Tecnocontrollo e sorveglianza al disservizio della democrazia

Gli ideatori della democrazia del 18° secolo sarebbero rimasti inorriditi della situazione odierna. La segretezza delle comunicazioni non doveva essere solamente un diritto civile bensì un obbligo in quanto durante l’assolutismo di qualche re despotistico solo con la necessaria segretezza si poteva sviluppare un nuovo pensiero democratico, fuori dal raggio d’azione del governo che altrimenti avrebbe potuto intervenire in modi devastanti ma all’apparenza poco invasivi come dimostrò la Stasi ed ora si ripete nei programmi JTRIG e KARMA POLICE del GCHQ.

Permettere la sorveglianza, che sia del proprio governo o di altre forze nazionali o commerciali capaci di manipolare le opinioni pubbliche di questo paese, significa abbandonare un concetto fondamentale della democrazia: la capacità della politica di rinnovarsi per davvero, e di riflettere veramente gli interessi della popolazione.

Quattro grandi pensatori della rete, Appelbaum, Assange, Müller-Maguhn e Zimmermann, in una conversazione antecedente le pubblicazioni di Snowden, già conclusero che l’Internet è la più grande sfida alla democrazia esistente, mettendo in pericolo anche la nostra capacità di influire in qualsiasi altro campo politico. Il datagate poi ha dimostrato quanto avevano ragione.

Testo approvato.