Vincolo di pareggio di bilancio in costituzione


L’articolo 81 della costituzione, sotto riportato, aggiunto di recente e senza molti clamori, é da molti - movimento 5 stelle in primis ma altri si sono accodati - criticato come vincolo inaccettabile e castrante impostoci dall’Europa. A me pare una norma di assoluto buonsenso: ogni legge che prevede una spesa deve dire da dove prendere i soldi necessari, cosa che secondo me non ė un dettaglio burocratico ma un aspetto politico di notevole rilevanza. Tra l’altro, come vincolo ė abbastanza debole visto che basta la maggioranza in parlamento per superarlo,

Cosa ne pensano i Pirati?

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale. »

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La penso anch’io così. Capisco che averlo introdotto nel bel mezzo di una recessione ha avuto un po’ l’effetto di ridurre l’ossigeno a un sub che deve andare controcorrente, ma in linea generale è un modo per evitare di fermare lo scialacquio degli anni '70.

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Personalmente è un concetto che trovo corretto. Le uscite devono essere coperte dalle entrate. Però, è parziale, bisogna dire altro.

Preciso subito che se lo Stato tende a immettere più soldi di quelli che prende con le tasse, aumenta progressivamente la massa di soldi in circolazione, quindi aumenta l’inflazione e verosimilmente in un periodo poco più lungo inizia anche un fenomeno di svalutazione (però i due fenomeni non sono matematicamente connessi, possono accadere molte cose, anche contrastanti).

La frase iniziale e il chiarimento successivo sono veri in un’economia che non si sta espandendo. Questo è un punto che spesso non viene messo per esplicito. Infatti, la massa di denaro in circolazione, se aumenta il PIL, ovvero il volume di compravendite nell’arco di un anno, ovvero il mercato si espande, semplicemente quella massa di denaro consiste in nuovi soldi che servono, non daranno un contributo all’inflazione, ma all’espansione.

In virtù di ciò, chi è vicino al pensiero keynesiano, vede lo Stato e l’Europa come criminali che stanno soffocando un’economia che potrebbe espandersi, crescere, invece vincolano e bloccano queste possibilità. E per quali motivi? Credo spazino dal garantire un tasso di svalutazione più basso del tasso di interesse per i finanziatori (spesso esteri o cmq che operano nel mercato finanziario internazionale) dei debiti pubblici degli Stati; la possibilità di portare uno Stato (es. Grecia) sull’orlo del fallimento per obbligare a svendere molti beni pubblici ai privati; e forse altro che mi sfugge.

Aggiungo, che se uno Stato avesse avuto un’ottima politica, senza corruzione e sprechi, probabilmente non sarebbe nemmeno finito nella condizione di “chinarsi” a questi meccanismi indecenti.

Però, ai sostenitori del pensiero keynesiano, che rischiano di nutrire un “glorioso ritorno al passato”, non considerano che l’economia da oggi in avanti dovrà essere sempre di più un’economia stabile e non un’economia in crescita.

I motivi sono: il mercato globale non può espandersi su altri pianeti e tende a saturarsi, ovvero a dover fare i conti con un PIL costante di anno in anno (condizione incompatibile con il crescere sulla base dei debiti - si aumenta solo la mal distribuzione della ricchezza - incompatibile anche con la sola crescita, che sarà pur presente ma assai marginale); l’ambiente ha dei limiti e non possiamo aumentare demograficamente, continuare ad aumentare la domanda di energia, ad aumentare le estrazioni per produrre tutto ciò che produciamo; ci sarebbe anche la saggia direzione di distribuire le ore di lavoro tra la popolazione perché abbiamo un paradosso tra iper-occupati e disoccupati.

Se lo scenario attuale e prossimo indicano la necessità di avere un’economia stabile, significa che il pareggio di bilancio andrà precisamente rispettato (si può fare eccezione per i disastri naturali, che paradossalmente implicano una certa “crescita finanziaria”, anche se non è un bel modo di attivare le imprese…). Dunque le imposte fiscali (o altro reddito dello Stato) devono coprire le spese pubbliche. Un meccanismo come il debito pubblico che sottrae 70-80 miliardi di euro l’anno che passano dalla popolazione ai più ricchi finanziatori (spesso soldi che vanno nel mercato finanziario e non tornano quasi per niente nel mercato reale) sono meccanismi che in un’economia stabile (e non più in crescita) non dovrebbero più esistere. Invece, la divulgazione mainstream dice che si sta lavorando per la crescita, e pare non ci sia il coraggio di dire: “è il momento che abbandoniamo un vecchio modello di sviluppo per passare ad uno nuovo”.

