Pubblicità p2p

“Pubblicità p2p”: non ho letto nulla del genere sul Web e propongo al Partito Pirata di valutare un servizio interessante.

Attualmente molti soldi vengono spesi in pubblicità tramite i canali che offre Google, Facebook, o aziende che hanno database di contatti selezionati di qualità (e legali) che permettono di fare invii di email o inserire qualcosa nelle proprie newsletter. È facile dover spendere qualche migliaio di euro per avere una visibilità apprezzabile.

Purtroppo, ci sono intermediari che si prendono parte di questi soldi (anche giustificabili, però consideriamo l’alternativa…) ed ancora non sappiamo realmente - se non dando fiducia a questi intermediari - sulla qualità delle persone raggiunte.

Immaginate che i cittadini decidano insieme di gestire un modello di pubblicità “da pari a pari” (p2p). Chi è interessato si iscrive al servizio, gratuitamente, possiede un profilo minimale dove indica i suoi interessi per macro categorie e per quelle selezionate indica anche (se vuole) delle micro categorie. Fatto ciò, quando qualcuno vuole inviare della pubblicità (nuovo libro, vacanze, hotel, negozio aperto, ecc.) dovrà spendere dei soldi - si dovrebbe decidere magari in modo democratico un tariffario (così da non creare motivi di servizi simili distaccati). Tutti i soldi che vengono inviati ad un conto destinato allo scopo, vengono poi ridivisi tra tutti gli iscritti al servizio.

Quindi, chi partecipa in modo passivo vede arrivare dei soldi, magari pochi, ma ciò dovrebbe motivare ad iscriversi. Quello che arriva, arriva. Se tutti i cittadini facessero così, credo sarebbe il sistema di pubblicità tramite email più onesto, interessante e conveniente possibile.

Magari anche con la possibilità di fare ricerche nell’archivio delle pubblicità. Chi intende inviarle dovrebbe inserire l’area di interesse e qualche parola chiave (come avviene già ora). Forse per quest’ultimo servizio servirebbe un server e verrebbe coperto con i soldi che arrivano, il resto viene diviso tra la comunità di iscritti.

Io credo che varrebbe la pena rifletterci.

Aspetta…quella che chiami “qualità delle persone raggiunte” in gergo tecnico è il c.d. ROI (ritorno degli investimenti), ed è assolutamente misurabile (è una delle cose che ti insegnano in un qualunque corso di web marketing). Un’azienda tipicamente decide che cifra investire per -ad esempio- una campagna AdWords, e per vedere se è utile o meno, semplicemente, guarda quanto vende, e logicamente se ha incassato di più delle spese il gioco vale la candela. E per vedere quanto vende basta guardare le statistiche sui tassi di conversione (cioè: se nell’annuncio metti come landind page la pagina “acquista”, ogni individuo che clicca su “acquista” perché proviene da AdWords viene registrato). In linea generale, questa roba funziona alla grandissima (a patto di saperla usare bene).

Bisogna vedere se conviene ad un’azienda. A occhio e croce non direi. Se il profilo è “minimale” (cioè immagino tu voglia dire non troppo dettagliato sui gusti di una persona) allora stai certo che Facebook e Google hanno molti più dati e molto più precisi: se io vendo frigoriferi in Toscana, con AdWords e Facebook posso raggiungere gente che so dove risiede e so che ha cliccato “mi piace” su “elettrodomestici”.

Però il topic è interessante perché bisogna renderci conto di una cosa, quando si parla di privacy online: la pubblicità mirata viene avvertita -comprensibilmente- da molti come un progresso rispetto a quella generalista. Una volta potevi comprare una pagina pubblicitaria su un giornale o mandare uno spot sulla Rai e raggiungevi gente a caso (la stragrande maggioranza delle quali non era interessata al prodotto, a meno che non fossero beni di larghissimo consumo). Ora con i Big Data per le aziende c’è un’ottimizzazione degli investimenti pubblicitari immensa, e di ciò beneficiano soprattutto le PMI (SE capissero la portata di sta roba).

Giusto, sono stato frettoloso e non ho pensato al ROI che avevo anche incontrato in occasioni passate. Comunque ciò non cambia la sostanza.

La domanda è: sarebbe meglio se i cittadini si organizzassero autonomamente per farsi pubblicità prendendo decisioni democratiche insieme, ridistribuendo tra loro i costi degli invii e decidendo quali interessi mettere sul profilo? Oppure c’è qualche ragione di dettaglio sui dati (però significa dar man forte all’invasività anti costituzionale dei social…) ed altre questioni per cui il p2p non funzionerebbe?

Varrebbe comunque la pena tentare una simile impresa? magari a nome del PP?

Mi pare un modello economico realizzabile in futuro con Taler e secushare…

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