"L'aborto come meccanismo oppressivo del Capitalismo"

Mi ero ripromesso (altrove) di non entrare in qualsiasi tipo di dibattito con gli antiabortisti, in virtù dell’egemonia culturale che ai miei occhi li accomuna, segnatamente a questo aspetto, ai terrapiattisti. Però quest’affermazione è come una sciabolata corticale e l’adrenalina che produce ha bisogno di un adeguato contraltare di serotonina, quindi ti rispondo.

Partiamo da cose semplici: definizione di omicidio.

omicìdio s. m. [dal lat. homicidium, comp. di homo «uomo» e -cidium «-cidio»]. – Il delitto di chi sopprime una o più vite umane (Treccani)

Passiamo ora alla definizione di vita.

vita s. f. [lat. vīta, affine a vivĕre «vivere»]. – 1. In senso ampio, proprietà o condizione di sistemi materiali (i sistemi viventi, dagli organismi unicellulari a quelli pluricellulari più evoluti) caratterizzati da un alto grado di organizzazione e complessità, e di cui la cellula è considerata unità fondamentale; in essi, un numero elevato di sottosistemi, o organi diversi, concorrono funzionalmente a costituire un tutto unico, per cui si parla di individuo vivente o organismo (e i sistemi viventi formano il mondo organico), che dà luogo a capacità di crescita, sviluppo e movimento autonomo, di autoregolazione, di metabolizzazione, di adattabilità, di reattività e, soprattutto, di riproduzione, agamica o per mezzo di particolari cellule sessuali (gameti). Constatata come proprietà di un numero enorme di specie, è stata ricondotta a un principio unitario dalla teoria dell’evoluzione per selezione naturale (v. evoluzione, n. 3 a) di Ch. Darwin, per cui si parla di origine della v., con riferimento a quel processo iniziale, da alcuni ritenuto eccezionale, da altri relativamente probabile, in cui la materia inorganica si è organizzata in strutture ordinate (composti organici, in partic. le macromolecole fondamentali: proteine e acidi nucleici), capaci di svilupparsi e riprodursi, da cui poi avrebbero avuto origine, in milioni di anni, le specie, estinte, o ancora viventi, che sono state osservate; è aperto tuttavia il dibattito se i virus, che sono incapaci di riprodursi autonomamente (dipendendo per questo da una cellula ospite, precedentemente infettata) siano da considerarsi o no esseri viventi. L’apparente contraddizione tra le proprietà di organizzazione e differenziazione crescente dei sistemi viventi e la tendenza spontanea dei sistemi fisico-chimici al disordine, alla disorganizzazione e all’omogeneità è ricomposta nella moderna termodinamica dei processi irreversibili, in quanto il sistema vivente è visto come sistema aperto (quindi non isolato), che si mantiene lontano dall’equilibrio grazie al continuo scambio di energia e materia con l’ambiente (nel quale la crescita di entropia compensa abbondantemente il decremento di entropia del sistema). Nella storia del pensiero filosofico e scientifico, il concetto di vita è stato variamente riferito sia al complesso dei fenomeni capaci di prodursi e regolarsi autonomamente, sia al principio o causa stessa di tali fenomeni; si sono così contrapposte concezioni vitalistiche (v. vitalismo), che attribuiscono all’organismo vivente proprietà peculiari (spontaneità, finalismo, forza o «slancio» vitale, ecc.), irriducibili alle proprietà della materia inanimata, e concezioni meccanicistiche o materialistiche (v. materialismo e meccanicismo) tendenti a ricondurre i fenomeni vitali a processi di natura fisico-chimica. 2. a. Nella concezione e nel linguaggio comune, s’intende in generale per vita lo spazio temporale compreso tra la nascita e la morte di un individuo; a questo sign. si riconnettono gran numero di frasi e locuzioni, riferite soprattutto a esseri umani, e anche ad animali (più raram. a piante): venire alla v., nascere; dare la v. a qualcuno, o dare alla v. qualcuno, generarlo, procrearlo; avere v., essere in v., vivere; tenere, mantenere in v.; finché mi resta vita (o, non com., un fil di vita), non cesserò di essergli grato; essere in fin di v.; Pace volli con Dio in su lo stremo De la mia v. (Dante); restare, rimanere in v., sopravvivere (di tanti figli solo tre sono rimasti in vita); finire, spezzare, troncare la v.; il poveretto non dava più segno di vita; uscire di v., morire; privare della v., uccidere; togliersi la v., uccidersi; rendere, restituire alla v., risuscitare o salvare da morte (spesso in frasi iperb.). In contrapp. a morte, in espressioni in cui i due termini sono associati esplicitamente: essere tra la v. e la morte; è questione di v. o di morte; uniti per la v. e per la morte, per sempre, nelle vicende tristi o liete; passare da morte a v., da una condizione insopportabile a una migliore. In espressioni in cui il termine vita richiama necessariamente il suo contrario: mettere a rischio (o a repentaglio) la propria v. o la v. di un’altra persona o di altri, correre o far correre il rischio di morire; ben folle è