Criticità di bitcoin, blockchain e ideologia anarco-capitalista

Veramente, se uno usa BitCoin ed è onesto dichiarerà al fisco ciò che guadagna in Bitcoin e ci pagherà le dovute tasse. Viceversa, se uno è disonesto evaderà anche usando la valuta nazionale (come fanno da sempre gli italiani usando i contanti). Per non parlare del fatto che in molti paesi a vocazione turistica nel mondo si accettano sia l’euro sia il dollaro sia la valuta locale. Basta fare la conversione in valuta locale e pagare le tasse dovute.

Che ammetterai essere lo stesso identico problema del RdE. A meno di non voler vietare per legge a un individuo di trasferirsi all’estero, cosa di per sé mostruosamente liberticida.

Exekias tralasci alcune questioni cruciali.

  1. Se uno è onesto probabilmente non ha bisogno di usare una moneta come Bitcoin, ma può benissimo usare quella del proprio Stato (supponendo che ci sia dietro un sistema fiscale ben pensato). Usare Bitcoin è spesso - come lo intendevo - un mezzo per evadere.

  2. Immaginavo una moneta elettronica dello Stato (es. Taler) in cui non ci sono contanti ed è molto difficile evadere.

  3. Il problema non è convertire dalla valuta del proprio Stato a quella di un altro; non solo si può dichiarare tutto, ma anche tener traccia di tutto. Il problema è convertire da una moneta di uno Stato ad una moneta senza uno Stato e senza imposte fiscali (es. Bitcoin o Ethereum). È questa la conversione che andrebbe considerata illegale (non conviene a nessuno Stato, di riflesso a nessun cittadino onesto).

  4. Riguardo il RdE, se si può introdurre (come diversi calcoli lasciano ampiamente credere) senza introdurre nuove imposte fiscali, non c’è motivo di fuggire. Se volevano fuggire lo hanno ormai già fatto o continuano a farlo per altri motivi.

  5. Se l’unificazione ha un senso, verso la direzione che vuole “più Europa”, allora bisognava iniziare ad uniformare i titoli di istruzione, la pressione fiscale, i sussidi o varie forme di sostegno tramite reddito, ecc. Dati tutti questi presupposti, diventa spontaneo arrivare all’unione monetaria. Purtroppo hanno iniziato dalla “fine” e ci ritroviamo in un’Europa profondamente disomogenea, dove ha senso spostarsi da un Paese all’altro per andare incontro a forme di assistenza diversa, meno imposte, ecc. Col tempo non deve accadere che uno vada in un altro Paese per sfruttare un certo beneficio o evadere qualche impegno sociale. Questo è quanto il mercato globale ha potuto fare dato che non esiste un governo mondiale, né accordi internazionali per regolamentare il mercato globale (risultato: competizione non etica, raggirate le tutele ambientali e dei lavoratori, legge del prezzo a fondamento della società, ecc.).

Diciamo che questo è un po’ il comune sentire, ma è anche la classica frase che manda su tutte le furie l’hacktivista-tipo (nonché diversa gente qui dentro). Il motivo per cui BitCoin è stato inventato per una serie di ragioni (sfiducia nelle banche e negli Stati, volontà di avere una valuta non inflazionabile, open source e p2p, valida in tutto il globo, coniabile -almeno in teoria- da chiunque. Poi certo, la realtà è un po’ diversa dai propositi, ma in questo caso ciò che conta è proprio la filosofia di fondo che sottintende a Bitcoin). Che poi ci sia gente che lo usa per scopi raccapriccianti è innegabile, ma per quanto mi riguarda -forse ingenuamente- continuo a pensare che chi l’ha inventato non fosse animato da scopi così gretti (o almeno: non solo).

Ma allora ci vuole anche la guardia di finanza del bitcoin…

Non la persona, ma i patrimoni. Se cambi nazione, noi ti tassiamo il patrimonio che ti porti via.

