Anzi quello che ho visto che comunque anche vendendo l’anima al diavolo,
la rete ha migliorato sempre la vita di chi conosco…il problema è
proprio il fatto della vendita della propria anima…dobbiamo evitare
tutto questo…
1984 sta impallidento.
Ed ora anche BlackMirror sembra sempre piu un pivello alle prime armi…
vermanete stiamo implementando tutti gli incubi di scrittori e
cineasti…non sembra piu chiaroveggenza…ma quasi come questi fossero
dei consiglieri simulatori di mondi…che altri non aspettano altro di
implementare…serviva un LA…da dove poter cominciare a suonare la
loro sinfonia…
Ci sono tante pubblicazioni scientifiche che devi pagare caro per accedere. Ci sono innumerevoli libri che non possiamo condividere perché non sono passati tanti anni dalla morte dell’autore… Un tempo assurdo. Stesso per i software. La musica ed i video che sono i più desiderati hanno risolto con il cloud (anche se la soluzione si può ancora discutere in merito a squilibri autori / distributori e profilazione degli interessi su musiche e film). Però, si può fare ancora tanto intervenendo sul copyright (mitigare la tremenda asimmetria tra proprietari (non necessariamente autori, anzi) e fruitori intendo).
Servono delle cifre, anche stimate, ma ragionevolmente valide, altrimenti uno potrebbe rimanere molto scettico.
Impossibile. Considera che alcuni spiragli di ripresa da parte del Ministero del Lavoro vanno nella direzione di ricollocare molti giovani non qualificati come manovalanza per attuare campagne pubblicitarie, e varie mansioni affini. E naturalmente ci sono i nuovi lavori, ben pagati, di esperti di marketing aggiornati ai nuovi strumenti ed ai vari servizi di analisi offerti dai motori di ricerca che… perderebbero il posto? o comunque una parte importante del loro lavoro.
Ed ancora, l’utente percepisce la pubblicità mirata come un valore: perché accettare banner a caso e meno interessanti? meglio che abbiano a che fare un minimo con ciò che gli interessa. Quindi hai 2 forti resistenze da vincere. Forse vietare la pubblicità come forma di guadagno legata ad un servizio, si potrebbe accettare per favorire il pagamento del servizio stesso, ma penso ci sia largo dissenso e perplessità… Però, si può tentare.
Purtroppo, il cittadino medio non è così attento e studioso. Io stesso sento la necessità di approfondire quei fatti e ciò significa come minimo leggermi non poche cose, vedere qualche conferenza, trovare notizie pubblicate, se tutta questa parte è necessaria per l’argomentazione… siamo fritti. L’ideale è condensare in poche frasi e singoli concetti quel che si vuol trasmettere, altrimenti è come se non avessi parlato affatto (dal punto di vista della propaganda).
un suo esponente attualmente ha un algoritmo di valutazione facciale con
il quale determina se una persona è gay o meno, attualmente assoldato
alla corte di Putin.
onestamente,siamo in sei e ognuno ha una propria visione di ciò che dovrebbe essere un manifesto. Questa è la classica discussione che rischia di disperderesi in mille rivoli e non portare a niente. E’ ovvio che non ci sarà un manifesto che ci soddisferà al 100%. Io non sono capace di scrivere un manifesto ma quello che sta scrivendo exe mi sembra un buon passo in avanti rispetto a quello che abbiamo ora.
Io proporrei a tutti voi di provarne a scrivere uno, li mettiamo tutti come alternative su liquid, accogliete eventualmente gli emendamenti. I primi due che si piazzano secondo Schultze li rimettiamo al ballottaggio con policy più veloce. Quello che vince vince.
Tutte argomentazioni interessanti e per larga parte anche condivisibili.
Propongo di provare a partire da una semplice domanda: a cosa deve servire il Manifesto ? Ad avvicinare nuovi adepti ? A farsi conoscere ? A stimolare la curiosità ? Credo che ci sia una risposta affermativa a tutte queste domande, banali.
Ma un Manifesto indirizzato al grande pubblico deve, come prima cosa, attirare l’attenzione.
Forse conviene scegliere due/tre argomenti forti, sotto il profilo dell’opinione pubblica, e partire da quelli.