quegli Che a rischio de la v. onor si merca (Parini); dare la v. (e ant. porre la v.) per la patria, morire per essa, in sua difesa: chi dirà de li Deci e de li Drusi, che puosero la loro v. per la patria? (Dante); salvare la v. a qualcuno, scamparlo da morte; gli deve la v., è sfuggito alla morte per suo merito; gli costò la v.; ci rimise la v.; vendere cara la v., combattere accanitamente prima di soccombere; ottenere qualche cosa a prezzo della v.; ne va della v., o, meno com., la v. (per amor del cielo! non fate pettegolezzi, non fate schiamazzi: ne va … ne va la vita!, Manzoni); se vi è cara la v., formula deprecatoria o di minaccia: se vi è cara la v., non fate parola a nessuno di quanto è successo qui; o la borsa o la v.!, intimazione di rapinatori; pena la v., lo stesso (ma ormai poco com.) che sotto pena di morte; fare grazia della v., graziare un condannato a morte, o risparmiare la vita a persona che si aveva l’intenzione o si era in procinto di uccidere; pericolo di v., lo stesso che pericolo di morte. b. Considerando la vita nel suo svolgersi e nella sua durata, il tempo in cui si vive: Nel mezzo del cammin di nostra vita (Dante), a trentacinque anni, valutando a settant’anni la durata media della vita; avere lunga v.; la v. è breve; non basterebbe la v. di un uomo per … Frequente la locuz. avv. a vita, per tutta la durata della vita, in frasi come essere nominato presidente, senatore a v. (o, con lo stesso sign., nel linguaggio burocr., v. natural durante), e l’espressione in vita mia, sua, ecc., spesso in frasi di tono enfatico: non ho mai visto una cosa simile in v. mia; non credo che abbia mai preso l’aereo in v. sua (o in tutta la sua vita). c. Con riferimento alle varie età in cui la vita può dividersi: l’alba, il mattino della v., la fanciullezza; la primavera della v., la giovinezza; l’inverno della v., il tramonto della v., la vecchiaia; nell’uso ant., la v. nuova, l’età giovanile, la giovinezza: Questi fu tal ne la sua v. nova Virtualmente, ch’ogne abito destro Fatto averebbe in lui mirabil prova (Dante; Vita nuova è inoltre il titolo di una breve opera giovanile in rime collegate da brani in prosa in cui Dante ricostruisce la storia del suo amore per Beatrice). d. Con determinazioni varie, per specificare il modo con cui si vive in rapporto a speciali aspetti che la vita può assumere, a particolari ideali a cui può conformarsi, ecc.: v. di relazione, la vita dell’uomo in quanto si svolge in una società (per il sign. che l’espressione ha nel linguaggio naturalistico, v. relazione, n. 2 c); v. intellettiva, v. sensitiva, v. vegetativa, secondo la divisione aristotelica dell’anima (v. ai singoli aggettivi); v. civile, la condizione di chi, in quanto cittadino, gode dei diritti civili; v. pubblica, la condizione, e il modo di operare, di chi svolge attività politiche e amministrative (v. politica), o ha comunque incarichi pubblici; v. sociale, di rapporti sociali varî; v. privata (contrapp. a v. pubblica e v. sociale): ritirarsi a v. privata; come ministro è freddo e scostante, ma nella v. privata è cordiale e simpatico; fare v. mondana, o, al contr., una v. molto ritirata; v. individuale, ulteriormente determinabile negli aspetti sia professionali: v. lavorativa, v. produttiva; la v. militare (anche per indicare il servizio militare), la v. del soldato, la dura v. del marinaio, la monotona v. dell’impiegato; una v. di studioso, da certosino; fare la v. del poltrone, del beato porco, di Michelaccio (da una nota frase proverbiale: v. michelaccio); sia in quelli fisici e fisiologici: fare una v. sana o poco sana, una v. sedentaria o dinamica, sportiva; avere una v. sessuale normale, intensa, ridotta; sia negli aspetti intellettuali e morali: v. intellettiva, psichica, interiore, e, con più specifico riferimento ai sentimenti, una v. intima, affettiva, sentimentale molto ricca; condurre una v. onesta, corretta, integerrima o disonesta, riprovevole, viziosa; Vita bestial mi piacque e non umana (Dante); di nazion nobile ma di cattiva v. (Boccaccio); darsi alla mala v. (v. anche malavita); avere una doppia v. (v. doppio, n. 2 d); mutare o cambiare vita, per lo più nel sign. di ravvedersi: se non cambi v., vai a finire male; com. la frase prov. anno nuovo vita nuova!; in partic., fare la v., esercitare la prostituzione; ragazza, donna di vita, prostituta, e ragazzi di v. (espressione diffusa dal titolo del romanzo di P.P. Pasolini, Ragazzi di vita, del 1955), i giovani delle borgate romane che vivevano in condizioni di emarginazione, di subcultura e di degradazione morale e sessuale. Con riferimento ad aspetti più o meno esteriori del vivere: una v. agitata, precaria, sicura, tranquilla; poca brigata, v. beata, prov.; fare vita di spiaggia, nelle vacanze al mare; all’organizzazione materiale del vivere e ai mezzi di cui si dispone: gran v.; v. comoda; v. da prìncipi, v. da signore; amare gli agi, i comodi della v.; passare