Era un riferimento scherzoso a un pezzo di Guccini: “D’amore di morte e di altre sciocchezze” che in realtà sono argomenti importantissimi…
Per Sinistra intendo piccole formazioni a partire da Democrazia Proletaria per continuare con Rifondazione, poi PDCI, Potere al Popolo ecc… Tieni presente che ho 53 anni e tanti partiti di sinistra sono nati e morti in meno di un lustro in certi casi…
Per farla breve prima del Jobs Act i dipendenti erano licenziabili solo dietro giusta causa. In seguito sono diventati licenziabili anche solo per “giustificato motivo oggettivo”. Significa che basta un qualsiasi motivo e io, padrone, ti posso licenziare adducendo una qualunque causa. Poi tu lavoratore puoi farmi causa e vincerla ma avrai diritto solo ad un (misero) indennizzo e non al reintegro sul posto di lavoro. Questo rende più ricattabili i lavoratori. In pratica io ti posso dire: non vuoi fare gli straordinari? Va bene, ti licenzio, fammi pure causa, al massimo ti pago 2 spiccioli ma poi ti togli dai piedi senza potermi creare problemi…
Esatto, oggi anche chi lavora fatica ad arrivare a fine mese in modo dignitoso. A quanto dovrebbe ammontare mesilmente un reddito di esistenza che copra le nostre necessità? E dovrebbe valere per 60 milioni di italiani? Mi sembra un po’ impraticabile…
La formazione è importante ma se il mercato non offre lavoro per tutti bisognerà creare lavoro per tutti. Magari nuove forme di lavoro alternative a quelle già esistenti, non trovi?
Ne parliamo da anni. L’errore più comune è di pensare che siamo noi e le nostre tasse a doverlo finanziare mentre, a causa di un malfunzionamento del nostro sistema economico, ci sta un ~0.1% della popolazione che possiede tanto quanto il 50% — e quei superricchi possono finanziare l’RdE. Se allora facciamo tornare 50% della ricchezza della nazione/continente/pianeta nell’equazione, il RdE è facile da finanziare.
[quote=“Trebbo, post:6, topic:2685, full:true”] Per Sinistra intendo piccole formazioni a partire da Democrazia Proletaria per continuare con Rifondazione, poi PDCI, Potere al Popolo ecc… Tieni presente che ho 53 anni e tanti partiti di sinistra sono nati e morti in meno di un lustro in certi casi… [/quote]Potere al Popolo li avrei menati, secondo me hanno buttato all’aria molto probabilmente un 5%, questo comportamento non credo sia stato molto rispettoso nei confronti dei suoi elettori… Problemi con le alleanze o no dovevano candidarsi, lo dico perchè forse io che non li avevo mai votati gli avrei dato la mia preferenza.
[quote=“Trebbo, post:7, topic:2685, full:true”] Per farla breve prima del Jobs Act i dipendenti erano licenziabili solo dietro giusta causa. In seguito sono diventati licenziabili anche solo per “giustificato motivo oggettivo”. Significa che basta un qualsiasi motivo e io, padrone, ti posso licenziare adducendo una qualunque causa. Poi tu lavoratore puoi farmi causa e vincerla ma avrai diritto solo ad un (misero) indennizzo e non al reintegro sul posto di lavoro. Questo rende più ricattabili i lavoratori. In pratica io ti posso dire: non vuoi fare gli straordinari? Va bene, ti licenzio, fammi pure causa, al massimo ti pago 2 spiccioli ma poi ti togli dai piedi senza potermi creare problemi… [/quote]Questa ad esempio è la cosa che non ho mai sopportato, soprattutto degli Anti-Renziani (io non sono un Renziano), dire che il JobsAct è il problema del lavoro ed ha distrutto i diritti dei lavoratori non è vero, si cerca di dargli la colpa quando in realtà non ne ha… Ha rafforzato i diritti dei lavoratori? No, ma di certo non li ha distrutti come si vuole far credere. “Il giustificato motivo oggettivo” e “Giusta causa” non sono diversi, cambiano le parole ma alla fine il significato è lo stesso… Non è che puoi essere licenziato come se non fosse niente…
Il discorso ha sempre riguardato aziende con più o meno di 15 dipendenti; Chi viene licenziato in aziende con più di 15 dipendenti il reintegro è fattibile, è così sia prima che dopo il JobsAct;
Mentre chi viene licenziato in aziende con meno di 15 dipendenti prima del JobsAct avevi diritto al pagamento di un’indennità variabile tra 2,5 e 6 mensilità; Dopo il JobsAct si ha il diritto al pagamento di un’indennità pari a 6 mensilità (quindi un miglioramento)
Non ho mai capito sto attacco ed ancora trovo ridicolo chi lo attacca, io lo attaccherei sul fatto che avrebbe dovuto migliorare sopratutto sul discorso dei + o -15 dipendenti…
E poi i numeri dopo il JobsAct non sono così negativi, se non ricordo male sono positivi di qualche punto %… Il discorso poi si va più a centrare sui numeri dei contratti a tempo determinato e indeterminato che sono cambiati… Poi ci sarà forse qualcosa che sbaglio o che ho dimenticato, ma il succo per me è un altro.
