Grazie per la risposta, fra l’altro molto esaustiva. Rimane la divergenza fra una “dottrina” complessa, elaborata in anni di discussione e conosciuta ed una dottrina “autocostruita”. Ognuna delle due ha i suoi pregi, personalmente continuo a prediligere la prima soluzione, pur riconoscendo i pregi dell’altra.
Autocostruita? Ecco alcune fonti di ispirazione… – http://wiki.piratenpartei.de/Parteiprogramm#Wirtschaft_und_Finanzen – http://www.neopresse.com/gesellschaft/bedingungsloses-grundeinkommen-1-000-euro-im-monat-fuer-jeden/ – http://jamesrobertson.com/book/neweconomicsofsustainabledevelopment.pdf – http://blog.p2pfoundation.net/from-basic-income-to-social-dividend-sharing-the-value-of-common-resources/2015/04/05
Sorry, ho scritto autocostruita anziché autosufficiente: deve trattarsi di un lapsus frudiano.
C’è molto da apprendere dal MDF – credo che siamo d’accordo su una gran parte delle tesi, ma il termine “Decrescita” è problematico non solo dal punto di vista di marketing, ma siccome economicamente è sbagliato. Anche se riduciamo l’uso delle risorse e l’aumento della popolazione ad un livello sostenibile, è decisamente auspicabile – anzi, necessario purchè l’economia globale funzioni, che l’avanzamento tecnologico continui ad apportare crescita economica, per quanto piccina essa è al confronto delle altre due fonti. Comprendo e apprezzo la battuta sulla decroissance, ma penso che in Italia ormai è un cavallo morto (come dicono gli anglosassoni) e di girovagare semanticamente attorno ad altre possibili definizioni di “decrescita” non rende il pensiero più accessibile. Meglio utilizzare linguaggio compatibile ed economicamente corretto, parlando di Sostenibilità.
Sarà importante per renderci conto di cosa stiamo facendo, ma secondo me è un aspetto quasi “tecnico” della faccenda, implicito al pensiero di base che abbiamo espresso in https://agora.partito-pirata.it/initiative/show/6089.html dove intenzionalmente non abbiamo fatto riferimento al PIL o strumenti migliori.
Del resto mi pare che siamo ben d’accordo nei contenuti. La differenza è solo tra l’adottare pensieri intelligenti e formare un’alleanza o di aggrapparsi ad altri, lasciando che il Pirate New Deal – il progetto di concezione di una economia fondata sul Reddito di Esistenza – vada a fondo. Devi sapere, che per certi aspetti il discorso economico nel movimento pirata è molto più avanti del MDF.
Aggiungo un post a parte per discutere i contenuti di http://www.decrescita.com/news/manifesto-per-uneuropa-decrescente/ – trovo che questo documento parte subito molto male. Non si apre un manifesto politico inteso a raccogliere una grande diversitudine di persone nel supporto di un pensiero comune, chiedendogli per prima cosa di apprezzare il pensiero filosofico di un tizio X. Marx ha autorato un manifesto di grande rilievo, ma non è lui stesso oggetto di tale manifesto. Citare il lavoro di altri, per quanto saggi e lungimiranti, non nei commenti al manifesto, ma nella prima frase del manifesto stesso per me è un faux-pas drammatico che mi rende difficile prendere sul serio il resto seguente. Mi costringo a leggere oltre per “professionalità.” Un manifesto deve essere un testo autosufficiente che può contenere dei hyperlink (tipicamente in forma di annotazioni) per esprimere il giusto rispetto alle fonti ispiratorie, ma non di rilegare il visitatore casuale ad avere letto il libro di tizio X.
