Qualcuno è in grado di spiegare in termini semplici questa roba? https://blog.p2pfoundation.net/swarm-redistribution-live-experiment-decentralized-basic-income-swarm-grow-taxes/2017/01/04
Appena arrivo a casa me lo leggo
Figo! Una percentuale del valore di ogni transazione (tassa) ridistribuito tra i nodi del sistema. Da studiare assolutamente!
Funziona solamente se qualcuno ha l’autorità di fare rispettare le regole dello sciame – vedi Ostrom. Se stabilisci un’associazione o società d’assicurazione alla quale tutti partecipano, dal momento che uno diventa ricco e non gli conviene partecipare – esce. In pratica i ricchi evadono e resta un branco di nullatenenti sostenuti da qualche idealista del medio ceto. Perciò sono una balla anche tutti i modelli che utilizzano la blockchain. Non puoi imporre la partecipazione, e perciò non funziona.
1) Non può il comportamento di una parte regolamentare gli squilibri di un insieme molto più grande e molto più incisivo
Tassare le transazioni presuppone degli scambi commerciali, i quali principalmente stabiliscono chi vende di più e chi principalmente compra e basta. Questo significa che una tale moltitudine (sciame) esiste come sovrastruttura o gruppo dipendente da un sistema economico che sappiamo esser già molto squilibrato.
Se non è lo Stato che interviene sul sistema principale squilibrato, quello secondario facoltativo - da cui si entra o si esce in base alla propria convenienza, come detto da lynX - non ha alcuna possibilità logica di porre rimedio agli squilibri che oggi alimentano la crisi (è uno degli aspetti della crisi e ce ne sono altri) e che creano malcontento sociale.
In altre parole, non possono i “relativamente poveri” fare una colletta e ridistribuirla per risolvere la loro “povertà”. Né hanno il monopolio della moneta (di una moneta legata ad un’economia regolamentata da uno Stato, altrimenti sarà sempre una moneta dipendente da strutture pre-esistenti che erediterà gli attuali squilibri) e non possono quindi creare denaro per sé che risulti accettabile agli occhi di sistemi diversi.
2) Si parte sempre da un’economia esistente, una moneta si aggancia a delle attività esistenti, da sola non crea nulla (né prodotti, né ricchezza)
Lo SCEC (e mille varianti) sono di fatto “banali” sconti e necessitano di aziende che producono e vendono qualcosa e che accettano quella “moneta sconto”, altrimenti questa non può nascere.
Il Sardex è una moneta baratto; quest’ultimo ha senso tra aziende che costantemente si scambiano prodotti e servizi tra loro, col fine di produrre altro (prodotto finale) che verrà poi venduto sul mercato rivolto al cittadino.
C’è sempre un’ economia esistente o degli scambi commerciali che fanno nascere la possibilità di dar valore ad un mezzo per veicolare valori (cioè una moneta o anche qualche forma più creativa).
Se nuove valute - anche se gli applichiamo tasse - come BitCoin, moltitudini decentralizzate che versano qualcosa, Taler, Ether, ecc. vengono create, queste nascono SENZA un’economia esistente dietro e quindi devono agganciarsi ad un’economia pre-esistente. Droga, armi, evasione fiscale, sono purtroppo i principali candidati di cui BitCoin può vivere. Sardex si aggancia agli scambi tra aziende locali (e i cittadini non produttori non partecipano con questa moneta). Le monete sconto (o le carte fedeltà che danno sconti all’interno di una catena di negozi - sono la stessa cosa) hanno bisogno di un insieme di negozi che vendono qualcosa. Insomma, bisogna sempre vedere a cosa si aggancia una moneta con il suo sistema di tassazione.
Conclusione
Ragionare su una valuta in senso astratto è praticamente inutile. Ragionare su un sistema finanziario e dunque anche di imposte fiscali - facilitati per contrasto dalle storture di quello attuale - ha senso. Però, una volta concepito un tale sistema che una qualche valuta deve adottare (potrebbe essere l’euro, il dollaro, il taler… poco importa) è lo Stato che deve imporre alla sua economia interna e agli scambi commerciali con l’esterno tale nuovo sistema. Questa imposizione, da cui deriva lo stesso nome di “imposta fiscale”, è ciò che dà senso ed esistenza allo Stato. Non esiste soluzione per l’economia e la finanza se non è lo Stato (o gli Stati) ad applicarla.
Se proprio vogliamo scavare a fondo in queste possibilità, anziché pensare a nuove monete, bisogna chiedersi: può nascere uno Stato dentro uno Stato? può nascere uno Stato in Rete? può nascere uno Stato dislocato? Le risposte non penso siano del tutto ovvie, anche se alla prima domanda mi viene in mente una spaccatura interna (come storicamente è accaduto tante volte), ma questo non è abbastanza significativo. Le ultime due (che centrano il nocciolo della questione) temo che non siano fattibili, al massimo possiamo decentralizzare il cervello (per esempio con blockchain), ma poi mancano “braccia e gambe” per eseguire ogni cosa, nonché manca ogni possibilità di imporre qualcosa. Insomma, continuerebbero a mancare caratteristiche essenziali per poter parlare di Stato.
