Proposta di legge per un app anti stalking

Girare per Roma con i mezzi è diventato pericoloso, oggi ho avuto una giornata infernale tra metro rotta (che frenava paurosamente) ed autobus che non passavano ma…in fondo proficua perché mi è venuta un’idea che, forse, possiamo sviluppare in una proposta di legge. Ero parecchio rabbuiata per la nuova legge denominata “codice rosso” che si limita ad inasprire le pene senza stanziare uno straccio di euro in più: una buffonata oltraggiosa soprattutto per le vittime. Io ci sono passata, nulla di eclatante, solo liti con un vicino aggressivo, che mi hanno portato però ripetutamente in tribunale ad assistere a continui rinvii insieme alla maggioranza di chi, come me, si rivolge alla Giustizia sperando anche in una difesa dell’aggressività e violenza. Una desolazione assistere ad una mattinata di udienze: gran parte delle vittime sono donne e nessuno dei loro aggressori, nessuno, si è presenta in giudizio. Il Tribunale è pieno solo di vittime, qualche avvocato e pochissimi Giudici - il Giudice che presideva il mio processo faceva su e giù in un’altra aula sostituendo un altro Giudice assente e l’intero personale del tribunale era largamente in sottonumero…ed il Governo inasprisce le pene senza metterci un euro… :rage: Tristissimo è stato ascoltare un paio di vittime che hanno ritirato la querela…Avevano cambiato casa, lavoro, amicizie, città e…si sentivano “sicure”, lontane dai loro aggressori. Insomma in metro ripensavo a quelle donne, ed anche un po’ a me stessa che ogni volta che esco di casa ho comunque paura d’incontrare quel cavolo di vicino… Ho pensato ai racconti delle donne che ho ascoltato quella mattina… aggressioni vere…pugni in faccia, strattonate, calci, pedinamenti ed anche di peggio…eravamo tutte la a chiedere ad una Giustizia distratta, annoiata ed inconsistente un minimo d’attenzione perché l’unica maniera per difenderci per noi era rimasta solo quella di fuggire…“bannando” l’aggressore. Ecco…sul termine “bannare” qualcosa m’è scattato in testa ed ho pensato a quanto sarebbe bello, per noi vittime, avere un App sul cellulare che ci permette di sapere con certezza se il nostro aggressore/persecutore è nelle vicinanze. Soprattutto considerando che la maggior parte di queste persone non sarà nemmeno condannata alla carcerazione, e comunque l’attuale percorso di detenzione tutto è tranne che riabilitativo: anzi! Finirebbe per trasformare delle persone psicologicamente malate ed aggressive in assassini. Invece se la loro condanna fosse rappresentata dall’essere costretti, ogni volta che escono di casa, ad indossare un sistema di geolocalizzazione che permette alle loro vittime di sapere esattamente dove si trovano si otterrebbero due risultati:

  • si darebbe il potere alla vittima di difendersi con uno strumento non offensivo (come un arma) ma in grado di indicargli se l’aggressore è nei paraggi, di cercare aiuto, di uscire accompagnata se deve andare in un luogo che sta frequentando anche quella persona, di evitare gli stessi luoghi frequentati da quel tizio nel momento esatto in cui lui vi si trova;
  • si depotenzierebbe fino ad eliminare l’ossessione dello stalker che, subirebbe a tutti gli effetti una sorta di ban dalla sua vittima, ma al contempo potrebbe essere condannato ad effettuare un percorso psicologico e rieducativo di modifica dei comportamenti ossessivi/aggressivi senza alcuna possibilità di ricadute, perché l’oggetto della sua ossessione non lo potrà più incontrare nemmeno per caso,

Che dite…ci si può lavorare su ed elaborare una proposta Pirata?

@sarabiemme, credo di comprendere le ragioni della tua proposta, ma mi sembrerebbe un’applicazione fortemente e gravemente invasiva nei confronti del reo, io credo oltre i limiti di quello che la legge consente.

Però posso sbagliare. Diciamo che non mi entusiasma, ecco.

Perchè? @solibo ragioniamoci ma spiega anche il perché: tra l’essere condannato (perchè sto parlando di una condanna dopo un regolare processo) agli arresti domiciliari o ad una pena detentiva e l’obbligo di dare la possibilità attraverso la geolocalizzazione, alla tua vittima di NON incontrarti mai più…cosa c’è [quote=“solibo, post:2, topic:3038”] fortemente e gravemente invasiva [/quote] in questa proposta ?

Magari ho capito male dalle tue parole, però di fronte ad un reato contro la persona come quello di stalking (stiamo parlando di questo giusto?), la legge dovrebbe:

  • proteggere la vittima
  • punire il colpevole
  • cercare (espiata la pena) di reinserirlo in società al meglio

La protezione della vittima si fa in modalità crescenti, non ultimo quella appunto con le restrizioni della libertà del reo. Ciò detto, a meno che questo non prenda l’ergastolo (di cui già abbiamo parlato), prima o poi uscirà e sarà di nuovo libero (magari con ordini restrittivi).

A cosa servirebbe un’applicazione che permetta alla vittima di conoscere l’esatta posizione del colpevole? Una volta libero ha tutto il diritto alla sua privacy e a non far sapere a nessuno, nemmeno alle sue vittime, dove si trova in qualsiasi istante.

E ancora: se l’applicazione dicesse che si trova a 2 km cosa succederebbe? E a 20 km? E a 200 metri? La vittima si sentirebbe più sicura? Perché dovrebbe: siccome è stata già molestata una volta allora una volta saputo che il molestatore è a 2 km di distanza chiamerebbe la polizia? Si armerebbe?