Quanto ai contenuti mi trovo ben d’accordo, nonostante la limitazione di non aver letto Illich del 1973 e perciò sentendomi psicologicamente vagamente meno competente. Un pochino intimorito. Ma insisto a dire che mi trovo d’accordo: con il vigente sistema economico ingessato in trattati internazionali abbiamo tolto il potere ai governi e creato un deus ex machina capitalista che si sta avviando verso la rottamazione del pianeta senza più consultarsi con la volontà politica dell’umanità. Il sistema legale sfuggito al controllo umano, rende il pianeta e i suoi abitanti schiavi di una subpercentuale di proprietari… e persino loro stanno lentamente realizzando che questa rotta non è auspicabile in quanto i soldi non ti danno da mangiare se il pianeta è collassato.
Azzeccatissima anche l’analisi dei movimenti di destra che prosperano sulla confusione delle cause del malessere con le conseguenze. Il glorioso concetto di ‘sovranità nazionale’ che è solamente il sogno di volere tornare ad un periodo di crescita economica senza effetti collaterali – un tempo che è impossibile ripristinare. L’umanità è in fase di crescita economica dagli albori e solo ora ci ritroviamo davanti ad un muro, davanti ad un problema mai incontrato prima nella storia.
Economia e amministrazione senza dubbio. In particolare sarebbe il caso di interessarsi di più sui modi come la burocrazia a volta ha poteri prepotenti sui cittadini. Finora ce ne occupiamo perlomeno riguardo al nostro piano di Reddito di Esistenza, eliminando la burocrazia dell’assegnamento di sussistenza – eliminando il potere dei burocrati di decidere chi merita sussidi e chi non. Man non vedo il potere “subpolitico” della scienza e della tecnica se non in modo completamente snaturato in quanto schiave dei business model, della necessità di produrre un guadagno per gli investitori.
Non è rifiuto. È l’automazione e la tecnologizzazione che ha permesso di bypassare largamente i meccanismi di protezione dei lavoratori – non proteggendoli di meno, ma semplicemente riducendone il numero. Le battaglie vinte per i diritti dei lavoratori a lungo termine si dimostrano vittorie di Pirro in quanto non hanno impedito lo spostamento delle ricchezze al 0.01% della popolazione umana e lasciando che il capitalismo produca sempre più persone jobless.
Corretto l’avvertimento a non sottovalutare le complicazioni della ‘democrazia partecipativa’ ma per il resto qui si percepisce una mancanza di profondità di competenza. Anche in quest’area siamo avanti noi.
Questa invece, I’m very sorry, è un’idea semplificante, abbordante il populista. E ovviamente irrispettosa verso anni di ricerca che ci hanno apportato la Democrazia Liquida. Ecco che un presunto manifesto si conclude con una esibizione di superficiale opinionismo. Molto drammatica l’enfasi del “solo su questa base” come se ci fosse alcun precedente storico di successo di questa strategia nei passati secoli. E vi garantisco che “iniziative dal basso” ci sono sempre state, anche prima della nascita di Gesù cristo. Se non si sono mai dimostrate modello politico migliore delle gerarchie e del delegazionismo, ragione ci sarà.
Mi fermo qui perchè segue un intero programma politico che probabilmente spesso ci troverà d’accordo, ma non in tutto. In pratica Storno ci ha chiesto di aderire ad un’altra formazione politica, anche se ha scelto di non utilizzare il termine “partito.” Una formazione piuttosto dotta in questioni economiche ma arrogante nei confronti di avanzamenti tecnologici, specificamente nella realizzazione della politica.
In pratica a questi del MDF gli manca la competenza pirata.
Ma va… questo movimento ne ha due di manifesti? Bello pure questo… parte con la storia del barattolo yogurt. Cavolo, ma si rendono conto gli autori di questi testi che stanno scrivendo tesine, presentazioni o articoli da rivista ma non testi di manifesto politico? Almeno non fa riferimenti scrausi alla democrazia partecipativa, dice search. Mica ho il tempo di leggerlo.
Si si, servirebbe un’integrazione migliore… In liquid hai scritto come segue:
Come dissi prima, “decrescita” è inesatto. Si dovrebbe intendere “rallentamento della crescita” ma è troppo complicato spiegare ciò.
