FaceBook: https://www.facebook.com/partitopirata/posts/10153782557769343 Twitter: https://twitter.com/partitopirata/status/665561175963394049
E anche questo passaggio de “La coscienza di un hacker” mi pare calzi drammaticamente a pennello
Noi esistiamo senza colore della pelle, senza nazionalità, senza pregiudizi religiosi… e ci chiamate criminali. Voi costruite bombe atomiche, voi provocate guerre, voi uccidete, ingannate e mentite e cercate di farci credere che è per il nostro bene, eppure siamo noi i criminali.
No, questa è una sonora cazzata.
Una cosa però non va dimenticata: non possiamo né tantomano dobbiamo essere pacifisti quando ci viene dichiarata guerra.
Chi non vede che siamo in guerra è oltremodo miope. Chi, appurato che siamo in guerra, non si vuol difendere è oltremodo coglione.
Si può essere pacifisti solo in tempo di pace: in tempo di guerra bisogna fare fuoco. Ed è quello che la Francia farà, con o senza di noi.
E farà bene a farlo.
PS: leggetevi l’ultimo romanzo di Houellebecq. E’ molto eloquente, oltre che un buon romanzo.
Scusa solibo, ma ho la faccia di un pacifista io? Ti sembro Saverio Tommasi?
Al di là del comunicato che è ok, questo secondo me è un buon punto ed è l’unico “core” per i pirati visto che la solidarietà ai Parigini per quanto successo mi pare scontata (mi trovo d’accordo con Storno). Al di là della retorica sulla democrazia, sulla pace e sulla necessità di sconfiggere la paura, al di là delle ragioni e delle innegabili responsabilità che le nostre società hanno per quanto sta accadendo, mi chiedo cosa succederebbe se all’attentato di Parigi ne seguisse un’altro a qualche giorno di distanza, idem in altre capitali Europee. Vorrei vedere la reazione delle persone di fronte al dilagare dell’ansia da insicurezza, l’isteria collettiva con la quale si invocheranno misure eccezionali, a danno della libertà, per garantire la sicurezza per sé e per le proprie famiglie. Siamo ad un passo dallo stato di polizia, in Francia già se ne vedono i primi effetti e questo è il frutto di una sola notte di terrore. D’altronde noi pirati dobbiamo confrontarci con la realtà delle cose, sarà difficile sostenere culturalmente la difesa della privacy e la riduzione del controllo personale di fronte ad una crescente paura di attentati. Probbailmente ci aspetta, in quanto movimento internazionale, la prova più dura dalla nostra nascita ad oggi.
Accidenti… mi pare di conoscere l’artista che ha sprayato quel elefante… small Paris.
Grazie a tutti per avere sfornato un testo… mi dispiace un po’ che non è passato per liquid.
Qualche pensiero a riguardo: – La sorveglianza totalitaria ha fallito: i servizi segreti non sono riusciti a prevedere ne fermare l’organizzazione sistematica di questi eventi. Perciò stiamo soffrendo un danno alla democrazia e alla libertà senza ottenere lo spesso promesso aumento di sicurezza. – Non si può abbandonare i principi fondamentali della democrazia nel tentativo di intercettare persone disposte a suicidarsi per arrecare un danno ad altri. Bisogna cercare vie diverse. Come fanno i capi manipolatori a recrutare idioti disposti a suicidarsi per incentivare la radicalizzazione delle popolazioni? Come si potrebbe intervenire in quel processo di reclutamento?