Anche un reddito base diventerà indispensabile, perché - ed anche l’automazione informatica e robotica ci mettono un bel contributo - sarà tutt’altro che facile trovare un nuovo posto in un mercato sempre più saturo. Ma la ricchezza come sarà ridistribuita? Una volta ai poveri veniva data la manodopera, così vivevano, tante ore di lavoro e un pagamento sufficiente a non finire in una rivolta. Ma se questa salta? Al momento per il mercato l’eccesso di umani è fondamentalmente inutile… ovvero può benissimo sparire o morire. Quindi l’unico intervento lo potrà fare lo Stato con un reddito base… le resistenze ovviamente sono tante, ma anche le ragioni per introdurlo, ed ovviamente deve essere coperto dalle imposte fiscali (rispettando il pareggio di bilancio).

Spero di aver chiarito tanti aspetti.

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Sposo la risposta di @Silvan. Mi domando se M5S ha un briciolo di argomentazione in più da offrire, altrimenti sarebbe l’ennesima vergogna demagogica.

Il principio Keynesiano non vuole la crescita infinita. La crescita che si ha applicando determinate misure, si ha perché delle persone che prima erano disoccupate, dopo queste misure, lavora. Se un numero maggiore di persone lavorano, il valore che viene creato è maggiore.

Un altro elemento che fa crescere la produttività è il progresso scientifico e tecnologico. Oggi riusciamo a fare con uno smartphone cose che decenni fa richiedevano una segretaria. Diventiamo più efficienti, perché la tecnologia migliora. Anche se le risorse della Terra sono limitate, troviamo modi per sfruttarle in maniera efficiente.

Quando si raggiunge la piena occupazione, è possibile tagliare il bilancio dello Stato, ma non quando c’è una disoccupazione superiore al 10%.

Ci sono dei sottili errori nella tua esposizione, motivo per cui credo ottenga una certa diffusione questa visione delle cose.

Non basta dar lavoro alle persone per crescere finanziariamente. Da una parte ci deve essere del lavoro da fare e non può essere quel tipo di lavoro che stanno facendo Paesi sotto sviluppati a basso costo o addirittura lavoro che possono svolgere programmi software e macchine. Infatti, quel che produrrebbero questi nuovi lavoratori sarebbe troppo costoso per competere; non potremmo (il mercato non potrebbe) dare stipendi più alti e numerosi a questi nuovi lavoratori, salirebbero i prezzi e i consumatori acquisterebbero cose più convenienti… (problema del mercato globale). C’è chi crede nel protezionismo come soluzione, ma è un capitolo a parte.

Dall’altra parte, serve inserire queste persone nel mercato, allora si vende, allora aumenta il PIL; ma se è lo Stato a dar lavoro e a finanziare questa gente: è tutto un peso sulle imposte fiscali e quindi non è crescita finanziaria. Inoltre, se il mercato non li ha assorbiti, probabilmente fanno qualcosa di simile ai “lavori socialmente utili”, programmi che in passato sono stati avviati e abbandonati. C’è una difficoltà nel realizzarli seguendo veramente le persone, senza che siano lasciate a se stesse e di fatto quasi non lavorano. Dunque, tanto vale dargli un reddito base (più basso di un lavoro e finanziariamente più praticabile) e lasciarli liberi (semmai si deve ricorrere ad appuntamenti settimanali per veicolare un po’ di cultura, invogliarli a partecipare ad attività di volontariato, ecc.). Tu vorresti dire ora: “ma non usiamo le imposte, immettiamo soldi nuovi”.