Non so, mi pare che da un lato sia meglio non ledere un diritto (la privacy) di chi si è macchiato di una colpa espiata, dall’altro non alimentare la psicosi di chi ha subìto uno shock e cerca di rifarsi una vita tranquilla.

Sono molto scettico.

ti parlo da vittima che ha subito un paio di pesanti aggressioni verbali: la “psicosi”, o meglio l’ansia o la vera e propria paura aumenta nel non sapere se l’aggressore è nei dintorni e, quindi, nel continuo timore di trovarselo di fronte. E…no, mi spiace, ma non si è tranquilli per nulla quando hai questo timore, anche se fingi, anche se ti comporti normalmente, anche se non ti arrendi a questa paura e fai esattamente le stesse cose che avresti fatto se non l’avessi questa paura. Le fai, ma hai paura. E sai cos’è che ti fa sentire sicura anche dopo anni? No, non è avere la scorta. E’ avere la certezza che chi ti ha aggredita in quel momento è lontano, anche 2 km vanno bene, anche 1 km. Nel momento che tra te ed il tuo aggressore c’è 1 km di distanza ti senti sicura.

Concordo con @solibo, diventerebbe un app antistalking che di fatto fa stalking. Il problema delle aggressioni esiste, ma qualcosa come le cavigliere come fanno in america mi sembra eccessiva e non risolvono il problema, sai dov’è ma se vuole può raggiungerti comunque, piuttosto prevedere un percorso psicologico da affiancare alle pene già emesse.

Ad esempio tu sei in una grande città e questo potrebbe anche funzionare dandoti una sensazione di sicurezza, 2km da fare a Roma sono almeno 10/15 minuti con mezzi o a piedi ma nei piccoli paesi dove quelle distanze si raggiungo in brevissimo tempo avresti sempre l’ansia di averlo vicino e creerebbe ancora piú psicosi alla vittima di quella che già ha.

le cavigliere o braccialetto elettronico mi sembra che funzionano in maniera totalmente differente, però. Di fatto emettono un segnale d’allarme quando la persona che le porta è al di fuori di un certo perimetro, in genere la sua abitazione, o se cerca di manometterle. Io sta cosa di costringere una persona, anche se reo di violenza, in un determinato perimetro mi fa salire la ribellione :sweat_smile: perché sono profondamente contraria ad ogni tipo di ghettizzazione, perfino quando si tratta del mio aggressore :grin: No, seriamente, sono veramente convinta che una pena debba essere in tutto e per tutto finalizzata al recupero del condannato ma allo stesso tempo penso che occorra mirare prioritariamente a difendere la vittima ed a mio giudizio la misura di dare pene più severe è perfino controproducente perchè arrivano a mettere anche più in pericolo la vittima. Quindi è da tempo che rifletto su come si possa rendere più forte la persona che è in condizione di maggiore fragilità. Un po’ come con la proposta della legge contro la discriminazione delle persone con disabilità penso che dando degli strumenti di difesa a chi è più fragile si possa ottenere un’inversione di tendenza dando…“potere” a chi è impotente. Hai presente il detto “chi pecora si fa il lupo se la mangia”? Ecco, se la pecora smette di vestire i panni della pecora non lo incontra proprio il lupo…

Ragionandoci, e grazie di avermi permesso di farlo con le vostre obiezioni, preciso meglio la proposta: questa App da dare alle vittime non geolocalizza il reo ovunque vada ma avvisa solo la vittima se quella persona è nelle vicinanze mandando un allert sul cellulare, per esempio. In questa maniera non potrebbe essere utilizzata in violazione della privacy ma fornirebbe alla vittima un ulteriore strumento di difesa - autonomo quindi più potente - da aggiungere ai pochissimi e spesso inefficaci altri strumenti, a mio giudizio “impotenti” perché dipendono dall’attivarsi di “altri” che è bello in teoria ma tutt’altro che scontato nella pratica.

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Per fare questo però il reo dovrebbe essere costantemente monitorato, giusto? Poi ci sarebbe un ente terzo che anonimizza il dato preciso e fornisce alla vittima solo la distanza (quindi diciamo che sta in un cerchio di raggio noto). Ho capito bene?

il reo dovrebbe essere costretto ad indossare un affare che fa scattare l’allarme all’app quando si avvicina troppo (tipo i due poli opposti di una calamita, per capirci), che non sarebbe proprio come una cavigliera elettronica che obbliga a stare entro certi perimetri. Ovviamente ci sarebbe anche in associazione il rispetto di una distanza limite dalla vittima, sennò diventerebbe per l’aggressore un ulteriore strumento di aggressione creando una sorta di cerchio dalla quale la vittima non può uscire. Sai qual è il punto? Che l’aggressività e la violenza è come un’energia negativa che ha bisogno di un qualcosa contro cui cozzare per scatenarsi, altrimenti si annulla. Per questo penso che il ban rappresenti un ottimo strumento di difesa, perché è depotenziante. Anzi, aggiungo un’altra funzione all’app ancora più efficace: la possibilità di registrare, quindi documentare, i tentativi di avvicinamento dell’aggressore alla vittima. Questo permetterebbe di prendere delle ulteriori misure difensive per tenere lontano il reo dalla denunciante e, soprattutto, eviterebbe ulteriori denunce dettate da paranoia invece che da dati oggettivi.