti e dalla corruzione che vivono di potere delegato e concentrato su poche persone. Non so tra l’unione dei debiti pubblici e l’euro a “due velocità” cosa sia meglio, di certo accadrà qualcosa di pesante a questa unione che è solo un sistema di cambi fissi al momento. Uniformare i diritti e conservare molte cose valide che pur sono state fatte con l’Europa. Insomma, dovremmo tenere l’Europa, ma stabilire chiaramente come vogliamo riformarla e ripensare il ruolo dei Paesi membri che non è affatto uguale tra tutti ed è peggiorato il fenomeno della delega (poche persone decidono su centinaia di milioni di altre persone… per me è troppo grave).

Il punto amaro è che se proprio non si riesce a riformarla che si fa? È destinata a fallire con tutte le conseguenze storiche del caso, non possiamo certo obbligare tutti gli altri Paesi a vederla come noi (anche fossimo alla maggioranza nel governo italiano), bisogna preventivare una “non intesa” ed avere una sorta di piano B.

In estrema sintesi, da quello che c’è scritto nei vari documenti del PP-EU mi pare di capire che i punti fondamentali siano questi:

  • Europa dei cittadini, non degli Stati membri
  • Più democrazia (che in concreto vuol dire più poteri al Parlalmento Europeo e meno alla Commissione, che è l’organo esecutivo)
  • Decentralizzazione (nel programma scritto in spagnolo c’è scritto chiaro e tondo che “Las decisiones no deben tomarse a nivel de la Unión si pueden ser mejor resueltos a nivel estatal, regional o local”
  • Trasparenza (registro delle lobby etc.)
  • Partecipazione

Come PP-IT credo si possa aggiungere:

  • Solidarietà (intesa in senso lato: economica, operativa etc.)
  • No a smantellamento del welfare e dogmi liberisti (TTIP, CETA, Bolkenstein)

Anche basta, direi.

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D’accordo in tutto, solo una nota…

Di questo abbiamo già parlato. Trovo azzeccato il “si pueden” dato che secondo me grazie alla democrazia liquida non si pueden: la partecipazione dell’intero elettorato produce democrazia migliore della segregazione regionale.

Me la sono riletta, quella discussione. A me pare che il problema di fondo sia capire se nel programma vogliamo metterci solo gli obiettivi “sul lungo periodo” (cioè spiegare com’è il mondo ideale per noi) oppure se possiamo infilarci anche delle “tappe intermedie” (es. RdE come obiettivo nel lungo periodo, reddito minimo garantito nel frattempo, per la serie “un uovo oggi in attesa della gallina domani”). In questo contesto, l’idea di una democrazia liquida a livello europeo mi pare un’utopia, al giorno d’oggi. Seriamente, te lo immagini un Liquid Feedback con milioni di iscritti? La democrazia rappresentativa temo sia inevitabile, almeno nell’immediato futuro, a livello di Parlamento Europeo. Mi accontenterei se esistessero almeno a livello comunale o di area metropolitana della piattaforme (idealmente LQFB, ma non mi farebbero schifo neanche quelle di Barcellona, Madrid, Helsinki, o -perché no- Senigallia).

Detto brutalmente: nella mia Europa ideale vengono aboliti i parlamenti nazionali e le regioni, ed esistono solo le istituzioni europee, le aree metropolitane e i Comuni.

In linea di massima assolutamente si. I pirati tedeschi hanno espresso il supporto al reddito minimo (10€ all’ora credo era la loro richiesta) come “tecnologia intermedia” in vista del RdE.

Nello specifico il RMG non è un mero RM ma piuttosto una architettura mostruosa che secondo me è altrettanto complessa da introdurre quanto il RdE, ma con l’effetto deleterio che una volta fallito il RMG si rischia che non ci sia più il consenso per provare il RdE.

Per questo sono disponibile a sfidare qualsiasi proponente di RMG, RdC, reddito di dignità o come lo vuoi chiamare, in un qualsiasi panel o talk, e mettere a confronto il numero di interventi legislativi necessari per implementare un RdE vero e proprio a tutti gli effetti. Secondo me lo sforzo fisico a fare il RdE è minore del RMG. Piuttosto è lo sforzo mentale a concepire un sistema retributivo completamente diverso che è grosso come una capanna.