Trovo osceno che in Italia si utilizzi molto i termini sviluppo e crescita come semanticamente equivalenti mentre non lo sono. Svilupparsi non significa apportare crescita economica, può anche significare di ridurre la necessità di crescita economica.
La “crescita sostenibile” ha veramente del ossimoronico, anche se l’esito ideale sarebbe proprio quello. Limitarsi al mero progresso tecnologico, arrestando le fonti di crescita nocive. Perciò giustissima l’espressione di “crescita selettiva.”
Potrebbe essere giusto anche lo “sviluppo sostenibile,” ma se è inteso come da Cogliati Dezza di legambiente come un tentativo di ecologizzare il capitalismo, abbiamo sufficiente lungimiranza per sapere che non può funzionare. Del resto ci stiamo provando già dagli anni settanta. Il capitalismo ha bisogno di business model. La difesa dell’ambiente non è un business model. Non funziona neppure come selettore degli acquisti visto che anche il fair trade nel giro di pochi decenni si è corrotto al punto da implementare l’opposto di quanto si era premesso.
Siamo al punto che i consumatori, anche se per una volta gliene fregasse, hanno ben poche vere possiblità di assicurarsi che il prodotto da acquistare sia di produzione sostenibile, ecologica, etica. L’idea che si possa influenzare l’economia e il capitalismo come semplice consumatore è solo una distrazione per mantenere gli ambientalisti calmi e soddisfatti nella propria bolla cognitiva invece di attivarsi a combattere per una migliore democrazia che sia in grado di apportare riforma a questo cancro di sistema economico.
Penso che non stiamo messi tanto male con “economia sostenibile” in quanto allude ad un approccio riformativo all’economia e non ad un tentativo di markettare il mantenimento dello status quo dipinto di verde.
Il coraggio certo, ma non basta. Il coraggio di prendere decisioni sbagliate ci sbatte indietro di anni. Il coraggio di combattere cacofonicamente ed indisciplinatamente ci permette di sentirci coraggiosi ma di non ottenere nulla. E così via…
A) Non ho assolutamente chiesto di aderire ad un’altra formazione politica. Sto semplicemente informando su altre formazioni con posizioni analoghe e, soprattutto, sul fatto che i “piccoli” si stanno aggregando.
B) Se nessun tipo di crescita è sostenibile parlare di crescita sostenibile è un assurdo o, peggio ancora, un’ipocrisia truffaldina.
Il giorno 8 maggio 2015 12:14, lynX cto@lists.partito-pirata.it ha scritto:
Hai raccomandato il manifesto di un’altro movimento politico come mozione programmatica per il PP. Scusa se questo fatto equivale quasi ad avere proposto l’adesione del PP al MDF. Non disinformare dicendo che hai solamente informato. Sii responsabile. Proporre una mozione al PP richiede responsabilità… non è un gesto che si fa giusto per “informare.”
Se i piccoli si stanno aggregando attorno ad una posizione che noi riteniamo… imprecisa… invitiamoli a correggere il tiro, no?
Usando una strana logica non è un assurdo visto che la crescita tecnologica persisterebbe anche se il resto dell’economia fosse sostenibile, ma comunque non mi pare qualcuno qui abbia raccomandato di utilizzare tale formula. Io per esempio parlo di “economia sostenibile.”
Ripeto che ritengo l’uso di “uomini di paglia,” anche se inconsciamente/involontariamente, un gesto degno di sanzionamento per insegnare ai partecipanti ad un dibattito razionale di non provarci con trucchetti del genere.
ottima l’ultima frase,per ciò che rigurarda l’argomento quando si parla di “decrescita” gli economisti sanno benissimo cosa si intende é macroeconomia alla spesa di tutti i giorni ci si arriva partendo dalle borse in cui oggi hanno già deciso i prezzi per i prossimi 10 anni Ecco la decrescita parte da li.tuttavia non sono un ecomomista non penso di avventurarmi in simili discusioni.
