Manifesto 2018: La digitalizzazione mette in pericolo la democrazia

L’ho detto in chat e lo ridico qua: so benissimo quante cose stanno andando male in ambito conoscenza… ma non è un tema da manifesto perché richiede troppo spazio spiegare quali cose non stanno funzionando a persone che ritengono altre cose i problemi importanti delle loro vite. Perciò se non puoi spiegare in due frasi come Elsevier gli toglie i soldi per permettersi il cornetto al bar, sei già fuori tempo e fuori tema. E sinceramente non ci credo che il copyright sia lo strumento più grave dell’ineguaglianza — e se non parliamo di ineguaglianza stiamo parlando di roba secondaria. Anche se fossimo in grado di riformare il copyright, non distoglierebbe l’umanità dalla traiettoria verso il cataclisma economico/ecologico.

Agli studenti che ritengono questo il discorso più importante della loro fase di vita è giusto potergli raccomandare un intero capitolo nel programma pirata. Ma nel manifesto ci vuole il grande discorso avvincente… l’elevator pitch che funziona con tutti. Comunque vedo che hai assimilato bene il discorso copyright pirata… :smile:

Bene. Vai a fare il confronto di quanta gente mette la pubblicità generica sui siti web, e quanta va da Faceboogle a comprare i piazzamenti basati su informazioni intime delle persone targhettate. Ci sono libri interi sulla morte della pubblicità tradizionale a causa del capitalismo della sorveglianza. Riguardo alla manipolazione delle elezioni raccomando questi video:

  1. https://youtu.be/mpbeOCKZFfQ
  2. https://youtu.be/n8Dd5aVXLCc
  3. https://youtu.be/zb6-xz-geH4
  4. https://youtu.be/t7epj5tK54M
  5. https://youtu.be/KOpKkgXNb50

Sicuramente ci saranno anche articoli e documenti a riguardo…

… ci sta gente che non ha capito che sta sbagliando? Beh, bisogna spiegarglielo… e vincere le elezioni… dopotutto anche la gente che fa comprare Microsoft alle scuole sbaglia, eppure noi non riteniamo impossibile che un giorno ci sarà progresso…

Anche i manovali dei campi di concentramento avevano un posto di lavoro ben retribuito, eppure era giusto fermare quel tipo di lavoro. Comunque non credo che si debba vietare il marketing — basta tornare ad un marketing anni 90. Basta tornare ad un modo di comunicare con le target group senza sapere cosa fumano e quali porno consumano. Un classico marketing orientato a gruppi di persone, non ad individui dei quali sai precisamente di quali bias soffrono… sai quale trucco psicologico attuare per farli comprare qualcosa che non gli serve. È ben diverso e fino a dieci-venti anni fa questa cosa non esisteva. Ed in questo tempo ha solamente arricchito persone alla cima — non esiste alcun vantaggio per la società.

Se vogliamo che la comunicazione sia più puntuale la cosa giusta da farsi è di lasciare che gli utenti facciano abbonamenti anonimi dei canali d’informazione delle ditte — e non viceversa — che ricevi messaggi psicologici subliminali e non sai nemmeno chi ti sta manipolando a quale scopo. Per questo nella PdL ObCrypto è previsto solo l’abbonamento anonimo, non lo spam psicotarghettato. Va bene se il tuo computer fa una selezione di pubblicità che ti potrebbe interessare, ma l’algoritmo lo controlli tu e i dati che consuma non lasciano il tuo spazio sicuro.

No, non ritengo necessario questo passo se possiamo garantire che il consumo di pubblicità è anonimo, sia se abbonato, casuale o personalizzato dal algoritmo sotto tuo controllo.

È questa la parte che vorrei fossimo in grado di risolvere… perché il messaggio core da dare è forte, chiaro e conciso — ma ci sono delle premesse che non tutti hanno percepito nonostante gli scandali pubblici a riguardo.

Non mi piace per niente che non riusciamo ad arrivare ad un consenso neppure per le cose sulle quali siamo d’accordo. Possiamo approfondire a tal punto da mettere in chiaro in modo razionale perché certe argomentazioni possono funzionare ed altre no? Un testo al ballottaggio non soddisfa le mie esigenze politiche.

Esattamente questo il mio pensiero. Voglio prendere la gente la dove sta con i suoi pensieri… il modo come ogni anno si può permettere un pochino di meno… come mai? Ed aprirgli questo portone di prospettiva che spiega come stanno le cose e quali sono le battaglie da combattere…

Ho fatto un ulteriore modifica, tenendo conto -nei punti che mi sembrano condivisibili- dei papiri di lince. Giusto un paio di ultime considerazioni qui, poi mi taccio:

  1. IMHO il tema del copyright non può non esserci, e non può non stare in cima. Per il semplice fatto che è su quello che è nato il PP, ed è da quello che prende il nome. La consuetudine -e prima di essa la logica- vuole che i Manifesti vengano scritti al momento stesso della nascita di un partito/movimento, e non 12 anni dopo. Ma anche quand’anche si possa decidere di cambiarlo, non sta scritto da nessuna parte che si debba inseguire l’attualità del momento, né tantomeno infiocchettarlo secondo ciò che il lettore ritiene più urgente. Un Manifesto deve dire ciò che per te che lo scrivi è urgente: chi legge può concordare -e magari unirsi al movimento- o discordare, e tornare a guardare YouPorn. Oltrettutto è bene ricordare che non più tardi d’una settimana fa c’è mancato poco che il Parlamento Europeo approvasse una riforma del Copyright che -se approvata- avrebbbe introdotto le tasse sui link e i bot da censura automatica, giusto per compiacere qualche lobby del Copyright (peraltro il pericolo non è ancora del tutto scongiurato: la decisione è stata solo rinviata a settembre!). E’ la battaglia principale della nostra unica rappresentante al Parlamento Europeo.