Ma il punto che volevo fare in quella discussione era sulla decentralizzazione come metodo per limitare i danni della democrazia rappresentativa, un metodo che a mio avviso non ha senso se promuoviamo la democrazia liquida che non soffre di tali problemi. In questo senso si puede fare di meglio… :wink:

Secondo me è una questione di tempo, non un’utopia. E non vedo alternative. Il rappresentantivismo e la sussidiarietà già ce li abbiamo, non vedo tecnologie intermedie da promuovere…

Si. Non è mica così tremendamente diverso da un Facebook. Ma non è vero che la democrazia liquida necessita della partecipazione di tutta la popolazione. Anche un LQFB costituito da tutti i parlamentari regionali d’Europa sarebbe un parlamento europeo capace di sfornare politiche assai superiori a quelle odierne… e resistente alle tipiche dinamiche di corruzione e lobbismo.

ma non mi farebbero schifo neanche quelle di Barcellona, Madrid, Helsinki, o -perché no- Senigallia

Sono molto scettico delle piattaforme che non implementano certi principi demo-teorici di LQFB in quanto potrebbero bruciare predisposizione alla sperimentazione… piuttosto ci servono i LQFB del futuro che svolgono il lavoro LQFB, ma meglio ancora. Ciò può solo succedere, se gli sviluppatori comprendono veramente bene i concetti di LQFB e non presumono d’istinto che certe funzioni a random siano buone per la democrazia. Tipo D-CENT con la funzione di opinare su tutto nell’assunzione che il pluralismo sfrenato faccia bene alla democrazia, oppure la piattaforma usata a Reykjavik che non provvede alcuna sicurezza comportamentale e perciò funziona solo in una piccola città dove tutti si conoscono di faccia.

nella mia Europa ideale vengono aboliti i parlamenti nazionali e le regioni

Sarei anche d’accordo, ma ritengo la democrazia liquida funzionante una precondition non negoziabile – finché la governance è rappresentativa o diretta, è capace di fallire in modi abismali. In tal caso è importante che si possa fuggire dalla nazione abominevole e spostarsi in una nazione ragionevole. Solo se la governance riesce ad essere un vero e proprio meccanismo di etica collettiva si potrebbe tirare le somme e dire che la messa in concorrenza delle nazioni non ha più alcuno scopo utile. Decidere, se e quando la governance ha raggiunto questo ideale, è di per se un problema etico non da poco.

In relazione alla proposta su LQFB di @Exekias ho scritto un emendamento che comporta la riformulazione di tutto. Lo riporto qui perché è più facile discuterne.

Il fatto di essere arrivati ad avere oggi Istituzioni europee e un’unica moneta è, al netto di tutte le criticità, un risultato che sembrava utopico alle generazioni più anziane.

Formalmente può essere anche chiamata “moneta unica”, ma la realtà è un sistema di cambi fissi, dove ciascuno Stato ha conservato il suo debito pubblico con cui deve fare i conti con il suo PIL. La Germania ha un ruolo sbilanciato nei confronti dei Paesi periferici, perché non essendoci più il meccanismo di import-export che si riequilibrava svalutando o rivalutando le valute, ha una facilitazione all’esportazione e, di fatto, costringe ai Paesi storicamente rimasti indietro ad emigrare perché non è possibile la ripresa a tali condizioni.

In Italia, tanto per capire, c’è un unico debito pubblico ed un unico PIL con cui si fanno i conti, e l’apprezzamento della lira dipendeva dall’intera nazione. Sarebbe stata effettivamente una moneta unica se i debiti pubblici e i PIL tra nord e sud fossero stati tenuti disgiunti? No… ed è la situazione in Europa. Purtroppo, sia prima che dopo eventuali unioni monetarie, quando restano forti disparità è perché ci sono state pessime politiche sia prima che dopo. Bisogna intervenire su aspetti macroeconomici di cui poco si parla e quasi sempre si ragiona in termini di PIL (la disoccupazione la si menziona quando è grave e si cerca sempre di colorirla il più possibile, la ridistribuzione della ricchezza è quasi tabù).

Sentire che l’unione monetaria in Europa è cmq un bel risultato, fa ribollire il sangue a tante persone, che dopo aver letto questo, stamperebbero il nostro programma giusto per il piacere di dargli fuoco.

il Partito Pirata è consapevole delle numerose criticità dell’UE così com’è attualmente strutturata, e si batte perché vengano superate. […] Nell’UE c’è un deficit democratico che è esistito fin dalla nascita, e che non è stato sufficientemente affrontato durante il processo di integrazione;

Purtroppo, esposto questo fatto chiaro [su quanto l’unione monetaria è stata mal concepita], ciò che non è affatto chiaro è una soluzione. Si dice che la democrazia in Europa è nata problematica, sbilanciata ed è una cosa che vorremmo cambiare: ma come è possibile se per cambiarla abbiamo bisogno di una democrazia onesta? Suona molto come una “non soluzione”, una posizione idealistica che non approderà a niente.

