Visto che @Nez mi ha contestato altrove di non aver riportato correttamente il suo pensiero in quanto «pretendere che non si abbia la doppia tessera» non significa esplicitamente «espellere chi vorrebbe averla» è probabilmente bene chiarire questo punto.
Se qualcuno dovesse avere la tessera di un altro partito, e volendo mantenere tale tessera, dovrebbe in qualche forma essere necessariamente espulso (@Nez contesta che potrebbe “scegliere liberamente”, ma è chiaro che se qualcuno liberamente scegliesse di non farlo ci dovrebbe essere un modo per farlo scegliere un po’ meno liberamente, visto che non possono darsi contemporaneamente le condizioni di essere libero, avere doppia tessera e stare nel partito). “Qualcuno” dovrebbe decidere per qualcun altro cosa questo deve fare (stare o andare, semmai valutando il tipo di tessera: e qua non entro nel dettaglio sulla tessera radicale che finirebbe per dare tanta delusione a @Nez).
Ora. @Nez stai sostanzialmente sostenendo che ci dovrebbe essere una regola nello statuto che imponga ad una persona di fare o non fare una certa cosa se vuole aderire o stare nel partito, oltre all’accettazione dello statuto stesso e il pagamento della quota. Cioè una persona deve essere o comportarsi in un dato modo.
Ti rendi conto da solo che quest’approccio non è né liberale né libertario. E cioè che lo statuto di una organizzazione liberale, e a maggior ragione libertaria, dovrebbe limitare il potere degli organi verso i singoli e non dei singoli verso gli organi del partito. Sono gli organi del partito ad essere al servizio dei singoli e non viceversa.
Quando @solibo ti contesta una posizione marxista-leninista, non fa un’offesa personale, lo fa in termini politicamente (o ancora di più “organizzativamente”) propri.
Certamente possiamo decidere che ciò sia: ne è piena la storia d’Italia di partiti “esclusivi” figuriamoci, ma —di nuovo— questo va nel senso diametralmente opposto all’impegno che abbiamo messo nel connotarci politicamente e nel vivere questa connotazione addirittura facendo entrare il “diverso” persino in noi con tutto il discorso sull’art. 67 della Costituzione, per volere essere un partito veramente costituzionale.
Possiamo decidere di essere altrimenti, senza dubbio. Ma a me sembra essere una “posizione” che farebbe crollare, uno dopo l’altro, tutti i tasselli del nostro discorso politico sulla transizione alla società della conoscenza, in cambio di che? Di un qualcosa che non saprei come altro chiamare se non come esaltazione della purezza di una “identità”, che in sé e per sé, viene a dissolversi nel momento stesso in si afferma in questo modo.