Allora: riporto qui l’art.24 del Capo II del codice civile:
Art. 24 Recesso ed esclusione degli associati
La qualità di associato non è trasmissibile, salvo che la trasmissione sia consentita dall’atto costitutivo o dallo statuto.
L’associato può sempre recedere dall’associazione se non ha assunto l’obbligo di farne parte per un tempo determinato. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata per iscritto agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell’anno in corso, purché sia fatta almeno tre mesi prima.
L’esclusione d’un associato non può essere deliberata dall’assemblea che per gravi motivi; l’associato può ricorrere all’autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione.
Gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato di appartenere all’associazione, non possono ripetere i contributi versati, né hanno alcun diritto sul patrimonio dell’associazione.
Interessanti anche queste decisioni prese in cassazione:
Cassazione civile sez. I 09 settembre 2004 n. 18186
La norma dettata dall’art. 24 c.c. - secondo cui gli organi associativi possono deliberare l’esclusione dell’associato per gravi motivi - è applicabile anche alle associazioni non riconosciute, ed implica che il giudice davanti al quale sia proposta l’impugnazione della deliberazione di esclusione abbia il potere-dovere di valutare se si tratti di fatti gravi e non di scarsa importanza, cioè se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall’atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo, prescindendo dall’opportunità intrinseca della deliberazione stessa.
e poi
Cassazione civile sez. I 04 settembre 2004 n. 17907
La norma dettata dall’art. 24 c.c., nel condizionare l’esclusione dell’associato all’esistenza di gravi motivi, e nel prevedere, in caso di contestazione, il controllo dell’autorità giudiziaria, implica per il giudice, davanti al quale sia proposta l’impugnazione della deliberazione di esclusione, il potere non solo di accertare che l’esclusione sia stata deliberata nel rispetto delle regole procedurali al riguardo stabilite dalla legge o dall’atto costitutivo dell’ente, ma anche di verificarne la legittimità sostanziale, e quindi di stabilire se sussistono le condizioni legali e statutarie in presenza delle quali un siffatto provvedimento può essere legittimamente adottato. In particolare, la gravità dei motivi, che possono giustificare l’esclusione di un associato, è un concetto relativo, la cui valutazione non può prescindere dal modo in cui gli associati medesimi lo hanno inteso nella loro autonomia associativa; di tal che, ove l’atto costitutivo dell’associazione contenga già una ben specifica descrizione dei motivi ritenuti così gravi da provocare l’esclusione dell’associato, la verifica giudiziale è destinata ad arrestarsi al mero accertamento della puntuale ricorrenza o meno, nel caso di specie, di quei fatti che l’atto costitutivo contempla come causa di esclusione; quando, invece, nessuna indicazione specifica sia contenuta nel medesimo atto costitutivo, o quando si sia in presenza di formule generali ed elastiche, destinate ad essere riempite di volta in volta di contenuto in relazione a ciascun singolo caso, o comunque in qualsiasi altra situazione nella quale la prefigurata causa di esclusione implichi un giudizio di gravità di singoli atti o comportamenti, da operarsi necessariamente post factum, il vaglio giurisdizionale si estende necessariamente anche a quest’ultimo aspetto (giacché, altrimenti, si svuoterebbe di senso la suindicata disposizione dell’art. 24 c.c.) e si esprime attraverso una valutazione di proporzionalità tra le conseguenze del comportamento addebitato all’associato e l’entità della lesione da lui arrecata agli altrui interessi, da un lato, e la radicalità del provvedimento espulsivo, che definitivamente elide l’interesse del singolo a permanere nell’associazione, dall’altro. (Principio espresso in fattispecie nella quale la delibera di espulsione era stata adottata a carico di un associato che, nel corso di un’assemblea, aveva pronunciato espressioni ritenute gravemente lesive del prestigio degli organi dell’associazione; enunciando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza d’appello, la quale aveva annullato il provvedimento di espulsione).