A) "Hai raccomandato il manifesto di un’altro movimento politico " Non avevo capito che ti riferissi alla DF , infatti se l’avessi capito la frase “i piccoli si stanno aggregando” non avrebbe avuto senso. Pensavo ti riferissi al fatto che avevo postato da qualche parte il link al manifesto di “Movimento X”: solo in questo caso infatti quanto ho scritto ha un senso logico.
Non capisco la logica per cui inserire nel programma la Decrrescita Felice significhi aderire al MDF (cosa che non mi dispiacerebbe ma non accettano l’adesione al movimento da parte dei partiti). Potrebbe esistere esattamente la logica contraria: combattere il MDF (che tu definisci Movimento Politico, concetto che ritengo corretto perché tutto in fondo è politica, ma vorrei sottolineare che non è un partito) perché vogliamo essere noi a portare avanti questo discorso.
B) Non riesco a capire come un concetto così semplice possa non essere capito: se in una famiglia entrano 100 euro e ne spendi 150 la spesa deve decrescere. Certo, la tecnologia ti aiuta, magari anziché decrescere di un terzo lo devi fare solo di un quarto. Tu dici che si può usare la formula “economia domestica sostenibile” che significa continuare a spendere come prima, però, usando tecnologie che prodducono di più. Come ho già deto questa è ipocrisia, di cui si accorgerà chi dovrà pagare i debiti fatti. La storia insegna che normalmente questi disequilibri si mettono a posto con la guerra e non è un caso che sono decine d’anni che nel mondo c’è la guerra continua. Oggi questa è una situazione “sostenibile” per due motivi: i debiti li pagheranno le prossime generazioni e mentre qualcuno cresce qualcunaltro muore.
Vorrei ringraziarvi, anche se ho letto la maggior parte dei messaggi in ritardo, di questa discussione molto interessante. Ho votato a favore di tutte e due le iniziative, favorendo quella di Storno. La Decrescita Felice per me non rimanda a nessun immaginario folcloristico, ma rievoca le belle letture del settimanale Carta, che mi ha aiutato molto a crescere durante il liceo.
Dopo di che capisco che la denominazione è un po’ provocatoria (e con “licenza poetica”, il che mi diverte e mi piace), e quindi capisco che anche un linguaggio più accessibile possa andar bene.
Che ci sia una differenza così profonda tra le due visioni però ancora mi sfugge.
Ad ogni modo vi scrivo soprattutto per un invito: riducete per favore il livello di “aggressività” per il futuro… lo so, in realtà per iscritto, sul web, è tutto amplificato, e quindi il vostro è semplice scambio dialettico, ma è sempre meglio prevenire…
Queste discussioni sono di alto livello e non meritano di essere sporcate. Un abbraccio collettivo
Complimenti per l’ultima frase provo a dire con una frase quello che anche i muri capiscono cioè: Siamo ancora lontano dall’armonia con la natura gli economisti chiedono la crescita infinita,e non hanno "capito"che la quantità di materia vivente sul pianeta è finita.Si ricicla,certo,ma se troppa materia va in una direzione(la nostra)si erode il resto.E noi non possiamo vivere senza il resto della biodiversità. Atraverso una piccola citazione ecologica si evince che c’è la necessità della decrescita.
@storno Purtroppo non posso accedere ancora all’agorà perché non sono stato certificato, quindi mi baso su questa sola discussione per rispondere.
Premetto che usare categorie come “decrescita felice” o “economia sostenibile” è troppo generico, un confronto tra due cose generiche, ha molte probabilità di diventare una conversazione dispersiva e disturbata da stereotipi. Ne aprirò una dedicata all’economia, desidero comunque rispondere a quanto emerso.
