Quella strana alleanza tra liberal e dittatori per reprimere la libertà di espressione

I processi su Twitter, le campagne universitarie e le censure dei regimi del Terzo mondo sono motivate dallo stesso odio verso chi la pensa diversamente (L’Economist 17/8 - Tradotto da Il Foglio)

Lo scorso 22 giugno c’è stato un tentato colpo di stato in Etiopia. Il capo dell’esercito e il presidente dell’Amhara, una delle nove regioni, sono stati entrambi assassinati”, scrive l’Economist. “I cittadini volevano capire cosa stesse succedendo, ma il governo ha chiuso Internet. A mezzanotte il 98 per cento degli etiopi non avevano accesso alla rete.

‘I cittadini ricevevano delle notizie false ed erano confusi su ciò che stava accadendo… a un certo punto non era disponibile alcuna informazione’ spiega Gashaw Fentahun, un giornalista della Amhara Mass Media Agency. Lui e suoi colleghi stavano cercando di inviare una cronaca dei fatti. Ma anziché caricare gli audio e i video sul digitale, dovevano inviarli all’ufficio centrale con un aereo, causando enormi ritardi”. Lo scorso anno 25 paesi – tra cui l’India, il Ciad, il Sudan e il Congo – hanno bloccato internet per fermare il flusso di informazioni durante una crisi. Secondo l’associazione Freedom House la libertà di stampa è calata a livello globale negli ultimi dieci anni. I regimi repressivi lo sono diventati ancora di più, tanto che il 28 per cento dei paesi considerati “non liberi” lo sono diventati ancora meno e solo il 14 per cento ha invertito la tendenza. I paesi “parzialmente liberi” hanno riscontrato dei risultati ambivalenti mentre il 19 per cento dei “paesi liberi” hanno avuto una regressione (il 14 per cento è migliorato). Per l’Economist ci sono due spiegazioni per questo fenomeno. Primo, i partiti di governo hanno scoperto nuovi metodi per nascondere i fatti e le idee alle quali sono contrari. Secondo, sono incoraggiati a usare questi strumenti perché la fiducia globale nella libertà di stampa è calata, al punto che non esiste più una potenza internazionale – un tempo erano gli Stati Uniti – che si batte per questo principio. Il problema della libertà di stampa coinvolge sia la destra che la sinistra. “Il presidente Trump non può censurare la stampa in America ma le sue parole contribuiscono a un clima globale di disprezzo verso il giornalismo indipendente. I censori autoritari nel resto del mondo citano le frasi di Donald Trump, etichettando il giornalismo di opposizione come ‘fake news’ e i giornalisti ostili come ‘nemici del popolo’. La nozione secondo cui alcune idee andrebbero silenziate è diffusa anche a sinistra. In Gran Bretagna e in America gli studenti universitari tolgono la parola ai relatori che considerano razzisti e contro i trans, e le rappresaglie su Twitter chiedono il licenziamento di chiunque violi una lista di tabù sempre più ampia.

Molti radicali occidentali sono convinti che nessuno abbia il diritto di dire ciò che loro ritengono sia offensivo. Gli autoritari sono d’accordo. Ognuno di noi ha un’idea diversa su ciò che è offensivo, quindi le leggi dell’hate speech sono uno strumento flessibile che può essere utilizzato per criminalizzare il dissenso. A marzo Serikzhan Bilash è stato arrestato in Kazakistan con l’accusa di avere ‘incitato l’odio etnico’, quando si era soltanto lamentato

Scrive l’Economist (17/8) delle incarcerazioni di massa degli Uguri (una minoranza islamica) in Cina, uno dei maggiori partner commerciali del Kazakistan. Il governo in Ruanda interpreta quasi ogni critica nei suoi confronti come un sostegno implicito a un altro genocidio”.