L’ho detto in chat e lo ridico qua: so benissimo quante cose stanno andando male in ambito conoscenza… ma non è un tema da manifesto perché richiede troppo spazio spiegare quali cose non stanno funzionando a persone che ritengono altre cose i problemi importanti delle loro vite. Perciò se non puoi spiegare in due frasi come Elsevier gli toglie i soldi per permettersi il cornetto al bar, sei già fuori tempo e fuori tema. E sinceramente non ci credo che il copyright sia lo strumento più grave dell’ineguaglianza — e se non parliamo di ineguaglianza stiamo parlando di roba secondaria. Anche se fossimo in grado di riformare il copyright, non distoglierebbe l’umanità dalla traiettoria verso il cataclisma economico/ecologico.
Agli studenti che ritengono questo il discorso più importante della loro fase di vita è giusto potergli raccomandare un intero capitolo nel programma pirata. Ma nel manifesto ci vuole il grande discorso avvincente… l’elevator pitch che funziona con tutti. Comunque vedo che hai assimilato bene il discorso copyright pirata…
Bene. Vai a fare il confronto di quanta gente mette la pubblicità generica sui siti web, e quanta va da Faceboogle a comprare i piazzamenti basati su informazioni intime delle persone targhettate. Ci sono libri interi sulla morte della pubblicità tradizionale a causa del capitalismo della sorveglianza. Riguardo alla manipolazione delle elezioni raccomando questi video:
Sicuramente ci saranno anche articoli e documenti a riguardo…
… ci sta gente che non ha capito che sta sbagliando? Beh, bisogna spiegarglielo… e vincere le elezioni… dopotutto anche la gente che fa comprare Microsoft alle scuole sbaglia, eppure noi non riteniamo impossibile che un giorno ci sarà progresso…
Anche i manovali dei campi di concentramento avevano un posto di lavoro ben retribuito, eppure era giusto fermare quel tipo di lavoro. Comunque non credo che si debba vietare il marketing — basta tornare ad un marketing anni 90. Basta tornare ad un modo di comunicare con le target group senza sapere cosa fumano e quali porno consumano. Un classico marketing orientato a gruppi di persone, non ad individui dei quali sai precisamente di quali bias soffrono… sai quale trucco psicologico attuare per farli comprare qualcosa che non gli serve. È ben diverso e fino a dieci-venti anni fa questa cosa non esisteva. Ed in questo tempo ha solamente arricchito persone alla cima — non esiste alcun vantaggio per la società.
Se vogliamo che la comunicazione sia più puntuale la cosa giusta da farsi è di lasciare che gli utenti facciano abbonamenti anonimi dei canali d’informazione delle ditte — e non viceversa — che ricevi messaggi psicologici subliminali e non sai nemmeno chi ti sta manipolando a quale scopo. Per questo nella PdL ObCrypto è previsto solo l’abbonamento anonimo, non lo spam psicotarghettato. Va bene se il tuo computer fa una selezione di pubblicità che ti potrebbe interessare, ma l’algoritmo lo controlli tu e i dati che consuma non lasciano il tuo spazio sicuro.
No, non ritengo necessario questo passo se possiamo garantire che il consumo di pubblicità è anonimo, sia se abbonato, casuale o personalizzato dal algoritmo sotto tuo controllo.
È questa la parte che vorrei fossimo in grado di risolvere… perché il messaggio core da dare è forte, chiaro e conciso — ma ci sono delle premesse che non tutti hanno percepito nonostante gli scandali pubblici a riguardo.
Non mi piace per niente che non riusciamo ad arrivare ad un consenso neppure per le cose sulle quali siamo d’accordo. Possiamo approfondire a tal punto da mettere in chiaro in modo razionale perché certe argomentazioni possono funzionare ed altre no? Un testo al ballottaggio non soddisfa le mie esigenze politiche.
Esattamente questo il mio pensiero. Voglio prendere la gente la dove sta con i suoi pensieri… il modo come ogni anno si può permettere un pochino di meno… come mai? Ed aprirgli questo portone di prospettiva che spiega come stanno le cose e quali sono le battaglie da combattere…
Ho fatto un ulteriore modifica, tenendo conto -nei punti che mi sembrano condivisibili- dei papiri di lince.