Nel mio concetto di RdE si fa una riorganizzazione fiscale, perciò ci sono coloro che finalmente dopo decenni tornano a contribuire al sistema sociale – se sono stronzi hanno motivo di fuggire, perciò dobbiamo allacciare i patrimoni, non le persone. Dopotutto quegli patrimoni non gli appartengono. È la società che glieli ha dati per farci qualcosa di utile. Per oggi la metto così, forsi domani la vedo diversamente.

… in questo modo accendendo la miccia ad una race-to-the-bottom della riduzione dei servizi sociali per non attrarre le masse d’Europa… lo stesso problema al quale alludo in Sussidiarietà e Federalismo in rapporto al libero mercato

Cioè i problemi della sussidiarietà sono la condizione normale a livello mondiale, e tali problemi della race-to-the-bottom si riflettono dal globale in giù se si applica ulteriore sussidiarietà…

E utile praticamente solamente per scopi illeciti. Poi fino ad oggi non si sa chi ci ha apportato questo nuovo paradiso fiscale digitale… Stai tranquillo, l’opinione sul bitcoin e la blockchain sta cambiando nelle teste di molti hacktivisti, non solo nel PP.

Bitcoin è figlio della ideologia counter-culture, del “libertarianism”, dell’idea che le organizzazioni sociali (stato) fanno schifo e l’anarchismo è meglio. Purtroppo l’anarchismo ripetutamente dimostra che non funziona e le organizzazioni sociali nonostante i forti problemi di corruzione sono meno peggio dello schifo totale. Dobbiamo debuggare lo stato. Creare sistemi che lo bypassano sia giusto in regimi di oppressione ma laddove l’umanità tenta di rimettersi in piedi ogni strumento che aumenta la disparità delle ricchezze è un problema grave - e nella mia testa non ho dubbi che bitcoin lo fa.

E’ vero, i bitcoin hanno fatto breccia anche nella cultura libertariana e il dato interessante per quello che dici è che la fiducia è stata raccolta grazie al fatto che il bitcoin è una moneta regolata da un algoritmo e non da persone. Letta sotto un punto di vista anarchico significa che io potenzialmente ho la possibilità di regolare un’ intera comunità attorno ad un sistema trasparente gestito da un algoritmo e forte di un consenso e non gestito da un potere. Io non criminalizzerei il bitcoin ma anzi guarderei con attenzione alle possibilità che la blockchain offre per destrutturare uno Stato (inteso come potere separato) e sostiruirlo con regole trasparenti a garanzia della comunità intera.

Già fatto n volte. La blockchain non può modellare le esigenze etiche come la ridistribuzione tra gli esseri umani – se ci provi tutti quelli che hanno messo da parte i soldi escono e fondano una blockchain meno etica che vada incontro ai loro bisogni.

Per fare una blockchain con criteri commons devi poterla imporre (vedi premio Nobel della professoressa Ostrom), per poterlo imporre ci vuole il monopolio della violenza (polizia, carabinieri ecc)… se ti serve quello non può fare a meno dello stato. Se hai lo stato, a che diavolo di scopo ti sei messo a fare una blockchain? Bastava un sistema informatico distribuito. q.e.d.

Giusto per precisare, nessuno qui sta dicendo che si debba smantellare lo Stato. L’idea è quello di renderlo una macchina trasparente dove l’intervento umano forte del potere che assume occupando determinate posizioni chiave, sia reso il minimo possibile o addirittura annullato. Neppure l’anarchico più esaltato può pensare a comunità che si tengano in piedi senza un patto condiviso. E se hai un patto condiviso hai anche implicitamente l’idea di uno Stato.

Bitcoin & c aumentano o diminuiscono la trasparenza?

Blockchain rafforza la trasparenza nella misura in cui a nessuno viene impedito di farne parte. Se esistessero delle blockchain segrete e chiuse (può benissimo essere) allora diminuirebbe la trasparenza. Dipende come viene usata questa tecnologia, nel primo caso, dei server della pubblica amministrazione dovrebbero essere più facili da gestire e meno esosi di risorse rispetto ad un database condiviso e ridondante tra cittadini.