@storno Sono d’accordo con Luca Ricolfi, anche se non lo conosco; io farei una considerazione piú semplice: il PIL è il “volume delle compravendite”, dico “volume” perché includo la frequenza delle compravendite e il prezzo pagato con ciascuna di queste, viene fuori una sorta di “volume di denaro che è transitato”. È ovvio che le compravendite non possono essere sempre piú frequenti e/o sempre piú costose. La vita di una persona è fatta di 24 ore: deve lavorare, riposare, pensare alla casa, certamente compra tante cose, ma non compra sempre di piú.
La principale espansione dei mercati è fuori dal proprio Stato, ma anche se ci vorrà piú tempo, possiamo considerare la Terra come un unico grande sistema economico, ed anche questo arriva alla saturazione. Poi, mettici che la tecnologia e l’automazione abbassano i prezzi e certi lavori che prima ti davano un buon reddito, ora te lo danno piú basso o spariscono proprio; mettici che la crescita demografica aumenta l’offerta di lavoratori e quindi diminuiscono le prospettive di un reddito medio-elevato ed aumenta la disoccupazione (semplicemente persone a cui non sappiamo cosa fargli fare… o si guardano intorno e pensano che ci sia già tutto), credo diventa molto evidente che il PIL non può crescere sempre e che certamente è sciocco fissare un obiettivo del genere.
@storno Fin qui siamo d’accordo, ho solo argomentato ulteriormente la stessa conclusione. Però, ho letto, in parte, il libro di Pallante e l’ho trovato molto ripetitivo, noioso, e fondamentalmente tutto quello che ho avuto la pazienza di leggere in merito alla decrescita felice sono discorsi etici. Interessanti, condivisibili, ma non c’è nessun accenno a come impostare un sistema finanziario idoneo a quella visione dell’economia, non si fa alcuna parola sul ruolo della banca centrale e quello delle banche commerciali mediatrici. Se non ci si mette a costruire un modello di economia dettagliato e adottabile, la descrescita felice rimarrà solo un insieme di consigli etici per la vita di tutti i giorni.
@Lanta Sicuramente serve serietà, una “fanta-economia” inapplicabile è cosa sterile, però il Partito Pirata fa emergere il voto della collettività; se hai fiducia nella democrazia e nei processi di intelligenza collettiva, non dovremmo approdare ad una fanta-economia. In caso contrario, il problema non sarebbe questo partito, ma proprio la democrazia diretta.
@solibo Condivido, il PP dovrebbe farsi conoscere. Ho visto che i voti delle ultime elezioni in Italia rasentano lo zero… eppure percepisco un livello di qualità che può portare risultati importanti, magari anche in altre forme. Oppure studiare video-passaparola per sensibilizzare su alcuni punti critici e invitare a collaborare con i Pirati.
@Guybrush storno ti ha risposto bene, non essere precipitoso nel temere che la decrescita porti via Internet, non c’entra nulla. Però, in un commento successivo lamenti il fatto che è una “teoria” molto vaga, questo problema lo lamento anche io… e poco sopra ho lasciato migliori chiarimenti.
@Exekias Per dare un solido fondamento al tipo di economia che vorremmo, occorre precisare l’obiettivo: l’economia dovrebbe massimizzare le risorse, attualmente è impegnata a massimizzare i profitti. L’attuale obiettivo è preoccupante, perché vede l’abbondanza come un danno finanziario, la condivisione come una contrazione del mercato, l’apertura e la condivisione sono una perdità di competitività, la competizione è incentivata, e si sostiene tutto ciò che genera compravendite lasciando il resto al fallimento o alla sparizione.
Chiariti gli obiettivi, allora si passa a concepire un sistema finanziario che consiste nel dare le regole basilari con cui circola la moneta (chi la emette, a chi la dà, quali e quante imposte fiscali fare, cosa deve finanziare lo Stato, quali limiti di finanziamento rispettare, ecc.). A dirla tutta, si dovrebbe anche riflettere sulla moneta, prima di considerarla un “fatto scontato”.