Giusto un paio di ultime considerazioni qui, poi mi taccio:
IMHO il tema del copyright non può non esserci, e non può non stare in cima. Per il semplice fatto che è su quello che è nato il PP, ed è da quello che prende il nome. La consuetudine -e prima di essa la logica- vuole che i Manifesti vengano scritti al momento stesso della nascita di un partito/movimento, e non 12 anni dopo. Ma anche quand’anche si possa decidere di cambiarlo, non sta scritto da nessuna parte che si debba inseguire l’attualità del momento, né tantomeno infiocchettarlo secondo ciò che il lettore ritiene più urgente. Un Manifesto deve dire ciò che per te che lo scrivi è urgente: chi legge può concordare -e magari unirsi al movimento- o discordare, e tornare a guardare YouPorn.
Oltrettutto è bene ricordare che non più tardi d’una settimana fa c’è mancato poco che il Parlamento Europeo approvasse una riforma del Copyright che -se approvata- avrebbbe introdotto le tasse sui link e i bot da censura automatica, giusto per compiacere qualche lobby del Copyright (peraltro il pericolo non è ancora del tutto scongiurato: la decisione è stata solo rinviata a settembre!). E’ la battaglia principale della nostra unica rappresentante al Parlamento Europeo.
Se la preoccupazione è quella di parlare di cose che il lettore “medio” possa ritenere non prioritarie, tanto varrebbe darci all’ippica e lasciar perdere il PP. L’italiota medio, alla parola “privacy”, parte col refrain “tanto-non-ho-niente-da-nascondere”; parlare di sorveglianza di massa non è di per sé tanto più mainstream di qualunque altro argomento “core”.
Neanche a me piace troppo come idea, e infatti sto cercando di adattare il testo per venire incontro il più possibile alle “visioni” di tutti. Ma a un certo punto si deve anche arrivare a un dunque.
Se ci dichiariamo incapaci di rinnovarci siamo fritti per definizione. Il copyright può starci da qualche parte, ma certo non in cima perché è proprio lì che la gente smette di leggere.
In tal caso nessuno farebbe riferimento al manifesto vecchio 12 anni, eccetto se fosse scritto in modo tale da non orientarsi solo alla casualità che creò il movimento. Il file sharing, il copyright era solo la miccia — per molti la cosa decisiva era il no 1984. La guerra al file sharing era la dimostrazione che la libertà di comunicazione privata era in pericolo. Già nel 2006, ben prima che se ne rendesse conto il resto della società, e per me quello è il vero pensiero fondante del movimento pirata — quello dal quale si deduce il pericolo per la democrazia — e solo di recente si è aggiunta la prospettiva che ne deriva anche l’ineguaglianza sociale nel mondo.
Se ritieni che siamo in ritardo a scrivere il manifesto del 2006, allora lasciamo stare proprio. Quello che ci serve è l’elevator pitch che si può mettere in un video promozionale, che si può presentare in tre minuti ad un talk show televisivo. Un documento storico non ci serve.
Purtroppo non è in una posizione di occuparsi di cose più importanti come l’illegalità dell’economia di sorveglianza o l’illegalità dei sistemi proprietari, ma anche in ambito copyright questa della settimana scorsa è stata pressoché l’unica temporanea vittoria. :~(
Se i pirati continuano a raccontare la vecchia storia sono finiti.
Esatto. Per questo non parliamo di privacy. Parliamo di come i dati che non ha nascosto gli tolgono i soldi dal portafoglio.
Dato che non ci siamo ancora chiariti, il dunque deve aspettare la comprensione reciproca.
Cercherò dati sul fatturato mondiale e italiano delle pubblicità online in rapporto alla ricchezza privata ma ho seri dubbi che questo fattore sia da menzionare tra i principali squilibri di ricchezza, cifre che fanno impallidire qualsiasi dato sono i derivati e poi in Italia circola tanta droga, se la classe media è frustrata e compra questa anche questo è un serio fattore di drenaggio di denaro.
Droga come sintomo conseguente, derivati come strumento della ricchezza che entra in recursione… la droga ce l’abbiamo nel programma, i derivati non proprio. Forse col punto della regolamentazione delle borse?