Bitcoin è necessariamente legato agli scambi di denaro e qui la trasparenza diminuisce. Però, almeno in parte, vogliamo difendere la riservatezza dei piccoli acquisti privati. Sotto questo aspetto non è male, ma i problemi sono di altro tipo: non automaticamente tassabile (anche se si può dichiarare il reddito in bitcoin, peccato che nasce proprio per raggirarlo… quindi); troppo anonimizzante (se lo Stato vuole vederci chiaro perché sospetta gravi attività criminali non può farlo); la creazione di nuovi bitcoin non è una possibilità aperta a tutti allo stesso modo, ma richiede potenti macchine che fanno calcoli complessi e quindi c’è sia un danno energetico che uno squilibrio a favore di chi ha già tanti server e può permettersi vantaggi con questa moneta.

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Ti seguo in questo pensiero, ma come riassume anche @Silvan dubito dell’utilità di una dispendiosa architettura basata sul proof-of-work se alla fine bisogna comunque applicare la separazione dei poteri, cioè legislazione, giustizia ed il monopolio della violenza esecutiva. Volendo si potrebbe teorizzare un proof-of-stake basato su infrastruttura statale, ma mi pare non disti più molto dallo statalizzare tutto.

In questo cosa c’è di sbagliato?

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Una moneta come il SolarCoin viene riconosciuta a qualcuno che produce energia elettrica dalla luce solare (notare come ogni valuta ha sempre bisogno di essere ancorata ad un’attività economica per avere valore). Quel che mi chiedo è perché riconoscere dei SolarCoin, quando un produttore di energia elettrica può venderla e ricevere euro?

Se ci sono eventuali ingiustizie legate alle possibilità di vendita, alle imposte o altro, si tratta di aggiustare legalmente la situazione, non di lasciare eventuali storture e usare un’altra moneta, perché poi quel cittadino avrà comunque bisogno soprattutto di euro e continuerà ad avere la necessità di riparare eventuali storture finanziarie (se ce ne sono - non mi intendo - nello specifico della produzione di energia dal Sole).

Ecco perché è bene sistemare nello Stato quel che non funziona, piuttosto che pensare a come raggirarlo (o rendersi autonomi) in contesti sempre troppo circoscritti per arrivare ad un effettivo sostituto dello Stato o un’indipendenza economica e legislativa.

Alla tua domanda aggiungo questa: perché i SolarCoin e non gli euro? Se un motivo non viene fuori, allora stiamo pensando a cose senza senso e questo è già sufficientemente sbagliato.

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I SolarCoin sono convertibili in €, $ o qualunque altra valuta.

Presumo sia perché con i SolarCoin è tutto gestito in automatico dalla blockchain e si può vendere direttamente ai privati senza l’intermediazione dei gestori (dando molta più libertà ai singoli di scegliere chi ti fa il miglior prezzo). O almeno, questo è ciò che dicono anche questi qui. Dopodiché, se proprio si vuol pensar male, si può anche credere che uno possa mettersi a produrre SolarCoin sperando di trattarli come bene speculativo (se hanno le stesse variazioni di BitCoin), ma in questo caso francamente mi interessa poco: il risultato è che incentiva la produzione di energia fotovoltaica.

Allora quello che si sta cercando è il sistema distribuito di comunicazione senza intermediari (tipo secushare, scusa la pubblicità) piuttosto di una vera e propria necessità di usare una blockchain con l’annesso danno ecologico del proof-of-work e il potenziale di scambiarsi valore bypassando il fisco… o mi sfugge qualcosa?

