Non c’è nessunissimo dubbio! La conoscenza è un po’ come i pani e i pesci della parabola: è l’unica risorsa che puoi dividere e moltiplicare insieme e che puoi condividere senza ridurre proporzionalmente in base al numero di fruitori…
La conoscenza è sempre un vantaggio, anche quando è parziale
altrimenti, se dovessimo respingere le semplificazioni, dovremmo abolire anche la scuola elementare.
Comunque l’OMS ha stilato un documento importantissimo ( https://italiarappginevra.esteri.it/rappginevra/resource/doc/2019/05/draft_document.pdf) in cui lega l’adozione di una corretta e immediata comunicazione all’adozione di una dieta sana.
Eppure “l’ambasciatore” italiano all’OMS ha lanciato una critica di fuoco in cui sostiene che non vi sia nulla di scientifico nella classificazione “a semaforo” e che il miglioramento in termini di salute pubblica o di lotta all’obesità non sia dimostrato da alcun dato.
La realtà è che di dati scientifici a favore delle etichette chiare ne stanno emergendo molti ma il problema è che, secondo la lobby dell’agroalimentare, il made in Italy ne sarebbe penalizzato.
Da una parte infatti la coldiretti è focalizzata sull’esaltazione della “qualità topografica” (p.es: le cose che si fanno tra Reggio e Parma sono sempre migliori, che siano grassi, o documenti di certificazione…); dall’altra, le grandi industrie alimentari italiane sono da anni focalizzate su prodotti iperenergetici…
A questo si aggiunge la grettezza localistica e la presunzione di eccezionalità dell’imprenditore medio italiano che si caga sotto di fronte ad ogni novità che non gli consenta di farsi bellamente i cacchi suoi!
Ma l’imprenditore italiano conosce benissimo anche la cultura media del consumatore italiano… Un consumatore che è ormai abituato da circa sessant’anni a comprare riso vialone, senza sapere che in quel pacchetto potrebbe non esserci neanche un chicco di vialone!
Pensate che Danone, multinazionale che produce oltre a prodotti mediamente sani, anche un fracasso di monnezza, prevede di introdurre l’etichetta a semaforo su tutto l’assortimento entro la fine del 2020. Ma non lo farà…
Indovinate dove?
… ma in Italia, naturalmente!
Una scelta che discrimina i consumatori italiani per una ragione chiara: “gli Italiani sono stupidi e se vedessero un semaforo rosso o arancione potrebbero esserne terrorizzati” (per non parlare dei Romani, che di fronte a un semaforo arancione, inizierebbero ad accelerare vertiginosamente, andando a sbattere con il carrello contro gli scaffali)…
Pertanto, siccome, noi lo facciamo diverso (e meglio, ovviamente), l’Italia ha presentato alla Commissione Ue una proposta alternativa al “semaforo”: l’etichetta “a batteria”. Praticamente la stessa cosa ma con l’icona della batteria del cellulare…
Perché?
Beh… perché no!
Io sarei stato curioso di vedere le facce dei colleghi europei quando hanno sentito la traduzione della proposta italiana (quelli che si tolgono le cuffie perché pensa a un’interferenza, quelli che ridono sotto i baffi, quelli che fanno le faccine buffe…)!
Già mi immagino i “gegni” del nostro marketing alimentare che usano il simboletto della batteria stracarica (=cibo monnezza) per connotare positivamente la “ricarica di energia” apportata da quel cibo…
L’unico problema è che in questo modo rimane ancora troppo riconoscibile il cibo monnezza: io avrei inserito più prudentemente una rappresentazione su piano cartesiano della funzione che descrive l’assimilazione energetica del prodotto alimentare (Y) sul tempo successivo all’assunzione (X). Naturalmente, in bianco e nero, per non traumatizzare i bambini…
Per concludere, non scandalizziamoci se la Nestlé introduce una misura positiva per i consumatori. Se lo fa è perché le conviene, perché il suo marketing ha già trovato il modo di gestire il rischio, perché probabilmente già conosce bene il fatto che la prossima ventura dirompente novità legislativa sarà quella della riconsiderazione dei danni causati dal consumo di zucchero.
Per chi comunque non volesse arrendersi a questo tentativo di lasciare gli Italiani nella loro grassa (non crassa) ignoranza, è possibile firmare la petizione per richiedere l’obbligatorietà del “Nutriscore”.
Pensate che la raccolta firme è stata promossa da SETTE associazioni dei consumatori: una francese (la promotrice UFC-Que Choisir), una spagnola, una olandese, una belga, una tedesca, una polacca e una greca. Non ce ne è invece nessuna italiana! La stessa Altroconsumo che è sempre stata favorevole all’iniziativa, non ha potuto dare l’adesione… per motivi organizzativi!!! Il ché mi sembra dimostri che aver destinato fondi pubblici alle sue iniziative, sia stato effettivamente un lungimirante investimento…
Beh… riscattarci dalla vergogna di sembrare l’unico popolo che si beve (e si mangia) qualsiasi cosa, mi pare un motivo valido per sperare che siano tantissimi gli italiani che vorranno firmare quella petizione:
https://eci.ec.europa.eu/009/public/#/initiative