Tra le nuove forme di democrazia sorte grazie alla rete c’è la cosiddetta “democrazia liquida”, che consente di rendere trasferibile l’istituto della delega, nelle nostre democrazie rappresentative conferita al contrario dagli elettori agli eletti solo a ogni tornata elettorale (inutile credo ricordare il fallimento di referendum e iniziative di legge popolare nel nostro ordinamento).
Nella sua variante “liquida”, invece, chiunque può cedere (o revocare) in ogni momento il proprio diritto di voto su un argomento specifico, un tema o direttamente su tutte le iniziative a un altro partecipante, perché ritenuto più competente o adeguato. È una importantissima cessione di sovranità, e può dare luogo a indebite concentrazioni di potere in capo a pochi soggetti, che dunque secondo i critici ne possono abusare diventando “super votanti”, ossia ricevendo e gestendo un grosso numero di deleghe.
Mentre gli esperimenti in tal senso negli ultimi anni si sono moltiplicati, ancora poco o nulla sapevamo di come e quanto sia effettivamente utilizzata la delega “liquida”, oltre che del comportamento dei “super votanti” che ne beneficiano. A fornire una prima risposta sistematica è un paper pubblicato negli scorsi giorni su Arxiv da un gruppo di ricercatori delle università di Mainz e Colonia, che si concentra sull’utilizzo del software Liquid Feedback da parte dei Pirati Tedeschi, dalla sua adozione nel 2010 fino al 2013.
Dati rilevanti, dato che su 24.438 membri del partito a gennaio 2015 – che ne fanno il primo tra i Pirati a livello globale – ben 13.836 risultavano iscritti alla piattaforma deliberativa open source che ha sedotto, nel nostro Paese, gruppi locali di attivisti locali del MoVimento 5 Stelle ma anche Umberto Amrbosoli e Laura Puppato. E per la quantità di dati raccolti: “499.009 voti singoli per 6.517 iniziative”, scrivono gli autori, “relative a 3.565 temi”, per un totale di 14.964 deleghe nei quattro anni oggetto dello studio. Ancora, informazioni indispensabili dato che quella dei Pirati tedeschi è “la più ampia comunità online” ad avere implementato la democrazia liquida, che gli autori chiamano “delegative” – e che, è bene ricordarlo, è altro dalla “iperdemocrazia” di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, in cui la delega “liquida” non è prevista.
Ciò che si scopre è che i “super votanti” sono in realtà pochi: in tutta la storia dei voti osservati solo 38 votanti hanno ottenuto più di 100 deleghe, e la stragrande maggioranza dei partecipanti non ne ha ricevuta alcuna. Ancora, l’esercizio del voto aguzza lo spirito critico: emerge con chiarezza, si legge, che “gli utenti con più esperienza diventano più critici verso le proposte”, che in ogni caso tendono a essere approvate una volta raggiunto lo stadio della votazione. I ricercatori confermano poi l’intuizione di diversi esperti della materia per cui chi riceve più deleghe è in media più attivo non solo del comune partecipante, ma anche di quelli più attivi.
La vera domanda, tuttavia, è se ciò si traduca in un ostacolo alla deliberazione democratica, compromettendo dunque l’idea di democrazia liquida alle fondamenta. I risultati dello studio sembrano smentire. Scrivono gli autori tra le conclusioni: “Mentre i nostri risultati confermano che il potere teoretico e potenziale dei ‘super votanti’ è alto, ciò che abbiamo osservato è che stabilizzano il sistema di voto e combattono la stagnazione” del sistema deliberativo, le cui attività andrebbero altrimenti scemando – perché più critica significa più voti negativi, e col tempo meno proposte; merito dei “super votanti”, che “usano saggiamente il loro potere” e più che bilanciano coi loro voti positivi il rischio di stasi. “I super votanti”, infatti, “non sfruttano tutta la loro influenza per modificare l’esito dei voti, e si esprimono in molti casi in favore delle proposte che convincono la maggioranza dei votanti”.
Il pericolo, insomma, scomparirebbe perché – almeno nella comunità dei Pirati – i partecipanti sono stati in grado di autoregolarsi quanto basta per impedire che l’essenza liquida della nuova democrazia liquefacesse oltremodo la democraticità delle decisioni prese. “Tutto questo suggerisce che i limiti potenziali delle piattaforme di democrazia ‘delegative‘ possono – e sono – in realtà essere mitigati dal comportamento dei super votanti al loro interno, almeno fino a un certo punto”. Per scoprire esattamente fino a quale – per esempio, se anche in assenza di effetti distorsivi per via della delega, le decisioni prese siano buone decisioni – non resta che confidare nel progresso della ricerca sulla materia