  2. Se la preoccupazione è quella di parlare di cose che il lettore “medio” possa ritenere non prioritarie, tanto varrebbe darci all’ippica e lasciar perdere il PP. L’italiota medio, alla parola “privacy”, parte col refrain “tanto-non-ho-niente-da-nascondere”; parlare di sorveglianza di massa non è di per sé tanto più mainstream di qualunque altro argomento “core”.

Neanche a me piace troppo come idea, e infatti sto cercando di adattare il testo per venire incontro il più possibile alle “visioni” di tutti. Ma a un certo punto si deve anche arrivare a un dunque.

Se ci dichiariamo incapaci di rinnovarci siamo fritti per definizione. Il copyright può starci da qualche parte, ma certo non in cima perché è proprio lì che la gente smette di leggere.

In tal caso nessuno farebbe riferimento al manifesto vecchio 12 anni, eccetto se fosse scritto in modo tale da non orientarsi solo alla casualità che creò il movimento. Il file sharing, il copyright era solo la miccia — per molti la cosa decisiva era il no 1984. La guerra al file sharing era la dimostrazione che la libertà di comunicazione privata era in pericolo. Già nel 2006, ben prima che se ne rendesse conto il resto della società, e per me quello è il vero pensiero fondante del movimento pirata — quello dal quale si deduce il pericolo per la democrazia — e solo di recente si è aggiunta la prospettiva che ne deriva anche l’ineguaglianza sociale nel mondo.

Se ritieni che siamo in ritardo a scrivere il manifesto del 2006, allora lasciamo stare proprio. Quello che ci serve è l’elevator pitch che si può mettere in un video promozionale, che si può presentare in tre minuti ad un talk show televisivo. Un documento storico non ci serve.

Purtroppo non è in una posizione di occuparsi di cose più importanti come l’illegalità dell’economia di sorveglianza o l’illegalità dei sistemi proprietari, ma anche in ambito copyright questa della settimana scorsa è stata pressoché l’unica temporanea vittoria. :~(

Se i pirati continuano a raccontare la vecchia storia sono finiti.

Esatto. Per questo non parliamo di privacy. Parliamo di come i dati che non ha nascosto gli tolgono i soldi dal portafoglio.

Dato che non ci siamo ancora chiariti, il dunque deve aspettare la comprensione reciproca.

Cercherò dati sul fatturato mondiale e italiano delle pubblicità online in rapporto alla ricchezza privata ma ho seri dubbi che questo fattore sia da menzionare tra i principali squilibri di ricchezza, cifre che fanno impallidire qualsiasi dato sono i derivati e poi in Italia circola tanta droga, se la classe media è frustrata e compra questa anche questo è un serio fattore di drenaggio di denaro.

Droga come sintomo conseguente, derivati come strumento della ricchezza che entra in recursione… la droga ce l’abbiamo nel programma, i derivati non proprio. Forse col punto della regolamentazione delle borse?

Poi l’automazione che ha fatto sparire tanta mano d’opera (post fordismo), perdita della sovranità monetaria che ha avviato una spirale di drenaggio (70-80 miliardi di euro l’anno) verso i più ricchi e spesso direttamente all’estero.

L’automazione che è la faccia “gentile” della digitalizzazione, a confronto con la sorveglianza. Qui si sta convergendo sul discorso post-reddito del dividendo. La spirale di drenaggio non mi è ancora chiara.

Saturazione del mercato e fortissima competitività (causa mercato globale e facilitato dalla Rete) ha diminuito le possibilità del singolo di avviare piccole imprese capaci di competere, e quindi meno prospettiva di migliorare la condizione in cui si nasce.

Alla faccia dei liberisti che predicano ancora che ognuno di noi potrebbe diventare miliardario. Il problema è solo che per ogni miliardario automaticamente ci sono anche miliardi di poveracci, perciò chi casualmente fa la porcheria giusta al momento giusto magari diventa miliardario, ma lascia gli altri sull’orlo del precipizio. Un articolo più chiaro su questo aspetto della globalizzazione ci starebbe bene nel programma.

Istat ha fatto vedere come liberi professionisti e dipendenti, in passato con reddito sensibilmente diverso, siano ora con reddito simile (ovviamente ribassato rispetto al passato). Tutto questo e sicuramente altro hanno portato ad aumentare la disparità ricchi e poveri. Parlare di soli dati personali è sbagliato. Verificherò le cifre come posso comunque.

Anche in questo caso c’è da capire come la digitalizzazione ha influenzato il mercato dei liberi professionisti. Dividendi e drenaggio mi sembrano effetti di ricchezza autoriproducente… giustamente da regolamentare.

Nuovo è il parametro per il quale il mercato pubblicitario digitale è edificato sul capitalismo della sorveglianza. Facebook e Google da soli smerciano 61% del mercato pubblicitario digitale, cioè 25% della pubblicità mondiale generale. Anche le altre ditte digitali stanno perdendo contro i due giganti, perché tali giganti hanno un vantaggio contro gli altri: Facebook ha i dati sociali della popolazione umana. Google, attraverso i vari fonts e analytics inclusi aggratis sui siti, ha una visione globale di dove la gente va e clicca (ci si aggiunge ‘search’ e youtube). Entrambe le ditte usurfruiscono di database che secondo me non dovrebbero potere esistere e distorcono il mercato pubblicitario. Investire in pubblicità senza accesso ai dati intimi dell’audience non conviene più… quei dati illegali hanno creato una necessità di essere utilizzati. Agire eticamente non è un opzione, resti svantaggiato sul mercato.