Scusami non ce l’ho con te, ma quando sento dire che il JobsAct è il problema che ha rovinato il mondo del lavoro mi si torce lo stomaco, e non sono Renziano, ma mi interessa capire quali sono i veri problemi della società per migliorarla.
Comunque grazie per le risposte, e scusa per il pippone sulla JobsAct Di nuovo Benvenuto!
Il lavoro manuale ormai è sempre più appannaggio dell’automazione e dei paesi più poveri. L’unico lavoro che dá prospettiva nel lungo periodo è quello legato a competenze specializzate. Quindi la formazione iniziale, ma anche la formazione continua è l’unica che dà prospettiva per avere il lavoro e per mantenerlo dopo
L’oggettività non e mai stata un forte — neanche a sinistra, ma ora che il populismo sta prendendo il sopravvento in tutta la politica, sta diventando un’urgenza di non permettere alle formazioni progressive di fiondarsi sui superficialismi tipici della destra, che con le armi della destra non possono vincere.
Mi pesa in particolare che anche nell’ambiente dei nostri temi core ci sono certe tradizioni politiche che ormai non sono più oggettivamente utili ma infestano i programmi politici… la neutralità della rete, i sermoni sulla conoscenza, addirittura l’IPv6… come se queste ricette vecchie di vent’anni fa fossero ancora adeguate a risolvere i problemi odierni, il più incombente la falsificazione di esiti elettorali con i metodi stile Cambridge Analytica.
E questo non è un modello che scala per l’intera società umana. Piuttosto crea maggiore divario tra ricchi e poveri.
Mi hai fatto tornare in mente che tempo fa ragionavo con un amico sul tema democrazia. Il ragionamento era che la democrazia si fonda sull’idea (come in economia) che il cittadino sia razionale e al momento del voto faccia la scelta piú conveniente, per lui, per la sua comunitá. Questo ragionamento ha due lacune, la prima é che le informazioni devono essere veritiere. Cioé é corretta una votazione che avviene in un contesto dove chi vota fonda la sua decisione su informazioni false? La seconda é che ci sono ormai prove lampanti che é possibile influenzare la scelta dell’elettorato tramite meccanismi simili a quelli usati per influenzare gli acquisti.
Credo che sia essenziale in questo caso citare il buon Guzzanti
E’ anche vero che prima nulla era considerabile giusta causa, né il furto interno all’azienda, né quello che facevi al di fuori, né la violenza privata contro i colleghi.
E’ utopistico cercare di creare un mondo in cui tutti siano competenti?
Nessun pippone, anzi, così si entra nel vivo del dibattito. Bene. Ora tu mi dici "“Il giustificato motivo oggettivo" e “Giusta causa” non sono diversi, cambiano le parole ma alla fine il significato è lo stesso… Non è che puoi essere licenziato come se non fosse niente…” Non è proprio così: Ciò che distingue il licenziamento per giusta causa da quello per giustificato motivo risiede nella gravità del fatto che lo giustifica. Nei casi di GC la condotta posta in essere dal dipendente è talmente grave da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto durante il periodo di preavviso. Nel secondo caso il datore di lavoro può addurre una motivazione non necessariamente grave (quindi anche inventandosela ad hoc) e licenziare il lavoratore dandogli una semplice comunicazione di preavviso, il quale potrà anche fare causa al datore e magari vincerla ma intanto verrà licenziato senza aver fatto cose gravi (sottratto denaro ecc…). Ma il punto fondamentale è che dopo questo DL non è più possibile avere il reintegro in Azienda ma solo un indennizzo. Questa è la cosa grave! Cosa mi importa di avere 2.5/6 mensilità quando ho perso la mia fonte di sostentamento? Quei soldi me li brucerò in poco tempo se resto disoccupato. Se poi ti succede non a 20/30 anni ma a 50, un nuovo lavoro non lo trovi più tanto facilmente. Il discorso del + o - 15 dipendenti è corretto ma non era quello a cui mi riferivo. Spero di essere stato un po’ più chiaro ed esaustivo. Non dico che il Jobs Act abbia affossato tutto ma di certo e la puntata finale di una serie di “operazioni” dei vari governi che, pezzo a pezzo, hanno corroso diritti conquistati anni e anni addietro. Da quando il governo Craxi abolì la Scala Mobile che serviva ad adeguare, seppur parzialmente, gli stipendi al costo della vita è stato tutto un susseguirsi di decreti peggiorativi e che non hanno portato certo maggiore occupazione. I numeri del Jobs Act possono anche essere in positivo ma, proprio per i motivi di cui sopra, parliamo di contratti dove il potere che viene dato ai datori di lavoro (licenziare rischiando solo un indennizzo è sempre più economico che ritrovarsi il lavoratore in Azienda e continuare a pagarlo in futuro) è più alto di quelli stipulati in passato. Io almeno la vedo così. Mi fa cmq piacere aver stimolato te ed altre persone ad una sana e aperta discussione. Risponderò anche alle altre considerazioni nel pomeriggio. Mia moglie mi reclama…eheh
Non lo è, appunto. Per questo le leggi elettorali provano ad assicurarsi di ciò. Se la verità non è più vera, le elezioni non sono più free and fair.