Cassazione civile sez. I 04 giugno 1998 n. 5476
Ove un’associazione persegua (anche) finalità connesse al pensiero ed alle ideologie (ad esempio, un sindacato o un partito politico), il differimento della facoltà di recesso può tradursi in una menomazione o compressione della libertà di cui all’art. 21 cost., comportando il dovere dell’associato di uniformarsi ad idee ed iniziative non più condivise. Quando, invece, l’associazione abbia compiti e fini esclusivamente economici, la menzionata evenienza deve essere in radice negata, rientrando nell’autonomia contrattuale dei partecipanti la fissazione della durata di diritti ed obblighi disponibili, in armonia con la causa negoziale. (La S.C. ha così esclusa la nullità dello statuto di un’associazione gerente un comprensorio residenziale, il quale consentiva il recesso degli associati solo dopo venticinque anni dalla Costituzione).
Quindi mi pare di capire che:
- il diritto di recesso è garantito qualora non vi sia un’iscrizione a tempo determinato;
- il mancato pagamento della quota associativa può essere considerato uno fra i gravi motivi, ma è necessario che sia specificato direttamente nello statuto.
Ora, sinceramente eviterei comunque di inserire il mancato pagamento come grave motivo: infatti, per poterlo correttamente espellere,è necessaria una discreta trafila di passaggi:
– Il consiglio direttivo si riunisce entro una certa data dall’inizio dell’anno Sociale (diciamo entro il quinto mese) e stila un elenco di chi non ha rinnovato la quota sociale annuale
– Invia ai soci in elenco una lettera con ricevuta di consegna (anche via mail) in cui sollecita i soci al pagamento della quota sociale entro 60 giorni. Avvisa che, se non si provvederà al pagamento della suddetta, si inizierà l’iter di espulsione dalla Associazione.
– Passati i 60 giorni si riunisce il Consiglio Direttivo e verbalizza una delibera, con voto nominale, di espulsione dei singoli soci che non hanno provveduto a sanare la propria posizione. Il provvedimento viene notificato al socio soggetto con lettera con ricevuta di consegna (anche via mail) e gli si danno 30 giorni di tempo per fare ricorso alla Assemblea Soci.
– In caso non venga presentato ricorso entro i 30 giorni stabiliti, il socio può essere considerato espulso a tutti gli effetti e stralciato dal Libro Soci; in caso abbia fatto ricorso alla Assemblea Soci, va riunita e la decisione spetta alla stessa. Se la decisione non cambia, appena si verbalizza l’assemblea si può considerare il socio in esame espulso a tutti gli effetti e stralciarlo dal Libro Soci.
NB.: Ovviamente un socio espulso per morosità NON può essere riammesso in associazione l’anno dopo come se niente fosse! E, sempre ovviamente, un socio espulso anche correttamente può fare ricorso alla Giustizia ordinaria per far valere le proprie ragioni (se ha tempo e soldi).
Proporrei di modificare lo statuto così
art.6 Perdita della qualifica di Pirata
La qualità di Pirata si perde per:
a) recesso volontario attraverso dichiarazione scritta, inviata, anche tramite posta elettronica, al Garante della Privacy
b) esclusione per gravi motivi, quali la persistente violazione degli obblighi imposti dallo Statuto, dal Manifesto, dai Regolamenti e dalle deliberazioni del Partito Pirata
c) decesso
Organo competente per l’esclusione è il Collegio Arbitrale, la cui decisione finale – comunque motivata e resa pubblica di fronte all’Assemblea – sarà effettiva il trentesimo giorno dopo la pubblicazione.
Prima della sua entrata in vigore, tale decisione è appellabile in Assemblea.
La decisione assembleare è definitiva e il Pirata escluso non potrà fare nuova richiesta di ammissione per almeno due anni.
Andrebbe specificato anche in modo chiaro nello statuto, art.4 “qualità di pirata”, che finchè non vi è stato un recesso scritto o un esclusione per gravi motivi, il pirata rimane socio ed è quindi responsabile in solido come tutti gli iscritti all’associazione.