Certo, ma quando dicevo che il cittadino avrà soprattutto bisogno di euro, intendevo che il suo reddito principale deriverà da una fonte in euro (lavoro, pensione, ecc.). In questo senso, se il principale e più condizionante sistema fiscale ed economico da cui dipendi è gestito dallo Stato e dal mercato (che lo Stato dovrebbe regolamentare), non vedo significativo quello “spicchio di sole” in un contesto comunque da risolvere.

Ogni volta che si crea un sistema automatico / autonomo di gestione dei soldi è quasi inevitabile il fenomeno dell’evasione. Non è la speculazione il problema, è che non crediamo più minimamente alla strada di uno Stato da ripristinare nelle sue funzioni se cerchiamo una “via di uscita” con sistemi autonomi. Senza Stato però la società è finita, quindi non si può raggirare questo problema, a meno che non si trova una soluzione di vita umana in ecovillaggi autonomi, ma i problemi e le dipendenze sono comunque tante.

Se ti interessa questo, gli incentivi (mal pensati) che lo Stato ha messo nei recenti anni per il fotovoltaico hanno portato ad una (purtroppo) selvaggia installazione di pannelli in tante parti di Italia e purtroppo da parte di spagnoli e non ricordo chi, che hanno potuto beneficiare degli incentivi (io avrei limitato la possibilità alle aziende e ai cittadini italiani).

Lo Stato ha in mano tanti strumenti per incentivare o disincentivare questo o quello, per questo ribadisco non è significativo pensare ad una cosa come i SolarCoin.

In questo specifico caso non sto “gestendo i soldi”, sto gestendo un servizio. Non pago un servizio perché non ne faccio uso: sarebbe evasione se mi attaccassi alla corrente abusivamente e non pagassi la bolletta. E’ la stessa differenza che passa tra viaggiare sui mezzi senza pagare il biglietto e fare carpooling.

E l’Unione Europea avrebbe verosimilmente considerato questo come un aiuto di Stato illegale. L’Europa come mercato unico è nata apposta per permettere alle aziende di espandersi anche all’estero.

Non ci vedo nulla di sbagliato, anzi.

Ad esempio, teoricamente io potrei ricevere solarcoin non solo in quanto proprietario di un impianto fotovoltaico ma solo come produttore di energia dal fotovoltaico, che a mia volta io compro da un produttore, incentivando così questa forma di produzione di energia piuttosto che altre meno vantaggiose.

Ho riletto oggi questo post a mesi e mesi di distanza. A dire il vero mi dispiace molto che @mfp si sia allontanato dal nostro Forum. Questo testo meriterebbe un grande approfondimento, proprio in seno alla nostra nano-comunità.

@Exekias @solibo Se abbiamo una valuta / strategia / mezzo per gestire un servizio in un modo che concettualmente somiglia al baratto oppure ad un sistema di crediti autonomamente gestito, non crolla il mondo. Va bene. Ma pare che scrivo inutilmente due aspetti tremendamente rilevanti di tutta la faccenda:

  1. Non abbiamo alcuna possibilità con queste valute o altri mezzi autogestiti di liberarci dalle storture del sistema finanziario, comunque occorre riformarlo in una direzione più solidale e la stessa politica economica richiede molte misure che solo lo Stato può imporre e far rispettare. Quindi è bene sottolineare e precisare che comunque criptovalute, SCEC, Sardex, SolarCoin, ecc., non possono rappresentare una soluzione. Quindi restano - anche nell’ottica che siano cose positive - “toppe” o strategie marginali di sopravvivenza (e nemmeno per tutti).

  2. Supponiamo che non sia solo un servizio quel che si riesce a gestire con valute senza uno Stato (che le abbia adottate e regolamentate) e senza imposte: tanto più si allarga questo spazio, tanto meno spazio resta allo Stato. Questo è un chiaro conflitto e dovrebbe anche essere chiaro che lo Stato non può morire (a meno che non vogliamo un mondo di solo mercato e anarchia). Entro una piccola misura tutto è tollerabile per un sistema: un po’ di evasione, un po’ di violenza, un po’ di clandestini, un po’ di abusi, ecc. Alcune cose è evidente che non vanno bene nemmeno “un po’”, ma altre come sottrarre il controllo della moneta allo Stato sono meno evidenti, specie quando lo Stato si comporta male. Però, resta comunque una strada che se percorsa fino in fondo (2 servizi, 3, 4, i risparmi…) resta folle.