La seconda é che ci sono ormai prove lampanti che é possibile influenzare la scelta dell’elettorato tramite meccanismi simili a quelli usati per influenzare gli acquisti.
E secondo me lasciare che ciò avvenga e anticostituzionale o perlomeno illegale.
Si. Non tiene conto della realtà scientificamente comprovata… psicologia, sociologia… perciò è un modo benintenzionato di avviarsi verso l’inferno.
Quali siano i problemi del mondo del lavoro in Italia è da lustri che le associazioni di categoria lo ripetono, invano.
Dal punto di vista delle imprese, i problemi principali sono il cuneo fiscale e la difficoltà nel trovare lavoartori “skillati” (per usare un termine orrendo ma ormai di moda). Sul primo problema, va segnalato che durante il Governo Renzi le decontribuzioni (qui una spiegazione di come funzionavano) hanno funzionato, fintanto che sono durate. Da più parti è stato suggerito di provare a renderle permanenti, anziché a tempo (in quel caso tre anni); ed è stato anche suggerito da dove prendere i soldi per farlo, senza sfasciare i conti pubblici e fare ulteriore deficit: nella selva di agevolazioni fiscali note come tax expenditures. Solo che questa è la classica manovra non appariscente e non flokloristica, i cui effetti si vedono solo dopo un po’ di tempo; e in un Paese in perenne campagna elettorale, e in cui la gente vuole tutto e subito, chi governa preferisce Quota 100 o reddito di gigginanza.
Altro annoso problema è quello del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, secondo molti causato dalla pressoché totale disconnessione della scuola dal mondo reale (si veda questo articolo in proposito). In estrema sintesi, le imprese cercano ingegneri e trovano filosofi e gente laureata in scienze dell’educazione. Anche perché, come ha spiegato Boldrin svariate volte, l’impostazione della scuola superiore italiana, nonostante anni e anni di ripetute e incomplete riforme, è ancora fortemente classicista e d’ispirazione gentiliana. QUI per approfondire.
Parte di questo problema è anche nella mentalità della gente: la laurea continua ad essere vista come uno status symbol, nonostante esistano altre tipologie di istituti che vantano percentuali molto più rosee di iscritti occupati entro 1 anno dal conseguimento del titolo.
Mi riferisco in particolare agli ITS (in gergo burocratico “formazione terziaria professionalizzante”), a proposito dei quali su Fq Millennium di settembre 2018 c’era un illuminante articolo a firma di Chiara Brusini. In quell’articolo si spiega che:
- solo lo 0,6% di ragazzi sceglie di frequentare un ITS dopo le superiori
- la percentuale di occupati a un anno dal diploma è dell’82%.
Perché, dunque, così poca gente sceglie di andarci? La prima e ovvia ragione è che gli ITS in Italia sono pochi (solo 98 in tutto il Paese). Ma ci sono anche ragioni culturali. La giornalista fa notare che gli ITS sono ispirati alle Fachhohschulen tedesche; solo che là chi ne esce viene chiamato “Meister”, mentre da noi uscire da un istituto tecnico è da sfigati.
Aggiungo io che in Italia si tende a vedere come sterco del diavolo tutto ciò in cui entrano i privati. Giuridicamente gli ITS sono fondazioni, e spesso tra i soggetti fondatori di esse ci sono imprese. Ma imprese del calibro di Barilla o Ferrero. Dulcis in fundo, qui il 30% del tempo viene dedicato a tirocini in azienda. Altro che alternanza scuola lavoro.