Per quello che ho capito di quel documento è che si va cercando sistemi che si auto sostengono e crescono attraverso una redistribuzione parziale del valore che veicolano. Quella redistribuzione è l’incentivo affinchè sempre più persone aderiscano volontariamente al sistema. Dal mio punto di vista (e se non ho capito male) mi sembra un approccio fortemente libertariano. Però, però, Sylvan coglie un aspetto molto interessante della questione relativo alla capacità di questi sistemi di creare reti organizzate, ovvero “può nascere uno stato dentro lo stato”? Alle radici della storia del movimento operaio troviamo le casse di mutuo soccorso ovvero il mutualismo come forma di autorganizzazione dentro la società. Negare la portata di quel fenomeno che condizionerà pesantemente tutta la storia del 900 non è possibile, Allora questi fenomeni possono rappresentare una forma concreta di “esodo” (per dirla alla Negri) dai meccanismi a senso unico di una società neoliberista? Sono queste le tecnologie in grado di creare nuove forme di mutualismo?
Ne esistono a centinaia, nel mondo: sono gli Stati federali (gli Stati Uniti, il Messico, il Brasile e molti altri paesi latino-americani). C’è un livello centrale e poi una serie di “sotto-Stati”, con autonomia più o meno ampia in svariate materie. (possono esserci regole anche molto diverse in svariati ambiti (diritti civili, pena di morte etc.)). Che poi utilizzino la stessa moneta e non apprezzino più di tanto quelle complementari è un fatto di indirizzo ideologico (non è che ci sia una spiccata sensibilità per il km0 o simili), ma non credo avverrebbero cataclismi se ogni Stato -parallelamente al dollaro- introducesse altre valute.
Per non parlare -sempre negli USA- dei villaggi mormoni (o in generale di quelle sette che rifiutano qualunque tecnologia).
Volendo estremizzare, anche la mafia è uno “Stato dentro lo Stato”. Autoritario e mostruosamente ingiusto, ma indubbiamente efficace (assicura l’ordine attraverso la forza, assicura protezione agli affiliati in vari modi -es. sostentando i familiari dei carcerati- ha una struttura gerarchica ben precisa. etc.).
Ho trovato questo articolo sul mutualismo in un sito nato a sostegno del pensiero di sinistra - che si riconosce si sta estinguendo a favore degli interessi dell’1% dei potenti della Terra - Credono in una rivoluzione basata sulla cultura e proiettata nel lungo periodo.
L’articolo è un’intervista ad una storica delle culture politiche e dei movimenti sociali (Maria Grazia Meriggi). Si espone il fatto che al mutualismo (inizialmente contrastato dallo Stato, perché effettivamente è come avere un “sotto Stato” che cerca di “staccarsi” - almeno in parte - dal sovra Stato) è nato per la sofferenza sociale di fronte a malattia non pagata, maternità non pagata, funerali imprevisti, ecc. Praticamente un assente o cattivo welfare ha portato al mutuo soccorso di una classe, quella operaia.
C’era anche una forma di lotta, per esempio, gli scioperi potevano essere pagati e questo era illegale (carcere o requisizione di fondi erano possibili conseguenze). Quindi oltre ad aiutarsi tra loro, potevano anche fare una lotta di classe contro gli interessi di un’altra classe sociale e questo è il passaggio che è avvenuto nel corso della storia fino ad arrivare alla Resistenza, per esempio, in Italia.
Il primo aspetto importante della vicenda è che non è bastato il mutuo soccorso, ma anche la lotta di classe. Sono due aspetti che si sono accompagnati per arrivare ad un cambiamento sociale. Non è chiaro quale dei due aspetti abbia prevalso in vista del cambiamento.
Fatto sta, che un primo limite di questo mutuo soccorso è che non c’era modo di pagarsi le pensioni e quindi si è stati costretti a chiedere allo Stato di farsi carico di questo impegno.
Inoltre, secondo limite, aggiungo che se hanno potuto far qualcosa è perché ricevevano uno stipendio dalle aziende per cui lavoravano. Quindi c’è un rapporto di dipendenza che limita molto un’autonomia in termini di “Stato dentro lo Stato”, e ci sono dei soldi da guadagnare in qualche modo in un sistema (con cui magari si è in lotta) per farci cose limitate ed occasionali.
Cito un punto cruciale per la nostra discussione:
oggi sembra invece che le organizzazione di self-help siano di per sé delle forme di superamento dei rapporti capitalistici […] le sconfitte politiche hanno contratto lo spazio del welfare pubblico, perché l’interesse dei grandi gruppi finanziari è di vendere sul mercato quello che un tempo era affidato alla mediazione statale. Scambiare la necessità di affrontare questa dura condizione per uno spazio libero dai rapporti capitalistici mi sembra francamente ideologico.