- Eliminare le ragioni per le quali il mondo occidentale giustamente viene criticato e gli individui diventano predisponibili per la radicalizzazione: 1.1 Ridistribuzione della prosperità, introduzione di un limite massimo dello diseguaglianza degli averi: Nessun essere umano deve possedere più di cento o mille volte quanto i più poveri del mondo. Implementazione pratica: Reddito di Esistenza. 1.2 Chiara priorizzazione dei diritti umani e dei valori etici al di sopra degli interessi del mercato globale, stop schiavizzazione della politica ai meccanismi economici – abbiamo bisogno di una politica che regoli i mercati e imponga valori etici quali la difesa dell’ambiente e la coesistenza sostenibile dell’umanità con la biosfera. 1.3 Massima difesa dei principi fondanti della democrazia: Introduzione (per legge) di tecnologie digitali resistenti alla sorveglianza e riduzione dei potenziali di corruzione della democrazia rappresentativa attraverso l’uso di democrazia liquida a larga partecipazione ed in modo vincolante.
- Studiare i meccanismi psicologici che rendono le persone indottrinabili e combatterli con migliore educazione a livello mondiale e migliori politiche ad aiutare le popolazioni a governarsi in modo etico e giusto.
– Accettare che finchè l’occidente non si muove nel risolvere questi problemi fondamentali ci saranno persone disposte a suicidarsi per ottenere risultati politici ed il modo come si sta tentando di aumentare la sicurezza oltre i limiti previsti dalla costituzione, cioè entrando in ambiti di carattere totalitario, si sta eseguendo esattamento quanto gli strateghi del terrore intendevano ottenere. Sarebbe assai più sano mantenere bene in mente la statistica per le quale è XXXX volte più probabile di morire in un incidente stradale che di essere tra le poche persone colpite da un attacco a scopo di creare terrore. Un giorno prima della strage di Parigi ce ne fu una a Beirut con simili numeri di vittime. Dobbiamo accettare che finchè non mettiamo il mondo e la politica apposto, il “terrorismo” resta con noi e sarà quotidiano. Sarebbe meglio parlarne altrettanto poco di quanto abbiamo parlato poco di Beirut. Come se a Beirut fosse meno grave che a Parigi. Parliamo piuttosto delle motivazioni. Immedesimiamoci in questi estremisti per lavorare alla radice del problema, non alle manifestazioni.
Gira e rigira arrivo sempre alle stesse conclusioni, ma non mi sembrano sbagliate e non mi sembra che si siano già sentite li fuori nei media e tra la gente. In pratica mi pare che abbiamo qualcosa da dire oltre ad un appello alla pace. C’è da fare un appello affinchè si ricostruisca una democrazia etica.
In francia già dopo gli attentati di gennaio spinsero sulla riduzione dei diritti e della privacy, e fu quindi approvata la “loi de renseignement” (che era in discussione dal 2014…gli attentati di gennaio dettero una spinta notevole), osteggiata fortemente dal partito pirata francese. Oggi tanti in rete criticano l’inefficacia di questa legge: il governo ha attuato una “sorveglianza di massa” (parole del Conseil national du numérique), ai cittadini sono stati tolti dei diritti, ma questo non ha impedito l’attentato di venerdì. Ora vedremo dove si spingeranno…
Dobbiamo ammettere che la cosiddetta “democrazia” è quanto mai fragile e debole se non la trasformiamo in una grande opzione politica a livello mondiale. Non possiamo pensare di globalizzare le economie localizzando i conflitti. Non è più così, non può più essere così. Gli inviti pieni di retorica alla forza, al coraggio, al non avere paura sono nauseanti. E quelli alla guerra sono semplicemente stupidi, come se lo stato attuale delle cose non fosse stato già sufficientemente alimentato proprio da quell’elmetto che l’occidente ha deciso di indossare appoggiando una causa sbagliata con menzogne orribili. Concordo con Storno, anch’io avrei scelto senza dubbi da che parte stare se fossi nato nel posto “sbagliato”. Cosa manca al dibattito adesso? Manca una opzione politica vera, una narrazione piena di fascino, contrariamente all’IS che ne ha una ben chiara, per quanto ci faccia orrore.
