Se Instagram vieta i #curvy vuol dire che sui social siamo tutti nudi (e indifesi)

Che futuro | Arturo Di Corinto | 22/07/2015

La Open Net Initiative ha realizzato una mappa della censura dei social media dove si vede che le scelte degli stati cira la legittimità dei contenuti divulgabili sono molto diverse tra di loro. Se il confine del buon gusto è mobile, figuriamoci quello della morale e ancora di più delle leggi nazionali che sono sempre l’espressione della cultura e della società in cui sono decise e applicate. Un problema di estrema rilevanza oggi visto che i confini degli stati sono costantemente violati dalla globalità di Internet e dei suoi servizi.

Vai all’articolo: http://www.chefuturo.it/2015/07/curvy-instagram-censura/

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Tuttavia oggi che almeno il 35% dei giovani si rivolge ai social per informarsi, questi ultimi non dovrebbero comportarsi come si sono comportati i giornali nei paesi democratici e propendere per la tutela senza se e senza ma del free speech?

Non sono d’accordo: i giornali nei paesi democratici assolutamente non tutelano il free speech senza se e senza ma. E meno male, dico io. Si tutela il pluralismo, si ricerca “l’obiettività” sentendo più campane, si cerca di essere onesti intellettualmente… ma non si permette a chiunque di scrivere quello che gli pare. Anzi, il giornale è proprio il contrario dei social: c’è una redazione di professionisti che cerca, filtra, cura le notizie. La libertà di stampa sta nel poter aprire un proprio giornale, leggermente diverso (libertà comunque fortemente limitata dai costi: solo i ricchi possono permettersi di aprire giornali; i giornali poveri che leggo io sono sempre a rischio chiusura, per “censura economica”)