Nella “Mosler Economics Modern Money Theory” (ME-MMT) ricordo che si parlava di Programmi di Lavoro Garantiti (dallo Stato), quindi c’è il problema che espongo qui sopra. Se non vogliamo il pareggio di bilancio e lasciamo che lo Stato immetta soldi nuovi per finanziare i PLG questa non è crescita finanziaria (solo limitatamente, dato che non si prevede di vendere nuove cose sul mercato), l’effetto che seguirebbe con grande probabilità è che i prezzi aumentano (dato che i negozianti sanno che la gente ha decisamente più soldi e quindi possono fare prezzi più alti, chi inizia per primo costringe gli altri a fare altrettanto) e si finirà per contribuire anche alla svalutazione (se non immediatamente, ma appena i prezzi aumentati coinvolgeranno i prodotti esportati). Questa è una cosa di cui la ME-MMT pare non voglia prendere atto e dicono (alcuni attivisti con cui ho parlato) che ragiono sulla base degli attuali dogmi. Io non sento di affidarmi a dogmi, ma alla comprensione che ho maturato della moneta a corso legale.

La parola “valore” pone problemi immensi se usata così genericamente. I prezzi sono il costo di accesso ai beni e ai servizi e non coincidono con il valore. Il valore è (teoria maggiormente diffusa) soggettivo, ci sono beni a costo zero di immenso valore (es. ossigeno); il PIL non dice affatto quanto valore c’è in uno Stato (ora non offro esempi, spero sia chiaro, vista l’ampia divulgazione che c’è in merito); il nostro sistema finanziario è impostato male e paradossalmente potrebbe collassare se pensasse ai valori umani come il benessere dell’ambiente, il tempo libero, il rispetto dell’etica. Prima serve un sistema finanziario adatto a nuove esigenze, poi si possono realizzare certi obiettivi. Punto che credo sia trascurato dalla decrescita felice che invita semplicemente a comprare di meno, a fare il verso del PIL con il FIL, a produrre in casa a ritmo più lento (aspetto non di rado insostenibile), ecc. Senza illustrare un modello economico ed un sistema finanziario dove tutto questo non si traduce con fallimenti, disoccupazione, povertà, ecc.

Proprio questo può rendere piuttosto difficile un concetto come la piena occupazione. Come occupare tutta la popolazione? e poi perché dovremmo per forza occuparla tutta? Inoltre, garantiamo un part time o un full time nella piena occupazione? Spero un part time, ma non ho mai trovato risposte precise. Credere che le macchine ci tolgono la necessità di certi lavori per fare altro è una visione ossessionata dal lavoro, a mio avviso. Significa che il lavoro è infinito e che l’automazione è utile solo per produrre e lavorare di più. Personalmente trovo che sia una cosa mostruosa, fondamentalmente legata all’equazione “lavoro = reddito”. Se non lavori, non meriti niente. Se non lavori, sei un parassita (come se la nostra società non avesse tanti parassiti e purtroppo parassiti che lavorano e fanno danni incomparabili rispetto ai danni che può fare chi semplicemente “non fa niente”, considerando inoltre che solo pochi non farebbero realmente niente…).

Come dicevo, dipende se la piena occupazione è raggiunta inserendo le persone nel mercato o creando posti statali (che tra l’altro si dovrebbero ridurre, considerando tanti lavori inefficienti e ridondanti tipici della burocrazia italiana - ci sono molti studi a riguardo, posso offrirti anche dati).

Sicuramente per come è messa ora l’Italia c’è un margine di crescita, non è che non si cresca più per niente… Questo consente allo Stato di immettere più soldi di quelli presi con le tasse, però ci vuole anche una ottima e lungimirante politica economica da seguire, altrimenti rischiamo di finanziare cose inutili oppure la mafia oppure esagerare a finanziare… tutti problemi che l’Italia in passato ha chiaramente mostrato e quindi serve anche una nuova concezione per fare politica economica per il nostro Paese, se non vogliamo delegare tutto, aspettare che i poteri forti lavorino con la corruzione e poi hanno in mano un Paese intero…

Considerando che il Paese ce l’hanno già in mano, praticamente gli diamo credito libero per agire come meglio credono secondo i loro egoistici scopi (es. Berlusconi contro le briglie che di fatto l’Europa ha posto). Naturalmente l’Europa non sono banalmente i “buoni”, ma ci sono interessi del mercato finanziario internazionale che complicano tutta la vicenda e lasciamo anche questo capitolo a parte.