la v. negli stenti, trascinare la vita; faticare tutto il giorno per campare la v.; v. povera, grama; una v. da cani; e assol., per indicare un modo di vivere particolarmente disagiato o faticoso: che vita!; ha fatto una v.!; al contrario, fare una bella v., vivere comodamente, senza preoccupazioni e senza fare fatica: cominciò a fare la più bella v. e la più magnifica che mai si facesse (Boccaccio); fare la bella v. (anche, ma meno com., in forma graficamente unita la bellavita), vivere spensieratamente, da scioperato, e darsi alla bella v. (o alla bellavita), a una vita di piaceri e divertimenti (cfr. il fr. viveur e l’ital. vitaiolo); fare la dolce v., vivere in modo lussuoso e frivolo (v. dolce, n. 3 a); è chiamato dolce vita o dolcevita s. m., anche un tipo di maglione a collo alto e aderente (raram. detto, a sua volta, collo alla dolce vita). e. fig. L’esistenza, soprattutto come modo e durata, di un’istituzione o attività o impresa, o di un ente: la ditta, l’azienda festeggia il suo 50° anno di vita; un governo che avrà v. breve, o che ha avuto una v. difficile e travagliata; giornali, circoli culturali, centri artistici destinati ad avere v. effimera, o una v. breve. In partic., dare vita a un’istituzione, a un’iniziativa, ecc., crearla, organizzarla; dare, infondere vita a qualcosa, animare, movimentare. 3. Usi e sign. specifici e tecnici: a. In biologia, v. latente, v. anabiosi. b. In statistica demografica e in matematica attuariale, v. media (o v. media alla nascita, o speranza media di v.), il numero medio di anni che un individuo di una certa popolazione, supposta in equilibrio demografico, deve aspettarsi di vivere (tale numero è dedotto, con opportuni calcoli, da tavole statistiche di sopravvivenza e mortalità); v. media residua, per un individuo di età x, il numero medio di anni che l’individuo di tale età deve aspettarsi di vivere ancora; v. mediana o v. probabile, il numero di anni che un individuo di età x potrà oltrepassare con il 50% di probabilità, equivalente al periodo di tempo che deve trascorrere perché i sopravvissuti di una data classe di età si riducano alla metà. In fisica, v. media di un nuclide radioattivo o di una particella instabile, il valore medio della distribuzione dei tempi di decadimento di un campione degli oggetti in questione. Con sign. più generico e intuitivo, si parla anche di v. media di prodotti e manufatti varî: la v. media di un motore, di un frigorifero, di un televisore, di un telefonino, ecc., la loro durata media in condizioni di efficienza. c. In chiromanzia, linea della v., la piega cutanea ad arco che solca il palmo della mano partendo tra il pollice e l’indice e terminando a sinistra, in basso, verso il polso: indicherebbe vita lunga se ben marcata, vita breve se corta, mortale malattia se spezzata. d. In marina, vita!, voce di avvertimento di allontanarsi o spostarsi, rivolta a chi sta in un punto pericoloso a causa dell’esecuzione in atto di una manovra o operazione; v. di sotto!, quando in quel punto sta per arrivare qualcosa che si ammaina dall’alto o si lascia cadere. e. In economia, costo della v., la somma occorrente, per un determinato periodo di tempo, al mantenimento di un’unità familiare o, più raram., di un individuo: indici del costo della v., basati sul costo dei beni e dei servizî di maggiore consumo; aumento, diminuzione del costo della v., anche nell’uso corrente. f. In filosofia, v. attiva e v. contemplativa, contrapposizione già classica, ma affermatasi e precisatasi nel medioevo cristiano, tra due ideali di vita, il primo rivolto all’attività e alla prassi soprattutto etico-politica, il secondo alla scienza, e in età cristiana, alla contemplazione come anticipazione della beatitudine oltremondana. Filosofia della v., corrente del primo Novecento fondata sul predominio del processo della vita e delle sue leggi immanenti sulla ragione e sui valori trascendenti, e rappresentata da pensatori di varia provenienza speculativa (W. Dilthey, M. de Unamuno, J. Ortega y Gasset, ecc.). g. In diritto canonico, v. comune, la convivenza di membri del clero in una stessa casa, soprattutto come forma di attuazione del voto di povertà. 4. a. Forza, capacità, impulso di vivere, come condizione e caratteristica individuale che può tradursi in particolare efficienza e operosità, o anche vivacità: nonostante i suoi ottant’anni è ancora piena di vita; ne ha di vita, quella donna; bambini, ragazzi pieni di vita. b. Vitalità, intesa come forza universale, che anima il tutto: l’aria e il sole sono fonti di v.; Te beata, gridai, per le felici Aure pregne di vita (Foscolo, rivolgendosi a Firenze). c. fig. Animazione, fermento, movimento vivace: è una città piena di v.; sono intervenuti alcuni giovani a dare un po’ di v. alla riunione; in partic., esistenza e frequentazione di ritrovi, divertimenti, ecc.: è una città di provincia, non ha v. notturna; c’è un po’ di v. studentesca e null’altro; «movida» è una parola spagnola che è oggi di moda per indicare la v. notturna. Con riferimento a opere e realizzazioni letterarie, teatrali, cinematografiche e televisive, musicali, artistiche, dinamicità di svolgimento, vivacità espressiva: una commedia, una descrizione piena di v.; un racconto, un film monotono, senza v.; nella recitazione, o nell’esecuzione, di quel pezzo dovrebbe mettere un po’ più di v.; un dipinto, un monumento ricco di una sua v., o privo di v. e inerte. 