Lavoro e Welfare: Unioni Civili

Non c’ero quando è stata votata la proposta originale, però credo più che altro che intendessero che Matrimonio richiama chiaramente alla parola “madre”, e quindi sottointende il genere femminile. Volendo parificare l’unione di qualsiasi genere, è chiaro che non avrebbe più senso parlare di matrimonio. Almeno credo fosse intesa così.

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A me sembra ovvio che il matrimonio, proprio per la possibilità di procreare, sia differente dall’unione di due persone dello stesso sesso e che di conseguenza ci sia la necessità di legislazione differente. Analogamente la convivenza fra persone di sesso diverso è differente dal matrimonio, perché le persone possono liberamente accedere al matrimonio e non vi accedono proprio perché vogliono regole differenti.

Il problema è che (esagerando) mentre il matrimonio ha molti “privilegi” le altre forme non ne hanno. Per questo le altre forme vogliono essere chiamate matrimonio per poter godere degli stessi “privilegi”.

Io metterei qualcosa del tipo: riconosciamo le differenze fra il matrimonio, le unioni civili fra persone dello stesso sesso e quelle di sesso diverso, e quindi chiediamo una legislazione che sia a disposizione di coloro che vogliono stringere un’unione affinché possano sceglierne la forma corrispondente alle loro aspettative. Nel caso più semplice, chi vuole un matrimonio accetta maggiori difficoltà a scioglierlo rispetto ad una convivenza, maggior protezione per il coniuge che viene lasciato, … Analogamente per le unioni civili debbono esserci forme che prevedano forme di maggiore o minore difficoltà nello scioglimento. La politica di “privilegi” saranno finalizzate ai programmi di crescita o diminuzione della popolazione e non a giudizi morali.

La politica delle adozioni dovrà tener conto esclusivamente dell’interesse dell’adottato, a prescindere dalla numerosità e dalla composizione sessuale di chi adotta.

Confesso che non mi è molto chiaro questo passo.

  1. Vogliamo eliminare l’uso della parola “matrimonio” o no?
  2. Vuoi creare diverti tipi di “unioni civili” a seconda del livello di vincoli/privilegi che la coppia desidera? Per esempio? Non capisco molto…
  1. Personalmente non voglio eliminarla.
  2. Ad esempio Unione Civile (o semplicemente Unione) con gli stessi effetti del matrimonio con effetti (ad esempio assegno di mantenimento) anche al di là del termine dell’unione e Convivenza Civile dove gli effetti terminano al momento in cui l’unione finisce.

Credo che molti dei problemi dipendano dalla non distinzione fra le parole uguaglianza e parità. Personalmente sono per il riconoscimento della parità (pari dignità) fra tutte le modalità di unione, ma sono per il valorizzarne le differenze. La stessa cosa per gli individui.

Così come ci sono varie forme di società a contenuto economico ritengo che possano e quindi debbano (scopo dello stato dovrebbe essere quello di massimizzare il benessere sotto ogni aspetto dei cittadini) esserci diverse modalità di unioni a scopo affettivo.

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Le parole sono state scelte così proprio perché lasciavano aperta la strada al poliamore. Secondo me voler limitare il tutto alle “coppie” crea solo un’altra brutta copia del matrimonio. Anticipiamo i tempi, invece di inseguirli!

Inoltre, la questione dei “diritti economici” del matrimonio è una di quelle cose che andrebbero abrogate. Non vedo francamente niente di male se alcune comunità si volessero organizzare come “unioni civili”, come alcune comunità hippy degli anni '60…

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Ho spostato 5 messaggi in un argomento esistente: Cammellaggio

Anche oggi ci si può organizzare senza problemi come alcune comunità degli anni '60. Chi non vuole regole prefissate può fare degli atti privati oppure nulla. I “diritti economici” a mio avviso sono fondamentali nel matrimonio e nelle unioni di ogni tipo, in quanto tutelano il partner economicamente più debole.

Il poliamore (per quanto ne so solo la poligamia) è stato regolamentato per questioni di protezione delle parti deboli (per lo più quando le guerre mietevano vittime maschili lasciando vedove senza sostentamento) ed è proseguito per tradizione. Penso che possa essere regolamentato come società o con atti civili.

