Abolire il suffragio universale, spingere per l'epistocrazia

L’epsitocrazia sarebbe una riforma classista, a netto svantaggio dei ceti più poveri e piu fragili, ceti che non trovando più uno sfogo nella partecipazione alla vita politica-democratica darebbero vita a strutture para-politiche fuori dalla logica del parlamentarismo,cosa già avvenuta anche in democrazia rappresentativa per alcuni soggetti politici, figuriamoci in sistema con l’episocrazia.

Una riforma in questo senso quindi dovrà presupporre un braccio di repressione di chiunque avrebbe la malsana idea di avere il diritto ad esprimere la sua idea votando. Al contempo chi scriverebbe i test? Sarà il caso di nominare dei saggi, che eleggono saggi, che scrivano il test, così da decidere chi può decidere al mio posto?

Non so voi,ma io da anarchico in un sistema che non ha niente di libertario, di anti-autoritario, sarei un bandito!

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…unita a appunto…

su questo potresti avere ragione, Murray Bookchin, di cui ho recentemente conosciuto molto bene la figlia Debbie quando con Martino Seniga c’è stata la presentazione dell’ultimo libro, è stato un pensatore molto efficace, ma purtroppo la scala degli esperimenti possibili di comunalismo è limitatissima. Sarebbe una prospettiva interessante ma è un particolare tipo di democrazia diretta che si svolge obbligatoriamente “de visu” e da quello che ho capito che quindi sostanzialmente impedirebbe l’espressione diretta del cittadino a livelli superiori di quello municipale. Non si potrebbe ad esempio votare per un governo nazionale se non per delega delle assemblee di comunità con una forma di mandato imperativo (com’è proprio nelle organizzazioni anarchiche), che però è una sostanziale riduzione di sovranità del cittadino e che in totale controtendenza rispetto alla libertà ideale ottenuta con gli strumenti tecnologici e in particolare Internet, verrebbe circoscritto alla sua comunità fisica di base (con tutti i guasti che questo comporta per la libertà individuale, e di converso vantaggi nell’ottica dell’ecologia sociale). Inoltre vale sempre la solita critica al mandato imperativo per cui con l’adozione di mezzi di comunicazione moderni (specie sulla base della profilazione) è sempre sostanzialmente più semplice manipolare ampie assemblee che pochi preparati “delegati” liberi di confrontarsi e agire di conseguenza. Il pensiero di Bookchin, che apprezzo moltissimo per l’acutezza e consiglio a tutti di leggere, prevede comunque un tale rivolgimento sociale e politico che mi sembra poco adattabile al momento storico anche se le esperienze come quelle in Rojava sembrano essere interessanti (ma non prive di difetti). quanto al rapporto con la comunità anarchica… vabbé ti lascio questo link che credo tratti bene le critiche contemporanee a Bookchin.

http://www.arivista.org/?nr=423&pag=87.htm

Ecco… questo è il punto. Possiamo rimanere nella democrazia rappresentativa, senza scomodare improbabili riforme costituzionali, e pretendere il superamento di questo problema prima di provare a fare una, poco probabile, battaglia per la democrazia diretta (o liquida o che) su cui abbiamo ancora molto da sperimentare?

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e continuate con il sostenere che le classi più povere sono quelle meno informate. Io concordo con @lynX quando vi fa notare che questo assunto non è vero: è una coincidenza non un una conseguenza diretta. La conseguenza deriva solo dalla mancanza di strumenti democratici legati all’esercizio di voto che esiste anche dove c’è una larga disponibilità economica. Il web è uno di questi strumenti che fornisce a chiunque, anche a chi non ha la possibilità di mettere insieme il pranzo con la cena (e so di cosa parlo), di accedere alla conoscenza ed ad una maggiore consapevolezza. Ma se non lo si utilizza, se si sceglie di utilizzare esclusivamente lo strumento della televisione italiana, poi si esercita il ruolo di elettore in maniera inconsapevole anche se si hanno soldi a palate. Quanto poi al fatto che i poveri non siano in grado di partecipare alla politica è una tua illazione che per me è facilmente contrastabile con l’esempio eclatante della battaglia sull’Isee dove persone povere, disabili ed oscurate dal mezzo televisivo sono riuscite ad organizzarsi vincendo ben due ricorsi contro il Governo Renzi obbligandolo a cambiare una legge. E questo è successo con QUESTO sistema di democrazia qua, non con un altro sistema! Più dimostrazione concreta del fatto che il problema a monte non riguarda la tipologia di democrazia ma la consapevolezza ed il saper utilizzare gli strumenti messi a disposizione di tutti non so che altro fornirti. A mio personalissimo giudizio è questa la maggiore battaglia che dovrebbe condurre su ogni campo un Partito Pirata: la consapevolezza che esistono degli strumenti democratici di partecipazione e reazione alle ingiustizie e la dimostrazione che il saperli utilizzare è il potere che può essere utilizzato da chiunque, anche da chi si trova in condizione di estremo svantaggio fisico e sociale.

