Il debito pubblico italiano è un business?

Secondo l’analisi dell’economista Fumagalli, si.

queste le conclusioni nell’articolo

  1. L’Italia non si trova in una situazione di rischio di insolvenza, come gli allarmismi del gotha finanziario vogliono far credere. La campagna mediatica, orchestrata anche da alcuni siti di informazione compiacenti (a destra come a sinistra), ha come scopo principale attivare campagne speculative, assai lucrose per chi detiene il controllo dei flussi finanziari;

  2. Il debito pubblico italiano è stato causato dall’incremento della spesa per interessi (a seguito delle campagne speculative) e da riforme fiscali che hanno favorito un poderoso trasferimento di risorse dalle fasce più povere della popolazioni a quelle più ricche. E’ quindi del tutto falsa la narrazione dominante che associa la crescita del debito pubblico all’aumento della spesa pubblica, soprattutto nel periodo degli anni ’80 del secolo scorso, quando passò dal 60% a oltre il 120%. Eppure, come correttamente scrive Marco Bersani: “i dati ufficiali sulla spesa pubblica di quel decennio raccontano un’altra verità: infatti, al netto della spesa per interessi, la spesa pubblica italiana è passata dal 42,1% del Pil nel 1984 al 42,9% nel 1994, mentre, nello stesso periodo, la media europea vedeva un aumento dal 45,5% al 46,6% e quella dell’eurozona dal 46,7% al 47,7%. Ovvero, sia in percentuale assoluta, sia in percentuale di aumento relativo, la spesa pubblica italiana si è costantemente posizionata a livelli inferiori rispetto al resto dell’Ue e dell’eurozona”.

  3. Il debito pubblico è così un”business”: favorisce la rendita finanziaria e coloro che sono già i più ricchi.

  4. L’attuale proposta di manovra finanziaria con l’enfasi sulla “flat tax” non fa altro che contribuire ad alimentare tale business. Solo il ripristino di una tassazione unica per tutti i cespiti di reddito e il ritorno ad una più elevata progressività delle imposte possono contribuire non solo ad una maggiore equità fiscale ma anche a ridurre il debito pubblico.

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Qui dà un’altra spiegazione. https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-10-18/debito-pubblico-come-quando-e-perche-e-esploso-italia-172509.shtml?uuid=AEMRbSRG&refresh_ce=1

Cioè gli alti tassi non sarebbero dovuti tanto alla speculazione (che ovviamente esiste) ma all’uso dell’inflazione.

Vero è che la lira subì attacchi (vedi Soros) ma questo più il punto sopra mostrano la debolezza della lira. Grazie al cielo oggi abbiamo l’euro

Per mantenere alta l’occupazione abbiamo puntato a settori ad alto ipiego di manodopera anziché a settori ad alta tecnologia, per cui abbiamo dovuto svalutare per essere concorrenziali nei settori scelti, da cui aumento degli interessi sul debito.

Allora.

  1. E allora il Giappone?!?!1!

Variante del più noto “E allora il PD?!?11!”, di solito usato in questioni interne. Il rischio di default è funzione delle seguenti variabili:

  • Livello del debito rispetto al PIL
  • Tasso di crescita del PIL
  • Interessi sul debito
  • Capacità fiscale non utilizzata
  • Reputazione della politica fiscale del paese.

Tutti aspetti su cui i nipponici ci danno le paste. Idem per l’argomento “E allora la Francia?!?11!” quando si parla di sforamenti di vincoli europei; la Francia ha un rapporto debito/PIL molto più basso del nostro e un tasso di crescita più alto. End of the story.

  1. Il problema sono gli interessi sul debito!

Già. Ma chi pensate che li stabilisca, gli interessi, e soprattutto: come? E’ abbastanza semplice: se l’Italia provasse a vendere i suoi titoli di Stato con interessi uguali a quelli dei tedeschi, non li comprerebbe nessuno. Perché nessun individuo sano di mente comprerebbe titoli di Stato di un Paese cialtrone, se offre lo stesso rendimento di un Paese serio. Razzismo? Pregiudizio? No. Semplici valutazioni di documenti pubblici (quali DEF e finanziarie); nel corso del tempo un Paese può cambiare la propria reputazione, a seconda delle politiche che fa. Vedasi Portogallo e Grecia. Se gli speculatori fossero razzisti non comprerebbero mai i titoli di certi Paesi; invece li comprano e li vendono, a seconda di criteri un po’ più oggettivi.