5. Con valore concr.: a. Ciò che costituisce l’essenza, la ragione o l’interesse e il fine fondamentale della vita, che le dà valore e significato: la luce è la v. delle piante; l’aria è v.; lo sport, il lavoro è vita per lui; la poesia, la musica, lo studio, ecc., è la sua v.; quella donna è tutta la sua v.; vita mia!, espressione di affetto che si rivolge a persona amata; la fede è v. dell’anima; e con riferimento a cose inanimate: il credito è la v. del commercio; gli abbonati sono la v. del giornale. b. Ogni singola persona in quanto dotata di vita: senza perdita di v. umane; talvolta come sinon. di anima: E già la v. di quel lume santo Rivolta s’era al Sol (Dante), l’anima di Carlo Martello. c. Il mondo umano, il complesso delle situazioni, dei rapporti, dei problemi relativi al vivere individuale, familiare e soprattutto sociale: avere, non avere ancora esperienza della v.; sei troppo giovane per conoscere la vita. d. Quanto è necessario per vivere, con particolare riguardo al vitto: lavora tutto il giorno per guadagnarsi la v.; E se ’l mondo sapesse il cor ch’elli ebbe Mendicando sua v. a frusto a frusto, Assai lo loda, e più lo loderebbe (Dante); con sign. più ampio: la v. si fa ogni giorno più cara. 6. a. Con riferimento alla sopravvivenza dell’anima: passare ad altra v., a miglior v., morire; la seconda v., la v. futura, la v. eterna; quindi questa v., la v. terrena, la nostra v. (in contrapp. alla v. eterna); il libro della v., nel linguaggio biblico, il libro in cui sono segnate le anime che sono o saranno salve. b. Con riferimento alla sopravvivenza del nome nella memoria dei posteri: E tu ne’ carmi avrai perenne vita Sponda che Arno saluta in suo cammino (Foscolo). 7. Come titolo di opere in cui si narrano le vicende, i casi di una vita: Vita, morte e miracoli di s. Antonio, o di altro santo, o anche di un personaggio (per un uso estens. dell’espressione, v. miracolo); Le vite parallele, opera di Plutarco; Le v. dei Padri (traduz. del lat. Vitae Patrum), raccolta latina di biografie per lo più leggendarie di padri della Chiesa e santi, formatasi nel sec. 6°: le volgarizzazioni più autorevoli sono quelle di D. Cavalca e di F. Belcari; La v. scritta da esso, titolo dell’autobiografia di Vittorio Alfieri. Di qui, per estens., biografia, opera biografica: scrivere una v. di G. Leopardi, di papa Giovanni XXIII; mentre i monaci mangiano, uno di loro legge le v. dei Santi; una v. romanzata (v. romanzare). 8. a. La parte del corpo sopra i fianchi, in corrispondenza della cintura: afferrare qualcuno per la v.; portare una fascia intorno alla v.; punto di v. (frequente anche in forma ellittica, punto vita), il punto in cui è la vita rispetto all’altezza (avere il punto di v. alto, basso): in questo senso, con riferimento al corpo femminile, il dim. vitino (s. m.) e l’espressione vita (o vitino) di vespa, per indicare una vita molto sottile (v. vespa, n. 1 a). Per estens., la parte corrispondente del vestito: le spalle vanno bene, ma vorrei la v. più stretta; la giacca è un po’ larga di v.; alzare, abbassare il punto v. (o di v.), in un vestito, collocare più in alto o più in basso il restringimento della cintura; v. alta, v. bassa, con riferimento alla posizione del punto vita in una gonna o nei pantaloni, o al punto di raccordo tra la gonna e la parte superiore di un abito intero: quest’anno va di moda la vita alta, o bassa. b. Tutta la parte del corpo che va dai fianchi alle spalle, soprattutto nelle espressioni su colla vita! esortazione a tenere dritte le spalle e, in senso fig., a non avvilirsi (raram., con lo stesso sign., stare sulla v.: anche don Abbondio prese una faccia più naturale, sprigionò alquanto la testa di tra le spalle …, si mise a stare un po’ più sulla vita, Manzoni); avere la v. corta, essere corto di v., avere il torace corto in proporzione al resto del corpo; andare, uscire, stare in v., o in bella v. (meno com. in bellavita), senza giacca o cappotto pesanti, quando è freddo. c. ant. Il personale, il corpo umano nella sua complessione e nel suo aspetto esteriore: essendo egli bianco e biondo e leggiadro molto, e standogli ben la v. (Boccaccio), avendo un bel personale. ◆ Dim. vitina (anche nel sign., ormai ant., di copribusto), vitino s. m. (solo nel sign. 8 a; v. sopra); pegg. vitàccia, vita piena di disagi, di sacrifici e afflizioni: ha fatto una vitaccia, quella poveretta!; è una vitaccia da cani, la mia. (sempre Treccani)