Nella lista dei top stronzi (continuo a chiamarli così perché per arrivare tra i top cento ricchi del pianeta non puoi essere eticamente integro… devi per forza essere stronzo) ci stanno i capi dei grandi monopolisti digitali. Abbiamo parlato poco di Amazon, ma quella ditta è riuscita a piazzarsi come l’interfaccia mondiale allo shopping. Se la gente non ha una via o una piazza in Rete da camminare per vedere le offerte indipendenti, separate topologicamente, si crea questo effetto che tutti usano la piattaforma shopping, che però in realtà sa come “tassare” la spesa ed arricchirsi dal nulla, semplicemente facendo i men in the middle. Anche qui servirebbe una regolamentazione, una specie di statalizzazione e decentralizzazione obbligatoria dello shopping digitale. Amazon non può essere legale. È una ovvia infrazione dell’antitrust. E cosi via facendo… se stiamo a dire cose nel nostro manifesto che si possono leggere anche nei papiri di altri partiti, non parliamo a voce alta… non diciamo cose scandalose, sorprendenti ed innovative. Dobbiamo mettere il focus anche sulle prospettive nuove…

Drenare significa togliere liquidi e liquido è una metafora per denaro. Il debito pubblico ha permesso di crescere oltre le immediate possibilità, ma nel lungo periodo dovendo dare interessi ai finanziatori, si crea un drenaggio di soldi verso i più grandi capitali. Questo meccanismo è tollerabile finché si cresce (dogma della crescita finanziaria), quando non si cresce più è un macello. Spirale è una cosa che si avvolge sempre più stretta, infatti questi meccanismi di trasferimento di soldi, restando nell’esempio del debito pubblico, sono cumulativi, ogni anno viene sottratta una cifra e quindi scende il livello di denaro disponibile per la maggior parte delle persone.

Una percentuale è più o meno importante in relazione alle cifre a cui si applica. Vediamo i dati dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano. Siamo dunque limitati alla nazione italiana: 7,7 miliardi di euro nel 2016 per le pubblicità totali (cioè anche radio, tv e stampa come sempre è accaduto), mentre 2,36 miliardi sono quelli spesi per le pubblicità in Internet. Viene indicato non il 61, ma il 75% come mercato di Google e Facebook (2016).

Quanto valgono i dati personali che gli italiani hanno barattato con servizi di vario tipo? Stando all’Istat nel 2016 eravamo 60.665.551 di individui, però solo il 66% ha accesso alla Rete da casa (anno di riferimento 2017 su termometro politico). Non ci interessano i dati esatti, però consideriamo 40.000.000 di individui su Internet che permettono un mercato delle pubblicità sul Web di 2,36 miliardi. Mediamente i dati di un individuo valgono all’anno: 2.360.000.000 / 40.000.000 = 59 €. Tra l’altro non tutte le pubblicità sono mirate, alcune si basano maggiormente sul contesto di apparizione, piuttosto che sul tracciamento ed il re-marketing. Quindi potrebbe essere un po’ meno, ma consideriamo 59 €. Domande:

  1. Concedere dati personali tramite servizi gratuiti e permettere di realizzare campagne pubblicitarie mirate ci sta rendendo più poveri? Direi proprio di no. Anche perché 59 € l’anno li dovrei comunque spendere in servizi a pagamento che non utilizzino i miei dati.
  2. Gli interessi sul debito pubblico sono 66 miliardi di euro (anno 2016, da qualche anno sta molto lentamente scendendo, ma la dinamica non si risolverà facilmente, ci sono effetti collaterali sul modo in cui si paga o nuovi capitomboli dietro l’angolo… tutto può accadere, l’Italia è una polveriera). Ad ogni modo, sulla popolazione italiana prima indicata (questa volta al completo: 60 milioni), mediamente ogni individuo deve dare 1.088 € l’anno ai finanziatori ogni anno (se avevamo la sovranità da sempre gli interessi erano 0%). Questo fa impallidire (in termini finanziari) i 59 € di dati personali. Non possiamo dire che Faceboogle ci stanno impoverendo per questo… Non è così.

Quindi il discorso dati personali e profili resta prettamente di interesse etico e di ripercussioni politiche, di pericoli per un nuovo totalitarismo, ma non lo si può considerare un danno finanziario. Se le cifre mondiali sono enormi, occorre anche tener conto che si passa dall’Italia al mondo, da 40 milioni di internauti a svariati miliardi. Se si è il primo motore di ricerca ed il primo social network si è miliardari “da far schifo”, ma non è comunque additabile come causa di impoverimento.

Nazionalizzare i servizi che diventano unici (o quasi) di fatto: sistema operativo, motore di ricerca, social network, shopping digitale. Mmmm, è una ricetta da far strabuzzare gli occhi, però ha una larga parte di ragione e ho in mente molti argomenti per una scelta così radicale (sistema operativo open source per la trasparenza, motori con algoritmi nell’interesse dei cittadini e non del mercato, social network etico by design … ). Però, è una di quelle cose follemente difficile da far digerire. Magari sarà così tra… un secolo.

