Cooptazione e conflittualità: perché ci servono entrambi

In quei casi la classe dirigente è scalabile. Nel caso del partito pirata c’è accesso immediato all’unico (e più alto) livello, e scalabilità del partito nulla.

si capisco quello che dici però mi sembra che il modello “orizzontale” che abbiamo sposato non sia compatibile con l’apertura completa all’accesso pena la nascita di un “non partito”. Quello che mi pare di capire è che se vuoi un partito ad apertura completa non puoi essere democratico al suo interno. Forse bisognerebbe sciogliere questo nodo perché è ancora foriero di confusione. Ad esempio, quando dici che è auspicabile un partito che proceda per cooptazione nella sua parte esecutiva stai dipingendo una struttura interna non democratica con cariche non contendibili?

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Capisco, ma noi non abbiamo una “classe dirigente” nel senso che abbiamo una struttura interna fondata sul principio del “tutti dirigenti”. E’ questo che trovo incompatibile con l’accesso totalmente aperto.

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Perché?

La compatibilità non dipende necessariamente da cosa il partito vuole essere?

(@briganzia: ti devo un sacco di risposte… il problema è che più cose intelligenti scrivi, più tempo devo allocare per risponderti, più difficile diventa trovarlo… abbi pazienza… prima o poi rispondo a tutto…)

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perché é il modo migliore per distruggere ogni forma di identità politica, rendere un partito una massa informe di opinioni, pur rispettabili, metterlo a tacere, in una parola disinnescarlo. A me in politica il detto “bello perché vario” non è mai piaciuto. Io da un partito voglio un progetto e una strategia per applicarlo. A questo mi riferisco quando dico che così accantoniamo il “conflitto” e diventiamo inutili.

Ma io ti ho proposto un progetto politico chiaro ed un’identità cristallina.

L’identità che questo partito si porta nel nome.

Si tratta di un’identità intrinsecamente aperta alla differenza ed al dialogo, ma è un identità forte e come tale attrarrà le persone che vi si riconoscono e non quelle che non vi si riconoscono.

Non c’è bisogno di selezionare o di cooptare. Basta essere Pirati.

e se non lo sei? Ti rendi conto che questo è un partito in balia di maggioranze di dirigenti che diventano tali pagando 10 euro e senza neppure alzare il culo dalla sedia? Ma sono soltanto io che reputa tutta questa cosa una assurdità enorme?

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In che senso?

Lo puoi diventare, se sei curioso. Chi non è curioso si terrà ben lontano da chi mette la curiosità al centro del proprio sistema di valori ed accetta ciò che ne consegue.

Io voglio (e sono abituato a…) un partito aperto e democratico in cui viga una forte delega di fiducia. La “democrazia” del partito fa le scelte di natura politica e definisce le urgenze politiche e sceglie coloro i quali rappresentano i migliori interpreti di quelle scelte e gli dà pieni poteri e tempo a sufficienza per mettere in pratica le cose, e se del caso ritira la delega esecutiva. Un partito in cui il contratto sociale sia al contempo semplice e fortissimo.

Aggiornare questo modello ad un sistema multilaterale e mediato come quello del Partito Pirata non è semplice, visti taluni vincoli che potremmo voler supportare.

Una cosa è certa però, per me «democratico» non significa che qualsiasi minuzia deve essere delegata ad una somma di opinioni private, ma solo alla volontà generale. Ecco, su questo il manuale di Dottrina della Costituzione di Carl Schmitt, scritto appena ieri nel 1928 dice parole molto chiare.

La sfida è quella, riuscire ad avere un modello con un distinto livello di apertura e democrazia, rifuggendo dalle campane fasulle di quelli che urlano che solo una possibilità di apertura e di democrazia è possibile (invariabilmente la loro), per trovare insieme la nostra apertura e democrazia.

Una sfida difficile ma possibile.

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ti ringrazio per lo sforzo ma questo partito ha già una sua identità politica e un progetto che sta definendo poco alla votla e che trova nel CEEP una sintesi dalla quale ripartire. L’identità che ho in mente è altrettanto aperta alla differenza e al dialogo, ma non necessariamente consente a chiunque di decidere del futuro del partito, quello è in mano ai soli pirati e a nessun’altro

Parliamone. Io sarei anche disponibile ad un Jitsi prossimamente, se non siete già tutti in ferie,

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Questo se si pensa che il voto sia il tutto e non la ratifica di un processo concluso. La partecipazione alla elaborazione delle politiche che possono soddisfare la maggior parte dei cittadini o degli iscritti è la parte fondamentale non il voto. Senza la partecipazione il voto resta effettivamente un processo privato ma esponendosi nella discussione ed ascoltando le altre opinioni ci si avvicina ad una volontà collettiva. Se in AP non si può discutere tranne che per mozioni ed emendamenti la partecipazione va cercata prima e può essere registrata sia nei GdL sia dopo la presentazione quando è pronta per essere discussa ed emendata in AP. La politica ha bisogno di tempo per giungere a una volontà collettiva ma il momento burocratico dell’approvazione rimane necessario. Al massimo possiamo dire che è meglio non votare troppo presto e su tempistica, quorum di partecipazione e di approvazione non si è ancora discusso molto perché per alcuni sono una perdita di tempo e si cerca un decisionismo da “migliori”. Non per me.

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No non sei l’unico a vedere questo partito così:

Io non condivido questa visione.
E direi anzi che è in netto contrasto con quanto descritto da Statuto e Manifesto.
E la cosa che non capisco è perché abbiate scelto quello Statuto e quel Manifesto se ne volevate uno diverso.