Riporta anche il caso del movimento operaio francese, tra i più diffidenti nei confronti dello Stato, ma da alcune dichiarazioni pubbliche emerge evidente che dello Stato non si può fare a meno e bisogna trovare un accordo ("[…] noi invece vogliamo semplicemente che lo stato ci metta di più, bisogna chiedere molto per ottenere un po’"). Insomma, se questi potevano avere autonomia non ci avrebbero pensato due volte. Quindi bisogna prendere atto dei limiti di un movimento che nasce internamente ad un sistema più grande dal quale si dipende.
Secondo questa storica, esperta in questo tipo di dinamiche:
“il mutualismo e la cooperazione […] non possono essere pensate illusoriamente come forme di superamento dei duri rapporti di forza. Queste letture si sono sempre rivelate ideologiche. […] Tutto ciò che agisce dentro i rapporti capitalistici ne fa parte”.
Conclude inoltre che:
“[forme contemporanee di mutualismo] Questa autonomia, se vuole essere spesa per modificare i rapporti di forza, un obiettivo politico generale se lo deve dare. […] Non credo che sia più possibile affrontare la questione solo sul piano nazionale, perché i problemi economici e del mercato del lavoro sono perlomeno europei. Io sono quindi assolutamente contraria a tutte le forme del cosiddetto “sovranismo di sinistra”. Però non si può contare solo sulla rete di un arcipelago di isole liberate. Credo che il problema del coordinamento politico non possa essere eluso, anche se oggi è problematico.”
Quanto ho letto è del tutto in linea e conferma i punti 1 e 2 del mio precedente post. Non avevo una conoscenza storica di questi fenomeni, ci ho ragionato in modo logico. Riguardo le conclusioni quanto meno c’è quella della “convergenza politica”, una moltitudine dislocata può maturare insieme una propria idea di Stato e poi unire gli sforzi in un partito politico e portarli alla maggioranza. È veramente dura, ma non vedo alternativa, forse l’alternativa diventa la lotta (come storicamente è successo) ma è sempre finalizzata a “pretendere” qualcosa dal sistema da cui di fatto di dipende (ma ci vuole ancora una volta unità di intenti).
@Exekias gli esempi di Federalismo non cambiano minimamente il quadro: c’è un territorio, una popolazione che vive nel territorio ed insieme hanno lo Stato che garantisce il rispetto della legge ed ha una politica economia.
L’unione monetaria è una questione diversa. Qui si diceva se una nuova valuta che nasce dislocata e senza uno Stato può ottenere qualcosa o meno rispetto ad un sistema in cui si è in lotta o comunque è squilibrato e lo si vorrebbe riequilibrare, dato che da quel sistema (purtroppo o per fortuna) si dipende.
I villaggi dei mormoni sono un micro stato, rifiutano la tecnologia, ma hanno rapporti commerciali con l’esterno, se togliessimo quei rapporti non credo potrebbero esistere quelle comunità, almeno per come sono ora. In ogni caso, c’è sempre un micro stato di riferimento di cui tutti fanno parte e, quando viene data la possibilità di andare via, se non vogliono tornare non potranno tornare mai più. Se ci fosse un libero “entra esci” si sarebbe col tempo trasformata quella realtà.
In relazione a simili villaggi si potrebbe contattare gente sulla Rete, incontrarsi, valutare rapporti di affinità di vedute, magari decidere di andare in un piccolo Comune semi-abbandonato di Italia ed iniziare a pensare che cosa si potrebbe produrre lì od offrire come servizio per guadagnare euro e coprire quei bisogni (che sicuramente ci saranno, perché ci sono sempre, anche nella Comunità degli Elfi in Toscana che vendono pizze biologiche e qualcos’altro) che da soli non si è in grado di soddisfare.
Poi - ammesso che serve (non conosco nessun caso) - uno può inventare la moneta che gli pare da agganciare a questa economia che comunque avrà sempre bisogno di una contenuta quantità di euro.
Riguardo la Mafia è solo un gruppo di potere che dipende dallo Stato, di cui ha bisogno per corromperlo e prendere soldi, ha bisogno che la gente paghi il pizzo (il quale deriva indirettamente dal nostro Stato), ha bisogno ogni tanto di distruggere qualcosa che funziona per giustificare la necessità di una sua “ricostruzione”, ecc. Insomma, è fondamentalmente un parassita e come tutti i parassiti non ha affatto autonomia (non in senso finanziario, commerciale, territoriale, non in senso statale insomma).
@Exekias ti faccio questa domanda, supponiamo di aver inventato la moneta che preferiamo con il desiderato sistema finanziario (come immettere liquidità, che imposte darsi, ecc.): quale insieme di attività produttive o commerciali ci vogliamo gestire? Questo tipo di domanda (necessaria) io credo fa capire esattamente qual è il vero tipo di problema che abbiamo di fronte.
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