Quelli che seguono sono perlopiù fatti. Le opinioni personali stanno in fondo, e mi paiono semplicemente la logica conseguenza dei fatti.
Il Reddito di Esistenza non esiste in nessun posto al mondo
Perlomeno se per RdE si intende ciò che in inglese chiamano UBI (Universal/Unconditional Basic Income), ossia una somma di denaro sufficiente a coprire la soglia di povertà, elargita su base individuale a tutta la popolazione residente in un determinato territorio, dalla nascita (o per i più “realisti” a partire dai 18 anni) fino alla morte, indipendentemente da qualunque condizione.
Sono stati fatti, quello sì, diversi esperimenti, ma già il definirli tali è un ossimoro. Per definizione un esperimento è limitato nel tempo e circoscritto nello spazio e -in questo caso- nella platea di persone beneficiarie.
In India l’esperimento riguardò alcuni villaggi tra i più poveri e durò pochi mesi.
In Kenya l’ONG Give Directly ha cominciato ad elargire -e lo farà per i prossimi 9 anni- un Basic Income a circa 3000 persone, scelte tra i villaggi più poveri del Paese (quindi NON a tutti e NON per sempre).
Peraltro, in entrambi i casi si tratta di esperimenti ancor più “farlocchi”, per il semplice fatto che i soldi dell’esperiemento sono arrivati dall’esterno. Non è il governo Keniota che ha finanziato il Basic Income, ma una ONG occidentale che ha raccolto 50 milioni di dollari da donazioni volontarie.
E veniamo subito all’Alaska, visto che viene sempre tirata in ballo in questi casi. Se scrivete “Alaska reddito di cittadinanza” su un qualunque motore di ricerca troverete nei titoli cose come “2000$ a testa”, “Il Basic Income non disincentiva dal lavoro” e altre analoghe frasi a effetto ai limiti del click-baiting. Bene, sappiate che quei 2000$ sono A N N U I, non mensili. Il che permette di liquidare gli “eureka!” per il fatto che la gente non lascia il lavoro con un solenne “Grazie al cazzo”, visto che 166$ al mese dubito possano coprire la soglia di povertà in Alaska.
[Piccola parentesi. Qualcuno di voi ha visto il film dei Simpson? Beh, per chi non l’avesse visto ecco la trama: Homer combina un casino più grosso del solito, talmente grosso che è costretto a lasciare Springfield con tutta la famiglia per sfuggire al linciaggio. E dove scappano? In Alaska. C’è una scena del film in cui Homer arriva al casello, e il tizio gli dà 2000$ in contanti dicendo “Benvenuto in Alaska”. Homer risponde “Era l’ora! A proposito: perché?”, e il tizio risponde qualcosa come “E’ la cifra che ci danno le compagnie petrolifere per permettere loro di devastare il nostro splendido paesaggio”. Lo dico giusto per offrire un punto di vista diverso -e particolarmente prezioso: quello della Satira, scritto volutamente maiuscolo visto che si parla dei Simpson- su questa storia di finanziare l’UBI con i soldi delle tasse delle multinazionali, ad es. quelle del petrolio].
Il reddito minimo garantito
also known as RMG. Questo sì che esiste in svariati Paesi europei: anzi, è da diversi anni che l’Europa chiede -invano- all’Italia di dotarsi di uno strumento analogo. Il RMG si basa sul principio che lo Stato integra la parte mancante del denaro che manca all’individuo -o al nucleo famigliare- per arrivare a coprire la soglia di povertà, senza ulteriori criteri. Ergo, se Tizio guadagna 400€/mese e la soglia di povertà è 600€, lo Stato ci mette i mancanti 200. E’ di questo che si parla quando si cita il “reddito di cittadinanza” alla finlandese, misura introdotta non a caso da un governo di centro-destra e giustificata principalmente con la volontà di snellire l’apparato burocratico e dunque il costo dello Stato (vd articolo a riguardo).
Ergo, il RMG si rivolge non a tutti, ma solo a chi non arriva alla soglia di povertà; e tuttavia, in quest’ultima categoria, non fa distinzione tra chi lavora e chi no (con ciò ammettendo che lavoro e reddito al giorno d’oggi non sono più consequenziali).
In Italia un RMG sarebbe economicamente sostenibilissimo (come ha spiegato Fumagalli in diversi articoli, soprattutto QUESTO: costerebbe tra i 15 e i 20mld di euro l’anno), “semplicemente” accorpando le svariate forme di sostegno al reddito che già esistono ed eventualmente integrando con pochi altre correzioni -tutte comunque trovabilissime in un bilancio come quello italiano, dove gli sprechi e le clientele varie non hanno mai smesso di far danni).
CONCLUSIONI
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Cosa succederebbe se in un Paese venisse introdotto l’UBI? Quali effetti avrebbe sul lavoro? La verità è che non possiamo saperlo, visto che -ripeto- in questi termini non è mai stato sperimentato da nessuna parte. Possiamo fare delle ipotesi, cioè che la gente smetterebbe di lavorare, o che non smetterebbe affatto. Ma si tratta appunto di ipotesi.
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Se il Partito Pirata vuole avere anch solo una minima chance di essere preso sul serio, dovrebbe proporre poche e semplici cose per riformare il welfare, il lavoro e l’economia in generale:
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Introduzione del RMG al posto di tutte le varie forme di sostegno al reddito (famlistiche, paternalistiche, burocratizzate e talvolta anche clientelari e soggette a corruzione) che già esistono
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Riduzione drastica del cuneo fiscale (che è ciò che davvero funziona per creare posti di lavoro. Gli ultimi anni lo dimostrano. Anche qui: basterebbe accorpare tutti i vari incentivi alle imprese che già esistono e ridurre complessivamente per tutti il cuneo fiscale)
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Riduzione a 2 o 3 delle forme contrattuali previste, con l’obiettivo comunque di far sì che TUTTI i rapporti di lavoro siano tutelati e con diritti precisi, e possibilmente duraturi
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Eliminazione di monopòli e oligopòli, nonché di tutte quelle rendite di posizione (in ciò s’inserisce la revisione delle leggi sulla proprietà intellettuale) e degli albi professionali, cosicché la gente più che “cercare” un lavoro possa “farselo”.
Tutto ciò è quello che Falkvinge chiama Swarm Economy, l’economia dello sciame. Uno scenario in cui la gente, “di default”, si chieda “cosa voglio fare” e abbia la possibilità di provarci, senza l’incubo di finire a rovistare nell’immondizia se le cose vanno male.