Dice il crittografo Tony Arcieri sui pericoli di una monocultura di blockchain:

If it’s not defined in the Bitcoin paper, what does “blockchain” actually mean?

While not described in the paper as such, I would argue that the overall structure of the Bitcoin “blockchain” is effectively a very flat-looking special case of a Merkle tree. […] That said I think Satoshi’s expertise around Merkle trees is generally questionable: Bitcoin’s Merkle trees previously had oddly broken behavior (CVE-2012-2459) and utilize a “naive” construction without type flags for leaf versus interior nodes, leading me to believe Satoshi is not an academic cryptographer.

The real innovation of Bitcoin, in my opinion, is the use of a lottery-like mechanism to decide the next “block” to insert into the “Merkelized” replicated log, specifically the proof-of-work function and difficulty ratcheting mechanisms that increase the amount of work required in response to the number of miners working on the problem. Indeed the paper talks quite a bit about a “proof-of-work chain”. However, in discussing the definition of “blockchain” with several people, whether or not a “blockchain” necessarily includes a proof-of-work was one of the most contentious topics. There are several reasons why “blockchain” advocates may want to distance themselves from being necessarily tied-by-definition to a proof-of-work function.

Bitcoin uses an elliptic curve practically no one else uses called secp256k1 (the rest of the crypto world has largely moved on to Curve25519). […] I don’t think Bitcoin chose particularly good ones.

“Blockchain technology” as it exists today in Bitcoin is effectively a decentralized reconciliation system which maintains a global transaction ledger without a central authority.

Bitcoin broadcasts all transactions to all nodes in a peer-to-peer system. This […] has inherent scalability limits.

Scripting: a very cool feature I will acknowledge exists and give a quick hat tip to Ethereum, but I will not be discussing it in this post. I think “smart contracts” can exist outside of blockchains and that not everyone using “blockchain technology” is necessarily interested in them.

As far as I’m concerned, as soon as we remove the “consensus-by-lottery” using proof-of-work part of the “blockchain”, it starts to lose meaning and lapses into a much more general set of ideas which solve a similar class of problems but have been in use for decades, are distinct from Bitcoin, and are in no way “blockchain technology”.

Ironicamente, se si rimuove il punto debole del Bitcoin, le operazioni di proof-of-work, la blockchain diventa una generica implementazione di consensus che abbiamo visto in Rete già da oltre un decennio. Il hype per la blockchain è infondato e la tecnologia che si dovrebbe hypare in suo posto è la classe generica di sistemi distribuiti crittografici, non solo quelli derivati dal mediocre codice del Bitcoin.

Systems which are not transaction ledgers and do not use Bitcoin’s consensus-by-lottery using a proof-of-work function approach are not “blockchains”.

The Bitcoin blockchain: the world’s worst database:

  1. Uses approximately the same amount of electricity as could power an average American household for a day per transaction
  2. Supports 3 transactions / second
  3. Takes over 10 minutes to “commit” a transaction
  4. “blockchain technology” cannot by definition tell you if a given write is ever accepted/committed except by reading it out of the blockchain itself

Even MongoDB can do better than this.

As a side-effect, Bitcoin can also be used as a decentralized “timestamping” service, however there are more efficient protocols which can solve the decentralized audit log problem.

Come quelli inclusi in GNUnet appunto…

Bitcoin was a great demonstration of what is possible. But as the entire Bitcoin ecosystem approaches a gross payment volume size nearing about 1/10,000th the transaction volume of VISA, the “publish all transactions to everybody” approach is starting to show its limits.

