Ti accorgi che mentre io parlo dei dati e dei contenuti tu parli di etichette? Mi puoi spiegare cosa significherebbe l’etichetta di “liberista di sinistra” o “liberista di centrosinistra” ? Pensavo che in questo partito ci fossero libertari, ma non liberisti… ma evidentemente sono solo etichette e sarebbe meglio parlare dei contenuti. Allora dimmi quali contenuti vorresti rivendicare…
Ma di quali dati e quali contenuti stai parlando?
Sai distinguere un dato da un’opinione?
Sì, esistono liberisti di sinistra, e sì, anche i libertari li guardano con favore. La differenza fra liberisti di destra e di sinistra sta nel cosa intendono per “libero mercato.”
Meglio di te. Questo è un dato di fatto, non una opinione:
Mi pare sufficiente spiegare perchè non siamo della centrodestra liberista, perchè la promessa liberista che il successo dell’economia che apporta ricchezze ai ricchi avrebbe migliorato le vite anche delle persone normali (il trickle-down effect) è stata una balla.
Beh allora sarei un liberista di sinistra anch’io… va bene, ti concedo che hai ragione che sono troppo veloce ad utilizzare vocaboli ed etichette in modi che forse non sono condivisi, perciò è importante che stiamo a guardare ai fatti come quello succitato.
Ma scusa, esistono veramente ancora le persone che, dopo l’esperienza sovietica vorrebbero riprovarci con l’economia della pianificazione centralizzata e che vogliono abolire i mercati tout-court? Non mi pare una posizione che in questo partito si sia mai presentata… penso che i pirati sono capaci di visionare un mercato “libero” non neoliberista.
Ecco, vedi che cominci a capire? (Forse no, è meglio che espanda.)
I liberisti di sinistra sono convinti che il mercato abbia una capacità di regolarsi in maniera efficiente, se riesci a renderlo effettivamente libero, il che significa evitare monopoli e liberare i consumatori dal bisogno (i liberisti di destra dimenticano la seconda parte), e infatti, se indaghi, c’è una via pienamente liberista alla redistribuzione e al reddito d’esistenza (ie: negative income tax).
“Neoliberista” non è una parola con un significato, è un termine derogatorio che viene usato per riferirsi a non-so-bene-cosa.
Resta la grande questione filosofica se liberare il mercato equivale a liberare gli esseri umani che ci stanno di mezzo… ma in linea di massima riguardo a questa roba credo che siamo sulla stessa pagina.
In Germania non ci prova nemmeno il partito ex-comunista, la Linke. E riguardo all’inconsapevole non ho paure… qualsiasi cosa chiedano si può risolvere in modo coerente con il concetto di mercato. Dopotutto il mercato come concetto antecede tutta la politica… ho visto i veri mercati anarchici in Indonesia… ho visto come non importa che io vada in un posto dove mai un turista ci è andato prima – il loro atteggiamento di farsi concorrenza a vicenda mi garantirà che mi si farà un prezzo ragionevole.
Neoliberalism is famously associated with the economic policies introduced by Margaret Thatcher in the United Kingdom and Ronald Reagan in the United States.
E di quelle ora sappiamo empiricamente che erano idee demmerda.
In Hayek’s view the social market economy’s aiming for both a market economy and social justice was a muddle of inconsistent aims.
E in questo si sbaglia… l’efficienza del mercato è imbattibile, ma deve sempre essere soggiagata agli interessi degli esseri umani. Il Deus Ex Machina è il problema del nostro secolo al quale non avremmo mai dovuto arrivare…
Urka, questa non la sapevo:
In protest against neoliberal globalization, South Korean farmer and former president of the Korean Advanced Farmers Federation Lee Kyung-hae committed suicide by stabbing himself in the heart during a meeting of the WTO in Cancun, Mexico in 2003. Prior to his death he expressed his concerns in broken English:
My warning goes out to the all citizens that human beings are in an endangered situation that uncontrolled multinational corporations and a small number of bit WTO members officials are leading an undesirable globalization of inhuman, environment-distorting, farmer-killing, and undemocratic. It should be stopped immediately otherwise the failed logic of the neo-liberalism will perish the diversities of agriculture and disastrously to all human being.
Riesumo la discussione. Uno perché le elezioni in Islanda stanno arrivando, e mi chiedo veramente se siamo pronti a crescere.
E poi perché secondo me il tema destra/sinistra, a livello comunicativo, è cruciale.
Premetto che io mi ritengo comunista, radicalmente democratico, ecologista, internazionalista, pacifista, e quindi dentro l’area della sinistra. Ma il problema è che su queste etichette non ci si capisce più.
Quindi giusto non definirsi di destra o di sinistra, per convenienza comunicativa, e concentrarsi sui contenuti. Però focalizziamoli bene i contenuti, altrimenti si scivola nel qualunquismo (prerogativa prima del PNF e ora del M5S, come giustamente ricordato da @storno).