Sigh, così si dimostra che anche discourse non ha una usability ideale con la sua sintassi per le citazioni che permette di modificarne il contenuto… ho estratto le parole di storno dal mezzo delle mie:
Anche questa una possibilie interpretazione della realtà… eccetto che non è ragionevole assumere una cospirazione tra i poteri sorveglianti. Se ci limitiamo a considerarne uno solo o una “squadra” l’esito politico per i cittadini resta uguale: La sorveglianza non ci protegge e necessita essere distolta dal potere di distruggere la democrazia.
Ah… grazie… una prospettiva che per manipolazione mediatica mi era sfuggita. È vero, con il modo come certi paesi occidentali eseguono le loro attività “poliziesche” in modo bellico e decisamente contrarie ai principi di polizia (cioè soggetti a giudizio indipendente) produciamo tanta motivazione per eseguire atti del genere – e considerando l’impossibilità di battere tali paesi occidentali con gli stessi metodi bellici, non restano che quelli che abbiamo visto. In pratica il mio ragionamento di chiamare “idioti” i kamikaze sarebbe applicabile solo in un mondo migliore dove i paesi occidentali non avessero colpe.
Anche leggendo briganzia e trovandoci tutti d’accordo avrei un’idea, e la butto in assemblea…
Riporto il comunicato del PP Francese.
Si vis pacem, para pacem Si tu veux la paix, prépare la paix
Le 13 novembre, la lâcheté et le fanatisme ont ensanglanté les rues de Paris et notre indignation est immense. Nos pensées vont vers les victimes et leurs proches. Ces vies fauchées, brisées, rien ne nous les ramènera.
Mais à présent que faire ? Notre position tient en une phrase : Si tu veux la paix, prépare la paix.
Que l’on ne nous taxe pas d’angélisme - accusation à la mode. Sans doute faut-il détruire Daesh, pour la même raison qu’il est nécessaire de soigner les symptômes d’une maladie grave en même temps qu’on applique un traitement de fond. Mais ne nous y trompons pas : l’élimination du califat ne nous mettra pas plus en sécurité que celle de Ben Laden si un travail sérieux n’est pas entrepris pour guérir les véritables causes du drame.
Préparer la paix, ça signifie cesser d’encourager la guerre. Les gesticulations martiales des Valls, Sarkozy et autres Le Pen exacerbent les haines en même temps qu’elles occultent les vrais problèmes. Depuis des décennies, les puissances occidentales - la France en particulier - produisent et exportent d’immenses quantités de matériels militaires. Les armées engagées au Moyen-Orient ou en Afrique soutiennent des intérêts privés bien éloignés des objectifs affichés de défense des droits de l’homme et des démocraties. Ceci doit cesser. L’Occident, la France, doivent prendre d’urgence la voie de la solidarité, de la construction civile et du partage des richesses en faveur des biens communs.
Préparer la paix, ça signifie soutenir la liberté et non pas tenter de la réduire encore comme les acteurs du système s’y emploient, avec le même cynisme qui a prévalu en janvier. Les dizaines de lois liberticides votées ces dernières années ont encore fait la preuve de leur inefficacité. Plutôt que de s’abandonner au fantasme d’un contrôle de la population par des boites noires inutiles et coûteuses, l’Etat ferait mieux de miser sur un personnel plus nombreux et mieux formé, capable d’agir en protégeant ce qu’une démocratie a de plus précieux : la vie des citoyens et leurs libertés.
Préparer la paix, c’est combattre la violence. Violence à l’international contre des peuples plus vulnérables que les nôtres et soumis à des dictatures post-colonniales. Violence à l’intérieur de nos frontières, exercées contre les exclus du système, toujours plus nombreux, toujours plus marginalisés. Les criminels du 13 novembre doivent être mis hors d’état de nuire. Mais chaque citoyen doit s’interroger en toute conscience sur les rendez-vous manqués et les lâchetés géopolitiques de nos démocraties qui ont amené le monde dans la situation dramatique où on le voit.
Notre émotion est immense mais plus que jamais il nous faut garder la tête froide. En politique, comme en médecine, on n’accomplit rien si on n’a pas posé le bon diagnostic.