Despite claims of being “decentralized”, the blockchain represents a single ledger which is global to the entire Bitcoin ecosystem. It seems Satoshi’s back-of-the-napkin math doesn’t really work out, and publishing all transactions to everyone is expensive in terms of bandwidth and storage. How do we exchange different currencies or other financial instruments between blockchains denominated in different currencies?

  1. Interledger: “Unlike previous approaches, this protocol requires no global coordinating system or blockchain.”
  2. Stellar SCP: a formally modeled distributed consensus algorithm designed for Internet-scale operation.

Bitcoin-NG, a protocol that inverts the ordering of Bitcoin consensus: a miner is first elected leader by winning the proof-of-work “lottery” by mining a “key block”, and then once elected leader becomes a transaction broker who can mint “micro-blocks” via digital signature until the next leader is elected. Decoupling leader election from the publishing of transactions allows the overall system to have a much higher throughput as the rate new transactions are published is no-longer coupled to the rate at which the proof-of-work problem is solved.

Google is working on a “General Transparency” key/value store called Trillian.

Cothority is a framework for building collective authority systems using a Merkelized log ala CT, a consensus algorithm, and threshold signatures.

While I think Bitcoin-NG is a brilliant optimization on the original Bitcoin design, Cothority provides many of the same properties without a proof of work function.

Lately I’ve seen a lot of systems of the sort I previously wouldn’t have classified as “blockchains” who previously seemed to be distancing themselves from Bitcoin go FULL BLOCKCHAIN.

Beh si, se definiamo che la blockchain è banalmente un sistema di consensus, allora anche GNUnet possiede una blockchain– anzi, più di una… e in secushare stiamo pianificando di mettere Merkle Trees a capo di ogni dannata chatroom, cioè una blockchain per ogni chat. Basta inflazionare il termine al punto da renderlo assurdo. A quel punto, anche git è una blockchain.

“blockchain” is fast on its way to becoming the new “cloud”: one of those words whose actual meaning is nebulous and unspecific, but whatever it is it must be so important people can’t shut up about it!

The great thing about a nebulous term is that it knows no limits. What can’t you put in the blockchain? Perhaps we could encode Wikipedia into the blockchain, or store the entire archive of Netflix videos in the blockchain. All of archive.org could go in the blockchain. We could move the entire World Wide Web into the blockchain so all web pages are permanent and live forever. The Bitcoin blockchain’s ability to store data is greatly limited by its “publish everything to everyone everywhere” nature. […] To go beyond that, we need a different protocol. We can’t just throw “blockchain technology” at the problem. The relevant algorithms do not exist in the Bitcoin codebase. We need a different protocol. There have been many pretenders to the throne: Xanadu, FreeNet, GNUnet, MojoNation/MNet, Tahoe-LAFS, OneSwarm, BitSpray, MaidSafe, IPFS.

Conclusion: I feel “blockchain technology” has not delivered a lot of practical value: compared to most payment systems the value Bitcoin moves and the transaction rate are both rather insignificant (all other blockchain systems move practically nothing by comparison). The only thing I think “blockchain technology” has actually delivered on is hype. […] I worry the media are giving undue attention to questionable ideas simply because there’s a lot of “buzz around blockchain”. I worry that the hype surrounding the “blockchain” might lead those who award research budgets to favor blockchain-based solutions over those that are blockchain-free. I worry financial institutions might pick a “blockchain”-based solution where a blockchain-free solution might be by all quantitative metrics better in every regard, simply because they’ve heard what a big deal “blockchain” is. But perhaps my concerns are overblown, and this is just a giant semantic argument. Maybe “blockchain technology” is just becoming a meaningless all-encompassing umbrella term for decentralized protocols. Perhaps “post-blockchain” protocols will start branding themselves as “blockchain technology” just to stay relevant. “Cyber” is starting to grow on me, so why not “blockchain” too? Who needs a metaverse; I’ll see you on the blockchain.

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