Naturalmente senza vietare le alternative private e proprietarie, però se esiste non un vincitore (60% rispetto a 40%), ma un super vincitore (85% mio 15% da dividere tra rivali), allora il super vincitore viene nazionalizzato. Effettivamente, fa parte di casi limite in cui lo Stato deve intervenire e regolamentare gli estremi del mercato, anziché stare a guardare. Purtroppo, il potere dello Stato diventa molto fragile di fronte alle immense risorse di certi imperi economici. Sarà molto molto dura, come minimo tocca muoversi a livello di Stati Uniti d’Europa, ma diversi economisti indicavano la necessità di un governo mondiale. Però, l’unione non c’è, al massimo pretendenti al “trono”, come sempre è accaduto nella storia.

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C’ho pensato un paio di giorni. Ma se il tema fossero, appunto, i “dati” ?

Ho elaborato un veloce volantino (https://imgur.com/a/2sZKTqU) con una sola grande scritta “Dove sono i miei dati ?” che, nel retro, potrebbe contenere una spiegazione abbastanza veloce su tutti gli usi, dalla profilazione al furto di identità, dei nostri dati personali.

Semplice, diretto e, a mio modesto parere, efficace. Sia su un A5 che su un 6x3. Come campagna promozionale di autunno potrebbe funzionare.

Michele

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Bella ricerca. Okay. Hai vinto. Mi dispiace un po’, perché argomentare sul borsellino individuale è più efficace di stare a spiegare come la predisposizione alla manipolazione elettorale ci toglie la libertà… ma presumo che ci tocca ragionare in quei termini allora.

Forse non nel modo diretto, come hai fatto bene ad evaluare, ma in qualche modo queste ditte sono riuscite a stare ai primi posti delle classifiche di ricchezza, perciò in qualche modo il drenaggio dalle nazioni verso Silicon Valley sta avvenendo. Bisogna capire come.

Un aspetto forse non hai colto in pieno, ma non so quanto può “costare”: Se i Faceboogle si mangiano il mercato pubblicitario, quante PMI in ambito pubblicitario devono chiudere o ridurre lo staff? Quante persone in Italia restano senza lavoro perché lo spaccio di pubblicità si sposta verso la California?

Se l’ineguaglianza fosse minima, potrei accettare questo ragionamento… ma meno di cento persone possiedono altrettanto quanto la metà della popolazione umana, e la digitalizzazione sta in cima alle classifiche. Ci deve essere qualcosa che ci sfugge.

No, non dico nazionalizzare. Nel nuovo documento YBTI che sto proponendo spiego come queste funzioni sarebbero da decentralizzare, nazionalizzando lo sviluppo e la scelta dei software che realizzano tale decentralizzazione, ma non i servizi ed i dati coinvolti stessi!

Esatto. Qui bisogna fare il confronto con altri servizi essenziali e ripristinare l’antico concetto Rooseveltiano della eliminazione di monopoli sul nascere — cosa che Clinton/Greenspan abbandonarono per godersi un temporaneo momento di crescita economica sacrificando democrazia e giustizia. Un grave errore strategico nella politica USA che ancora oggi ha ripercussioni mondiali.

È il compito di movimenti come il nostro di chiedere quel che è giusto, anche se la corruzione strutturale* ci impedisse realizzarlo. In questo specifico caso posso immaginare un successo, dato che tutti gli interessi sono concentrati in California e l’Europa ha solo da guadagnarci.

*) Esistono lavori scientifici che confermano che i superricchi dominano la politica, ma non ce li ho alla mano (ho qualcosa in tedesco…)

Ironicamente non riesco ad accedere ad imgur.com senza dargli accesso ai miei dati (in forma di esecuzione Javascript)… perciò non l’ho visto…

Bella, mi piace il tuo spirito di iniziativa…

La mia vena perfezionista mi fa pensare due cose… nulla che ti debba frenare, ma mi piacerebbe approfondire…

  1. È abbastanza forte il claim, o sarebbero solo le persone comunque già sensibilizzate ad interessarsi ad un tale volantino? Cinque anni fa un volantino del genere in Italia non avrebbe interessato nessuno, mentre in Germania andavano bene — sono cambiati i tempi?
  2. Il problema dei dati è che, una volta dati non tornano mai più indietro (ammazza, che wordplay). Una volta venduti non si sa che cosa ne saranno le conseguenze. Che tutti gli usi illeciti sono finalmente illeciti, ma quanto può servire, se l’infrazione non è ne rilevabile ne comprovabile davanti ad un giudice? Se le conseguenze sono talmente effimere, si presentano in forma di attacchi specifici alla tua persona e provengono dal nulla?

Può tale volantino trasmettere quel senso di profondo terrore, che questa situazione dovrebbe suscitare? :smiley: If yes, then please do!!

P.S. Questo concetto di “attacchi specifici” mi sta attivando la fantasia… immagina se dei bastardi criminali si inventano strategie psicologiche per farti firmare contratti per assicurazioni inutili o roba del genere? Lo scandalo CA ci ha mostrato come si possono vincere elezioni, ma se ai fessi egoisti questa cosa non fa abbastanza paura, possiamo comunicare che viviamo in un tempo nel quale un messaggio psicologico subliminale ti può manipolare da buttare i tuoi risparmi dalla finestra? O di farti credere che tua figlia sia una terrorista?