Trad. Italiana
ll 13 novembre, la codardia e il fanatismo hanno insanguinato le strade di Parigi e la nostra indignazione è immensa. I nostri pensieri vanno alle vittime e ai loro parenti. Queste vite spezzate, rotte, niente ce le riporterà.
Ma ora cosa fare? La nostra posizione in una frase: Se vuoi la pace, prepara la pace.
Che non ci accusino di buonismo - accusa alla moda. Senza dubbio dobbiamo distruggere Daesh, come quando è necessario trattare i sintomi di una grave malattia e allo stesso tempo si applica un trattamento di base. Ma non sbagliamoci: l’eliminazione del califfato non ci darà più sicurezza di quanto fatto con quella di Bin Laden, se un lavoro serio non è intrapreso per guarire le vere cause della tragedia.
Preparati per la pace, significa fermare l’incoraggiamento alla guerra. Gli atteggiamenti marziali di Valls, Sarkozy e Le Pen aggravano ulteriormente l’odio e allo stesso tempo oscurano i problemi reali. Per decenni, le potenze occidentali - in particolare la Francia - hanno prodotto ed esportato enormi quantità di materiale militare. Gli eserciti impegnati in Medio Oriente o in Africa difendono interessi privati lontani dagli obiettivi fissati per la difesa dei diritti umani e della democrazia. Questo deve finire. L’Occidente, la Francia, dovrebbe urgentemente prendere la via della solidarietà, della costruzione civile e della distribuzione della ricchezza in favore dei beni comuni.
Preparare per la pace significa sostenere la libertà e non cercare di ridurla ulteriormente come stanno cercando di fare gli attori del sistema, con lo stesso cinismo che ha prevalso nel mese di gennaio. Le decine di leggi liberticide approvate negli ultimi anni hanno ulteriormente dimostrato la loro inefficacia. Piuttosto che abbandonarsi alla fantasia di un controllo della popolazione attraverso delle scatole nere inutili e costose, lo Stato farebbe meglio a concentrarsi su un personale più numeroso e meglio addestrato in grado di agire e proteggere ciò che una democrazia ha di più prezioso: la vita dei cittadini e delle loro libertà.
Preparare la pace è combattere la violenza. La violenza internazionale contro dei popoli più vulnerabili del nostro e sottoposti a dittature post-coloniali. La violenza all’interno dei nostri confini, esercitata contro coloro che sono esclusi dal sistema, sempre più numerosi, sempre più emarginati. I criminali del 13 novembre devono essere messi in grado di non nuocere. Ma ogni cittadino deve riflettere con coscienza sui mancati accordi e sulla codardia geopolitica delle nostre democrazie che hanno portato il mondo alla situazione drammatica che noi vediamo.
La nostra emozione è enorme, ma più che mai dobbiamo mantenere il sangue freddo. In politica, come in medicina, non si risolve nulla se non abbiamo fatto la diagnosi giusta.
Il comunicato non è male però dimostra anche tutta la sua / nostra debolezza. E’ giusto, anche in questi momenti, cercare di mantenere il sangue freddo ma è del tutto evidente che nessuno, nemmeno i pirati francesi, hanno la più pallida idea di che cosa fare. Qui le opzioni sono due. O uscire dal medioriente, abbandonare gli enormi interessi che l’occidente coltiva in quelle zone e consentire che la guerra intestina all’islam per egemonizzarlo devasti tutta l’area, oppure decidere cosa e come intervenire nell’area, altre opzioni non sembrano essercene. Entrambe le opzioni vanno a toccare interessi enormi che ora tutti nascondono dietro la retorica patriottarda e una ipotetica guerra di religione.
Da buoni colonialisti quali sono stati i francesi (e gli americani), direi che ISIS spiana la strada alla spartizione totale del Medio Oriente. Con buona pace dei benpensanti.