È interessante l’articolo del 2013 di WuMing. In breve, il nodo cruciale sarebbe la visione del conflitto:
«Di destra», invece, è chi pensa che la nazione sarebbe – e un tempo era – unita, armoniosa, concorde, e se non lo è (più) la colpa è di forze estranee, intrusi, nemici che si sono infilati e confusi in mezzo a noi e ora vanno ri-isolati e, se possibile, espulsi, così la comunità tornerà unita. Tutte le destre partono da questa premessa, che può essere ritrovata a monte di discorsi e movimenti in apparenza molto diversi, da Breivik al Tea Party, dalla Lega Nord ai Tory inglesi, da Casapound agli «anarcocapitalisti» alla Ayn Rand. Per capire se un movimento è di destra o di sinistra, basta vedere come descrive la provenienza dei nemici. Invariabilmente, i nemici vengono «da fuori», o almeno vengono da fuori le idee dei nemici.
Ma sottovalutare la gravità della disuguaglianza all’interno della nostra società, del fatto che alcuni hanno troppo e altri troppo poco, significa alla fine difendere lo status quo (e i “nemici esterni” servono solo a distrarre dai veri problemi).
Ecco, questo è il punto: noi siamo contro lo status quo.
Il folle accentramento di poteri e delle ricchezze per noi è il dramma del nostro pianeta, che si rilfette nella mancanza di pari dignità tra gli esseri umani, nella devastazione dell’ambiente e dei beni comuni.
È di destra? È di sinistra? Dipende da come intende l’ascoltatore queste parole. Nel dubbio non ci importa l’etichetta: noi riconosciamo che nel mondo c’è un conflitto, vogliamo più rispetto per tutti gli esseri umani, e proponiamo come soluzione una capillare ridistribuzione del potere decisionale, e di conseguenza del benessere.
In questo modo a livello comunicativo andiamo oltre l’etichettatura “destra/sinistra”, andiamo al nocciolo e proponiamo la nostra visione del mondo.
In questo modo non siamo qualunquisti e non creiamo un partito “buono per tutti”. Non voglio il partito che vuole inglobare tutti, senza una visione del mondo, basato solo sul “buon senso”. Sicuramente bisogna superare la fuffa intorno alle etichette (ciò che viene definito “ideologico”) e ragionare più sui contenuti (quindi con “buon senso” e apertura mentale), ma non vuol dire che dobbiamo smettere di essere “di parte”. Se nel mondo c’è un conflitto, non possiamo stare da una parte o dall’altra.
Ecco liberista di sinistra è un buon esempio di come queste etichette non siano più coprensibili a tutti allo stesso modo. A me l’accostamento sembra ossimorico. Sembra che descrivi il corso intrapreso dai partiti area socialismo europeo: per me sono semplicemente parte di un nuovo blocco di potere, composto da PPE, PSE e ALDE (cioè le forze dell’austerity, per le quali viene prima il profitto di pochi privati e poi il diritto dei cittadini).
Riesumo anch’io la questione perché si comincia già ora a parlare dell’Islanda (vd. Di Corinto). Ora, credo che la cosa sia molto semplice: oltre a dire “ci vorrebbe un PP anche in Italia”, l’obiezione successiva sarà inevitabilmente “Beh ma l’Italia non è l’Islanda”.
Ergo, se vogliamo “surfare l’onda islandese” (che poi non aspettiamoci chissà cosa: la notizia verrà data, certo, ma non è che si stia parlando della Francia o della Germania) la vera questione è: come replicare il modello islandese anche qui?
Come dicevo anche altrove, personalmente sono tra quelli che pensano che “piccolo è bello” (semplificando all’estremo). Credo cioè che pratiche di buongoverno siano più probabili in realtà territoriali piccole e poco popolose, piuttosto che su larga scala. Piccoli comuni gestiscono piccole somme di denaro (che quindi fanno meno gola alla criminalità organizzata); spesso il Sindaco è uno che conosce quasi tutti (o almeno molti) concittadini; i consiglieri guadagnano poco, suscitando meno invidia e odio anti-casta. E poi è più facile coinvolgere la cittadinanza direttamente (in piazza come -eventualmente- su piattaforme decisionali online). Non è un caso che anche in Italia i Sindaci siano le figure politiche sentite come più vicine dalla popolazione (molto più di deputati, senatori ed eurodeputati). Si tratterebbe quindi di definire la visione del PP-IT verso un modello decentralizzato (non voglio dire “federalista”), con ampie autonomie decisionali dei Comuni (più che delle Regioni). Un modello opposto a quello verso cui rischiamo di andare, se passa la Riforma Costituzionale (vd. qui).
Scusa, ma dove vivi? E tutti i comuni sciolti per mafia, camorra, …? E quelli infiltrati, pure il M5S, che è arrivato da pochissimo.
La differenza è che conosci per chi voti, ed è vero tanto più piccolo è il comune. E nei piccoli comuni, localmente non c’è bisogno di nessun partito, bastano le liste civiche. Ma man mano che la dimensione dei comuni aumenta quelli che giocano a “Il Piccolo Sindaco” non bastano: Raggi insegna.
