Una proposta pirata di riforma dell'Università (in 4 punti)

La recente uscita di Grasso sull’abolizione delle tasse universitarie mi pare un esempio lampante di come il PP potrebbe porsi come alternativa valida ad una sinistra che vorrebbe fixare i problemi della società odierna, ma cerca di farlo con mezzi antidiluviani.

I problemi

  1. L’accesso all’Università sta diventando un privilegio. Essere uno studente fuori sede è sempre più difficile, prima di tutto a livello economico. Peraltro, in Italia c’è il consueto divario Sud-Nord, per cui è normale trovare al nord studenti meridionali, mentre il contrario è molto più raro.

  2. La qualità dell’offerta formativa MI PARE diminuita assai, il che è la logica conseguenza di anni di tagli e conseguenti accorpamenti di corsi di laurea. (Un aneddoto personale. Mi capitò, ai tempi in cui ero studente, di confrontare il programma d’esame mio con quello di colleghi archeologi che avevano qualche annetto più di me ed avevano studiato prima del c.d. nuovo ordinamento. Imparagonabili. Avevano un programma d’esame vastissimo, in confronto al quale il mio era cosa risibile. Immagino che la cosa sia vera anche in altre facoltà). Inutile dire che anche questo contribuisce a complicare la possibilità di trovare un lavoro: dal punto di vista di un’azienda, la laurea non è più garanzia di competenza sufficiente all’inserimento nel mondo lavorativo. Perciò prolificano i Master, i corsi post-laurea etc., che altro non fanno che integrare quella formazione che, anni addietro, era garantita dalla laurea stessa. In conseguenza dei problemi 1 e 2, negli ultimi anni il numero di immatricolazioni è crollato (46.000 persone in meno dal 2005 al 2015). L’Italia ha una delle più basse percentuali di laureati tra i Paesi Europei (19%), il che ovviamente non facilita la ricerca di un lavoro (nonostante tutto, tra i laureati l’occupazione è più alta che tra i non laureati). Inoltre, in uno scenario futuro in cui l’unico modo per trovare lavoro sarà di crearsene uno, e in cui anche per lavorare bisognerà avere molte “skills”, un livello basso di istruzione medio non è auspicabile (oltre a non essere auspicabile in generale).

  3. Amministrazione delle Università. Non credo serva linkare tutti i casi di concorsi truccati ed episodi di clientelismo e strapotere baronale per ricordare in che situazione siamo. Negli atenei il corpo docente gode di un potere politico amministrativo pressoché totale. Gli studenti hanno diritto ad una rappresentanza pressoché simbolica negli organi decisionali (2-3 per mille), e anche per l’elezione del Rettore i docenti votano con 1 voto= 1 testa, gli studenti no. Logico quindi che si creino le baronie, la corruzione etc.

  4. Gli atenei sono luoghi chiusi. La conoscenza lì “prodotta” (ricerche, tesi di laurea etc.) resta fondamentalmente confinata nelle 4 mura, e consultabile pressoché ai soli iscritti.

Le (possibili) soluzioni (pirata)

1. Università pubbliche telematiche by default

Finora il concetto di “garantire l’accesso all’Università” si è sempre inteso come “alloggi studenteschi, borse di studio” etc. Il che può andar bene, ma non sarebbe più semplice evitare alla gente di doversi spostare? Perché, cioè, non facilitare la carriera universitaria interamente online e a distanza? Iscrizione tramite SPID, esami fatti in video-conferenza, materiali didattici reperibili interamente sul sito dell’ateneo. Le università telematiche esistono da anni, si tratterebbe di adattare quelle pubbliche.

2. Abolizione del 3+2 e del sistema dei CFU

Berlinguer era mosso da intenti nobili, ma non sempre questi portano ai risultati sperati. Se lo scopo delle lauree brevi era di dare una laurea a tutti, è evidente che in 3 anni impari meno cose che in 5, e con le lauree brevi (soprattutto in certe discipline) oggi è dura trovare un lavoro decente. Credo che sarebbe meglio tornare a bei corsi lunghi, dettagliati e con programmi d’esame belli grossi di una volta (quelli che nemmeno io ho mai fatto, tanto per esser chiari). A quel punto le lauree tornerebbero ad avere importanza nel mercato del lavoro, il che a sua volta invoglierebbe più gente a iscriversi all’Università etc.

3. Commissioni paritetiche, democrazia vera

Gli organi gestionali delle Università dovrebbero essere composti di rappresentanti in numero paritetico di docenti, studenti e ricercatori. L’elezione del Rettore dovrebbe avvenire dando agli studenti 1 voto= 1 testa.

4. Open access by default

Per i motivi che si spiegavano qui, in nome del principio che ciò che è fatto coi soldi pubblici deve essere pubblico, tutto il sapere che viene prodotto negli Atenei pubblici dovrebbe essere rilasciato con licenze libere.

ma come fai da solo a proporre una riforma dell’università? comunque su molti punti sono d’accordo con te.

però siamo ancora in due.