Il Rojava è un esempio che avrei citato ma mi hai battuto sul tempo…:slightly_smiling_face:

In realtà dovremmo sintetizzare nuove forme di democrazia sulla spinta Bookchiniana, pensando al partito unire la DL al federalismo, in pratica la DL detta le linee politiche, ma è il “municipio” che decide come applicarle e come declinare, lo stesso meccanismo è applicabile ad un paese, a maggior ragione oggi che con l’entrata in scena della UE, la nazione ottocentesca ha ancora meno forza e quindi si potrebbe intanto iniziare a parlare di euro-regioni o di municipi europei

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So anche io di cosa che parlo, lavorando a contatto con molti migranti.

Girala come vuoi, ma l’epsitocrazia è una riforma autoritaria, e io sono un libertario e non tollero certe forme di controllo, di imposizione, il diritto di voto è stato pagato con un tributo di sangue e al massimo andrebbe implementato, aumentato e non il contrario.

La democrazia rappresentativa ha dei grossi problemi, ne abbiamo già parlato in motli altri thread, la Democrazia diretta ha dei limiti? Come sostiene @erdexe? Benissimo, sediamoci, studiamo e troviamo nuove forme di partecipazione, limitate magari dal federalismo, ma non è eliminando il voto, limitando la partecipazione che avremo una soluzione, avremo solo, e giustamente, una rivolta.

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Io credo che il problema di fondo di questa modalitá, sia la “credibilitá” del sistema che si usa per decidere chi ha diritto di voto o meno. Quanto piú il sistema é credibile, tanto piú il metodo é praticabile. Il problema é che la politica non é una cosa tecnica, é una cosa sociale e quando ti trovi sopra, nella piramide alimentare, fai molta difficoltá ad accettare che i tuoi familiari devono stare sotto perché non meritevoli, e per forza di cose, si creerá una casta che protegge i suoi propri personali interessi e giustifica la sua esistenza in nome di uno scientismo che forse due secoli prima era scienza. Io non credo che uno degli immigrati nei campi di pomodori di Foggia esprimerebbe un voto meno maturo di un intellettuale cresciuto all’ombra di Massimo Cacciari o di un fisico prediletto da Rubbia. Secondo me, il fatto che le persone si facciano pilotare dai social, non puó essere combattuto con una restrizione del voto, anzi, sono convinto che restringendo il voto si imposterebbe la storia della propria popolazione nella direzione della creazione di una nuova aristocrazia.

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È una prospettiva interessante, ma anche probabilmente impossibile.

La sostanza del pensiero di Bookchin non riguarda gli aspetti “regolamentari” della democrazia (diretta) in quanto tale ma piuttosto il raggiungimento di una società basata sull’ecologia sociale. Il credo fondamentale è che non esiste democrazia senza comunità e non esiste comunità senza spazio in comune quindi sono sostanzialmente bandite forme di intermediazione interpersonale. In quello che viene chiamato municipalismo libertario la tecnologia (che rispetto ad altre tendenze anarchiche non è completamente demonizzata) non può assolvere un ruolo nella costruzione di comunità d’intenti, che restano sempre e comunque geograficamente coese. La democrazia diretta viene scelta solo perché è “a dimensione” del mondo del municipalismo libertario, cambiando scala andrebbe forse messa in discussione.

Io sinceramente non saprei come comporre questo pensiero (che ha un fascino indiscusso) con il valore liberatore di Internet, che è alla base invece della riflessione pirata.

Come si dice in Toscana: poggi e buche non fan piani…

Secondo me è proprio qui la fallacia del pensiero di Bookchin, che non aveva capito appieno le possibilità della rete e della tecnologia su questo fronte, secondo me andrebbe riletto alla luce anche degli scritti post-marxisti di Abdullah Ocalan e dell’esperienza del Rojava. L’Europa storicamente ha una vocazione municipalista cosa già evidenziata da Bakunin, si tratta solo di unire questa sua vocazione con la tecnologia, e secondo me l’UE ci fornisce una buona base di partenza per la creazione dello spazio, che come sostenevi giustamente tu è rilevante,iniziamo intanto da questo, dal rivoltare la nazione come un calzino, smembrabdola creando istituzioni più vicine e controllabili dai cittadini, dall’altro verso il basso.

