Criticità di bitcoin, blockchain e ideologia anarco-capitalista

Mi piace La’Zooz, il problema come dissi non è la blockchain in sé, avevo anche lasciato uno spazio per riflettere se può in qualche modo avere applicazioni interessanti (anche se, nella legalità, un sistema centralizzato è più comodo).

La frase che ho citato è però paradossale :smiley: Le imposte si applicano sul mercato perché altrimenti non c’è nessun meccanismo che può riequilibrare la maldistribuzione della ricchezza. Se immaginiamo di dividere il mercato secondo tanti circuiti monetari ed ognuna di questi è auto-gestito e senza imposte, che ci facciamo con gli euro? Ci paghiamo solo le imposte? Però, a questo punto, lo Stato ci deve dare gli euro per riprenderseli… Se il meccanismo resta, ma sempre più slacciato da tutto il resto del mercato, si traduce in un meccanismo sempre più vuoto e privo di significato…

Finché teniamo in vita un meccanismo di sconti sul prezzo in euro, come fa SCEC, non succede nulla di ché, alla fine è un modo ingegnoso di fare sconti, cooperando tra più negozi, ma se va oltre il fenomeno, è da lì che iniziano i problemi: gettito fiscale più basso, mercato più indipendente dallo Stato…

In effetti l’ho detta male. Però nella frase dopo mi stavo appunto chiedendo che succederebbe se lo Stato accettasse come forma di pagamento anche queste altre valute, o se le convertisse in euro.

Se allo Stato stanno bene quelle valute, potrebbe lasciare che i cittadini si scambino gli euro per servizi come la produzione di energia elettrica dal sole o i passaggi in auto o altro, tutto esente da tasse. Però, c’è il rischio che uno faccia figurare in questi scambi altri tipi di attività e quindi da esenzione diventa poi evasione.

Probabilmente non sono monete che si devono poter convertire in euro, perché così il loro settore di circolazione si estende e ciò è indesiderato. Possono esistere monete baratto e monete sconto, come accade ora, e applicarsi allo specifico settore per cui nascono. C’è anche da dire che se il fenomeno dilaga in molti settori, allora diventa dannoso come l’evasione, ma penso che vietando la conversione da/in euro (importante) non dovrebbero diffondersi troppo. Se no lo avrebbero già fatto (le monete sconto si sono diffuse parecchio per esempio).

Mi chiedevo: finora si è partiti dal presupposto che chi la Blockchain venga usata da gente avida e anarco-capitalista (e sicuramente Bitcoin ora come ora è usato da questi soggetti). Ma quali possibilità potrebbe offrire ad esempio per il FairTrade a livello globale? Mi spiego: attualmente l’intera catena del FairTrade si basa sulla fiducia nella filiera. Il che è un problema, perché non sono mancati gli scandali, in questi anni (vd. qui), con inchieste che hanno dimostrato che talvolta i princìpi ispiratori del Commercio equo non vengono rispettati -con grave danno d’immagine anche alla grande maggioranza degli operatori del settore, che invece sono persone oneste-. In questo video si parla del commercio dei diamanti, con annessa possibilità di tracciare in modo trasparente il percorso del bene e le qualità. Perché non pensare a una cosa simile anche per il FairTrade, con un registro pubblico delle varie piccole imprese nei Paesi in via di sviluppo?

Ho recentemente assistito ad un incontro Bitcoin… la maggior parte sono persone che cercano una alternativa più umanista al capitalismo neoliberale. Gente che vorrebbe farci FairTrade e non capisce perché da anni non decolla. Gente che ha necessità di un sistema di pagamento etico e non concepisce il modo come la società viene tagliata fuori dal Bitcoin sia un problema…

Anche IBM vede l’opportunità di fare business con i pubsub distribuiti, e se veramente le transazioni sono tracciabili e non anonimizzabili, allora è vero che lo stato può pretendere le tasse… ma il fatto che la tassazione non è automatica incentiva di nascondere l’identità dei partecipanti o l’esistenza dell’intero pubsub, cioè di una specifica blockchain usata per un certo traffico di diamanti… in pratica dubito che la trasparenza promossa da IBM si manifesta anche per la società. Esiste solo per i partecipanti a quella blockchain. Per gli altri può continuare ad essere traffico illecito di diamanti…

Il Whitepaper definitivo https://github.com/the-laughing-monkey/cicada-platform/blob/master/Cicada-WhitePaper-2016-10.13.GA.1.pdf

Nel mentre, l’Arizona dà “il riconoscimento giuridico di firme, documenti elettronici e smart contract con l’utilizzo della tecnologia blockchain (HOUSE BILL 2417)”.

Forse sarebbe il caso di studiarci sopra e valutare la possibilità di una PdL. No?