E i punti che ho elencato in Attentato a Parigi ? Di quelli cosa pensi? Penso che sia ok per un partito in distante opposizione come il nostro di rispondere ad un problema immediato con una soluzione rivoluzionaria che mette in discussione l’intero apparato capitalista e la corruzione della democrazia. Appunto perchè legittimare qualsiasi intrallazzo intermediato significa inzozzarsi le mani con una situazione politica profondamente avversa ai nostri principi.
Vorrei che non si abbia l’impressione che anche i Pirati non hanno nulla di meglio da proporre. Vorrei che piuttosto si dica che le nostre proposte sono talmente radicali, che sono distanti da un consenso multilaterale in tempi immediati.
E a pensarci metterei in dubbio anche quello, perchè se l’intera popolazione umana potesse decidere la propria politica utilizzando qualcosa tipo la democrazia liquida, la vera vox populi non credo sarebbe tanto distante dal nostro programma democratico, economico ed esistenziale. I veri realisti siamo noi, ma è la corruzione dell’attuale democrazia stessa a non darci lo spazio di realizzare l’evoluzione umana che ci vorrebbe per fermare il male.
The drone program creates more terrorists than it kills. There was no Islamic State until we started bombing these states. The biggest threat we face in the region was born from our own policies.
Edward Snowden, http://fokus.dn.se/edward-snowden-english/
Mi è capitato di leggere questo articolo: http://www.informarexresistere.fr/2015/11/19/parigi-qualche-kamikaze-era-radiocomandato/ Al di là dei dettagli, se è vero che diversi terroristi esplodendo non sono riusciti a uccidere nessuno, di fatto suicidandosi ed alcuni senza nemmeno gridare “Allah è grande”, ripeto se è vero questo, allora la probabilità di una “messa in scena” aumenta notevolmente. Le persone effettivamente uccise è stato per opera di altre che hanno mostrato precisione professionale, una differenza enorme di tipologie di terroristi. Ho anche letto che l’indagine da parte dei giudici sul caso Charlie Hebdo è stata bloccata invocando il segreto militare (che cosa mai non dovrebbero sapere i cittadini?). La Francia che reagisce con decine di bombardamenti su Raqqa, come se questa sia davvero una soluzione e non irrazionale vendetta. Trovo questo quadro davvero anomalo…
Ho aggiunto qualche ulteriore fonte meno controversa qui: Attentato a Parigi
In realtà io avevo letto che i due terroristi che si sono fatti esplodere hanno ucciso una persona ognuno (il vicino più prossimo), oltre a diversi feriti. Il sito informarexresistere è un sito che riporta molto spesso bufale e complotti, quindi lo trovo sinceramente molto poco affidabile.
Per quanto io abbia rispetto di Snowden, questa è per molti versi imprecisa a mio parere e vado a spiegare il perché.
Premetto che questa è la mia opinione personale, che ho certo desunto da fonti, letture e rielaborato, ma comunque il frutto di una ricerca personale e quindi possibilmente soggetta a errori.
PEr iniziare, mi preme ricordare che stiamo parlando di due questioni diverse: da un lato abbiamo la questione geopolitica dello Stato Islamico, e più in generale del cosiddetto integralismo islamico, e del perché abbia guadagnato influenza, e dall’altro le motivazioni personali di chi sceglie di aderire all’idea del Califfato espressa dall’ISIS.
Per il momento lasciamo stare la prima questione, e cioè come sia successo che un’organizzazione come l’ISIS sia diventata un pericolo attuale per tutto il pianeta: in questo l’Occidente ha colpe immense - soprattuto nella scelta delle alleanze tattiche e strategiche - ma sarebbe un errore vedere a questo punto l’Occidente come un blocco monolitico: laddove il governo degli Stati Uniti sta perseverando nell’errore [1], il resto del mondo occidentale - Unione Europea in particolare - sta prendendo altre strade.
Passo ora al nocciolo del post: la seconda questione.