Queste, a mio modesto avviso (ma soprattutto ad avviso di chi da anni ripete inascoltato questi concetti, con molta più autorevolezza del sottoscritto) sono le cause fondamentali della situazione occupazionale in Italia (in sintesi estrema: costo e qualità del lavoratore). Non gli unici, chiaramente: c’è la struttura produttiva del Paese, fatta perlopiù da imprese piccole/medie che operano in settori a bassa innovazione tecnologica (turismo, gastronomia). Di tutto ciò, però, i partiti che si sono alternati alla guida dell’Italia negli ultimi anni non si sono mai voluti occupare, con la parziale (e insufficiente nei mezzi e nei modi) eccezione del governo Renzi. Tutta l’attenzione si è concentrata sul tema “articolo 18 sì-no”, come se la licenziabilità del lavoratore fosse l’unica variabile in gioco.
Questo dipende dal modello di società che scegli. Se per te il welfare va delegato alle aziende, in modello americano, allora ha senso costringerle a non licenziare. Ma il welfare è una funzione dello stato, che non deve imporre alle aziende procedure inefficienti per ottenere obiettivi che otterrebbe più facilmente da solo.
La considerazione è esatta. Il problema infatti non lo vedo nella fattibilità in termini numerici ma in termini di potere. Al potere oligarchico fa comodo che le persone debbano sbattersi tutto il giorno per lavorare. Toglimi 8 ore per lavorare,una o due per andare su e giù dal lavoro, qualche altro impegno, mangiare, fare la spesa ecc. Aggiungi che 7 ore me le dovrò anche dormire e cosa mi rimane per poter discutere in questo forum? Un paio di mezzore al giorno se va bene. Al potere è comodo tenerci schiavi del reddito. Per questo vedo la lotta molto difficile. Non per questo bisogna arrendersi però eh? (mi riferivo al commento di LynX sulla fattibilità del Reddito di Esistenza)
Si, certo, è ora di pensare alle professioni del futuro ma dovremo prima, diciamo così, inventarle no? e poi occuparci di formare le persone a quei lavori…Sarà necessario intanto chiedersi “come” si lavorerà in futuro per poi dare modo a tutti di accedere al mondo del lavoro in maniera qualificata. La cultura di base è importante ma la cultura specifica ancor di più.
Scusami ho dimenticato di scrivere la cosa forse più importante:
Il reintegro in aziende con meno di 15 dipendenti non c’era ne prima ne dopo il JobsAct. Anzi con il JobsAct invece di ricevere fra 2 e 6 mensilità, ne ricevi direttamente 6.
Secondo me su questo avrebbe dovuto combattere, ma ricordiamoci che quando si fanno le leggi devi accontentare anche l’opposizione.
Comunque il confronto di opinione rafforza i rapporti, ancora benvenuto e grazie per le pazienti risposte.
Si, certo, su questo non ho dubbi. Chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti è sempre con l’acqua alla gola e spesso non ha nemmeno una rappresentanza sindacale degna di questo nome a cui appoggiarsi. Sul funzionamento dei sindacati in Italia poi ci sarebbe tanto da discutere e credo sarà il caso di aprire un argomento a parte per non divagare da quello che desidero resti il punto fondamentale di questa discussione ovvero "come creare lavoro nei prossimi anni e, parallelamente, come realizzare un RdE che sostenga ogni persona nell’arco della sua vita. Riguardo il RdE leggevo l’articolo postato da qualcuno in questa conversazione riguardo la sua introduzione in via sperimentale in Finlandia. Posto in quei termini può essere funzionale ma bisogna vedere in che modo si svilupperebbe in Italia. Nel modo in cui è stato posto dal M5S ad es. faccio fatica a credere possa avere risultati di rilievo in futuro. La questione occupazionale dovrà, a mio parere, andare di pari passo con questo genere di progetti. Non possiamo adagiarci sul concetto che “tanto il lavoro manuale sarà sempre meno presente a causa dell’automazione” e pensare di risolvere ogni cosa con un RdE. Se il mondo del lavoro cambia bisogna essere pronti a cambiare (e a cambiarlo). Certo, non è facile ma bisogna cominciare da qualche parte. Mi piacerebbe che cominciassimo a proporre qualche nuova idea di professione del futuro magari sfruttando al meglio il potenziale offerto dalla rete (mi immagino ad es. un qualche tipo di telelavoro basato su economie alternative). Chi meglio dei Pirati può riuscire in questo?
Sono le aziende che creano lavoro, e una domanda del genere é molto “larga”. Non possiamo definire noi i tipi di professioni che devono nascere. Piuttosto io mi appoggerei a eventuali studi che descrivono la situazione e potremmo avviare una riflessione su quello, per capire, partendo dalla situazione attuale, in quale direzione vorremmo camminare. Per quanto riguarda il “reddito di esistenza/cittadinanza/dignitá” io non lo collegherei alla tematica del lavoro quanto piuttosto a quella del welfare.