Come vedi, la questione è molto semplice: tutto il problema relativo all’aborto si riconduce a definire che cos’è la vita

Non solo: se la vita umana (quella sopprimendo la quale commetteresti veramente un omicidio) a partire dal concepimento fosse autoconsistente, ovvero non avesse bisogno di essere (prima di potersi dire tale) ospitata all’interno di un essere vivente, allora potremmo stare a discutere sull’ammasso cellulare di cui sopra.

Ma siccome ciò non è, siamo costretti a stabilire (ex lege) un limite sotto il quale il corpo ospitante ha tutto il diritto (in senso proprio) di trattare quell’ammasso di cellule al pari di un’acne. Morale: la libertà di un individuo (fatto e finito) prevale sulla società, che dal tuo punto di vista vorrebbe imporre all’individuo ospitante di continuare a fare da vettore al potenziale individuo futuro.

Corollario: immaginiamo un mondo (nemmeno troppo lontano) dove il signor Z prende un po’ di materiale genetico della signora Y (ovulo) e del signor X (sperma), li mette nel frullatore biologico e si trova in mano l’ammasso cellulare XY (sempre di cui sopra). Immaginiamo anche che il suddetto ammasso possa essere inserito in un’incubatrice del futuro che sia in grado di “tenerlo in caldo” per nove lunghissimi mesi, fino a far nascere il figlio XY1. Dal mio punto di vista, l’interruzione di questo processo quando ancora l’ammasso non ha formato alcuna sinapsi in grado di essere paragonato anche lontanamente a un cervello equivale all’acne di cui sopra. Con buona pace degli antiabortisti di tutta la galassia.

3 Mi Piace

Magari @solibo si facesse degli studi così approfonditi e ben argomentati anche in altri campi dove sarebbe più urgente… :wink:

Mi permetto soltanto di aggiungere al discorso di @solibo (che a me pare davvero inattaccabile) e alle giuste obiezioni di @lynX solo un paio di osservazioni:

  1. l’argomentazione “fusariana” secondo cui lo stato capitalista incoraggi l’aborto per non appesantire il welfare non sta in piedi sotto ogni punto di vista (come obietta @lynX, nel peggiore dei casi si tratta di esercito industriale di riserva, proletari i cui figli saranno bassa manovalanza utile ad abbassare il costo del lavoro) e va anzi rovesciata: se l’aborto non fosse riconosciuto come diritto sarebbe lo stato ad esercitare un potere sul corpo della donna, atto vietato a partire dal principio dell’habeas corpus vecchio di più di tre secoli. Che poi il feto sia parte del corpo della donna non vedo come possa essere negato.

  2. Al di là del discorso economico, immaginate soltanto le conseguenze psicologiche e pedagogiche su genitore e figlio innescate dal crescere quest’ultimo in un contesto in cui non è desiderato.

però non mi viene in mente un’altro sistema nella donna che sia completamente in simbiosi con essa ed allo stesso tempo preservare un’autonomia funzionale a se stesso e non alla donna (tutto il resto se smette di funzionare uccide la donna, ad esempio gli organi vitali). Ma a parte questo mi limiterei ad accettare le cose cosi come sono, non c’è niente di religioso ma solo di genetica funzionale millenaria.Se non siamo più in grado di gestire in pace queste asimmetrie possiamo sempre cominciare a progettare l’accrescimento in laboratorio se e quando si vuole. Tutto questo solo per evitare di scatenare l’ennesima guerra termonucleare.

Ad esempio io son nato a caso, nel peggiore momento storico relativo al luogo (10 anni dopo il crollo dell’urss in ucraina) , la dialettica della mia educazione era “we io ti ho fatto nascere per sbaglio,dunque adesso tu devi diventare un genio perche lo dico io cosi mi pagherai la pensione e realizzi i sogni che io non ho potuto realizzare” dunque se fossi stato uno spiritello e avessi potuto leggere la situazione, avrei consigliato di non farmi nascere, anche perche il padre biologico mio era infermo (e si scopri in seguito che pure la madre mia era tale) ed essere portatore sano di geni che possono spianare la strada alla schizzofrenia non è affatto divertente.

Dunque, se vuoi falsificare il ragionamento secondo cui l’ovulo fecondato rappresenta un organismo distinto dalla madre che appartiene alla specie dell’homo sapiens sapiens devi falsificare una delle sue premesse:

  1. l’ovulo fecondato è un organismo vivente
  2. il DNA dell’ovulo fecondato ha tutte le caratteristiche specifiche dell’homo sapiens sapiens
  3. il DNA dell’ovulo fecondato è distinto da quello della madre e da quello dei padre

Se ho capito la tua obbiezione sulla vita, tu neghi la prima premessa. Ammetto che la davo per scontata.

Secondo la definizione che hai copiato la vita è anzitutto una proprietà o una condizione di un sistema. La definizione specifica “i sistemi viventi, dagli organismi unicellulari a quelli pluricellulari più evoluti”

L’ovulo fecondato è un organismo unicellulare distinto dalla madre. E’ vivo? Secondo la Scienza sì. Come sono vivi i batteri, per esempio. (e no, l’ovulo fecondato non è un virus, quindi il fatto che esista un dibattito sui virus non è rilevante)

Hai un qualche studio scientifico che nega queste affermazioni? Vuoi provare chiedere al tuo medico? Io li ho chiesti al mio (mia moglie) ed è scoppiata a ridere.

Se la risposta è “No”, la lunga definizione di vita che hai copiato qui, non fa che confermare il ragionamento in questione.

La negazione dell’autonomia della prima cellula di un bambino è fallace: tale cellula è perfettamente autonoma nell’ambiente in cui si trova (l’utero materno) e vi interagisce continuamente e da subito. Infatti mantiene la propria entropia negativa interagendo con l’ambiente in cui si trova (l’utero materno) attraverso processi fisici e scambi chimici.

Quanto al corollario, grazie per aver espresso la tua opinione. E’ un opinione legittima, seppur io non la condivida.

Ma quello che io ho descritto in questo thread non è un’opinione, ma un’analisi basata su nozioni scientifiche comunemente note e semplicissima logica. Non puoi falsificare un’analisi con un opinione, devi falsificarne le premesse o invalidarne la logica identificandovi errori.