Sintesi

  • C’è grande differenza tra lavorare nel mercato (crescita finanziaria) e lavorare nello Stato (peso sulle imposte o immissione di nuovi soldi che non resta senza conseguenza ed occorre valutare lo scenario attuale).

  • Programmi e macchine automatizzano molto il lavoro, verosimilmente accadrà sempre di più e non è affatto chiaro se ci sarà sempre qualcosa da fare per occupare un’intera popolazione, cose che riguardino le vendite e producano un reddito (altrimenti è peso sullo Stato).

  • Programmi e macchine automatizzano molto il lavoro e non c’è motivo (se usiamo la tecnologia proprio per liberarci dal lavoro) di impegnarsi per una piena occupazione, ovvero assicurarci che tutti lavorino. Che dobbiamo mai fare? Questo è un dogma da abbandonare. Gli umani dovrebbero (per me) essere prima di tutto felici e la felicità è soggettiva, non significa “dare un lavoro”.

  • Il nostro sistema finanziario deve essere precisamente modificato per i nuovi obiettivi che vorremmo, altrimenti proponiamo cose che possono far collassare la società o restare senza significato pratico.

  • La politica economica è fondamentale quando lo Stato deve fare grossi interventi, non si possono togliere i limiti quando c’è pessima politica e corruzione, il risultato sarà verosimilmente disastroso.

  • Un reddito base costa molto meno della piena occupazione e dunque è, seppur impegnativo, fattibile, meglio connettere questo con un libero invito a far qualcosa nel mondo del volontariato (che riceverebbe molte più risorse rispetto ad ora e crescerebbe anche in qualità), piuttosto che ragionare in termini di “lavori obbligatori”.

  • Il lavoro garantito è meglio di quello obbligatorio, però ho seri dubbi (sopra esposti) che si possa garantire finanziariamente e che si riesca davvero a trovare qualcosa che non sia una “forzatura” (lavori superflui). Inoltre, se non c’è reddito fuori dal mondo del lavoro: garantito / obbligatorio diventano quasi sinonimi… Col rischio che molti facciamo qualcosa tanto per il reddito e lo facciamo male.

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La sanità italiana è una delle migliori al mondo per qualità ed efficienza e la stiamo tagliando a causa del pareggio di bilancio. Ci fanno i complimenti i premi Nobel per l’economia

La piena occupazione è prevista dalla nostra Costituzione:

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Il motivo è semplice: il cittadino che lavora può ricattare il datore di lavoro attraverso scioperi ed occupazioni. Se non vogliamo il lavoro di massa, vogliamo far morire di fame i nostri concittadini? No, grazie.

La disoccupazione tecnologica non è niente di nuovo, ne scriveva Keynes negli anni 1930. Non credo che non ci siano cose da fare, anzi. C’è da risolvere il dissesto idrogeologico di questa nazione e mettere in sicurezza tutti gli edifici pubblici. Se avessimo reso antisismiche le case qualche decennio fa, sarebbero morte molte meno persone a causa dell’ultimo terremoto.

Riguardo al protezionismo: non è mai andato via, solo che adesso viene chiamato misura anti-dumping.

Poi hai scritto:

Un reddito base costa molto meno della piena occupazione e dunque è, seppur impegnativo, fattibile, meglio connettere questo con un libero invito a far qualcosa nel mondo del volontariato (che riceverebbe molte più risorse rispetto ad ora e crescerebbe anche in qualità), piuttosto che ragionare in termini di “lavori obbligatori”.

Hai delle fonti che possano confermare queste affermazioni? Mi risulta il contrario.

Da un punto di vista economico hai ragione. Ma c’è un’altro punto di vista da cui occorre considerare il lavoro: quello della creatività, della gratificazione personale e dell’arricchimeno culturale collettivo. Prendiamo il caso del Software Libero. che dovrebbe essere ben noto alla comunità dei pirati: molte persone hanno donato e donano del lavoro per far crescere un bene collettivo, senza un immediato tornaconto personale … anche se a lungo termine è indubbio che l’esistenza del software libero abbia portato ad un accrescimento della ricchezza collettiva, non solo culturale ma anche economica.