Poi l’automazione che ha fatto sparire tanta mano d’opera (post fordismo), perdita della sovranità monetaria che ha avviato una spirale di drenaggio (70-80 miliardi di euro l’anno) verso i più ricchi e spesso direttamente all’estero.
L’automazione che è la faccia “gentile” della digitalizzazione, a confronto con la sorveglianza. Qui si sta convergendo sul discorso post-reddito del dividendo. La spirale di drenaggio non mi è ancora chiara.
Saturazione del mercato e fortissima competitività (causa mercato globale e facilitato dalla Rete) ha diminuito le possibilità del singolo di avviare piccole imprese capaci di competere, e quindi meno prospettiva di migliorare la condizione in cui si nasce.
Alla faccia dei liberisti che predicano ancora che ognuno di noi potrebbe diventare miliardario. Il problema è solo che per ogni miliardario automaticamente ci sono anche miliardi di poveracci, perciò chi casualmente fa la porcheria giusta al momento giusto magari diventa miliardario, ma lascia gli altri sull’orlo del precipizio. Un articolo più chiaro su questo aspetto della globalizzazione ci starebbe bene nel programma.
Istat ha fatto vedere come liberi professionisti e dipendenti, in passato con reddito sensibilmente diverso, siano ora con reddito simile (ovviamente ribassato rispetto al passato). Tutto questo e sicuramente altro hanno portato ad aumentare la disparità ricchi e poveri. Parlare di soli dati personali è sbagliato. Verificherò le cifre come posso comunque.
Anche in questo caso c’è da capire come la digitalizzazione ha influenzato il mercato dei liberi professionisti. Dividendi e drenaggio mi sembrano effetti di ricchezza autoriproducente… giustamente da regolamentare.
Nuovo è il parametro per il quale il mercato pubblicitario digitale è edificato sul capitalismo della sorveglianza.Facebook e Google da soli smerciano 61% del mercato pubblicitario digitale, cioè 25% della pubblicità mondiale generale. Anche le altre ditte digitali stanno perdendo contro i due giganti, perché tali giganti hanno un vantaggio contro gli altri: Facebook ha i dati sociali della popolazione umana. Google, attraverso i vari fonts e analytics inclusi aggratis sui siti, ha una visione globale di dove la gente va e clicca (ci si aggiunge ‘search’ e youtube). Entrambe le ditte usurfruiscono di database che secondo me non dovrebbero potere esistere e distorcono il mercato pubblicitario. Investire in pubblicità senza accesso ai dati intimi dell’audience non conviene più… quei dati illegali hanno creato una necessità di essere utilizzati. Agire eticamente non è un opzione, resti svantaggiato sul mercato.
Nella lista dei top stronzi (continuo a chiamarli così perché per arrivare tra i top cento ricchi del pianeta non puoi essere eticamente integro… devi per forza essere stronzo) ci stanno i capi dei grandi monopolisti digitali. Abbiamo parlato poco di Amazon, ma quella ditta è riuscita a piazzarsi come l’interfaccia mondiale allo shopping. Se la gente non ha una via o una piazza in Rete da camminare per vedere le offerte indipendenti, separate topologicamente, si crea questo effetto che tutti usano la piattaforma shopping, che però in realtà sa come “tassare” la spesa ed arricchirsi dal nulla, semplicemente facendo i men in the middle. Anche qui servirebbe una regolamentazione, una specie di statalizzazione e decentralizzazione obbligatoria dello shopping digitale. Amazon non può essere legale. È una ovvia infrazione dell’antitrust. E cosi via facendo… se stiamo a dire cose nel nostro manifesto che si possono leggere anche nei papiri di altri partiti, non parliamo a voce alta… non diciamo cose scandalose, sorprendenti ed innovative. Dobbiamo mettere il focus anche sulle prospettive nuove…
Drenare significa togliere liquidi e liquido è una metafora per denaro. Il debito pubblico ha permesso di crescere oltre le immediate possibilità, ma nel lungo periodo dovendo dare interessi ai finanziatori, si crea un drenaggio di soldi verso i più grandi capitali. Questo meccanismo è tollerabile finché si cresce (dogma della crescita finanziaria), quando non si cresce più è un macello. Spirale è una cosa che si avvolge sempre più stretta, infatti questi meccanismi di trasferimento di soldi, restando nell’esempio del debito pubblico, sono cumulativi, ogni anno viene sottratta una cifra e quindi scende il livello di denaro disponibile per la maggior parte delle persone.
