Non è così… tutti hanno aspettato che mettessimo qualcosa in piedi – certo, alcuni erano anche scettici che sia la cosa giusta farsi – ma alla fine abbiamo fallito già solamente a fare una piattaforma della quale noi stessi ci fidassimo e a distribuire token d’invito a tutti i partiti usando uno schema condiviso.
Dato che in PPint e PP-EU non eravamo riusciti a sviluppare un consenso sul chi riceve quanti token a testa, c’erano due possibili vie d’uscita:
– la procedura di “bootstrap” che credo fu accolta in agorà che avrebbe simulato il “un partito, un voto” per arrivare a un compromesso condiviso usando già lo strumento stesso
– la fondazione di un’associazione euroliquid.org che si sarebbe definita le regole di peso del voto geografico da se, e avrebbe avuto uno scopo sondaggistico per Julia e per le assemblee nazionali dei PP.
In ogni caso la cosa si bloccò prima dell’esito della votazione di lasciare che il partito riservi euroliquid.org, il dominio fu squattato da un individuo. L’Assemblea impose a tutti i pirati iscritti di mollare i loro rispettivi domini “pirata” incluso quello, ma non avvenne nulla. L’AP non si sentì capace di prendere misure disciplinarie ed il CA in quella fase non era ancora organo di giustizia, perciò non fece nulla che non rientrasse nelle sue regole burocratiche.
Si disse che il dominio sarebbe stato assegnato all’apposita associazione euroliquid, ma non fu mai creata. In pratica ci fu un empasse di carattere convivenza. Certo, il partito avrebbe semplicemente potuto registrare un dominio diverso, ma a quel punto si era disfatta la motivazione, oltre che la creatività.
Questo per darvi un’idea dei problemi quotidiani che avevamo in quel periodo… ed euroliquid non era l’unico.