E comunque le elezioni in Islanda sono fra un mese e noi, come previsto … Forse stiamo giocando tutti a “Il piccolo organizzatore di partito”
Nei comuni piccoli non è una questione di soldi: è per il potere in sé. E comunque, proprio perché “conosci chi voti”, in un piccolo comune può essere sufficiente un/a sindaco onesto per cambiare le cose. E il M5S non è stato infiltrato da nessuno: qualcuno ci ha provato, senza riuscirci (poi i geniali capi hanno tolto il simbolo alla sindaca perché non aveva sporto denuncia, ma lei aveva respinto i tentativi di corruzione).
No, no, dont’ worry, non sono tutti: fortunatamente c’è anche chi si diletta nell’arte del demotivare.
A me pare banalmente una conseguenza del fatto che è più facile incontrare il sindaco e domandare perché ha fatto X invece di Y mentre quando i parlamentari fanno X t’incaZ e basta. Non significa in alcun modo che il sindaco sia meno corrotto. La geografia non risolve alcuno dei problemi annessi alla democrazia rappresentativa – ne reduce solamente il percepito grado di impatto strutturale (l’interesse mafioso per esempio). La svolta sta nella migliore applicazione della democrazia liquida IMHO.
Inoltre le strutture locali in genere sono quelle che funzionano abbastanza bene. La gente può attivarsi per evitare che si faccia un cancello al parco, ma non può fare nulla quando tagliano le pensioni. Perciò se ci fiondiamo su quella parte della politica che sta funzionando già, non facciamo scintille.
Ah ah. Sigh.
13/08/2016 | The Post Internazionale Islanda, il prossimo governo potrebbe essere formato da un partito pirata
Le prossime elezioni generali d’Islanda potrebbero consacrare il Partito pirata. Sembra un errore di digitazione, e invece si tratta di una formazione politica tra le più radicali d’Europa, che sposa la democrazia diretta, propugna una maggiore trasparenza, vorrebbe una nuova costituzione, la legalizzazione delle droghe e offrire asilo a Edward Snowden.
25/09/2016 | BIN Italia Islanda: Pirati al governo e reddito garantito
Sono molte le proposte dei Pirati islandesi ma quella che sta avviando un interessante dibattito non solo nazionale è quella di proporre un esperimento di reddito di base. Questa sperimentazione si andrebbe a sommare ad altre che sono già in cantiere, come in Finlandia, Francia, Olanda, Namibia etc.
24/10/2016 | Wired | Arturo Di Corinto Chi sono gli attivisti del Partito Pirata e perché potrebbero vincere le elezioni in Islanda
Famosi per aver riscritto la Costituzione insieme, in stile wiki, i pirati islandesi che parlano con noi dicono che il metodo con cui si fanno le cose conta più dei risultati. È Hudi a spiegarci che la democrazia diretta fa parte proprio del dna pirata: i 146 candidati scelti nella primarie del partito sono stati decisi da 4mila tesserati col metodo schulze, un metodo multipreferenza che permette di dare un peso diverso alle proprie scelte.
http://www.wired.it/attualita/politica/2016/10/24/attivisti-partito-pirata-islanda/
23/10/2016 | Espresso | Luciana Grosso SONO PIRATA, SARÒ PREMIER
Birgitta Jonsdottir, chi sono i Pirati? “Un semplice gruppo di cittadini che ha deciso di impegnarsi per il proprio Paese. Vogliamo fare due cose: debellare una volta per tutte la corruzione all’interno del sistema e rompere il soffitto di vetro che c’è tra la politica e istituzioni e i cittadini”
24/10/2016 | tom’s Hardware | Dario D’Elia Il Partito Pirata Islandese rischia di vincere le elezioni
“Prima di tutto, l’adozione della nuova costituzione che è già stata votata in un referendum non-vincolante”, ha dichiarato la parlamentare Ásta Helgadóttir, riferendosi alle future sfide. “I pirati sono concentrati sulla decentralizzazione dei poteri, l’accesso all’informazione e i diritti civili e umani. I pilastri di ogni sensata nozione di democrazia”.
Si però regà, vediamo di non tirare la gufata eh
24/10/2016 | Mainfatti | Silvio Scazola Elezioni Islanda: per i sondaggi vincerà Partito Pirata
In occasione delle elezioni, il Partito Pirata però non ha promesso solo nuove leggi sul copyright per renderlo più flessibile ma ha anche annunciato che avrebbe accettato come valuta “ufficiale” anche la moneta Bitcoin, Inoltre, il Partito Pirata ha assicurato una democrazia più diretta e la depenalizzazione delle droghe, promettendo infine che se vincerà le elezioni concederà l’asilo ad Edward Snowden.
Il solito problema del movimento pirata… quelli di qua non si informano sulle cose che contano di la… “Ho un’ottima opinione dei cinque stelle” – evidentemente nessuno le ha raccontato della democrazia interna, della struttura partitica e del non-statuto del M5S… Uffa. Ci vuole finalmente un parlamento pirata paneuropeo per sviluppare i nostri posizionamenti in modo collaborativo!
Corni, ferri, testicoli e seni a portata di mano…