Ci sono vari modi per reprimere la libertà di espressione: uccidere o incarcerare i giornalisti (58 sono stati assassinati nel 2018 e almeno 250 sono finiti in carcere), devolvere denaro pubblico esclusivamente ai giornali favorevoli al partito in carica, e coltivare uno scambio di favori tra i rappresentati del governo e gli editori più potenti. “Tuttavia, anche nelle democrazie più mature il sostegno alla libertà di espressione è in calo specialmente tra i giovani. Questo è evidente nelle università americane, dove il 61 per cento degli studenti ha detto in un sondaggio che il clima culturale nel proprio campus li ha spinti a omettere le proprie opinioni. Gli altri dati della ricerca aiutano a capire il perché. Il 37 per cento degli intervistati ha detto che è ‘accettabile’ togliere la parola ai relatori con i quali non si è d’accordo e incredibilmente il 10 per cento si è detto favorevole all’uso della violenza per non consentirgli di esprimersi. Molti studenti giustificano queste opinioni spiegando che alcuni relatori sono razzisti, omofobi oppure ostili verso altri gruppi svantaggiati. Questo a volte è vero. Ma gli studenti hanno frequentemente preso a bersaglio alcuni studiosi seri e autorevoli come l’opinionista Heather MacDonald, oggetto delle proteste degli attivisti di ‘Black Lives Matter’… Queste contorsioni verbali sono diventate diffuse a sinistra. Molti radicali sostengono che le parole che denigrano i gruppi svantaggiati sono una forma di violenza. Inoltre, dato che l’America si è polarizzata politicamente, molte persone hanno iniziato a dividere il mondo tra buoni e cattivi… Questa intolleranza si è diffusa in Europa, anche al di fuori dei campus universitari. I gilet gialli in Francia hanno ripetutamente picchiato le troupe televisive. In Gran Bretagna ogni discussione sui transgender è diventata esplosiva. Ad esempio, lo scorso settembre il consiglio comunale di Leeds non ha consentito al gruppo femminista Woman’s Place Uk di tenere un incontro perché era stato accusato di ‘transfobia’ da alcuni attivisti (le femministe non credono che ‘sentirsi una donna’ possa conferire agli uomini il diritto di entrare negli spazi a loro preclusi, come gli spogliatoi femminili). Le femministe che contestano questa teoria vengono sistematicamente minacciate di stupro o di morte. Lo scorso marzo Caroline Farrow, una giornalista cattolica, è stata interrogata dalla polizia dopo essere stata denunciata per avere usato il pronome sbagliato per descrivere una bambina trans. Un’altra femminista, la sessantenne Maria MacLachlan, è stata picchiata da un’attivista transgender allo Speakers’ Corner di Londra, un luogo in cui la libertà di stampa dovrebbe essere sacrosanta”. (Traduzione di Gregorio Sorgi)

2 Mi Piace

… e le “riforme” al voto per consegnare alle minoranze intransigenti un potere di veto anonimo nel PP? :wink:

Stiamo parlando dello stesso fenomeno che ho osservato in televisione ieri.. Gli studenti non stanno più a guardare come le persone, che presentano opinioni divisive ed intolleranti, provenienti dalla Rete, possano promuoverle liberamente ed in questo modo aumentarne l’accettazione.

Non dobbiamo arrivare al punto che la libertà d’espressione significa tollerare l’intolleranza. Cito le nostre linee guida a riguardo:

La libertà di espressione è un valore fondamentale nella democrazia, la si protegge prima di tutto per i cittadini fuori da qualsiasi soggetto politico, mentre all’interno la si difende garantendo che ognuno abbia la possibilità di contribuire in modo civile, utilizzando argomentazioni ragionevoli, senza che altri soffochino il suo spazio, denigrino le sue proposte o le seppelliscano in polemica infondata. La libertà di espressione deve essere libertà di pensiero, non di manipolazione.(2) Concedere spazio alle polemiche e sopportarle guasta l’equilibrio di intervento in un dibattito democratico. Intervenire contro di esse non è censura, bensì protezione dell’ambiente lavorativo.(3)

Non è democratico tollerare l’intolleranza. La libertà di espressione termina dove confina con i diritti e la dignità del prossimo e del progetto comune. Questo testo tratta della creazione di meccanismi che proteggono effettivamente il diritto alla libertà di espressione e, ancor di più, la dignità dei partecipanti.