E se non sei in grado di falsificare il mio ragionamento, questo non significa affatto che tu debba cambiare opinione.

Significa solo che, se sei un Pirata, per onestà intellettuale definirai l’aborto come un omicidio che ritieni accettabile.

Tutto qui. :wink:

Visto che dalla definizione di vita non segue la sua argomentazione, non sono certo che abbia letto ciò che ha riportato.

LynX vuole sottoporre la Scienza, la Matematica e persino la Logica al voto.

Questo non solo le priva di indipendenza dalla Politica e le sottopone al rischio di GroupThink e al DoubleThink, ma permette ad una maggioranza temporanea di definirsi scientificamente superiore e decidere lo sterminio degli inferiori semplicemente scrivendo un paper in LaTeX con

Teorema: Tutti coloro che votano di essere superiori, lo sono. Dimostrazione: Si può votare sulla Scienza. Questo è un testo scientifico. Questo testo è stato votato. Q.E.D.

Come ho spiegato diverse volte in questo forum, non puoi sottoporre la Scienza al voto.

Ho spiegato a LynX che si sbaglia. Oltre una certa soglia, ogni nuovo individuo accresce significativamente il disagio del proletariato (e dunque la sua forza politica) senza aggiungere valore al ciclo di produzione capitalista. Dopo il terzo esercito di lavoratori a basso costo di riserva, il quarto esercito potrebbe davvero essere quello che ti fa fuori.

No, perché lo stato non costringe la donna a concepire e la supporta nella contraccezione se lei lo desidera.

Semplicemente, simmetricamente a un omicidio, un concepimento genererebbe delle responsabilità.

Tuttavia l’obbiettivo del mio ragionamento non era quello di proporre l’abolizione dell’aborto, ma solo quello di evidenziare uno delle tante esternalità negative del Liberalismo. Questo thread infatti non è stato avviato da me, ma è stato creato (e poi censurato e poi ripubblicato) da LynX estraendo e decontestualizzando i post che avevo creato altrove.

Inoltre, come ho scritto, ritengo che non si possa abolire l’aborto senza prima rimuovere l’oppressione della donna cui è socialmente imposto attraverso violenze sociali, economiche e persino psicologiche.

Oppressione che è stata interiorizzata dalle oppresse (e da un sacco di maschi(listi) che lo difendono, chissà come mai), che analogamente a quanto succede in altre forme di oppressione, hanno razionalizzato la violenza collettiva che subiscono come un diritto che alcune percepiscono come parte fondamentale della propria identità.

Come insegnava Freire, per sconfiggere l’oppressione bisogna anzitutto riportarla al livello della coscienza, in modo che possa essere messa in discussione, criticata e superata.

Beh questo è molto semplice: tu sei un uomo ma sei pieno di parassiti e simbionti che non sono parte di te. Diverse amebe nel tuo stomaco, ad esempio. O la tua flora intestinale.

Il bambino è temporaneamente un simbionte. Non fa parte della madre, ma ne è contenuto.

Perché devo immaginarle?

Come ho spiegato, in un sistema diverso dal Capitalismo, la madre potrebbe

  • dare il bambino in affidamento ad un orfanotrofio ben funzionante dove sarebbe cresciuto con amore
  • ricevere ampio supporto economico, psicologico e sociale, qualora decidesse di crescerlo personalmente

Non essere non può che essere peggio di essere schizofrenico.

E di certo la prospettiva di una persone schizofrenica è unica e preziosissima.

La tua preoccupazione come “portatore sano” non è per un tuo potenziale figlio, ma per te che ti trovassi a doverlo crescere. Naturalmente hai tutto il diritto di non concepire figli attraverso tutti i metodi contraccettivi che ti aggradano. Ma se dovessi concepirlo e non ti sentissi in grado di crescerlo (nonostante il supporto economico, sociale, psicologico e naturalmente, in questo caso, medico che ti verrebbe fornito), dovresti avere il diritto affidarlo ad istituti dedicati. E a maggior ragione questo diritto dovrebbero averlo le madri.

Senza stare ad impelagarmi in filippiche inutili mi limito ad osservare un paio di cose velocemente:

  • non so su quali dati sia basata la tua tesi secondo cui “dopo il terzo esercito di riserva… arriva quello che ti fa fuori”. Mi sembra che la realtà storica stessa smentisca queste affermazioni, e già in Marx si può trovare un concetto sociologico che le falsifica, quello di “lumpenproletariat”. Faccio notare che comunque stiamo facendo supposizioni, non c’è alcuna necessità che lega il destino di un mancato aborto al generarsi di un futuro proletario.

  • Se si è disposti a dire che flora intestinale, batteri, ecc. non sono parti del nostro corpo, si scivola in un campo molto spinoso. È il nostro organismo che si serve di vita per vivere e sopravvivere, e ne annienta altra. Ora, penso siamo tutti d’accordo nel dire che la vita è gerarchicamente ordinata dal semplice al complesso, e che ogni forma vivente, per essere vivente, genera morte. Che un insieme di cellule, per quanto in potenza generative di una persona, sono un sistema semplice rispetto all’umano, e quindi molto più in basso nella gerarchia summenzionata, non può essere negato. Se per vivere costantemente generiamo morte intorno e dentro di noi, non vedo alcun ulteriore problema nell’affermare, ad esempio, che un embrione possa essere abortito nel caso in cui metta a rischio la vita del portatore. È semplicemente quello che accade quotidianamente.

