Una modesta proposta per le prossime europee: (batterci per) l’abolizione degli Stati Nazionali e per un 'Europa unita, federalista e municipalista.
In poche parole l’idea è di tenerci solo le istituzioni europee (Parlamento, Commissione) come enti centrali, e le aree metropolitane (Comuni, Province) come enti locali. Questi ultimi dotati di ampia autonomia in materia di imposizione ed esazione fiscale. Con le tasse che restano perlopiù sul territorio.
L’Italia avrebbe solo da guadagnare, in uno scenario del genere. Scenario che farà orrore ai vari Salvini, Di Maio e altri mentecatti (pardon, “sovranisti” o “patrioti”), cosa che già di suo dovrebbe bastare a suggerire che si tratta di una buona idea. Personalmente vedo in questo scenario l’unica possibilità di far sì che l’Italia diventi un Paese minimamente evoluto e progredito. Cosa che fino ad oggi non è mai stata, né sarà mai, almeno fin tanto che godrà di quella sovranità di cui i suddetti ciarlatani lamentano tanto la mancanza.
Perché la triste realtà è che la stragrande maggioranza dei nostri connazionali è fatta di vecchi e rancorosi familisti amorali, ignoranti come tafani e dediti al piagnisteo e all’invettiva contro inesistenti complotti esterni. Gente che, quando è chiamata alle urne, se ci va vota semplicemente per chi offre di più nel breve periodo. E le offerte possono avere varie forme: condoni (fiscali e/o edilizi), trattamenti pensionistici di favore, “bonus” a determinate categorie clientelari, tagli alle tasse non coperti da tagli di spesa (o, se proprio si è costretti a farli, tagli di spesa fatti a cazzo, con sprechi e privilegi che rimangono intoccabili e mannaie in settori strategici come l’istruzione). E un solenne “chissenefrega” a cose come il pareggio di bilancio, l’equità intergenerazionale, la tenuta dei conti pubblici. In una parola: il futuro. Perché tanto il futuro è -per definizione- una cosa che riguarda i posteri, non i contemporanei. Non c’è niente di cui stupirsi se del cambiamento climatico nessuno parla mai.
Per inciso: questa mentalità nichilista ed egoistica non è una conseguenza della crisi del 2008, o del “berlusconismo” o altre amenità: è un qualcosa che esiste da sempre, come dimostrò ampiamente Banfield 60 anni fa e altri dopo di lui.
Del resto, guardando alla storia patria, è facile constatare come il progresso, nell’era moderna, sia quasi sempre arrivato da fuori, solitamente incontrando resistenza e ostilità. Così nel XVIII secolo, dopo che la Francia aveva fatto la Rivoluzione, contro le idee giacobine in Italia si assitette al sorgere delle truppe Sanfediste, movimento popolare che difendeva il Re e la Chiesa contro la minaccia della modernità (per carità, è vero che anche in Francia c’era stata la Vandea, ma cazzo almeno lì hanno fatto la Rivoluzione). Altri esempi (sennò poi qualcuno qui mi accusa di fare generalizzazioni)? Il diritto di voto alle donne, arrivato da noi solo nel 1946, e più di recente le leggi sulle unioni civili, non a caso ampiamente contestate da quel branco di botoli ringhiosi attualmente al Governo.
Questo per dire che no, non credo assolutamente alla storiella che “con-la-democrazia-liquida-cambierebbe-tutto”. La democrazia -sia essa rappresentativa, diretta o liquida- è l’espressione della volontà dei più. E i più vogliono la roba descritta sopra, che però ahimé non porta ad alcun progresso collettivo.
Il progresso, in questo Paese, può avvenire solo facendo cose largamente impopolari.
P.S. Per la cronaca, da alcuni anni i Parlamenti nazionali impiegano una grossa fetta del loro tempo a ratificare trattati internazionali, recepire direttive europee etc. Tanto vale tenersene solo uno, di Parlamento. No?