Non sono un anziano, se non solo formalmente. Credo che ci sia poco per “essere per”.
La Costituzione italiana è saldamente ancorata sulla democrazia rappresentativa, con alcuni istituti di democrazia diretta. Io sono per la Costituzione italiana, quando si parla della forma di governo, della democrazia nazionale e dello stato di diritto. Il che non significa non poter o non voler apportare modifiche a questo, ma appunto di modifiche costituzionali stiamo parlando e non mi sento in grado oggi di sostenere modifiche per cambiare la natura del potere democratico in Italia (almeno fin dove lo è). In particolare ritengo che le forme, pur sostenute da alcuni (segnatamente il M5S) di estensione dell’ambito della democrazia diretta, per esempio l’introduzione del referendum propositivo, rappresentino una pericolosa deriva verso il plebiscitarismo. Altre forme di democrazia diretta già presenti in Costituzione, invece, per la loro natura mi sembrano adeguate, da sfruttare e da incentivare anche con l’adozione della tecnologia (es. proposte di legge di iniziativa popolare e referendum abrogativo), sebbene nella storia della Repubblica il potere (io direi il “regime”) ha ampiamente lavorato per renderle innocue ed inoffensive e quindi hanno ampiamente perduto il loro valore. A ciò aggiungerei solo, qui in veste di segretario del Comitato per i requisiti del voto in democrazia, che lotto per la definizione, a livello di una pronuncia della Corte Costituzionale, come avvenuto in Germania, per la definizione di incompatibilità del voto elettronico con la democrazia, lo stato di diritto e la Costituzione, in base alla considerazione che l’introduzione di un mezzo mediato per l’espressione del voto, impossibile da verificare ad occhio nudo e senza competenze specialistiche, strappa il contratto sociale che permette la delega di sovranità tra elettore ed eletto.
E fin qui per ciò che riguarda l’assetto statale.
Poi c’è il problema interno di questo partito (o di qualsiasi altra organizzazione). In questo caso forme di democrazia diretta o liquida, che siano o meno digitali, non mi spaventano purché non diventino una forma religiosa e siano valutate in relazione alla loro utilità. Da questo punto di vista l’applicazione della democrazia liquida nel caso del Partito Pirata tedesco è stata un completo fallimento come noto. Ma anche nel caso italiano, con dei sostanziali e ragionati correttivi, non ha raggiunto i risultati sperati in quanto non ha prodotto per molti anni alcuna forma di attività politica percepibile all’esterno, ed ha invece incentivato la “guerra tra bande” interna (ovvero l’esatto contrario di quello che un sistema democratico dovrebbe garantire).
Il caso del vecchio programma, quello di cui si sta discutendo la cancellazione, è emblematico. Prodotto di una fazione vincente oltre ad aver dissanguato il partito in sterili divisioni su inutili questioni di principio, ha messo la stessa fazione vincente nella condizione di non essere completamente in grado poi di far nulla per portare questo programma nella società, regalandogli il completo oblio. Probabilmente un approccio meno ideologico e più pratico avrebbe tenuto assieme almeno un gruppo attivo in grado di portare avanti anche un solo punto condiviso di quel programma su cui oggi si potrebbe “mettere il cappello sopra”.
Quindi la vera domanda oggi è: dobbiamo abbandonare la democrazia liquida e in particolare LQFB?