Riguardo la Descrescita Felice ritengo che pur individuando problemi reali, offre troppo poco a livello di soluzioni, invita principalmente ad adottare un altro stile di vita. Non solo questo non è sufficiente, ma spesso manca la libertà di compiere certe scelte per la dipendenza che abbiamo dall’attuale sistema finanziario e dalle logiche del mercato.
Sono contento che il discorso sia ripreso. Cercherò di contribuire.
Il giorno 27 ottobre 2015 19:26, Silvan cto@lists.partito-pirata.it ha scritto:
Ho letto tutto e cercato di rispondere, però aprirò una discussione dedicata all’economia, perché non credo sia molto utile quel generico confronto come da titolo.
Mentre "economia sostenibile è effettivamente generico, non è a mio parere il concetto di “decrescita felice” che è stato sviluppato in tutta una serie di lavori da una ventina d’anni. Il trovare applicazioni concrete (alcune già ci sono) ha senso solo dopo che si è accettata la direzione in cui muoversi. Sil PP accettasse di muoversi in quella direzione allora avrebbe senso studiare (magari insieme a Pallante) le 'applicazioni concrete, a vari livelli (differenti per il paesino o per Milano). Ma se, come appare oggi, crediamo nella “economia sostenibile”: (crescita sostenibile? Decrescita? ) è ovvio che le applicazioni saranno opposte. Prima si sceglie se andare al mare o in montagna, dopo come e dove.
La questione è piú semplice di quanto potrebbe apparire. Se per “crescita” intendiamo “maggiore produzione” è chiaro che non è possibile, occorre produrre meno, quindi “decrescere”, cosí come occorre produrre meglio e far sí che i rifiuti siano reintegrabili nel processo di produzione (es. riutilizzo, riciclo, biodecomposizione…). Quindi anziché “decrescita felice” potremmo chiamarla “de-produzione salutare”.
Se per “crescita” intendiamo far salire il PIL, questo è un indice molto generico che include la produzione, ma anche i servizi (che possono non consumare risorse prime) e può salire sia per motivi desiderabili che indesiderabili. Quindi, questo senso di “crescita”, strettamente associato al PIL, è tanto lacunoso e generico che è meglio accantonarlo. So che la “decrescita felice” è fortemente basata sulle critiche al PIL (e con ottime ragioni che condivido), in tal caso potrebbe essere sinonimo di “abbandono del PIL”, però è ancora una negazione di qualcosa, piuttosto che una alternativa adottabile. So che esiste il FIL (Felicità Interna Lorda) ma è quasi una parodia del PIL, serve qualcosa di piú originale e funzionale (l’unico merito, importante, è che invita a mettere al centro la felicità e il benessere rispetto alla produzione e alle compravendite).
Infine, se per “crescita” intendiamo uno sviluppo economico, a prescindere dall’andamento del PIL e spaziando tra svariate impostazioni dell’economia, si può “crescere”, in modo selettivo, per esempio portando all’abbandono certe attività e potenziandone altre in sintonia con l’ambiente. Questo tipo di interventi fanno parte della politica economica e se c’è qualcuno che ha in mente questa possibilità di crescita, sentire “decrescita felice”, gli risulterà sinonimo di una tendenza ottusa che vuol ridurre senza differenze piú o meno tutte le attività dell’economia, e gli suonerà ancora piú assurdo l’aggettivo “felice”. Infatti, queste persone ci sono, e di norma si “scagliano contro” la decrescita.
Precisando ciò che si intende, diventa tutto piú chiaro. Sicuramente dalle pubblicazioni della decrescita felice, ricche di riflessioni decennali, c’è molto da imparare e a cui ispirarsi, però ancora non ho trovato nessun serio tentativo di definire come dovrebbe essere un sistema finanziario idoneo a tale visione, mentre sulla politica economica c’è molta piú chiarezza di intenti.