Questo era l’unico punto che avevo lasciato aperto in merito a blockchain, ovvero un’alternativa alla burocrazia legalmente valida. Però, si era anche detto che un sistema centralizzato è più efficiente e risparmia risorse rispetto a blockchain. Se fosse lo Stato ad offrire una firma digitale a ciascun cittadino che ne fa richiesta, potremmo facilmente inviare testamenti, magari caricare contratti firmati in uno spazio accessibile solo ai diretti interessati, ecc.

Sicuramente bisognerebbe approfondire la situazione, ma secondo me il fatto che quei documenti vengono riconosciuti, non significa che vengono incentivati o preferiti. Penso sia una questione di praticità: esistono anche quelli, si possono ritenere validi e a prescindere da problemi di ridondanza o energetici, intanto li riconosciamo.

A quanto vedo nella legge stessa si equipara la crittografia di bitcoin e derivati a quelle già stabilite come S/MIME o PGP. in pratica un documento legale elettronico può esistere anche usando quella crittografia lì. Mi pare un po’ inefficace dato che ormai forme di firme elettroniche esistono ovunque, anche in Tor, Retroshare, Briar, Bitmessage o GNUnet.

Se si andasse a estricare la crittografia da Telegram e a certificarne il possesso di chiavi crittografiche, anche una cosa detta in Telegram potrebbe costituire un contratto o prova legale– importante è solamente che il messaggio sottoscritto inviato sia arrivato a destinazione. Che lo si faccia con cloud, blockchain o e-mail non importa.

Perciò non vedo bene la novità in questa legislazione eccetto che predilige una tecnologia piuttosto che tutte le altre. Il dettaglio che invece in altri ambiti ancora non è comune è il “smart contract”, e che questa legislazione permette che esistano programmi definiti attraverso codice sorgente firmato che in quella forma descrivono le condizioni del contratto. Anche in questo caso non mi pare di alcuna importanza il metodo di trasporto del contratto elettronico, ma il fatto che chiunque necessiti conoscerlo ne abbia ottenuto una copia.

  1. “Smart contract” means an event-driven program, with state, that runs on a distributed, decentralized, shared and replicated ledger and that can take custody over and instruct transfer of assets on that ledger.

In pratica uno scriptino firmato con chiave PGP avrebbe lo stesso significato legale. Manca giusto l’API con la quale tale script effettivamente trasferisce “assetti”. O ho capito male?

Uno smart contract sarebbe la dichiarazione legale che farò dei trasferimenti (finanziari) secondo un algoritmo predefinito– indipendentemente da come l’algoritmo ti sia stato recapitato ed indipendentemente dal fatto se ti basta di leggerlo o usi una virtual machine per “eseguirlo”.

Se per esempio scrivo

Dichiaro di inviare 10€ annuali al PP-IT per il resto della mia vita.

e lo firmo con la mia chiave PGP, non importa come il PP abbia ricevuto tale messaggio e se io faccia uso di un robot per eseguire tale dichiarazione. Da un punto di vista legale garantisco che il PP-IT avrà tale introito. Con questa dichiarazione la tesoriera potrebbe andare alla banca, comprovare che il PP è degno di credito ed ottenere un credito per acquistare una yacht. O qualcosa del genere.

Giusto per capire: ma ad essere energivora è qualunque applicazione basata sulla blockchain o solo Bitcoin? Perché da quello che ho capito, è il proof-of-work che ciuccia parecchia energia. Al messaggio 78 di questa discussione si parlava di Lazooz e della proof-of-movement, ad esempio.

Dipende dalla definizione di block chain. Se intendi la struttura innovativa creatasi col Bitcoin, allora la proof-of-work è l’essenza della innovazione e deve starci. Se invece per block chain intendi una variante monodimensionale di Merkle Trees, allora è una cosa molto semplice che esiste già dal 1979. Le Merkle Trees non sono energivore e sono presenti più o meno in tutte le tecnologie distribuite in esistenza… la più popolare probabilmente è git. Perciò, stando a quella definizione, qualsiasi applicazione che tu costruisca sul codice git, sarebbe una applicazione blockchain. http://git.chat per esempio teorizza una chat distribuita usando git. In pratica in questo paragrafo ho fatto un riassunto dell’articolo di Tony Arcieri in alto.

Segnalo che Baldassarre (e altri di AL) hanno presentato questa mozione (molto apprezzata da BEN Italia.

  1. a creare un gruppo di lavoro, coinvolgendo l’Agenzia per l’Italia digitale, l’Istituto nazionale della previdenza sociale e le start-up che si occupano di blockchain, per focalizzare ed approfondire le possibilità applicative di questa tecnologia per la pubblica amministrazione, in particolare per la tracciabilità delle erogazioni dei sussidi per la disoccupazione e per una maggiore trasparenza;

Non ho capito bene, vorrebbero pubblicare un elenco dettagliato delle persone che in Italia ricevono sussidi? E la privacy? E la dignità?

Qualunque. Specialmente Bitcoin, ma in generale qualunque: hai capito bene, è il proof-of-work che ciuccia energia.