Una percentuale è più o meno importante in relazione alle cifre a cui si applica. Vediamo i dati dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano. Siamo dunque limitati alla nazione italiana: 7,7 miliardi di euro nel 2016 per le pubblicità totali (cioè anche radio, tv e stampa come sempre è accaduto), mentre 2,36 miliardi sono quelli spesi per le pubblicità in Internet. Viene indicato non il 61, ma il 75% come mercato di Google e Facebook (2016).
Quanto valgono i dati personali che gli italiani hanno barattato con servizi di vario tipo? Stando all’Istat nel 2016 eravamo 60.665.551 di individui, però solo il 66% ha accesso alla Rete da casa (anno di riferimento 2017 su termometro politico). Non ci interessano i dati esatti, però consideriamo 40.000.000 di individui su Internet che permettono un mercato delle pubblicità sul Web di 2,36 miliardi. Mediamente i dati di un individuo valgono all’anno: 2.360.000.000 / 40.000.000 = 59 €. Tra l’altro non tutte le pubblicità sono mirate, alcune si basano maggiormente sul contesto di apparizione, piuttosto che sul tracciamento ed il re-marketing. Quindi potrebbe essere un po’ meno, ma consideriamo 59 €. Domande:
Concedere dati personali tramite servizi gratuiti e permettere di realizzare campagne pubblicitarie mirate ci sta rendendo più poveri? Direi proprio di no. Anche perché 59 € l’anno li dovrei comunque spendere in servizi a pagamento che non utilizzino i miei dati.
Gli interessi sul debito pubblico sono 66 miliardi di euro (anno 2016, da qualche anno sta molto lentamente scendendo, ma la dinamica non si risolverà facilmente, ci sono effetti collaterali sul modo in cui si paga o nuovi capitomboli dietro l’angolo… tutto può accadere, l’Italia è una polveriera). Ad ogni modo, sulla popolazione italiana prima indicata (questa volta al completo: 60 milioni), mediamente ogni individuo deve dare 1.088 € l’anno ai finanziatori ogni anno (se avevamo la sovranità da sempre gli interessi erano 0%). Questo fa impallidire (in termini finanziari) i 59 € di dati personali. Non possiamo dire che Faceboogle ci stanno impoverendo per questo… Non è così.
Quindi il discorso dati personali e profili resta prettamente di interesse etico e di ripercussioni politiche, di pericoli per un nuovo totalitarismo, ma non lo si può considerare un danno finanziario. Se le cifre mondiali sono enormi, occorre anche tener conto che si passa dall’Italia al mondo, da 40 milioni di internauti a svariati miliardi. Se si è il primo motore di ricerca ed il primo social network si è miliardari “da far schifo”, ma non è comunque additabile come causa di impoverimento.
Nazionalizzare i servizi che diventano unici (o quasi) di fatto: sistema operativo, motore di ricerca, social network, shopping digitale. Mmmm, è una ricetta da far strabuzzare gli occhi, però ha una larga parte di ragione e ho in mente molti argomenti per una scelta così radicale (sistema operativo open source per la trasparenza, motori con algoritmi nell’interesse dei cittadini e non del mercato, social network etico by design … ). Però, è una di quelle cose follemente difficile da far digerire. Magari sarà così tra… un secolo.
Naturalmente senza vietare le alternative private e proprietarie, però se esiste non un vincitore (60% rispetto a 40%), ma un super vincitore (85% mio 15% da dividere tra rivali), allora il super vincitore viene nazionalizzato. Effettivamente, fa parte di casi limite in cui lo Stato deve intervenire e regolamentare gli estremi del mercato, anziché stare a guardare. Purtroppo, il potere dello Stato diventa molto fragile di fronte alle immense risorse di certi imperi economici. Sarà molto molto dura, come minimo tocca muoversi a livello di Stati Uniti d’Europa, ma diversi economisti indicavano la necessità di un governo mondiale. Però, l’unione non c’è, al massimo pretendenti al “trono”, come sempre è accaduto nella storia.