Altre attività - ad esempio i murales che imbelliscono i brutti muri di molte città - possono non avere un effetto economico riscontrabile, ma comunque essere viste come un arricchimento culturale ed estetico e quindi qualcosa che migliora la qualita della vita e la “ricchezza” collettiva.

Io penso che per quanto le macchine possano evolversi e divenire più autonome, ci sarà sempre spazio per nuove attività creative da parte dell’uomo, per cui se vuole l’uomo non rimarrà senza lavoro. Certo queste attività saranno più basate sul volontariato e meno regolamentabili, poco riconducibili alla logica del contraccambio ( “do ut des”, se ricordo bene il latino ).

Anche l’articolo uno della costituzione “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro…”, citato in questo thread, secondo me va interpretato in questa ottica di lavoro visto come contributo dei cittadini alla creazione della ricchezza collettiva ( economica, culturale, artistica, … ) su cui si fonda la Nazione, piuttosto che come mero strumento per sopravvivere.

Quale deve essere il ruolo dello Stato in questo? A mio avviso sopratutto quello di incoracggiare il pensiero critico e costruttivo, attraverso una scuola pubblica di alta qualità ma anche consentento l’accesso libero a tutte le risorse del sapere umano, siano esse cartacee o elettroniche e favorendo lo scambio di idee tra i cittadini. Occasionalmente, laddove riscontrate carenze oggettive, lo Stato può anche farsi “mcenate” e finanziare direttamente attività creative, ma secondo me sempre con lo scopo di innescare dei processi che rendano la società civile autonoma nel più breve tempo possibile: si sa che l’estetica statale - ma anche la ricerca scientifica statale - difficilmente portano a risultati oggettivamente validi, specie in contesti “infestati” dal partitismo come il nostro.

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La Costituzione non è una fonte di verità assoluta, c’è chi propone di sostituire il lavoro con un reddito base, come fondamento, e non è una nuova idea del M5S, ma una visione che nasce già con il Manifesto di Ventotene per la nascita dell’Europa (1941):

la potenzialità quasi senza limiti della produzione in massa dei generi di prima necessità con la tecnica moderna permette ormai di assicurare a tutti, con un costo sociale relativamente piccolo, il vitto, l’alloggio e il vestiario col minimo di conforto necessario per conservare la dignità umana.

Si parla di “moderna tecnica” e pensiamo oggi a quali passi enormi abbiamo fatto a livello di progresso. Viene menzionato l’alloggio, ma secondo me quello è un costo troppo pesante, ma ora lasciamo chiusa questa parentesi.

Oggi ci sono sostenitori numerosi e autorevoli di diverse visioni: chi punterebbe sulla piena occupazione e chi su un reddito base svincolato dal lavoro. Probabilmente si tratta di una scelta politica.

Ho presente alcuni vecchi commenti diffusi quando iniziarono a diffondersi i mezzi agricoli, si pensava che l’uomo non avrebbe più lavorato (o molto meno), invece poi ci sono stati mille altri lavori. Il punto è che il progresso tecnologico avanza sempre e non è scontato ipotizzare un limite critico per cui non si riuscirà a trovare sempre così tanti e numerosi lavori. Ci sono dati che prendono un lungo periodo di tempo e mostrano una crescente (seppur lenta) disoccupazione mondiale. Naturalmente più interpretazioni sono possibili, però ritengo verosimile che il lavoro, almeno come necessità, andrà a diminuire sempre di più. Già adesso molti lavorano per cose marginalmente necessarie, se non in certi casi dannose, solo per un reddito e non per il lavoro in sé.

Continui a non considerare quanto dicevo prima: non tutti i lavori sono uguali. Ci sono quelli dove il reddito lo trovi nel mercato con delle compravendite e quelli che finanzia lo Stato tramite imposte e/o tariffe.