Come diceva Bakunin:"È ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile.

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mi hai frainteso, non sto assolutamente parlando di eliminare il diritto di voto! Ma sto, invece, proponendo esattamente questo: rivendicare un voto consapevole con tutte le armi a nostra disposizione, ivi inclusa la diffusione di consapevolezza che il voto in italia non è consapevole.

[quote=“ale, post:66, topic:2124”] Io non credo che uno degli immigrati nei campi di pomodori di Foggia esprimerebbe un voto meno maturo di un intellettuale cresciuto all’ombra di Massimo Cacciari o di un fisico prediletto da Rubbia [/quote] infatti non lo esprimerebbe! Mettere in condizione un immigrato di esprimere la sua consapevolezza politica equivale nel dargli strumenti di parola, ovvero di denuncia dello sfruttamento lavorativo, tanto per dirne una. E senza andare a situazioni estreme dare strumenti politici di partecipazione ai cittadini in condizione di estrema povertà e svantaggio sociale equivale nel renderli consapevoli che non sono quei migranti di prima responsabili del contesto estremo in cui vivono, ma sono, per esempio, una istituzione negligente e corrotta che gli impedisce di accedere a forme di sostegno e supporto previste da costituzioni e leggi inapplicate che rendono impossibile la fruizione del diritto all’istruzione, alla casa ed ad un lavoro decoroso. In un sistema democratico il voto è uno dei tanti strumenti per far politica, non è l’unico. Già solo rendere consapevole, attraverso l’esperienza diretta e non l’indottrinamento, una popolazione che utilizzare bene gli strumenti democratici si può incidere socialmente restituisce potere a chi è in svantaggio. Torno a parlare dell’esempio pratico della battaglia dell’Isee: il primo step è stata la denuncia dell’incostituzionalità della legge: lo spiegare nei dettagli come avrebbe inciso sulla vita pratica delle persone. Poi c’è stata la parte più laboriosa e diretta di organizzare un ricorso, un lavoro che ho fatto con un telefono, una mail, un blog e senza poter uscire di casa e totalmente oscurata da ogni media. Se sono riuscita io in queste condizioni chiunque lo può fare. Chiunque. Poi ovviamente c’è stato l’iter giudiziale, che è stato fatto con consapevolezza da alcuni legali in gamba e che credevano profondamente nel diritto all’uguaglianza. Ed alla fine c’è stato il tam tam sul web, anch’esso totalmente ignorato dalla televisione, ma che è stato sufficiente per costringere il Governo a cambiare la legge e quelle che erano all’epoca le opposizioni (sig!) a cavalcare la vittoria come ennesimo pretesto per dar contro la maggioranza. Voi avete idea di cosa potrebbe significare organizzare non un singolo episodio ma una moltitudini di episodi del genere su moltissime situazioni nella popolazione italiana? Immaginate il cambiamento radicale che avverrebbe nella gente quando sperimenta direttamente - la censura della tv - la censura, l’indifferenza e l’opportunismo dell’intera classe politica che ha votato per rappresentarla, il POTERE che, malgrado tutti, riesce a conquistare anche contro tutto questo sistema politico/istituzionale che gli da contro. Sarebbe una rivoluzione vera, una rivoluzione non violenta, una rivoluzione evolutiva.

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Quindi limitare il voto solo a chi passa un test (deciso da chi poi? Da me, da te, da Gandalf?) sarebbe creare consapevolezza? E chi è poi che decide chi deve decidere il test? Mica vorrai farlo scrivere a degli ignoranti?

Suvvia…

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ho fatto un’aggiunta sopra per spiegare meglio

Il voto in Italia non è consapevole, volutamente, per scelta politica. Cosi come il capitalismo manipola tramite la reificazione del bisogno, così la Democrazia rappresentativa, al pari di ogni autoritarismo si basa sull’ignoranza, e qundi questa viene incoraggiata, sia tramite i mass media (facciamoci un giro di reti TV) sia tramite il depotenziamento dell’istruzione. pensiamo solo all’introduzione dell’art. 62 del decreto delega della “buona scuola” che recita infatti che “le alunne e gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe della scuola secondaria di I grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”. Tradotto in parole povere: se un alunno presenta numerose insufficienze e non ha raggiunto pienamente gli obiettivi prefissati può essere promosso, tanto li raggiungerà sine die.

In pratica c’è una precisa volontà politica che pruomove tutto questo, l’epsitocrazia lasciala perdere.