C’ho pensato un paio di giorni. Ma se il tema fossero, appunto, i “dati” ?
Ho elaborato un veloce volantino (https://imgur.com/a/2sZKTqU) con una sola grande scritta “Dove sono i miei dati ?” che, nel retro, potrebbe contenere una spiegazione abbastanza veloce su tutti gli usi, dalla profilazione al furto di identità, dei nostri dati personali.
Semplice, diretto e, a mio modesto parere, efficace. Sia su un A5 che su un 6x3. Come campagna promozionale di autunno potrebbe funzionare.
Bella ricerca. Okay. Hai vinto. Mi dispiace un po’, perché argomentare sul borsellino individuale è più efficace di stare a spiegare come la predisposizione alla manipolazione elettorale ci toglie la libertà… ma presumo che ci tocca ragionare in quei termini allora.
Forse non nel modo diretto, come hai fatto bene ad evaluare, ma in qualche modo queste ditte sono riuscite a stare ai primi posti delle classifiche di ricchezza, perciò in qualche modo il drenaggio dalle nazioni verso Silicon Valley sta avvenendo. Bisogna capire come.
Un aspetto forse non hai colto in pieno, ma non so quanto può “costare”: Se i Faceboogle si mangiano il mercato pubblicitario, quante PMI in ambito pubblicitario devono chiudere o ridurre lo staff? Quante persone in Italia restano senza lavoro perché lo spaccio di pubblicità si sposta verso la California?
Se l’ineguaglianza fosse minima, potrei accettare questo ragionamento… ma meno di cento persone possiedono altrettanto quanto la metà della popolazione umana, e la digitalizzazione sta in cima alle classifiche. Ci deve essere qualcosa che ci sfugge.
No, non dico nazionalizzare. Nel nuovo documento YBTI che sto proponendo spiego come queste funzioni sarebbero da decentralizzare, nazionalizzando lo sviluppo e la scelta dei software che realizzano tale decentralizzazione, ma non i servizi ed i dati coinvolti stessi!
È il compito di movimenti come il nostro di chiedere quel che è giusto, anche se la corruzione strutturale* ci impedisse realizzarlo. In questo specifico caso posso immaginare un successo, dato che tutti gli interessi sono concentrati in California e l’Europa ha solo da guadagnarci.
*) Esistono lavori scientifici che confermano che i superricchi dominano la politica, ma non ce li ho alla mano (ho qualcosa in tedesco…)
Ironicamente non riesco ad accedere ad imgur.com senza dargli accesso ai miei dati (in forma di esecuzione Javascript)… perciò non l’ho visto…
Bella, mi piace il tuo spirito di iniziativa…
La mia vena perfezionista mi fa pensare due cose… nulla che ti debba frenare, ma mi piacerebbe approfondire…
È abbastanza forte il claim, o sarebbero solo le persone comunque già sensibilizzate ad interessarsi ad un tale volantino? Cinque anni fa un volantino del genere in Italia non avrebbe interessato nessuno, mentre in Germania andavano bene — sono cambiati i tempi?
Il problema dei dati è che, una volta dati non tornano mai più indietro (ammazza, che wordplay). Una volta venduti non si sa che cosa ne saranno le conseguenze. Che tutti gli usi illeciti sono finalmente illeciti, ma quanto può servire, se l’infrazione non è ne rilevabile ne comprovabile davanti ad un giudice? Se le conseguenze sono talmente effimere, si presentano in forma di attacchi specifici alla tua persona e provengono dal nulla?
Può tale volantino trasmettere quel senso di profondo terrore, che questa situazione dovrebbe suscitare? If yes, then please do!!
P.S. Questo concetto di “attacchi specifici” mi sta attivando la fantasia… immagina se dei bastardi criminali si inventano strategie psicologiche per farti firmare contratti per assicurazioni inutili o roba del genere? Lo scandalo CA ci ha mostrato come si possono vincere elezioni, ma se ai fessi egoisti questa cosa non fa abbastanza paura, possiamo comunicare che viviamo in un tempo nel quale un messaggio psicologico subliminale ti può manipolare da buttare i tuoi risparmi dalla finestra? O di farti credere che tua figlia sia una terrorista?