  1. Ma l’avanzo primario c’è stato (quasi) sempre

Di per sé non vuol dire un cazzo. Soprattutto, non vuol dire che tu stia facendo una gestione saggia dei tuoi soldi: è come dire che un individuo, pur di continuare a reperire contanti per i suoi tornei di poker, vende i gioielli di famiglia o prostituisce i parenti. Magari i conti tornano e non s’indebita, ma ciò non toglie che sia un babbeo. Ora, l’Italia per anni ha continuato a spendere miliardi in cose tipo

  • le pensioni a chi aveva lavorato 14 anni-6-mesi-1 giorno,
  • tenere artificialmente in vita aziende fallite tipo Alitalia per l’OnoreDellaPatria®
  • condoni fiscali come se piovessero
  • assunzioni a volte palesemente clientelari come i leggendari forestali siciliani
  • eccetera eccetera eccetera

Il tutto finanziato con:

  • Tagli continui all’istruzione e all’Università
  • Aumento della pressione fiscale
  • eccetera

Gli economisti veri chiamano tutto ciò “spesa pubblica disfunzionale alla crescita”, ma per semplicità continuerei a chiamarlo “spendere i soldi a cazzo di cane”. (Che poi, a essere pignoli, “a cazzo di cane” non rende bene l’idea, perché presuppone solo cialtroneria; qui c’è proprio la malafede, dovuta al fatto che molte di quelle rendite parassitarie procurano VOTI; e in un Paese di familisti amorali, il politico che ottiene voti in cambio di favori nel breve periodo non è un’eccezione, ma la regola).

Dulcis in fundo, gli interessi sul debito sono diminuiti da quando siamo entrati nell’Euro. Molti hanno tentato di spiegarlo ai vari Bagnai, Borghi e Crusty il Clown, ma senza esito.

  1. Ma noi abbiamo un risparmio privato che gli altri se lo sognano!

Già. Ed è il motivo per cui -ad esempio- Moody’s, pur declassandoci, ha mantenuto l’outlook stabile, anziché negativo. Semplicmente, all’estero partono dal presupposto che quando la situazione si fa critica, ma veramente critica, il Governo italico di turno fa un bel prelievo sui conti correnti (o cose simili, tipo l’obbligo di acquistare BTP, variante moderna di quel Date l’oro alla Patria di fascistissima memoria). Cioè, siccome gli italiani non sanno gestire il denaro pubblico, attingono all’occorrenza al risparmio privato. Inutiel dire che i Paesi minimamente decenti queste cose non le fanno.

  1. Ripudiamo il debito (ingiusto)!

E perché solo quello ingiusto? Volete forse insinuare che ce ne sia uno giusto? Ripudiamolo in toto, già che ci siamo! Tanto che volete che succeda? Beh, principalmente che nessuno sarà più disposto a comprare titoli di Stato nostri, per parecchio tempo. E no, di quei soldi lì non possiamo farne a meno, visto che portano circa 400 miliardi €/anno nelle casse italiche. Senza quei soldi non riusciremmo a pagare cose come le pensioni, lo stipendio dei medici e via dicendo (a meno, naturalmente, di non raddoppiare le tasse, con conseguenze facilmente intuibili).

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Certo, il debito pubblico è sempre un business… altrimenti dove li metti tutti i soldi che certe persone hanno guadagnato con la pubblicità online, col software misero ma di fatto monopolistico ecc?

Ed anche su questo non avevo il minimo dubbio. Come mantieni gli interessi di una minoranza che possiede quantità in crescita esponenziale? Stabilisci un metodo di tassazione con un esponente inferiore. Come scusa, questi della lega vorrebbero instaurare tasse con l’esponente zero? Beh allora sono dei criminali proprio! Ladri, puri ladri, molto peggio di tutti i governi antecedenti… giusto?

Ecco qui non ho proprio capito come sia falsa se è un passaggio veramente drammatico…

al netto della spesa per interessi

Che non mi è chiaro che razza di criterio di giudizio sia.

Considerando che si fanno sempre eccezioni per “la prima casa” e patrimoni leggeri, qui si sta parlando di intervenire sul modo come i patrimoni in decenni di corruzione si sono ingessati nelle tasche di alcune famiglie affluenti. Il governo sarebbe perciò costretto a tassare i ricchi. Il fatto che in altri paesi non si fa non è indicazione di decenza ma di corruzione. Ma non lo si sta facendo neanche in Italia, direi. Il problema che vedo in questa misura è piuttosto che la maggiore ingiustizia economica non ce l’abbiamo verso i Ferrero e Benetton, ma verso i Gates e Zuckerberg. Perciò andrebbero ricalibrati i patrimoni degli speculatori sul debito pubblico mondiale piuttosto che i ricchi d’Italia.