Ti sfugge purtroppo che questo diritto, le madri, ce l’hanno già: quello che tu invece paventi è il diritto di un soggetto terzo (chiamalo Stato, Società, Mengele, come vuoi…) di decidere per legge cosa fare con la volontà di un individuo, obbligandolo (se proprio lui non volesse tenersi l’acne di cui sopra) a modificare il proprio corpo per tutto il tempo necessario.

Ecco, questa prospettiva è indegna della comunità dove voglio vivere.

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Io non ho parlato di necessità ma di probabilità. Infatti la tua citazione è imprecisa: non ho mai detto

ma

e facevo riferimento alla spiegazione fatta a LynX, che ti riporto qui:

Ti prego, non prendere anche tu il brutto vizio di rispondere a qualcosa di diverso da quello che viene scritto.

No, non siamo d’accordo.

Non sono d’accordo sull’idea medievale di “gerarchizzare” le forme di vita.

Non sono d’accordo sulla razionalità della gerarchia che suggerisci. O sulla sua oggettività: ordini rispetto alla complessità rispetto a quali assi?

Né sono d’accordo sulla inesorabilità della vita come causa di morte. Diversi organismi vegetali consumano sostanze nutritive inorganiche dall’ambiente senza uccidere alcun altro organismo.

Il mors tua, vita mea, l’idea che la vita generi necessariamente morte (molto cara al capitalismo) si scontra con la realtà scientifica. E con la Storia: l’uomo si è evoluto per la stragrande maggioranza della propria esistenza collaborando ed integrandosi nella natura. E con la logica: se così fosse, la vita su questo pianeta non sarebbe mai incominciata per mancanza di vita preesistente da consumare.

A meno che (e nel caso, sappi che lo dico con tutto il rispetto possibile) tu non sia un creazionista. Nel caso comprendo la tua accettazione del voto sulla Scienza, ma temo che purtroppo il discorso esuli dall’aborto e si debba spostare sulla ricerca di una epistemologia condivisa.

Stai assumendo che l’interlocutore accetti tale gerarchia. Nel mio caso ti va male: sono uscito dal medioevo! :smile:

Ma c’è comunque un buco logico nel tuo discorso: stai assumendo una dimensione parzialmente ordinata lungo cui misurare la complessità, dimensione che però lasci implicita e non dichiarata: come esattamente pensi di misurare la complessità di cui parli?

Confondi un fatto incidentale con una condizione necessaria e strutturale.

L’idea che l’uomo sia strutturalmente e inesorabilmente condannato a distruggere il mondo in cui vive è fondamentale per giustificare ogni sua bassezza irrazionale, ma non è supportata da prove scientifiche.

L’uomo distrugge il mondo intorno a sé solo perché crede di non poter fare diversamente. Ma può.

Non lo vedi perché

  • sei un maschio
  • non è mai capitato ad una donna vicino a te

Non l’hai mai vissuto. Non sai di cosa parli.

In realtà, quando questa situazione drammatica si presenta nella realtà, comporta spesso un dolore enorme nella madre che si trova nella condizione di dover scegliere fra la propria vita e quella di suo figlio. Persino quando ci si trova di fronte alla probabilità di morte di entrambi, per molte madri scegliere fra la certezza della morte del figlio e la probabilità della morte di entrambi non è facile, perché c’è quasi sempre una probabilità complementare che si salvino entrambi.

C’è una differenza profonda fra quando un evento accade e quando è effetto di una scelta libera o è addirittura espressione di volontà attiva. Questa differenza deriva dalla disponibilità di un cervello capace di volontà autonoma. Capacità che, qualora intendessi negarla, è l’unica giustificazione della libertà stessa.

Tant’è che anche il diritto distingue fra l’incidente, l’omicidio colposo e l’omicidio volontario.

Io non pavento niente. Io non intendo imporre o sottrarre nulla, al massimo rendere inutile.

Ti prego, mi fa piacere confrontarmi con chi non la pensa come me, ma ti chiedo di leggere quanto scrivo con la stessa attenzione che adotto io.

Se schiacci un passante in auto cosa se ne fa lo Stato della tua volontà? (se puoi, nel rispondere, non essere troppo volgare… :wink:)

Dunque se ho capito bene intendi abolire le carceri… interessante!

In effetti, rimuovendo il Diritto Penale, lo Stato risparmierebbe un sacco in tribunali, forze di polizia… credo che potresti trovare ponti d’oro nel Movimento 5 Stelle con una proposta di questo genere. Avrai qualche opposizione dagli avvocati penalisti, ma tant’è… non si può accontentare tutti, giusto? :joy:

Per me l’idea che la libertà di un essere umano limiti quella di quelli attorno a lui non risulta affatto scandalosa. Il compito dello Stato, quello per cui detiene il monopolio dell’uso legittimo della forza, è proprio garantire questa limitazione. Altrimenti come pensi di imporre tasse? Se lo Stato ti chiede dei soldi ma tu dici, “No me li tengo, grazie!” e lui non può fare nulla perché forzare la tua volontà è indegno del mondo in cui vuoi vivere, come pensi di finanziarlo?