" 2. Il problema dei dati è che, una volta /dati/ non tornano mai più
indietro (ammazza, che wordplay). Una volta venduti non si sa che
cosa ne saranno le conseguenze. Che tutti gli usi illeciti sono
finalmente illeciti https://youbroketheinternet.org/GDPR, ma
quanto può servire, se l’infrazione non è ne rilevabile ne
comprovabile davanti ad un giudice? Se le conseguenze sono talmente
effimere, si presentano in forma di attacchi specifici alla tua
persona e provengono dal nulla?
"
dove sono le garanzie e la mia capacita veloce e pratica di verifica
quando svolgo un prelievo del sangue che questi dati non vengono
memorizzati “segretamente” semplicemente intervenendo al momento giusto
e nel posto giusto all’interno del processo…considerando che è un
colabrodo.
Una volta che il mio DNA è in giro…ecco non torna piu indietro…
sessione anonima del browser ? Oppure suggeriscimi un altro repo temporaneo, perché vorrei farti vedere come viene fuori aggiungendo, sotto al claim principale, la frase da te ideata “I tuoi dati, una volta dati, non tornano più indietro” (che trovo bellissima !).
Devo fare un appunto. Mi è capitato nel corso degli anni di sentire molti miei coetanei che usano lo smartphone senza capirci granché, cioè usano i servizi più comuni (facebook, whatsapp, ovviamente chiamate, sms, foto… qualcuno che si diverte senza pensieri con app di terze parti tra le più varie) e se si introduce anche solo l’ombra del problema dei propri dati, la reazione emotiva è questa:
Che noia. Che pesantezza. Bisogna vivere più sereni e farsi meno problemi (sia per l’ambiente, figuriamo per questioni ancora più astratte). Capisco perfettamente che la complessità non piace, anzi la tecnologia ci abitua appunto ad avere sempre tutto più facile e pronto. Non critico l’emozione, però ve la riporto: accade spesso.
Qualche volta ho anche sentito risposte per cui si viene considerati “complottisti”. Parliamo di aziende serie, i cittadini sono tutelati, la polizia ed i servizi segreti devono poter guardare e controllare così come lo ritengono opportuno, la società si basa anche sulla fiducia, ecc.
Di fronte a problemi e temi drammaticamente avvertiti: disoccupazione, pressione fiscale, immigrazione, difficoltà di aprire nuove aziende e fughe all’estero (non so se ora mi sfugge altro a livello di problemi percepiti - non necessariamente effettivi), di fronte a questi temi, iniziare a parlare di dati può sollevare un “chissenefrega”, “ci penseremo poi”, “ci sono altri problemi”. Questo tipo di risposta implicitamente l’ho ricevuta in svariate occasioni, che poi è simile alla prima.
il disappunto ricevuto di alcuni ai quali faccio notare le implicazioni
sono legate ad un approccio “fuzzy” alla privacy…
non è una questione di bianco o nero
di diritti calpestati
di valori assoluti
ma di quanto si viene svergognati nella cerchia di interesse…
man mano che si esce e ci si allontana da quella cerchia il problema
tende a svanire
implica
se i dipendenti di G e FB si fanno le pippe in gruppo con le foto della
ragazza beh questo non è un problema fino a quando quelle foto non
vengono pubblicate nel SN di interesse del circolo degli interessati
alla fuga delle info
per il punto 1) mollarli nel loro brodo
per il punto 2) mollarli nel loro brodo
per il punto 3) fare loro capire quanto dei problemi legati a disoccupazione, pressione fiscale ecc… potrebbero essere risolti con un uso consapevole e democratco delle tecnologie. Noi siamo qui apposta
Esatto. Reazione che capita sentire anche a me, nonostante sono nella città più sensibile a questi temi, forse del mondo. L’errore sta nella mancanza di comprensione come i problemi percepiti come importanti sono intrecciati con il problema dati. Ricito la frase che Cory Doctorow mi rubò dalla bocca… Ci sono molte battaglie più importanti della libertà della rete… ma saranno decise su Internet…
Esatto, non è un problema percepito e compreso nelle sue implicazioni…