A tal proposito, “sostituzione del PIL”, riporto la parte relativa presente nel nostro programma, per chi non l’avesse letta:
Ripensare il PIL Perché ripensare il PIL? Perché il problema di tale indice è che prende in considerazione tanto le attività economiche a valenza positiva quanto quelle a valenza negativa: se un paese investe risorse pubbliche negli armamenti, nella costruzione di carceri, nel potenziamento delle forze di polizia, o nella bonifica di un ambiente inquinato, IL SUO PIL AUMENTA COMUNQUE!!! Attualmente esistono molti modelli alternativi di valutazione per misurare la prosperità economica basati su indicatori della qualità della vita più che sul puro e semplice “prodotto aggregato lordo dell’economia”: – ISEW (INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE); – FISH (FORDHAM INDEX OF SOCIAL HEALTH); – GPI (GENUINE PROGRESS INDICATOR); – IEWB (INDEX OF ECONOMIC WELL-BEING); – HDI (HUMAN DEVELOPMENT INDEX – ONU). Questi nuovi indici misurano il miglioramento generale del benessere della società e includono rilevanti statistiche sulla mortalità infantile, l’attesa di vita, la disponibilità di assistenza sanitaria, il livello medio di istruzione, la retribuzione settimanale media, le iniziative di lotta alla povertà, di disuguaglianza della distribuzione del reddito, la disponibilità di alloggi, la salubrità dell’ambiente, la bio-diversità, i tassi di criminalità, la quantità di tempo libero disponibile etc etc. La natura collaborativa è in radicale contrasto con la teoria economica classica, che tanto ha enfatizzato sull’ipotesi che l’interesse individuale nel mercato sia l’unica forza in grado di orientare la crescita economica. Se per calcolare il benessere è necessario un concetto condiviso della responsabilità collettiva nei confronti della vasta comunità alla quale apparteniamo, allora è imperativo promuovere una seria discussione interdisciplinare che sfoci in una nuova sintesi tra economia teorica e pratica, che faccia emergere un nuovo sistema economico esplicativo (in allegato al nuovo paradigma).
Io credo che bisogna partire dalle ricerche di punta nate da tutti i contesti culturali possibili. A mio parare ma sto cominciando da poco a fare un’analisi seria della questione, è costruire un’aconomia alternativa, meno sensibile o quasi del tutto insensibile alle “economie ufficiali” basata sui principi di quella che viene definita in ambito ecologista “economia circolare”. In tal senso non è difficile immaginare che per mantenere in equilibrio il sistema basta costruire sistemi flessibili di conversione (almeno dal punto di vista della struttura formale). Ma ovviamente non si tratta solo di questo. Si tratta certamente di cambiare “stili di vita” e modelli sociali"… però anche io reputo che chiamare questo processo “decrescita felice” sia forviante e riduttivo… Preferisco concetti come “economia di rete”… “botteghe digitali”… “produzione diffusa”… etc…tutto questo comunque non sarà possibile fino a ch non sara costruita una rete “di relazioni” economicamente rilevanti… non basate sulle “monate ufficiali” ma su sistemi alternativi (compreso quelli di natura immateriale e digitale)… come si vede la questione è complessa… non racchiudibile in nessuna formula “precostituita”… e sicuramente non in una vagamente “luddista” come quella della “decrescita felice”. Se proprio dobbiamo assere “rivoluzionari”, facciamo una sforzo di fantasia. Notte.
E’ questione di coraggio: una volta accertato che il pianeta non è in grado di sostenere gli attuali consumi e che nel mondo le risorse sono distribuite in modo spaventosamente ineguale ci sono varie alternative:
- fregarsene, peggio per le generazioni future e per chi sta peggio (la scelta attuale)
- una bella guerra (vedi Gaia di Casaleggio, ed è la tradizione)
- ridurre i consumi (decrescita felice) Decrescita felice ha un titolo impopolare, ma, secondo me, è il suo pregio: basta ipocrisia. “economia di rete”, … sono modelli parziali di realizzazione della decrescita felice.
La scelta vera è fra crescere (peggiorando l’attuale situazione) stare o decrescere. E, una volta scelto il fine, si possono poi discutere le modalità.