Ecco ad esempio:

" 2. Il problema dei dati è che, una volta /dati/ non tornano mai più indietro (ammazza, che wordplay). Una volta venduti non si sa che cosa ne saranno le conseguenze. Che tutti gli usi illeciti sono finalmente illeciti https://youbroketheinternet.org/GDPR, ma quanto può servire, se l’infrazione non è ne rilevabile ne comprovabile davanti ad un giudice? Se le conseguenze sono talmente effimere, si presentano in forma di attacchi specifici alla tua persona e provengono dal nulla? "

dove sono le garanzie e la mia capacita veloce e pratica di verifica quando svolgo un prelievo del sangue che questi dati non vengono memorizzati “segretamente” semplicemente intervenendo al momento giusto e nel posto giusto all’interno del processo…considerando che è un colabrodo.

Una volta che il mio DNA è in giro…ecco non torna piu indietro…

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sessione anonima del browser ? Oppure suggeriscimi un altro repo temporaneo, perché vorrei farti vedere come viene fuori aggiungendo, sotto al claim principale, la frase da te ideata “I tuoi dati, una volta dati, non tornano più indietro” (che trovo bellissima !).

P.S. ho caricato l’aggiornamento su UltraIMG: https://www.ultraimg.com/image/OAg6

Michele

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Devo fare un appunto. Mi è capitato nel corso degli anni di sentire molti miei coetanei che usano lo smartphone senza capirci granché, cioè usano i servizi più comuni (facebook, whatsapp, ovviamente chiamate, sms, foto… qualcuno che si diverte senza pensieri con app di terze parti tra le più varie) e se si introduce anche solo l’ombra del problema dei propri dati, la reazione emotiva è questa:

  1. Che noia. Che pesantezza. Bisogna vivere più sereni e farsi meno problemi (sia per l’ambiente, figuriamo per questioni ancora più astratte). Capisco perfettamente che la complessità non piace, anzi la tecnologia ci abitua appunto ad avere sempre tutto più facile e pronto. Non critico l’emozione, però ve la riporto: accade spesso.
  2. Qualche volta ho anche sentito risposte per cui si viene considerati “complottisti”. Parliamo di aziende serie, i cittadini sono tutelati, la polizia ed i servizi segreti devono poter guardare e controllare così come lo ritengono opportuno, la società si basa anche sulla fiducia, ecc.
  3. Di fronte a problemi e temi drammaticamente avvertiti: disoccupazione, pressione fiscale, immigrazione, difficoltà di aprire nuove aziende e fughe all’estero (non so se ora mi sfugge altro a livello di problemi percepiti - non necessariamente effettivi), di fronte a questi temi, iniziare a parlare di dati può sollevare un “chissenefrega”, “ci penseremo poi”, “ci sono altri problemi”. Questo tipo di risposta implicitamente l’ho ricevuta in svariate occasioni, che poi è simile alla prima.
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mai sentita roba del genere

il disappunto ricevuto di alcuni ai quali faccio notare le implicazioni sono legate ad un approccio “fuzzy” alla privacy…

non è una questione di bianco o nero di diritti calpestati di valori assoluti

ma di quanto si viene svergognati nella cerchia di interesse…

man mano che si esce e ci si allontana da quella cerchia il problema tende a svanire

implica

se i dipendenti di G e FB si fanno le pippe in gruppo con le foto della ragazza beh questo non è un problema fino a quando quelle foto non vengono pubblicate nel SN di interesse del circolo degli interessati alla fuga delle info

per il punto 1) mollarli nel loro brodo per il punto 2) mollarli nel loro brodo per il punto 3) fare loro capire quanto dei problemi legati a disoccupazione, pressione fiscale ecc… potrebbero essere risolti con un uso consapevole e democratco delle tecnologie. Noi siamo qui apposta :smile:

Esatto. Reazione che capita sentire anche a me, nonostante sono nella città più sensibile a questi temi, forse del mondo. L’errore sta nella mancanza di comprensione come i problemi percepiti come importanti sono intrecciati con il problema dati. Ricito la frase che Cory Doctorow mi rubò dalla bocca… Ci sono molte battaglie più importanti della libertà della rete… ma saranno decise su Internet

Esatto, non è un problema percepito e compreso nelle sue implicazioni…

Possiamo delineare l’incapacità dei nostri elettori di votare per i propri interessi data la nuova condizione di disinformazione microinvasiva e, se necessario, violenta? Possiamo comunicare come i loro problemi percepiti hanno problemi più grossi a monte? Invece di un normale manifesto, che ne direste se facissimo una web-app — il priorizzatore?

Intanto entrambi i testi proposti stanno progredendo molto bene… grazie del lavoro svolto!

oi, ora sono in “ferie” e non ho la testa per mettermici, ma appena rientro nella merdaccia quotidiana inizio a leggere il lavoro che state facendo :smile:

Nelle nuove versioni siete però retroceduti a vecchi cliché. Va bene, sono disposto a farmi convincere da un testo ben scritto che si debba parlare di copyright… ma, ragazzi, così come mi appare adesso non mi convince.

“Copyright e brevetti si aggrappano ad una scarsità artificiosa.” Se la natura del digitale è che la copia non costa nulla, per fare rispettare i diritti di un autore è inevitabile una scarsità artificiosa. So bene quanto c’è da criticare nel modo come tali diritti sono attualmente definiti, ma di aprire il manifesto politico di un movimento con un tema di nicchia ed un posizionamento politico ingiusto nei confronti degli autori non promette bene. Lo so che le nostre intenzioni sono diverse, ma chi dei pirati ha solo sentito le critiche cliché arriva a mezzo manifesto e si sente confermato di tali cliché: i pirati vogliono avere tutto gratis e non ricompensare gli autori.

