Nella giornata odierna Fabio Chiusi ha pubblicato su FB questo post, secondo me interessante.
Ieri, dopo il post critico che avevo scritto sulla libertà indiscriminata dei leader politici di insultare e spargere odio, intolleranza e qualunque tipo di violenza verbale (Redirecting...), ho scoperto che uno dei suddetti sdoganatori del liquame linguistico — Matteo Salvini — ha deciso di confermare esattamente quanto dicevo, bloccandomi da Twitter e impedendomi di commentare la sua pagina Facebook.
Lo avevo incalzato, deriso, criticato. Niente che sia intollerabile in democrazia. Ma per lui o il suo eccellentissimo staff — magnificato ai quattro venti come una selva di guru Bestiali, quando a me sembrano solo degli abili rimestatori della merda comunicativa e delle scorie che questo sistema dell’informazione produce a iosa — no: loro hanno diritto di fare la più becera propaganda, senza subire alcuna conseguenza dai gestori dei social media, perché trattasi di personaggio pubblico e di carica istituzionale, e dunque ogni orrore è “notiziabile” e deve restare online; io invece non ho il diritto di criticarla: loro, i Grandi Difensori della Libera Rete (Salvini la difende ipoteticamente da tempo per continuare a godere, appunto, del diritto di disintermediare la propaganda), possono impedirmelo.
Ora, la situazione è grottesca, tragicomica. Io non posso esprimergli una critica diretta, immediata, visibile a tutti, sui mezzi — i social media — che loro invece possono usare per deridere e censurare chi li critica. Il tutto mentre naturalmente li glorificano ipocritamente come luoghi di ascolto della “gente”, del “popolo” tutto, di comunicazione “paritaria” con ciascuno di voi: “amici”, scrive il Censore ex Padano folgorato sulla via della Presidenza del Consiglio dal nazionalismo di destra.
“Amici” un cazzo. “Amico” è chi la pensa come lui. Gli altri si possono dare in pasto al branco. E rimuovere dal novero di chi può interagire, avere diritto di parola.
Insomma, coerente col modello putiniano-orbaniano di questo finto uomo del popolo, che in realtà — lo scrive oggi Bottura su Repubblica rispetto a Fedriga e alla vergognosa rimozione dello striscione per Regeni, ma vale identico — ha a cuore solo i “suoi”, solo il consenso, a ogni costo.
So bene che la questione non riguarda solo me (un breve sondaggio su Twitter me lo conferma: i bloccati sono tantissimi). E so bene che non riguarda solo i social media (qui c’è un disastro politico e comunicativo da superare, un mondo intero da ricostruire da zero o quasi).
Eppure davvero colgo l’occasione per due domande:
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È lecito per una carica istituzionale bloccare utenti che lo criticano? Attenzione, non parliamo di chi diffama o minaccia: di chi critica. Trump per esempio non può più farlo. Che sia il caso di chiedere che sia così anche in Italia? Troppo comodo insultare tutti e poi bloccare chi risponde, no?
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Per l’ennesima volta: quand’è che i gestori delle piattaforme cominciano a interessarsi dei problemi sollevati dagli abusi delle loro piattaforme da parte di leader politici? Trump ore fa è stato a un passo dal dichiarare guerra all’Iran su Twitter.
Tutto normale?
Non lo sembra affatto. Come scrive Bruno Saetta su Valigia Blu: “un funzionario pubblico che blocca un cittadino sui social media impedendogli di criticare il suo operato, viola la libertà di espressione, costituzionalmente tutelata anche in Italia.”
(Un politico può “bloccare” i cittadini sui social media? – Valigia Blu)
Io voglio il diritto di criticare chi mi governa, anche sui social media, e anche se a lui non vado a genio.
Riusciamo a garantire questo basilare diritto dei cittadini — non solo dei giornalisti: dei cittadini — oppure perfino questo è in discussione?