Quale?
Dove viene descritta? Nel manifesto che volete abrogare con una scusa ridicola?

No, questo è ciò che una minoranza sta cercando di imporre a tutto il partito.

Perché siamo chiari, se le proposte di @Cal non hanno raggiunto il 50% di interesse che pretendono di imporre al partito significa che siete sempre più una minoranza. E ne siete consapevoli, tanto da cercare disperatamente di blindarvi alla guida di questo partito.

Attenzione: non sto parlando di te specificatamente.
Mi hai già spiegato di non avere ambizioni in tal senso e ti credo.

Ma questo non rende vera la tua affermazione.

Se lo fosse, non avreste bisogno di cambiare in fretta e furia il programma, il regolamento, il manifesto o lo statuto. Potreste aspettare il 2020 e vedere le vostre istanze approvate in assemblea. Sapete che non accadrà.

Non è che ripetendo la stessa cosa di continuo (ogni domenica, per esempio) puoi sperare che diventi vera, eh.

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Cosa esattamente?

Che non hai ottenuto il sostegno del 50% dei pirati e le tue mozioni non passerebbero i quorum che impongono?

Non ha bisogno di diventare vera. E’ già vera.

Qui presumi una invasione di falsi pirati. Parli anche di una visione personale, servirà allora che la proponi e poi venga approvata in modo che i nuovi pirati siano consapevoli degli scopi e degli obiettivi pirati che proponi. Io sono qui perché ho letto il CEEP ed ho trovato adeguati statuto, manifesto e regolamento ma non so ancora se entro nella categoria dei pirati puri perché da quello che vedo non è stata ancora formalizzata. Si possono certamente condividere un nucleo di valori e scopi preciso per essere pirati ma poi il resto resterà a disposizione della democrazia.

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Questa qui:

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E quale parte di quella affermazione sarebbe falsa?

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Il problema, caro @briganzia, e capisco benissimo tutto il fulcro delle tue argomentazioni sull’identità del partito, non si risolve elicitando in qualche modo, scrivendo manifesti o proclami su quale dovrebbe essere questa identità, ma cogliendo l’attimo magico che ci ha permesso per comune sentire di esserne riconoscibilmente interpreti e qui sì per cooptazione agire per riconoscere nuovi interpreti generosi, e viaggiare così di nuovo interprete in interprete da coinvolgere. E figurati se non ho già idee in merito. È un ruolo per cui l’autorità del partito non serve a nulla, ma ci vuole autorevolezza, e quella l’abbiamo conquistata e la stiamo coltivando bene. Ma è anche vero che dobbiamo lasciare il partito-strumento nelle mani di chiunque mostri di avere quel mix di comprensione, com-passione e condivisione per assumere il proprio generoso ruolo strumentale nelle battaglie politiche. In questo la struttura tradizionale del PP è forse migliore anche di altre tradizioni politiche. Questo è il gioco di una doppia cooptazione - verso i politici e verso gli esecutivi. Se lo strumento-partito fosse già funzionale a questo, staremmo un bel pezzo avanti e potremmo concentrarci sull’aspetto puramente politico, ma non è così. Le scorie del democraticismo e della disfunzionalità sono ancora molto presenti nel partito. Così come, un po’ tragicamente, c’è ancora questa mentalità di arrovellamento sulle questioni tecniche ininfluenti (è un verbale politico quello dell’ultima assemblea?), intese per far funzionare un volontarismo dal quale però (lo dico con grandissimo rispetto per tutti quelli che danno volontariamente una mano) dovremmo presto liberarci per liberare risorse per la politica (anche perché non è giusto che qualcuno possa avere tempo di occuparsi di obiettivi politici e altri debbano stare alle macchine in retrovia). Il problema è: riusciremo a rendere funzionale lo strumento-partito? Sai che la mia risposta è sì, se però sceglieremo chiaramente di rendere viva da subito la politica e se riusciamo a sfuggire dalle trappole organizzativo-strutturali che, in un certo senso, sono inutili.

C’è un passaggio del tuo primo messaggio che si lega bene ad altre successe nel periodo elettorale. Tu parli in un punto di «senso di colpa» (e non è la prima volta che sento parlarne, anche se questa volta ne parli in altro senso), a quel tempo si parlava di «siamo tutti amici». Ora io credo che si debba essere chiari. La politica si nutre di confronto e dialogo, ma una volta fatta una scelta assieme, assieme non si fanno prigionieri, nessun sentimentalismo, o sei funzionale al progetto, o ti rendi tale, o non lo sei e ciò che avviene deve essere conseguente. Nessuno vuole un decisore politico incapace di mettere in atto una azione per mero sentimentalismo. Diverso è impiegare un tempo anche cospicuo per considerare ogni possibilità per mantenere (ben oltre il livello della fredda razionalità) il più coeso possibile il gruppo, diverso è tentare ogni atto possibile per porsi nelle scarpe dell’altro anche sconosciuto, o impegnarsi profondamente per introiettare nei propri obiettivi quelli altrui, anche non direttamente espressi o rappresentati, e diverso è non saper raggiungere il proprio obiettivo per non turbare un equilibrio amicale. Le basi morali di un partito arretrato, dal quale dovremmo rifuggire metodologicamente, sono proprio quelle di una sorta di familismo amorale che contrasta con l’ethos comunitario che il partito deve ancora sviluppare. Se di senso di colpa vogliamo parlare è solo quello dell’inazione e del non aver tentato tutto per raggiungere gli obiettivi che ci stiamo ponendo.

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Cristo tra Houellebecq ed @exedre ho l’imbarazzo della scelta. Godo.