I lavori che sono tanto numerosi come il servizio agli anziani, ristrutturare, ammodernare, ecc., purtroppo sono soprattutto costi. Vendiamo ai cittadini questi servizi? Si può fare… ma temo che non abbiano i soldi per sostenere questi costi. Lasciamo che lo Stato tramite incentivi e immissione di nuovi soldi finanzi tutto quello che serve? Sicuramente in parte si può fare, però qui in Italia siamo pieni di scandali e sprechi tremendi in fatto di opere pubbliche (persino l’Aquila è stato un disastro… ora è una città abbandonata dove anziani ed extracomunitari sono rimasti in condomini costruiti alla meno peggio, con balconi inagibili, e molti hanno avuto la possibilità di ottenere una sistemazione altrove abbandonando il territorio - molti miliardi di donazioni per realizzare uno scempio…). Se queste cose accadono (e non parliamo delle opere al sud finanziate e abbandonate, ce n’è una collezione intera…) come possiamo dare allo Stato la responsabilità di finanziarsi liberamente con responsabilità?

È un problema enorme questo (proprio su tali fatti hanno fatto leva per arrivare a privatizzare la banca centrale - io invece avrei semplicemente creato una commissione europea che stabiliva i limiti di autofinanziamento a ciascuno Stato, senza privatizzare la moneta e crearci sopra un interesse - nel lungo periodo è molto dannoso). Tornando al fatto che lo Stato potrebbe immettere nuovi soldi, se riguarda interventi circoscritti sicuramente si può fare, ma se tutta la disoccupazione la si vuol risolvere in questo modo, è qui che bisogna fare i conti con entrate ed uscite, non si possono immettere nuovi soldi ogni anno e basta. Deve esserci un ritorno tramite il gettito fiscale, almeno per la parte più grande della spesa…

Questo deriva da una semplice considerazione logica. Il reddito base serve a coprire la soglia di povertà, che per molte persone che vivono in famiglia (la maggior parte in Italia) sarebbe di 300-400 € al mese. Per come la vedo io (ma ci sono diverse impostazioni) cumulabile con il reddito del lavoro.

Non possiamo coprire la sola soglia di povertà facendo anche lavorare le persone, questo è un trattamento da servi, quasi schiavi… lavorare per sopravvivere, sarebbe brutale. Quindi se garantiamo un lavoro per forza i soldi devono essere maggiori rispetto alla sola soglia di povertà e quindi è necessariamente più costoso (se è lo Stato che deve finanziare i lavori, e certamente è così, visto che il mercato non li assorbe i disoccupati… altrimenti non avremmo il problema). Indicativamente è almeno il doppio più pesante finanziariamente, poi in base a che reddito vogliamo dare (quelli della ME-MMT sparavano alto) può diventare semplicemente folle… Un primo vincolo (di cui mai loro hanno parlato - un blog di attivisti ed un PDF divulgativo) è stare sotto il reddito mediano, perché verosimilmente non comporta inflazione, oppure un minimo che si stabilizza sicuramente e resta proprio un minimo.

Riguardo il fatto che un reddito base sia fattibile, non ho mai trovato soddisfacenti lavori, così ne ho fatto uno mio, tutto documentato. Il capitolo cruciale è Finanziare il reddito di esistenza, ma sarebbe da leggere tutta l’opera (anche per capire il metodo e la teoria di base che ho adottato, piuttosto ortodossa, eccetto nella visione del debito pubblico).

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Il dove tagliare è questione di decisioni politiche. Il pareggio di bilancio dice solo “le uscite non devono superare le entrate”. Dopodiché, sta all’intelligenza di chi governa tagliare gli sprechi anziché gli investimenti. Sul perché non si riesca a tagliare i suddetti sprechi, consiglio vivamente la lettura di questo.

Forse quando fu scritta era un obiettivo raggiungibile. Oggi è un’utopia.

Proprio perché non si vuol far morire di fame nessuno il mondo (mica solo noi) sta seriamente pensando a un reddito di base.

Questo è verissimo, ahimè. Ma è una cosa una tantum, non può dar da lavorare a tutti a tempo indeterminato. Quanto tempo ci vorrebbe a “sistemare” il territorio? Diciamo una decina d’anni? Poi?

La quasi totalità dei commentatori di oggi ritiene che la situazione attuale non abbia precedenti storici. Basta un dato: negli Stati Uniti la stragrande maggioranza dei lavori è impiegata in professioni nate prima degli anni '90 (autisti, operai etc.). Quanti nuovi posti di lavoro hanno creato i vari Facebook, Google, Uber & Co? Lo zero virgola rispetto al totale degli occupati. Stavolta, purtroppo, è diverso.