Mi è capitato di recente di visionare un breve video [2], presentato dal prof. Haroon Ullah, Foreign Policy professor all’Università di Georgetown e consigliere del Dipartimento di Stato USA, che ha confermato in buona parte i sospetti che avevo su chi decide di darsi al terrorismo di matrice islamica: non è la disperazione o la vendetta il motore primo di chi decide di diventare una bomba umana, ma, in un certo senso, la ricerca di un mondo più “giusto” (secondo la sua prospettiva). Avevo trovato anche un altro articolo, un’intervista, che illustrava molto bene la delusione contro le promesse infrante (specialmente dagli USA) sulla democratizzazione della Siria e sull’appoggio - mai pervenuto - alle primavere arabe, tutte fallite a eccezione di quella tunisina (e con qualche punto interrogativo per l’Egitto), ma non lo ritrovo più…
A me tutto questo ricorda molto da vicino la genesi degli Anni di Piombo italiani: delusi dal fallimento delle rivolte studentesche sessantottine, ci fu chi decise di imbracciare le armi, interpretando in modo estremista il concetto di rivoluzione socialista. Le similitudini non si fermano qui: come per il terrorismo di matrice islamica, anche quello portato avanti dalle varie Brigate Rosse, NAR, gruppuscoli di destra e di sinistra fu gonfiato da certi apparati più o meno statali e strumentalizzato da essi per i propri fini [3], ma l’interpretazione estremista, impermeabile a qualsiasi contatto esterno, era esistente anche prima, tanto più che Lenin vi si scagliò contro anni addietro [4], esattamente come esistevano ben prima le interpretazioni Salafite e Wahabite della Sunna, che non sono solo alla base del terrorismo, ma il Wahabismo in particolare, anche delle interpretazioni religiose di stato del grande alleato occidentale per eccellenza: l’Arabia Saudita. L’ennesima similitudine la trovo nell’astio che l’ISIS ha per gli eretici (Sunniti e Sciiti) che non condividono la sua dottrina, che mi ricorda la violenza che i brigatisti usarono contro il mio illustre concittadino, membro del PCI, Guido Rossa e contro chiunque osava mettere in discussione le loro tesi.
In conclusione, credo che questi eventi meritino di essere analizzati sotto una prospettiva molto aperta, sia dal punto di vista sociologico che geopolitico, perché le analisi potranno variare fortemente in vista dell’arrivo di nuovi dati. Come già a seguito della caduta del Muro di Berlino, sono convinto che ci troviamo in un momento storico in cui stanno cambiando gli assetti mondiali, in particolare del Medio Oriente. Qualsiasi cosa succeda, nei prossimi anni - o forse già nei prossimi mesi - a mio parere molto è destinato a cambiare in termini di alleanze, equilibri, tensioni e rotte commerciali.
Stiamo in campana, Pirati, se qualcuno ci dice “Ti auguro di vivere in tempi interessanti”, significa che ci sta maledicendo!
NOTE [1] http://www.difesaonline.it/mondo-militare/siria-monito-degli-iraniani-agli-usa-state-regalando-centinaia-di-missili-anticarro [2] https://www.youtube.com/watch?v=-IchGuL501U [3] https://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione_in_Italia [4] Lenin, L’estremismo, malattia infantile del Comunismo, in Lenin, Opere Scelte, Editori Riuniti, 1965
Sulle adesioni all’ISIS bisogna secondo me intanto distinguere quelle dei foreign fighters da quelle di chi vive nei paesi in cui il califfato agisce. Sui primi consiglio questo articolo, in cui si spiega che spesso, più che la convinzione religiosa, c’entra parecchio la rabbia dovuta al senso di esclusione ed emarginazione.
