A scorrere la lista dei ministri non riscontro motivi di particolare tranquillità.
I punti “deboli” nel discorso del voto elettronico sono essenzialmente tre: il ministero degli esteri, quello dello sviluppo economico e la roccaforte del ministero degli interni. Il potere dei grillini nel nuovo governo aumenta: rimane inalterata la presa sul Ministero dello Sviluppo Economico che passa da Di Maio ad un altro fedelissimo di Casaleggio pesantemente coinvolto nelle attività di Rousseau, Stefano Patuanell, peraltro non appena eletto promotore di una proposta di legge di riforma dell’articolo 71 della Costituzione (in senso dell’estensione di procedure della democrazia diretta), d’altro canto Luigi Di Maio viene s-promosso proprio al Ministero degli Esteri, dove in precedenza la presenza dell’indipendente Moavero Milanesi è stato comunque una garanzia di equilibrio. Il Ministero degli Esteri giocherà un ruolo importante rispetto all’adozione del cavallo di troia del voto degli italiani all’estero. Dovrebbe consolare che almeno il Viminale sembri non solo fuori dall’area d’influenza diretta dei grillini, ma anche assegnata a persona competente e istituzionale (l’ex-prefetto. laureata in giurisprudenza, Luciana Lamorgese).
Ciò che desta qualche preoccupazione è che l’insediamento della nuova ministra avviene dichiaratamente nel solco della discontinuità con il precedente mandato, e questo è sicuramente vero sul tema della politica migratoria, ma nessuno in questo momento esprime che tale discontinuità possa riguardare anche l’argine in difesa delle procedure elettorali che, tutto sommato, Salvini al Viminale aveva tenuto. Certamente il pressing del M5S su questo tema non terminerà. A questo punto la nomina dei sottosegretari al Viminale e le loro eventuali attribuzioni darà un quadro più preciso della situazione. Non c’è comunque da essere ottimisti.