“Da troppo tempo l’economia non amministra più le risorse, ma calcola i profitti.” Che significa? L’economia doveva amministrare le risorse?

“Tutti obbligati a cercare un’occupazione per sopravvivere…” Ah, anche qui confermiamo il cliché che i pirati non vogliono lavorare, invece di spiegare in modo convincente come i sistemi di sussidio costruiti attorno al lavoro non funzionano. “Per godere della vita anziché vivere per produrre.” Idem.

Isole di plastica negli oceani, fonti potabili inquinate, aria irrespirabile nelle città, moria degli insetti, surriscaldamento che si traduce in siccità, alluvioni, uragani. Limiti critici che il mondo ha deciso di rispettare durante la Cop21 a Parigi, ma non si sa dove diavolo iniziare.

Aria contaminata okay, irrespirabile esagerato. Noi sappiamo dove diavolo iniziare— lavorando sui trattati, agendo sul mondiale attraverso l’Europeo. Il paragrafo seguente parla d’Europa, ma non mi pare ben illustrato il collegamento causale. E non si parla delle urgenze strutturali, del modo come l’Europa e la governance mondiale necessitano riforma.

Le derive del mercato globale sono in parte inevitabili, ma come continente abbiamo maggiori possibilità di arginarle.

Le derive non sono inevitabili… necessitano di riforme di governance mondiali… democrazia liquida al governo in tutto il pianeta, o qualcosa di equivalente. Ma non è vero che è impossibile.

L’Europa è anche cultura, ampia e resistente contro l’ignoranza e la demagogia.

Questa si è dimostrata falsa come prospettiva idealista. L’ignoranza e la demagogia si fa spazio attraverso i social manipolativi e l’Europa non riesce a farci nulla — basta guardare la Svezia che di problemi non ne ha, eppure la Rete è riuscita a fabbricarli.

Facciamo una rivoluzione democratica! Ai partiti tradizionali non crede più nessuno, si vota per disperazione o non si vota più. La corruzione attacca facilmente le strutture centrate su un leader e cresce la sfiducia. Dobbiamo invertire la rotta. Sperimentiamo nuove forme di aggregazione, dialogo e consenso.

Qui si intravede un barlume di una prospettiva nuova. Finalmente. Ma perché parlare di esperimenti come se non fossimo gli inventori dell’unico strumento a nostra conoscenza adatto a trattare il problema strutturale della democrazia rappresentativa? La sperimentazione l’abbiamo già fatta. Del resto tutti sono convinti che il M5S abbia già seguito questo sentiero.

Il manifesto deve esprimere già nel primo paragrafo quanto si è diversi dal M5S, e non ripetere cose che nel programma 2009 del M5S si trovavano a pagina 53 (o giù di lì, sto numero me lo sono inventato).

Gravi minacce alla democrazia provengono dalla profilazione di massa, che insieme alle fake news, ai contenuti emotivi, soprattutto violenti, permette di applicare individualmente tecniche psicologiche e di marketing per influenzare l’esito delle votazioni, destabilizzare un governo, o suggestionare la popolazione affinché offra il consenso voluto. Alcuni regimi su questo pianeta sono disgustosamente avanti in queste distopie. Censura, restrizioni a link e contenuti, sorveglianza degli internauti vengono spacciate per soluzioni! Non lo sono affatto.

Ora parliamo di problemi seri, ma non di soluzioni. “Non lo sono affatto.” Ah si? Spiega, approfondisci…

Spezzare i monopoli digitali per incentivare la creazione di nuovi beni comuni: questo è ossigeno! Sistemi operativi e applicazioni libere e open source.

Lo diciamo noi, ma le prove? Mi suona anche un po’ cliché. Manca giusto dire che la blockchain risolverà tutti i mali, come se avesse alcun cosa a che fare… inoltre elenchiamo cose che già ci sono… ed in quale modo il software libero possa spezzare i monopoli… perché in realtà non ci riesce. Se non parliamo di interventi legislativi concreti, quelli che IMPONGONO il software libero e VIETANO la centralizzazione proprietaria, qui tutto suona un po’ fuffa. Non è novità. Robe che abbiamo già letto nel manifesto M5S nove anni fa.

Una pluralità di reti sociali e motori di ricerca senza distorsioni pubblicitarie.

Questa non è politica ufficiale del PP-IT. Non dico che #ObCrypto sia la via ufficiale, ma contrasta questa frase: se ogni scambio sociale per definizione deve avvenire tra le persone comunicanti, utilizzando nuovi protocolli nativi e senza passare per terzi che attualmente accedono a dati e metadati, le “reti sociali” sono strutture informali, senza nome, senza brand, senza pubblicità per definizione— sono gruppi chat privati. O si spiega questo concetto, o lo si tralascia (ma dubito che possiamo scrivere un manifesto avvincente se non ci mettiamo almeno una o due proposte politiche veramente innovative) — ma di allinearsi alla comoda posizione bloggheresca che basti decentralizzare i social per risolvere il problema è non solo banale, è anche falso.

La neutralità della Rete, la crittografia end-to-end e l’anonimizzazione delle comunicazioni per tutelare la corrispondenza privata.

Detto così pare cose che, o già abbiamo, oppure cose che gli altri partiti stanno già proponendo in ambito europeo. Non puoi tralasciare l’aspetto più importante: che ci vuole un OBBLIGO alla protezione e l’anonimato affinché queste cose non siano opzioni poco popolari, disponibili agli eccentrici, ma la condizione normale dell’essere in Rete, necessario alla difesa della democrazia.

