Salve a tutti!

Salve a tutti, mi reco qua perché mi sono recentemente interessato al tema dei brevetti, motivato in particolare dagli innumerevoli spunti dello sconosciutissimo Stallman, e l’annessa FSF, e alla ricerca del prof. Boldrin: sinora ho reputato l’abolizione della proprietà intellettuale una soluzione utopica, ma al momento sono in uno stato di radicale dubbio. Tra i partiti politici che ho perlustrato questo è l’unico che ho rilevato che ne facesse un punto cardine della propria azione politica, e quindi eccomi qua, tenterò l’iscrizione questo fine settimana :slight_smile:

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Tema complesso.

Il concetto di proprietà associato ad un artefatto intellettuale come un’informazione. Di conseguenza anche il dato (che rappresenta tale informazione) mal si adatta ad essere oggetto di proprietà. Per contro, il supporto sul quale il dato è salvato o trasmesso è un oggetto fisico e può essere oggetto di proprietà (privata o collettiva).

Per tutte quelle informazioni / artefatti intellettuali che espletano la loro funzione nel momento in cui sono diffusi (poesie, film, musica, fake news, spot pubblicitari etc…) l’abolizione della proprietà intellettuale comporterebbe

  • un trasferimento totale del controllo a chi produce il supporto o controlla il canale di diffusione dell’informazione (editore, piattaforma online etc…)
  • un potenziale vantaggio per i riceventi, che potrebbero usufruire più liberamente dell’informazione (a meno di barriere tecniche, vedi punto precedente)

L’idea che il diritto d’autore serva ad incentivare la produzione artistica è una baggianata: serve esclusivamente a massimizzarne lo sfruttamento economico.

Vi sono però artefatti intellettuali che non espletano la propria funzione solo quando vengono distribuiti.

Il software può funzionare benissimo restando totalmente segreto industriale. E può essere sfruttato economicamente ampiamente sotto tale regime.

Pensiamo ad esempio all’algoritmo di ricerca di Google, segreto noto a pochissime persone. La rappresentazione di tale algoritmo, il software che lo implementa, non solo è proprietario ma non viene proprio distribuito. Il SaaSS sta infatti al software come il segreto sta al copyright.

Nel caso del software, l’abolizione della proprietà intellettuale incentiverebbe il segreto industriale.

Vi è poi un’altra questione da considerare: i Commons intellettuali.

Ad esempio il regime di publico dominio (contrariamente a quanto afferma il nome) non stabilisce una proprietà collettiva dell’artefatto, ma una rinuncia a qualsiasi rivendicazione giuridica sullo stesso.

Il pubblico dominio non è bene comune (aka Common) ma scarto abbandonato, spazzatura che chiunque possa essere interessato può prendere e portarsi via (privatizzare).

Le informazioni che incautamente diffondiamo attraverso la nostra attività in rete sono di fatto pubblico dominio in questo caso, solo che sono privatizzate prima di raggiungere la visibilità globale.

Analogo discorso vale per il software distribuito sotto qualunque licenza permissiva: non arricchisce il bene comune, ma la spazzatura intellettuale a disposizione delle aziende.

Detto questo: si può superare queste contraddizioni?

Io credo di sì ma ci vorrebbe un trattato e scriverlo al cellulare non mi sembra una buona idea.

Attualmente la mia idea comunque è che dovremmo parlare di informazioni (unificando software, musica, fake news, dati personali etc) e responsabilità d’autore: l’autore ha il diritto di stabilire come può essere usata la sua opera, ma senza poter stabilire vincoli di spazio, di tempo, o di condizioni personali etc…

Insomma posso dire: “la mia posizione alle 22 del 01/01/1970 può essere usata per fare magliette” ma non da chi, dove, come, quando o quante.

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Infatti la nostra posizione è la riforma, non l’abolizione del diritto d’autore. Dettagli vedi CEEP19.