Al di là della sparata di Casaleggio, credo che la tematica sia interessante. Sul tema ho scritto un post, ancora non pubblicato, ma che mi piacerebbe sottoporvi per intavolare una discussione in merito:
«Oggi grazie alla Rete e alle tecnologie, esistono strumenti di partecipazione decisamente più democratici ed efficaci in termini di rappresentatività popolare di qualunque modello di governo novecentesco. Il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile» sono le parole, tratte da un virgolettato sulla stampa, pronunciate da Davide Casaleggio, uno dei tre soci dell’Associazione Rousseau (nonché presidente della Casaleggio Associati), che offre -attraverso l’omonimo portale Rousseau- servizi telematici per la democrazia diretta all’Associazione del MoVimento 5 Stelle.
Dico subito che concordo con questa visione, con alcuni importanti distinguo.
Già oggi, con la diffusione della Rete praticamente ovunque e con sempre più banda e connettività disponibile a prezzi popolari, è difficile riuscire a percepire la necessità di avere un organismo politico come il Parlamento, composto da oltre 900 cittadini (tra senatori e deputati) eletti in liste blindate (scelte dalle segreterie dei partiti) con leggi elettorali profondamente inique ed atte solo a garantire il perdurare del potere della Casta.
Scusate il “mappazzone” ma dopo la grande delusione sul fallimento del sistema ibrido del “portavoce” -promosso dal MoVimento 5 Stelle- ovvero cittadini eletti in Parlamento che avrebbero dovuto fare le veci dei cittadini sui territori, forse sarebbe bene iniziare a studiare come superare questa impostazione novecentesca della democrazia rappresentativa.
Alzi (virtualmente) la mano chi si sente rappresentato.
Alzi la mano chi può dire di essere direttamente in contatto con l’organo politico per contribuire, in qualche modo, alla definizione delle leggi e delle norme che regolano il nostro ordinamento democratico: la distanza siderale tra il territorio, i cittadini, e gli eletti nelle assemblee Regionali e Parlamentari è palese.
Non a caso, tutti gli eletti si circondano di collaboratori, necessari per tentare di affrontare la giungla di norme e regolamenti tecnici delle Commissioni e delle Proposte di Legge: per essere eletti, infatti, non serve alcuna particolare competenza né capacità. Né alcun titolo di studio o certificazione. Paradossalmente, ci sono meno vincoli per essere “onorevole” che per fare il “collaboratore scolastico” !
Certo, potrebbero essere promulgate leggi e regolamenti per correggere certe storture ma mia nonna diceva che “il tacchino non si infila nel forno da solo”, a voler dire che un sistema così farraginoso, opaco, inutilmente complesso e ormai obsoleto è esattamente ciò che serve alla Casta per proteggere sé stessa e conservare il potere.Il web, le nuove tecnologie, possono contribuire a rompere il circolo vizioso di una democrazia rappresentativa distorta, che ormai -purtroppo- rappresenta solo sé stessa e le potenti lobby che finanziano Fondazioni e campagne elettorali. Come ? Superando proprio la necessità di avere rappresentanti che decidono per noi, senza alcun vincolo di mandato (Art. 67 della Costituzione Italiana). Adottando, ad esempio, strumenti digitali (come SPID) per la sottoscrizione dei referendum o, ancora, utilizzando tale strumento per il voto, azzerando il quorum: avremo costi infinitamente inferiori e risultati pressoché immediati, rendendo quindi possibile l’utilizzo dello strumento senza tutti i vincoli attuali.
Tuttavia è necessario impedire in ogni modo che l’esercizio della democrazia sia nelle mani di pochi individui o società private. E’ fondamentale che tutti i sistemi informatici per l’esercizio del diritto-dovere di voto siano saldamente in mano pubblica ed a codice sorgente aperto, acquisendo -dove necessario- il necessario know-how tecnologico: concentrare tutto nelle mani di pochi soggetti, come è avvenuto ad esempio con il Portale Rousseau, espone a rischi concreti per i diritti e le libertà di ognuno di noi, ad iniziare dalla segretezza del voto (ed il Provvedimento sul data breach del Garante della privacy è molto chiaro a tal proposito).
Chiaramente le soluzioni tecnologiche non solo il Sacro Graal: portano con sé nuove sfide e nuove problematiche, ad iniziare dalla sicurezza degli strumenti informatici prescelti, che devono garantire continuità, integrità, anonimizzazione (il voto è segreto) e trasparenza delle procedure. Secondo alcune teorie, neanche la blockchain potrebbe garantire tanto, essendo potenzialmente vulnerabile ad attacchi realizzati con l’uso di computer quantistici. Ma qui, almeno per il momento, ci avviciniamo alla fantascienza.
La realtà è che l’attuale sistema di votazione “analogico”, realizzato con schede cartacee e registri compilati a mano per la verifica ed il controllo, mostra ogni volta la sua inadeguatezza soprattutto nel momento dello spoglio: ho fatto per anni il rappresentante di lista e, credetemi, so di cosa sto parlando. E non parlo di brogli, sia chiaro, ma di procedure inutilmente complesse, farraginose e, diciamocelo ancora, anacronistiche, che portano facilmente all’errore.
Del resto, esperienze di voto elettronico per le istituzioni ci sono da almeno 20 anni: in Belgio, ad esempio, la normativa già prevede il seggio elettorale dotato di urne elettroniche. Ci sono state esperienze anche in altri paesi europei, dalla Germania alla Francia al Regno Unito, per non citare le elezioni politiche “elettroniche” in Estonia del 2001. Anche in Italia, come ad esempio l’ultimo referendum in Regione Lombardia, svoltosi attraverso modalità elettroniche di voto, disciplinate dal Regolamento Regionale 3/2016.
Chiaramente il superamento del ruolo del Parlamento passa anche per l’adozione di tecnologie adeguate a garantire la democrazia diretta e, soprattutto, da strumenti che possano mettere il cittadino in grado di informarsi, decidere ed esprimersi. Il ruolo dell’informazione, in questo caso, diventa centrale e mai come negli ultimi tempi (penso allo scandalo Russiagate…) è diventato cruciale per la Democrazia.
Così come il ruolo delle reti sociali che, in modo più o meno consapevole, contribuiscono alla formazione del pensiero politico dei cittadini e sono in grado, attraverso strumenti sociali come gli influencer e la profilazione, di plasmare l’opinione pubblica.I mutamenti sociali introdotti dalla diffusione ormai capillare della Rete sono stati estremamente rapidi e fatichiamo, ancora oggi, a comprenderli a pieno.
Ma questi mutamenti stanno già cambiando le nostre Democrazie ed il loro funzionamento, rendendo necessario un cambiamento che sia in grado, prima di tutto, di proteggere le libertà ed i diritti civili di tutti noi. E questo cambiamento deve passare attraverso l’adozione di strumenti che sappiano mettere in mano al popolo il diritto e la responsabilità di decidere, democraticamente. Senza finti, e costosi, intermediari.
Iniziamo quindi dalla riforma dello strumento referendario, svincolandolo da una serie di incomprensibili paletti ed azzerandone il quorum, mettendo nelle mani dei cittadini uno strumento forte di democrazia diretta.E poi succerà quel che deve succedere.