Finché l’Internet non difende la libertà d’espressione, bensì la libertà di manipolare, comprendo che chiunque osserva questi malsani sviluppi cerchi modi per limitarne i danni, facilmente ricadendo in misure liberticide.

La posizione del Partito Pirata a riguardo dovrebbe essere questa:

  • Promuovere l’idea di una vera libertà d’espressione, non una demagogica;
  • Realizzare ObCrypto, dato che solo una Rete che impedisce by design la manipolazione psicologica offre una vera libertà d’espressione;
  • Realizzare le linee guida di convivenza negli ambiti digitali, affinché non si debba mai avere paura di esprimersi.
1 Mi Piace

La novità preoccupante è che i giovani siano diventati più intolleranti verso la libertà di stampa…se si aggiunge a questo il nuovo potere dei Potenti che è la manipolazione delle opinioni attraverso internet o la sua censura, più efficace se parziale, perché non viene percepita dalla maggior parte della popolazione, credo che occorra cominciare a riflettere forse su questa strana reazione…perché è come se un conformismo bullo sia quasi la “ribellione” delle nuove generazioni…

ecco @lynX ad una prima lettura mi era sembrata convincente questa tua frase ma riflettendo mi sono resa conto che tu stai attribuendo allo strumento “internet” dei poteri che non ha e non potrà mai avere perché…è solo uno strumento in mano al potere.
Quindi è il potere il problema non lo strumento che, invece, può essere utilizzato bene o mane a seconda delle finalità che si vogliono raggiungere.
Forse questo comportamento aggressivo, bullo, intollerante delle nuove generazioni nei confronti di chi ha opinioni diverse è anche il risultato di un tentativo di manipolazione anche da parte di chi vuole arginare gli abusi del potere… se lo strumento internet viene usato esattamente come lo usa il potere non si nota la differenza… Non so…rifletto…

Questa filosofia è stata portata avanti dai tecnici per decenni… ma è sbagliata… il codice contiene politica… i protocolli contengono politica… se sono triviali da manipolare, spalancano i portoni anche alla manipolazione delle persone. Per questo la proposta ObCrypto impone alla tecnologia di non essere manipolabile, introducendo un catalogo di capacità che i protocolli di rete devono garantire affinché possano essere la nuova Internet in Europa.

Guarda, io ci vivo in mezzo a queste nuove generazioni… alle nuove femministe che non sono più disposte che i sciovinisti abbiano via libera di dire quello che gli pare in Internet, perché le conseguenze dopo le sentiranno sulla loro pelle: se certe espressioni sono sdoganate in Rete si troveranno anche quelli che le metteranno in pratica. Altrettanto i giovani attivisti nel campo dell’accoglienza dei refugee. Diventano intolleranti verso i razzismi in Rete perché sembrano legittimare comportamenti fisici.

La difesa radicale ed ideologica di una libertà d’espressione indifferenziata ha conseguenze fisiche nel mondo reale.

Facebook è responsabile per i genocidi in Myanmar, avvenuti proprio grazie alla libertà d’espressione sul social network.

Dobbiamo creare condizioni di convivenza, nelle quali le persone sono responsabilizzate delle cose che dicono. Le linee guida andrebbero applicate all’intera Rete. E la Rete stessa deve impedire che terzi possano radicalizzare le persone al idiotico scopo di fargli spendere più tempo sulla piattaforma e lucrarci sopra. Ma ti rendi conto che stiamo creando genocidi affinché la gente veda più pubblicità?