Per non farla lunga, mi limito a dire che va seriamente rivisto tutto il pezzo. Suggerisco [per ora] che mettere più enfasi su un’uscita, nel caso non si riuscisse ad ottenere quanto si chiede, sia un approccio migliore. Dato che è più probabile non essere ascoltati o non avere strade democratiche percorribili. Nel caso di un’uscita va messa enfasi sul desiderio di allacciare accordi internazionali per fronteggiare i problemi del libero mercato e rimanere aperti ad una nuova unione fondata sulla parità tra gli Stati e la democrazia. Sottolineando ancora che una moneta unica richiede di impegnarsi nel creare un’area valutaria ottimale (impegno che può richiedere molti anni) e di assicurarsi che tutti gli Stati aderenti desiderino condividere debiti pubblici e PIL, altrimenti è un passo che non va fatto (è un passo che nessuno sente e qualcuno lo impone…).

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Ciascuno Stato ha conservato il debito pubblico che ha prodotto. Se si va a cena fuori, fare un conto unico e dividere per il numero di partecipanti può essere giusto se tutti hanno mangiato più o meno la stessa roba (e con “più o meno” intendo che uno ha preso la pizza margherita, un altro la Napoli e un altro la 4 stagioni). Se però ci sono due o tre hanno preso un primo, un secondo, una bottiglia di pinot grigio e il dolce, difficilmente gli altri saranno d’accordo a fare un conto unico.

Le tesi di Bagnai meritano rispetto (forse), ma magari anche sentire un parere opposto può essere utile. Suggerisco vivamente la lettura di questo, quest’altro e quest’altro ancora.

Io più che altro mi riferivo all’unione in generale, cioè al fatto che se non altro non stiamo continuando a prenderci a cannonate l’un l’altro (cosa che, ripeto, abbiamo fatto fino a meno di un secolo fa). Che questi discorsi facciano ribollire il sangue a tante persone è verissimo, ma se sono le stesse persone che guardano Quinta Colonna, francamente m’importa una sega.

Quanto all’uscita, io personalmente sono contrario a qualunque ipotesi di questo tipo, per cui mi rifiuto di scriverla. Forse, prima andrebbe fatto un “referendum interno” per l’exItaly (“Italexit” fa caà come espressione).

Usa l’espressione brutta se sei contrario… così è brutta anche per gli indecisi :wink:

Lo scenario alternativo per me ha molto a che fare con introduzione di molta democrazia liquida, ovviamente… e il rafforzamento del parlamento europeo… mentre la necessità di un organo governativo che oltretutto propone le legislazioni, non sono esattamente convinto…

Qui ci sta proprio il problema dei ricchi che non vogliono il peso dei poveri, “purtroppo” lo Stato dovrebbe essere solidale e dato che il mercato necessariamente porta a seri squilibri (persino se ci mettiamo di impegno a fare equi scambi, nemmeno così funzionerebbe, perché non tutti hanno lo stesso valore da dare alla società), quindi occorre accettare che dove i soldi sono maggiori siano ridistribuiti quel tanto da non mantenere nella sofferenza chi ha avuto altri percorsi storici meno fortunati (poco importa dove sia la colpa, spesso è persino dei defunti e le nuove generazioni non possono ereditare gli errori altrui).

Se questa ricetta fa proprio schifo, allora non si fa un’unione monetaria. Piuttosto, significa che ci sono altri interessi ancora e che probabilmente la situazione la si vuol peggiorare perché si sono adocchiate altre cose su cui guadagnarci sopra.

Effettivamente ho trovato convincente buona parte delle sue argomentazioni, ma me ne discosto anche sul finale. Secondo lui, il mercato globale si può affrontare anche rimanendo piccoli Stati autonomi, io invece credo di no. Però, sono d’accordo che l’attuale Europa è tutt’altro che una soluzione. Forse una futura Europa… ma è facile che arriverà troppo tardi.

Grazie per i link, li leggo appena posso.

Però, compariva di seguito anche l’unione monetaria, allora questa espressione va tolta e teniamo solo UE.

Considera cmq che UE non può essere solo privilegi per i finanziatori degli Stati ed il riflesso delle pressioni delle multinazionali. È chiaro che una parte sana e desiderabile deve pur averla… Il problema su cui ti invito a riflettere (io stesso dovrei approfondire meglio) è se è concepibile un percorso democratico - la possibilità di avere un peso - per cambiare realmente l’attuale Europa. Se la parte burocratica che ha priorità sul Parlamento certi elementi cruciali non li vuol toccare… hai voglia a provare con la democrazia… Inoltre, non manca la corruzione come si può evincere da promozioni insolite, incarichi multipli che aveva evidenziato Bagnai in un suo articolo. Se interessa si può recuperare, ma credo andremmo un po’ fuori tema.