Il punto centrale della questione è che la parola “lavoro” viene psicologicamente associata ad una particolare tipologia di lavoro, ossia quello dipendente salariato. In realtà il futuro che molti si immaginano è uno in cui la forma di lavoro tipico è un’altra. Falkvinge -da individualista libertario quale è- sì immagina un mondo di imprenditori individuali, dove ognuno è libero di “provare la stupida idea commerciale senza il rischio di diventare un senzatettto o indebitarsi”, proprio grazie al reddito di base (la chiama Swarm Economy). Bauwens e la P2P Foundation invece pensano che lo scenario tipico sarà il Platform Cooperativism, cioè cooperative di lavoratori che utilizzano piattaforme tipo Uber o AirBnB ma redistribuendo equamente profitti e co-gestendo la cooperativa stessa. Ultimamente insistono molto su tre esempi in particolare, che sono Enspiral, Sensorica e Backfeed.

Forse il cambiamento è già in corso. Giorni fa ho letto questo articolo della redazione di Possibile sul turismo a Napoli. In estrema sintesi, spiega che a Napoli negli ultimi anni c’è stato un boom di turismo senza precedenti, e la Federalberghi ha fatto registrare picchi dell’80% di strutture prenotate nel 2016 (contro il 35% del 2010, anno della crisi dei rifiuti e altro). Molte di queste strutture, però, sono case affittate -spesso al nero- tramite AirBnB o simili. Ora, giustamente l’autore dell’articolo sottolinea i problemi della gentrification, del diritto alla casa e altro, ma bisognerebbe prendere atto che questo è forse uno dei pochi scenari plausibili per l’Italia e per il sud in particolare: il turismo diffuso, la possibilità di usare ciò che si ha (la casa, l’automobile, e perché no la stampante 3D) per fare attività commerciali. Senza albi professionali, licenze e noie burocratiche, ma pagando le tasse.

Non solo la ricchezza collettiva, ma anche quella personale. Ed è un fatto fondamentale: delle 4 libertà, la prima (quella che permette di usare il software per qualsiasi scopo -compreso quello di far soldi- è forse quella più importante, e senza di essa credo che il software libero non si sarebbe evoluto così rapidamente. Io posso utilizzare Blender o FreeCAD per insegnarli (facendomi pagare), o per creare modelli 3D per conto terzi (anche qui: dietro compenso) etc. Idem per GIMP, Inkscape etc. (per non parlare dei vari Wordpress e altri software per il web). Questi sono Commons digitali a cui tutti (circa) possono avere accesso, e che ognuno ha quindi l’interesse a mantenere liberi. Dopodiché, l’iniziativa dev’essere lasciata libera. Per questo imho ha avuto poco successo l’idea di Bauwens della Peer Production License, che dice “questo bene è gratis se sei una no-profit, mentre se sei un’azienda devi pagare”.

Solo per correggere sulla Grecia la destra che ha governato sempre fino ad entrare in Europa falsificava i bilanci poi abbiamo visto i risultati. Meno male che è stato messo il pareggio di bilancio altrimenti ci sarebbe stato qualche stato che avrebbe pagato per un altro stato. Ci vuole un ripensamento sulla priorità economica ANCORA OGGI IL PENSIERO CAPITALISTA E DOMINANATE. Il bene di pochi e briciole per tanti. La ridistribuzione della ricchezza è ancora un pensiero rivoluzionario.

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Concordo, e proprio per questo noi pirati dovremmo elaborare modelli sociali che grazie ai progressi tecnologici riescano a garantire ridistribuzioni di ricchezza senza ricorrere ad apparati statali polizieschi e burocratici oltre che fortemente corrotti e separati rispetto al resto della società.

Sono a favore delle cenate piuttosto che le menate… per me almeno… per lo Stato l’opposto… si meni e non ceni! SCNR

Questo è un bel factoid. Potrebbe servire uno o due link che raccolgono tali commenti…

Anche a Berlino la nuova pressione sul mercato degli affitti si è creata grazie ad un uso clandestino di AirBnB.