Del resto la “neutralità della Rete” è implicita: se i contenuti sono protetti è impossibile manipolarli per scopi commerciali. E ridicolmente di poca importanza al confronto con gli altri aspetti, ma lo si può fare intendere che chi combatte per la neutralità della Rete non sta combattendo per i problemi a monte. Si sta occupando di un sintomo che neanche esisterebbe. Dobbiamo mettere in chiaro che chi combatte per la neutralità della Rete non ha capito il vero problema.

Noi non abbiamo un leader. Abbiamo scelto la democrazia liquida, in cui il potere viene distribuito, delegato a persone di fiducia e per temi specifici, costantemente controllato e revocabile. Tuteliamo la convivenza, diamo valore alle argomentazioni con basi storiche e scientifiche.

Finalmente qualcosa di nuovo! I pirati allora sono diversi dal M5S? Ma il M5S non aveva detto che i pirati sono falliti a causa della democrazia liquida? Come spieghiamo che non è andata così, che la democrazia liquida funziona mentre il M5S non?

La politica è un programma complesso, ma di tutti i programmi si può fare il debug!

Ah, giusto… ma quante persone comprendono ciò? E non è qualcosa di comunque evidente… che le leggi si cambiano se sono sbagliate?

Bastano poche persone per portare grandi progetti al successo. Mostriamo al mondo un nuovo modo di fare politica e saremo a metà dell’opera! Yo-oh! Sali a bordo!

Questa mi piace. Mi piace che metti in chiaro che non è importante essere in tanti per partire. Giustissimo.

Purtroppo, fossi un interessato senza conoscere gli approfondimenti, non sarei arrivato a questa frase.

Scusa se neanch’io ho le idee chiare come scrivere questo manifesto— so solo che se mi immedesimo in una persona qualsiasi, anche questo testo non mi convince.

In questa prospettiva riesamino la versione “seria” del testo. Trovo “La più grande conquista dell’umanità è la conoscenza ed è logico renderla libera e gratuita.” un modo assai più avvincente di aprire il discorso, anche se politicamente continua a non convincermi.

Vogliamo difendere il giusto compenso per gli autori, ma anche tutelare la libertà di condivisione e la creazione di opere derivate…

Ah okay, non mi pare ancora molto importante come tema politico, ma almeno stavolta mi suona giusto nei confronti degli autori.

Lo squilibrio della ricchezza peggiora ovunque. La globalizzazione ha permesso a molte grandi aziende di minimizzare le imposte, ai super ricchi di avvalersi di paradisi fiscali, al mercato e alla finanza di spingere la competizione oltre i limiti etici, causando danni ai lavoratori e all’ambiente. Aumentano le migrazioni per povertà e chi non ha i mezzi per andare oltre le proprie condizioni di nascita.

Bravo! Devo dire che un testo che argomenta bene È MOLTO PIÙ EMOZIONANTE PER ME che uno “emotivo” che però non offre argomenti convincenti. Questo è un tema serio, uno da mettere a capo del manifesto! Sempre che poi si riesca ad argomentare anche prospettive di soluzione…

In prospettiva mondiale, vogliamo realizzare un reddito di esistenza per mitigare povertà e migrazioni, e incentivare sistemi scolastici e universitari gratuiti.

Detto così suona meglio… ma stiamo tralasciando il problema a monte, come riprendersi le ricchezze disperse per poterle ridistribuire.

Cerchiamo la collaborazione tra stati e l’Europa è una risorsa per limitare le derive del mercato globale, ormai in parte inevitabili, e per avvalerci di una base culturale progredita che prevenga i danni dell’ignoranza e della demagogia.

Di nuovo i due punti che ritengo sbagliati… basta introdurre una tassa d’importazione mondiale per limitare le derive del mercato globale. E la base culturale è un concetto che funziona solo se non esiste manipolazione individualizzata via social — inutile appellarvisi senza affrontare il problema a monte. Meglio allora metterlo in prospettiva, dato che intendiamo affrontare quel problema a monte.

Il testo continua in stile ed argomentazione assai più convincenti della versione emotiva, ma continuo a non essere d’accordo su questa parte come descritto prima:

La risposta non è la censura, né le restrizioni a contenuti e link, ma spezzare i monopoli digitali per incentivare la creazione di nuovi beni comuni: sistemi operativi e applicazioni libere e open source; una pluralità di reti sociali e motori di ricerca senza distorsioni pubblicitarie.

File sharing, cultura hacker e progetti liberi hanno portato i semi per una nuova visione dell’economia e della politica.

Addirittura il file sharing che di fatto è già mezzo morto? No, ragazzi… questo lasciatelo dire ai giornalisti, ma proclamarlo di nostro lo trovo senza fondamento.

È sufficiente una piccola percentuale di partecipanti per portare grandi progetti al successo. Dunque coraggio! Sali a bordo!

Qui perde entusiasmo… meglio la versione nuova del finale. Il resto invece meglio in versione originale…

Molto meglio questo testo che comincia subito con i problemi seri per l’umanità se ci tolgono la democrazia… non saremo in grado di occuparci ne di ineguaglianza ne di salvare il pianeta che ci ospita.

