Perché "marchio sì" e "copyright/brevetti" no

Cominciamo dalla teoria (tratto dalla solita fonte):

Copiare – che sarebbe una violazione del copyright – è piuttosto diverso dal mentire sulla propria identità, che sarebbe una violazione del marchio. Non conosciamo nessuna buona ragione per permettere ai partecipanti al mercato di rubare le identità di altri o farsi passare per persone che non sono. Al contrario, sono evidenti i vantaggi economici nel permettere che i partecipanti al mercato si identifichino volontariamente e in modo veritiero

Ma da queste parti sono sorte le seguenti obiezioni:

Da cui la necessità di questo topic. Mi pare evidente che qui si confonde il brand marketing -o, più precisamente, il modo in cui esso è stato condotto dagli anni '90 in poi, argomento a cui Naomi Klein ha dedicato il saggio che l’ha fatta conoscere al mondo- con il principio stesso di marchio. Il fatto che “si promuove un simbolo, una parola, senza dire alcuna cosa riguardo al prodotto stesso” al massimo può essere appunto il modo in cui alcune aziende fanno brand marketing; ma è assurdo che chi vuole un’economia più etica voglia abolire anche i marchi. Se uno produce roba biologica e di ottima qualità dovrà identificarsi sul mercato: dare la possibilità a chiunque di usare il suo nome e il suo simbolo (perché questo significa un mondo senza marchio), facendo credere al cliente che sta acquistanod un prodotto bio quando invece compra la merda, significa imbrogliare i clienti e provocare il fallimento del “buono”.

Niente di tutto ciò è imputabile all’esistenza dei marchi. E’ come dire che i fratelli Vanzina hanno creato “l’obbligo” di andare a vedere i cinepanettoni a Natale: nessuno obbliga nessuno. Il conformismo e la stupidità delle masse sono cose che esistono da sempre.

Idem come sopra. Cosa fa o non “fa figo” è un concetto molto soggettivo. Se il mondo è pieno di Homer Simpson che fanno tutto ciò dice la TIVÌ non è certo colpa delle imprese. Casomai può esserlo del sistema scolastico che fa schifo, delle famiglie che magari son composte da altri cerebrolesi etc. Ma non vedo in che modo proibire i marchi risolverebbe la questione della stupidità della gente.

Ma veramente si fonda sulla libertà individuale o è un fenomeno sociologico che in realtà limita la nostra libertà e ci porta a spendere soldi in panettoni che non volevamo? D’accordo nel essere cauti a legiferare, ma se certi fenomeni fossero scientificamente contrari al concetto di libertà e ci sono modi per disincentivarli senza togliere libertà a nessuno, possono essere ragionamenti interessanti da fare di agire legislativamente in tal senso.

Mi ricordo l’oil spill della Shell negli anni 90, poi quello della BP nel golfo dei Caraibi. Queste ditte hanno ripreso a fare brand marketing, cioè ad associare la bellezza del sole, della natura, del mare e della libertà di guidare la macchina (tipici contenuti di uno spot pubblicitario) al marchio di tali ditte che dopo gli errori commessi secondo me andavano dissolte e statalizzate. Per me la libertà delle multinazionali di fare pubblicità emozionale, presentandoci un fittizio mondo “bello” mentre nel telegiornale quasi tutto sono brutte novità, è un abuso psicologico della audience che in un mondo che va in malora viene condizionata a pensare che però non è colpa della Shell, della BP, di Google o Facebook… le multinazionali cosa c’entrano, poverine? Stanno solo alle regole imposteci dalla WTO, no?