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L’epsitocrazia ha un suo fascino, ma non la condivido perché se da un lato risolverebbe i problemi legati all"idiozia dilagante (Salvini al 38% né è la prova), da un altro non risolve l’altro problema, che è legato alla rappresentanza senza diritto di revoca, ovvero tutti quei problemi legati al lobbismo, corruzione ecc… Poi come dico sempre, io sono agnostico, e sono pronto a rivedere le mie teorie qualora se ne presentino di migliori, se hai delle letture da consigliarmi sull’argomento, non si sa mai.

scusa @Exekias però con sta epistocrazia dopo un po…

Ci sono dottori, avvocati, ingeneri, programmatori, architetti, professori ecc che votano partiti del ca…o, con questa epistocrazia non si risolve nulla…

Se poi hai dei numeri riguardo al fatto che la massa “acculturata” vota per i partiti “giusti”, sarei curioso di vederli. Sarebbero utilissimi per comprovare la tua teoria.

Non si tratta di votare per i partiti “giusti”, ma di avere certe idee su temi specifici. Brennan cita più di uno studio che dimostra come, al crescere del livello d’istruzione e indipenentemente da qualunque altra variabile (censo, sesso, religione etc.) i più acculturati tendono ad avere idee più progressiste.

Per l’Italia posso farti notare come hanno votato alle ultime europee gli italiani residenti all’estero (notare come il Partito Pirata abbia preso, in percentuale, quasi il doppio di quanto ha preso tra i residenti). Ora, ti chiederai: ma gli italiani residenti all’estero sono più “acculturati” di quelli rimasti in Italia? Beh, secondo i dati della Farnesina, tra i residenti all’estero

il 34,6% ha la licenza media, il 34,8% è diplomato e il 30% è laureato.

Mentre tra i residenti in Italia

Solo una persona su sei, fra quelle in età da lavoro, ha la laurea in Italia. E’ il secondo dato peggiore in Europa dopo la Romania. È quanto emerge dai dati di Eurostat sui livelli di istruzione nel 2017 secondo cui l’Italia avrebbe il primato negativo per uomini laureati con il 13,7% di coloro che hanno tra i 15 e i 64 anni. Nella fascia di età considerata le persone con la laurea sono in crescita, dal 15,7% del 2016 al 16,3%, ma ancora lontano dalla media europea (27,7%). Tra i 25 e i 34 anni risulta laureato il 26,4% delle persone contro il 38,8% nell’Unione. Per le donne la percentuale delle persone che ha una laurea nel cassetto sale al 18,9% delle persone tra i 15 e i 64 anni, dato peggiore in Ue (29,7% la media) dopo la Romania. Dal 2008 ad oggi le donne con la laurea in Italia hanno guadagnato 4,9 punti contro 7,8 della media Ue. La situazione migliora leggermente se si guarda alla fascia tra i 25 e i 34 anni, ovvero dei giovani che dovrebbero aver completato il loro percorso formativo, con l’Italia al 26,4% complessivo (dal 25,6% del 2016) anche se resta distante dal 38,8% medio europeo. Le donne alzano la media con il 32,9% in questa fascia di età che sono laureate (il 44% in Ue) mentre gli uomini arrancano e raggiungono il 19,9% (33,6% in Ue).

L’Italia ha ancora un’alta percentuale di persone con al massimo la licenza media: 41,1% tra i 15 e i 64 anni contro il 26,2% europeo. E la percentuale è ancora troppo alta tra i giovani con il 25,6 delle persone tra i 25 e i 34 anni che non ha frequentato (o non ha finito) la scuola secondaria superiore contro il 16,4% medio in Europa. Le donne sono comunque più scolarizzate anche nella fascia di età ancora giovane con il 22% che ha al massimo la licenza media a fronte del 29,1% tra i maschi.

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Già che ci sei @Exekias, mica hai anche un confronto fra le fasce di reddito dei due gruppi?

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in effetti questo non è un aspetto secondario.

Ah regà, mica so’ onniscente. Però c’è questo articolo che spiega come, a parità di qualifiche, un laureato italiano all’estero guadagni di più di uno che è rimasto in Patria. Posso supporre che il reddito medio dell’italiano all’estero sia più alto di quello italiano.

Ad ogni modo, ripeto, la differenza di reddito è un fattore secondario: un povero istruito tende ad essere più progressista di un ricco ignorante. Che poi i ricchi siano di solito i più istruiti perché il famoso “ascensore sociale” non funziona, beh, quella è un’altra storia.

Eh no @Exekias: è lo stesso popolo; è la stessa storia.

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