Sui secondi è invece assolutamente da vedere questo speciale di Piazzapulita, che spiega in dettaglio la propaganda a mezzo televisivo e cibernetico. In parte è una storia già vista; “l’occidente” s’immischia nella vita politica di un certo paese, non gradendo il dittatore locale e finanziando gli oppositori. I suddetti oppositori ringraziano, si armano e si organizzano, e una volta spodestato il tiranno fanculizzano l’occidente e cominciano a remargli contro, e a quel punto “l’Occidente” capisce di avere un problema più grosso di quello da cui era partito. Fu così per Saddam contro l’Iran, per i talebani contro l’Unione Sovietica, e ora per l’ISIS contro Assad.
L’ISIS però è riuscita ad andare oltre usando dei mezzi paradossalmente occidentali: la brandizzazione e la narrazione televisiva, a cui peraltro ha saputo unire anche un uso tremendamente efficace dei social media. La brandizzazione consiste nel fatto che ormai l’ISIS rivendica pressoché qualunque attentato accada nel mondo, e chi fa gli attentati del resto dichiara di farlo nel nome dell’ISIS, anche se magari non c’ha mai avuto nulla a che fare. Perché un conto è agire come lupi solitari, un conto è farlo per un’organizzazione che poi dopo morto ti additerà ad esempio da seguire a folle oceaniche. E poi appunto l’utilizzo impressionante dei media, vecchi e nuovi. I filmati girati con tecniche holliwoodiane, le riprese tipo videogiochi sparatutto, i filmati che sembrano reality show. E il lavaggio mediatico del cervello si rafforza anche con cose molto pragmatiche, tipo riparare gli acquedotti e le distribuzioni di generi alimentari e -once again- tecnologici. Non è difficile ingraziarsi gente affamata e povera; basta dar loro da mangiare e -magari- uno smartphone con cui vedere i video di propaganda. Hanno trovato la traduzione araba e moderna di quel panem et circenses di romana memoria. E se poi, oltre al panem e i circenses, dai anche un nemico da abbattere e un ideale per cui morire, condito dalla promessa di un paradiso fatto di dozzine di vergini tutte lì pronte che aspettano… Non so se sia vero che gli stiamo vendendo le armi in senso tradizionale (mitragliatori e pistole), ma di certo abbiamo inventato le armi mediatiche che adesso usano in maniera ahimè così efficace.
In realtà io avevo letto che i due terroristi che si sono fatti esplodere hanno ucciso una persona ognuno (il vicino più prossimo), oltre a diversi feriti. Il sito informarexresistere è un sito che riporta molto spesso bufale e complotti, quindi lo trovo sinceramente molto poco affidabile.
Ho cercato informazioni migliori su questo articolo http://www.ilpost.it/2015/11/15/attentato-parigi-isis-terroristi/ che ha come fonte The New York Times (http://www.nytimes.com/interactive/2015/11/15/world/europe/manhunt-for-paris-attackers.html?smid=tw-nytimes&smtyp=cur&_r=0). Un terrorista vicino allo stadio ha fatto saltare la cintura esplosiva uccidendo solo se stesso, di qualcun altro non si dice nulla su chi e quanti abbia ucciso. La metà dei 9 presentati non sono stati identificati. La maggior parte sono poco piú che ventenni.
Un giornalista in pensione che cerca di offrire molti dettagli sulla vicenda e indica come fonte da consulatare il sito francese http://www.panamza.com/charlies/ , al di là di quel che racconta (http://www.maurizioblondet.it/su-charlie-hebdo-piomba-il-segreto-militare/), parte dal fatto che l’indagine su Charlie Hebdo è stata bloccata per segreto militare, almeno questo penso sia vero.
Comunque, non ho modo di indagare, né conoscendo la verità potrei fare alcunché. Però, sono molto scettico su qualsiasi tipo di racconto, può essere vero o falso piú o meno qualsiasi cosa. Il meglio che può fare il cittadino è non seguire l’onda emotiva piú ovvia, ragionare con la sua testa e quel che non può concludere con chiarezza, astenersi. Per il resto, non vanno dimenticati i problemi attuali finanziari, economici e politici che ci toccano da vicino e su cui forse si può fare qualcosina…