Guarda, a me piace molto uccidere con la penna (ad essere sincero con la spada non ho mai provato…), però questa è bellissima: in pratica, le donne gravide che vorrebbero abortire (perché hanno provato a non avere un figlio usando tre metodi contraccettivi ma hanno tutti e tre fallito, per esempio) non dovrebbero poterlo fare, giusto? Cioè, appena incinta sono in realtà in galera?

Ho capito bene?

PS: non fare gli appelli alla non volgarità. Sono così volgari, ti prego!

Non vuoi proprio leggere quello che scrivo, eh?

Se sostieni che uno Stato non ha il diritto di decidere cosa fare con la volontà di un individuo, ti faccio notare semplicemente che stai dicendo che non lo Stato non ha il diritto di ridurre la libertà di un individuo.

Non è una affermazione nuova, peraltro. Ed è assolutamente legittima.

Tuttavia non è come funziona questo stato. O come funzionano tutti gli altri stati dell’unione europea. Forse potresti trovarti bene in Vaticano… non riesco a pensare ad un altro Stato che possa avere così tanta compassione per chi viola le proprie leggi.

Tranquillo: ognuno si diverte come può. :wink:

Nemmeno te vedo, allora ti faccio la domanda in modo diretto: secondo te lo Stato (o Mengele) ha diritto di obbligare una donna che vuole interrompere una gravidanza costringendola a partorire contro la sua volontà?

Mi accontento anche di sì o no.

No, oggi lo Stato non ha questo potere.

Né credo che oggi sarebbe saggio concederglielo.

Il che dovrebbe farti intuire quanto poco hai capito di quanto è scritto qui. E fa dubitare me che LQFB possa funzionare come pensa @lynX in quanto basato su testi scritti.

Non ti ho chiesto se oggi lo Stato abbia o meno questo potere, ne se sarebbe saggio concederglielo oggi. Ti ho chiesto se auspichi che lo Stato debba avere o meno questo potere.

(Ancora preferisco credere che tu faccia finta di non capire, ti prego però di non smentirmi mai…)

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Rileggiti:

Noti qualche differenza o sei veramente così allenato al bipensiero? O magari è un problema di tempi verbali?


Comunque ti ho già risposto. Diverse volte.

Prova a rileggere dall’inizio e con calma. Chiedi solo se qualcosa non è chiaro.

Mi è capitato di parlare di aborto con cattolici conservatori, ma una posizione così integralista non l’avevo mai incontrata. Le cose da dire sarebbero molte ma confesso che mi è impossibile discuterne dal telefonino e senza molto tempo a disposizione. Che dire, ognuno ha almeno un’idea stravagante da portare avanti :smiley:

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Ehm… in effetti sono cristiano e cattolico (immagino sia permesso :wink:), ma il ragionamento che ho condiviso qui è assolutamente laico. In nessun passaggio, mi sembra, ho fatto riferimento a precetti di fede o simili.

Né ho proposto un approccio conservatore. Per la verità questo thread non contiene una proposta ma una analisi sociopolitica. Trovi errori in questa analisi? Se sì sono veramente felice di conoscerli.


E’ vero che ritengo sarebbe giusto modificare la struttura della società in modo che sia in grado di supportare pienamente la donna che sceglie di portare avanti una gravidanza dal punto di vista economico, sociale, psicologico, medico etc… Ritengo sarebbe giusto rendere l’aborto inutile, non vietarlo mentre è ancora interiorizzato nella identità di tante donne oppresse dal Capitalismo (e dal maschilismo che le vuole oggettificare).

Perché ti sembra una posizione stravagante? Non che la cosa mi disturbi, come ho detto altrove i Pirati puzzano! :wink: Però sono curioso di comprendere la tua prospettiva.

Ti sono stati riferiti da tre persone. Tu hai deciso che non sono logici. E poi dici che della logica non si può votare. In pratica vuoi fare l’imperatore decidendo cosa è e cosa non è logico. :smiley:

Oibò! Se è così chiedo scusa.

Puoi citarmi i passaggi in cui ho “deciso che non sono logici” e spiegare perché invece lo sono?

Te ne sarei veramente grato. Considera che su qualsiasi tema io sono sempre aperto all’ipotesi di sbagliare. Dunque se hai individuato passaggi non lineari, non chiari o contraddittori, potresti persino riuscire a convincermi!

Mha, io non capisco caro Sharman tutta questa passione anti-abortista, se tu consideri l’IVG un assassinio non è detto che sia così per tutte le donne, questa tua concezione è assolutamente opinabile. Non la rendere assoluta ti prego. Poi la legge sull’aborto, anzi il referendum, è stato votato favorevole dalla maggioranza degli aventi diritto al voto all’epoca, quindi che ti piaccia o no, assassine o non assassine, il popolo italiano nel rispetto delle forme e dei limiti della Costituzione ha legiferato su il diritto d’aborto medicalizzato e gratuito nelle strutture pubbliche sanitarie. Comunque è stato protetto, anche fin troppo, il diritto dei cattolici praticanti di rifiutarsi di praticarlo attraverso l’obiezione di coscienza, anche qui secondo Costituzione. Oggi in Italia gli obbiettori si aggirano intorno al 70% dei ginecologi, in alcune regioni si sfonda il 90% (non pensate solo in sud Italia) ed è risaputo che i ginecologi che praticano l’IVG non hanno molte possibilità di fare carriera. Concludo dicendo che mi sembra una buona legge nonostante sia stata fatta dalla DC, tutte le tue opinioni non possono essere considerate che opinione.

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