Bella scoperta…

Hai mai sentito parlare dell’espressione “Fare di tutta l’erba un fascio”? Ecco credo che nel tuo caso questa renda davvero bene l’idea.

Ecco, ora cortesemente tira fuori la storia che “a volte i soldi sono anche stati spesi bene” (che ricorda tanto quel “Ha fatto anche cose buone” riferito al Duce, a cui ha già risposto Benigni quando era ancora un comico vero).

No è che a scrivere cazzate non ci si guadagna (quasi) mai. In questo caso direi mai.

consiglio la lettura e le visioni , sul tema , degli scritti e delle interviste a Marco Bersani.

Signori, vediamo di capire un paio di concetti:

  1. la spesa per gli interessi sul debito fa parte della spesa pubblica. Qui quando parlate di “spesa pubblica” mi pare abbiate in mente solo gli stipendi dei medici, la benzina dei camion dei vigili del fuoco, la cartigienica nelle scuole etc., ma -ahimé- non è così. Dire "la spesa italiana al netto di quella per interessi è come dire “il prezzo delle scarpe al netto dell’IVA”. Se le scarpe costano 50€ IVA inclusa, te non puoi presentarti con 39€ e pretendere di avere le scarpe.

La famosa questione Divorzio Bankitalia-Tesoro causa di tutti i mali.

Qui c’è una versione dei fatti “un po’ diversa” dalla narrazione sopra. Riassunto dei punti principali:

(…) fu il “maledetto divorzio” a far drammaticamente aumentare i tassi reali sul debito pubblico e quindi, per effetto valanga, a generare l’enorme stock di debito che dal 1992 domina il dibattito fiscale italiano? No: il debito aveva iniziato a crescere drammaticamente almeno 12 anni prima e lo stava facendo a causa di deficit primari sostanziali ed ingiustificati, quando il divorzio venne messo in atto

Tradotto: già da 12 anni prima gli illuminati politici democristiani avevano iniziato a spendere e spandere per mantenere il voto clientelare. Il fatto che lo facessero ben vestiti, con grande proprietà di linguaggio e con un portamento signorile non rende il tutto meno grave.

Due: a quei tempi l’inflazione stava al 20%. Tecnicamente si parla di iper-inflazione. Le conseguenze di ciò?

Un tasso d’inflazione al 20%, per un anno, quando il tuo tasso d’interesse nominale è al 5% vuol dire che il 15% del valore reale dei tuoi risparmi, prestati allo stato, è sparito e non ci hai guadagnato nulla. Se la cosa dura qualche anno la tua ricchezza va in fumo.

Non solo i risparmiatori che comprano debito pubblico sono cittadini (e s’incazzano quando li tassi brutalmente e di nascosto via inflazione) ma, soprattutto, sono risparmiatori: il 20% del valore reale dei loro risparmi glielo freghi una volta, non due. Se l’alta inflazione con tassi nominali bassi fosse continuata i risparmiatori italiani sarebbero scappati all’estero con i propri soldi, cosa che infatti stavano già facendo. La fuga dai conti correnti e dal debito pubblico non è una bella cosa oggi e lo era ancor meno nel 1980. Se la monetizzazione del debito pubblico fosse continuata, l’alta inflazione ed i tassi reali negativi che generava avrebbero portato ad una fuga massiccia del risparmio dall’Italia

Spiegato in parole più semplici. Tizio presta a Caio 10k euri oggi, che con quella cifra ci compri un’automobile, e i 2 si accordano per un interesse del 5%. Caio deve restituire a Tizio 10.500€. Ci riesce senza problemi, ma sfortunatamente quando Tizio riceve indietro i soldi, quei 10.500€ non bastano più a comprarci manco un motorino, perché l’inflazione nel frattempo è andata alle stelle. Ora, sostituite “Caio” con “lo Stato italiano” e avrete capito il problema. Soprattutto perché è Caio che decide l’inflazione, stampando moneta. (e stampare moneta era l’unica strategia che l’Italia sovrana consoceva per competere con i Paesi più evoluti).

Dulcis in fundo

Dunque, se è vero che la crescita elevata dei tassi reali dopo il 1981 contribuì all’aumento della spesa per interessi in rapporto al PIL (vedremo in un momento di quanto), è altresì vero che questo permise di ridurre drasticamente l’inflazione e i suoi effetti sui salari reali. Soprattutto, questo permise di bloccare la fuga dei risparmi degli italiani dall’Italia e far arrivare gli investimenti esteri. Primum vivere.

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Versione meno divertente… https://agora.partito-pirata.it/initiative/show/1885.html