Il problema di come difendere il diritti dei lavoratori precari, come i freelance, ovviamente è reale e fondamentale.
Tuttavia sul caso Regeni-Manifesto non si sta affatto inquadrando la realtà, e questo temo anche per problemi ideologici (anti-comunisti, molto diffusi). Si attacca il pesce piccolo, che non ha reali alternative, e si ignora il quadro macroscopico.
Il Manifesto è una cooperativa, i “padroni” sono i soci della cooperativa, lavoratori essi stessi del manifesto. Se il “padrone” si prendesse una barca di soldi e pagasse poco i lavoratori (di ogni tipo, compresi i freelance) avrei ben ragione d’arrabbiarmi. Così d’altronde succede in gradi giornali come Repubblica (eppure non si sollevano critiche tanto intense quanto contro il manifesto: sarà che coi più deboli è facile, e forse c’è appunto un pregiudizio ideologico).
Si da il caso invece che la cooperativa del manifesto, e i suoi soci-lavoratori, siano poverissimi. Da decenni il direttore, il redattore, il poligrafico, il segretario prendono tutti lo STESSO stipendio: 1200€ circa (almeno questa è la cifra fino a qualche anno fa). Spesso i lavoratori non hanno preso stipendi per mesi. Non ci sono i soldi: niente pubblicità sul sito, pochissima sul giornale (anche qui, forse un po’ di boicottaggio per motivi ideologici). Un anno fa alla fine i lavoratori si sono costituiti come nuova società acquistando i debiti del vecchio manifesto, assumendosi un enorme rischio economico. E ogni giorno rischiano di crollare rimanendo disoccupati e indebitati. I finanziamenti pubblici ai giornali sono insufficienti, ed è uno dei motivi per cui il manifesto è in queste condizioni.
Ora, se una persona x qualsiasi (che sia noto giornalista o ignoto cittadino), senza chiedere nessun contratto, chiede di pubblicare un proprio pezzo a titolo gratuito (perché vuole farsi sentire, perché vuole sostenere un giornale povero), che colpa ha il manifesto? Si chiama sfruttamento pure questo? Piuttosto è solidarietà da parte degli autori.
Sul caso di Regeni chi sta facendo sciacallaggio sono i detrattori del manifesto, piuttosto. Perché non si muovono le stesse critiche anche a Nena News allora? Dubito che abbiano pagato Regeni! Né d’altronde ci hanno fatto dei soldi…
Insomma, si attacca la redazione del manifesto, che non ha una lira per nessuno, nemmeno per se stessa, e magari si dice pure che lo Stato non dovrebbe finanziare i giornali (!): e certo, così a fare “informazione” saranno solo chi ha padroni miliardari (e ben agganciati con il potere politico), oppure tanta tanta pubblicità immondizia (da cui si diventa dipendenti).
La vera autonomia dei giornali, la libertà d’espressione e il reddito dei precari si difende con i finanziamenti pubblici.
In generale, ogni bene comune, che di per sé non può fare profitto e deve rimanere indipendente (ed è il caso anche del servizio di informazione giornalistico), deve essere finanziato da investimenti pubblici.
Il problema è impostare un nuovo modello di gestione dei beni comuni (come si propose per l’acqua, gestione mista utenti-lavoratori-proprietà pubblica), più democratica e attenta ad un funzionamento equo ed efficiente.
E l’altro problema ancora più a monte è assicurare che i soldi per gli investimenti pubblici siano raccolti in modo equo: tasse proporzionali e fortemente progressive, cioè ridistributivo per livellare le disuguaglianze. Mentre adesso si va verso un modello in cui chi è più ricco ha più espedienti per eludere le tasse.
Tutte le altre critiche al manifesto (non ha rispettato l’anonimato, la famiglia li ha diffidati…) sono così pietose che non meritano ulteriori commenti.