La libertà della conoscenza ce l’abbiamo mai quanto prima nella storia dell’umanità, ma purtroppo non impedisce la manipolazione. Perciò occuparsi di elsevier quando in realtà il problema è Facebook, è come occuparsi dei piatti sporchi quando la casa è in fiamme. Il problema copyright resta marginale e deve apparire nel manifesto nel giusto contesto. Se seriamente richiediamo la protezione di tutte le comunicazioni private, lo scambio di conoscenza diventa di fatto incensurabile — il problema fondante del movimento pirata si risolve da sé — e poi non sono d’accordo che il no1984 fosse meno importante, già nel 2006.

Perciò devo dire che questo è il testo più attuabile come manifesto, e bisogna raffinarlo. Cestiniamo il resto.

@Exekias … riguardo al testo tuo

La Rete può essere l’invenzione in grado di rendere il mondo un posto migliore. Può essere usata per garantire il libero accesso e scambio della conoscenza, dell’informazione e della cultura. Può essere l’arma decisiva contro i regimi dittatoriali, l’oscuratismo, la corruzione.

Oscurantismo con la enne. Già non sono d’accordo. Viviamo in un mondo nel quale i problemi ormai sono peggio e la mera trasparenza non impedisce che gli abusi si organizzino in modo diverso, sempre, si, opaco, ma in un modo che schiva qualsiasi forma di imposizione di trasparenza che noi ci possiamo immaginare… perciò le nostre riforme del copyright sono belle ed importanti… cacchio, ne sono un po’ co-autore… ma non ci salveranno da un regime totalitario mondiale se continuiamo a permettere il lavaggio dei cervelli via Faceboogle e company. Non basterebbe nemmeno richiedere la pubblicazione degli algoritmi che ci sarebbe sempre chi ne mantiene alcuni di nascosto… l’unica cosa che funziona è di impossibilitare che i dati siano accessibili alle persone sbagliate.

La cosiddetta “Proprietà Intellettuale” continua ad espandere il suo nefasto raggio d’azione ( ormai si brevettano anche semi, piante e animali), creando monopòli e rendite di posizione a beneficio di pochi privilegiati e a danno della collettività.

Si, va bene, ma il problema più importante ora è 2. come ridistribuire la ricchezza che si sono presi e 1. come assicurarsi che il futuro torni ad essere democratico. Solo allora possiamo occuparci di 3, i metodi in uso per aumentare l’ingiustizia. Capisci che il copyright è un problema consequente e non a monte?

Tutto ciò è stato possibile perché nell’era del digitale abbiamo perso la percezione del nostro diritto alla privacy. Nel “vecchio” mondo analogico il ritrovameto di una busta da lettera strappata nella cassetta della posta ci avrebbe fatto correre a protestare all’ufficio postale; ma nell’era del digitale accettiamo di buon grado che non solo la nostra corrispondenza, ma anche tutti i nostri spostamenti siano tracciati e registrati h24 da dispositivi che, Costituzioni alla mano, sarebbero illegali.

*ritrovamento. Bellissimo questo. Ma non indichi in quale modo il PP intende risolvere questo dilemma… passi direttamente alla descrizione del prossimo.

Vogliamo che la Rete stessa diventi un Bene Comune, neutrale, libero e accessibile a tutti.

Troppo astratto. Non si capisce in quale modo sarebbe diverso.

Vogliamo che il diritto alla riservatezza della corrispondenza, prevista dall’Articolo 15 della Costituzione, venga garantito anche nell’era del digitale.

Facile volere, ma come fare?

Vogliamo costruire una società nuova, in cui a tutti gli individui sia riconosciuto un Reddito di Base in grado di garantire dignità.

Ah ma allora è vero che siamo il partito delle cose che Vogliamo Aggratis? Senza come ed in questo caso addirittura senza spiegare perché?

Ma per raggiungere questi obiettivi il solo hacktivismo non è sufficiente.

Per chi capisce questa frase, si.

Occorre fare Politica, nell’accezione più nobile del termine: portare le battaglie nelle Istituzioni, perché è lì che si scrivono le leggi.

Bella. Dovrebbe essere implicito nella definizione di partito ma siamo un partito che necessita spiegare questo aspetto.

L’offerta politica attuale, tuttavia, è desolante. Ai partiti tradizionali" si sono di recente contrapposti quelli cosiddetti “populisti”, che altro non sono che il risultato del marketing elettorale da Big Data, stile Cambridge Analytica. L’offerta plasmata sulla domanda, il “senso comune” elevato a programma di governo anche contro ogni evidenza scientifica e razionale.

Eccellente critica… ora dobbiamo chiarire in quale modo noi non potremmo mai essere come loro…

Il Partito Pirata esiste dal 2006 in svariati Paesi del mondo. In Italia abbiamo deciso di darci una struttura orizzontale, praticando la democrazia liquida e assegnando ad un organo collettivo (l’Assemblea Permanente, insieme di tutti gli iscritti) la centralità della gestione del Partito; abbiamo deciso di non avere Capi, padroni e “Grandi Leader”, perché ci pare che questi abbiano già fatto abbastanza danni nella storia.

Bello… eviterei il claim “orizzontale” dato che la democrazia è più una struttura di piccole valli e colline, ma appunto senza un vulcano al centro.

Abbiamo scelto di credere nell’intelligenza collettiva, lasciando che qualunque membro dell’Assemblea Permanente possa avanzare proposte e intervenire su quelle altrui. Questo significa far politica in modo nuovo. E per farla abbiamo bisogno anche di te.

Bello anche questo, anche se a me pare sempre importante fare il punto che “l’intelligenza collettiva” è un fenomeno non da noi attivamente ricercato, ma consequente dall’uso di dem. liq.