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Per tornare IT, posto un articolo di Vice riguardante un ragazzo cresciuto in una “famiglia allargata” poliamorica:

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Riporto in auge il tema, perché ancora non ho capito come mai abbiamo dovuto trasformare la nostra posizione avanzata in una posizione retrograda.

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Immagino dipenda da ragioni di realismo politico (che mi rendo conto essere una brutta espressione). Guardiamo la realtà: siamo un paese bigotto e arretrato, è già tanto se prima o poi un governo riuscirà ad approvare una legge sulle unioni civili prima che all’estero abbiano inventato il teletrasporto. Su questa questione -come su altre, peraltro- secondo me vale la pena applicare la logica de “un passo alla volta”. Non dimentichiamoci che fino a pochi decenni fa le donne non potevano votare.

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Al realismo politico si ci pensi quando sarà una reale necessità. Abbiamo cose più irreali di questa, in mezzo ai vari programmi. Non le elencherò.

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Una distinzione un po’ da secoli passati mi pare… che differenza fa se i bambini arrivano attraverso l’adozione o l’atto sessuale?

Quello che non ci serve più è una situazione economicamente vantaggiosa anche per quelle coppie etero che non procreano… la legislazione per le unioni civili deve valere per chiunque scelga di responsabilizzarsi di uno o più partner… il fatto che poi ci siano in arrivo bambini è un discorso legislativo diverso da trattare in legge apposita.

Ammetto che non sono convinto delle adozioni monocratiche… se una persona non ha la capacità socievole di trovarsi una seconda persona che le vuole stare vicina, forse non è la persone ideale per fare mammo e babba. Ma non ho approfondito questo ragionamento. Per me il criterio importante è che un bambino abbia minimo due persone di riferimento.

Chiedo scusa di avere distrattamente votato a favore dell’emendamento. Spero che un bel dì ritorneremo alla posizione avanzata… la prossima volta puoi contare su di me.

Non ho ancora conosciuto bambini nati per adozione.

Molto bello l’articolo

Per sostenere il divieto andrebbero dimostrate le ragioni per cui sarebbe dannoso farle cadere. Non basta che a qualcuno potrebbe non piacere, che poi se non gli piace basta non sposare più di una persona, semplice.

La domanda è giuridica, non morale, non religiosa, non personale.

Quello che fareste voi è irrilevante, se non per voi e forse per i vostri amici.

La domanda è se ci sono abbastanza ragioni giuridiche per vietare l’ampliamento numerico.

E la risposta è sorprendente: no, non ci sono. http://www.internazionale.it/opinione/chiara-lalli/2016/01/11/matrimonio-diritto-famiglia

Eh, la questione religiosa però esiste. Mi piacerebbe risolverla dando ai preti il potere di imporre legalmente le regole cattoliche sui cattolici, ma rischia di trasformarsi nella saga delle sette USA-style.

Non capisco. In uno stato democratico ognuno segue la propria religione, senza imporla agli altri. Libera chiesa in libero stato, si diceva…

Sì, ma capisci che non sarà facile per le gerarchie cattoliche abbandonare il loro potere, strettamente temporale, sui loro sudditi. Risolviamo rendendolo opt-in.

Così se ti dichiari cattolico (ie: pagando tasse alla chiesa cattolica) e sposi più di una persona, finisci in una prigione cattolica ai lavori forzati. Legalmente.

Spero tu stia scherzando… La Chiesa Cattolica non può avere un potere giuridico sui cittadini italiani… Allora facciamolo anche per le associazioni: se un Pirata viola lo statuto pirata finisce in un carcere pirata, legalmente…?

Era bello pensarci for the lulz (anche se in UK mi pare ci siano servizi di conciliazione islamici o simili), ma forse è meglio di no.

La Calprovocazione è divertente, ma anche realizzabile: La Chiesa cattolica è contro il divorzio? Allora per divorziare devi sbattezzarti e ti tolgono il tesserino per entrare in Chiesa. (e magari non hai più la possibilità di attribuire l’8 x 1000 alla Chiesa cattolica) E così via. Così giustamente un partito, una religione, … impongono le proprie regole solo ai propri aderenti.