Riepilogo delle proposte economiche del PP-IT (mashup)

Come da titolo del topic, provo a riassumere (e ordinare in un minimo di senso logico) le proposte/idee fin qui raccolte in tema di economia, in particolare dopo il contributo di @Mark8 discusso qui. Mi sento di dire che, per la prima volta da quando son qui dentro, vedo un minimo di coerenza e di visione d’insieme.

Se si riuscisse ad approvare questa roba in AP avremmo finalmente qualche risposta da dare, in caso di interviste/dibattiti/scambi d’opinioni, e soprattutto qualche argomento interessante agli occhi di chi non è particolarmente interessato al copyright e al GDPR.

Intanto direi che i princìpi di fondo fin qui emerse sono principalmente 2:

  1. conservatorismo fiscale (cioè attenzione al debito pubblico, tentare di ridurlo o quantomeno non farlo aumentare, politiche “keynesiane” quando serve ma non sempre, all’italiana)
  2. liberalismo (concorrenza, liberalizzazioni, lotta ai monopoli). Se poi il termine vi fa venire l’orticaria a causa di fisime mentali varie, si può sempre usare l’espressione Swarm Economy (inventata da Falkvinge), che fa anche più figo perché è una novità per il grande pubblico.

Direi che può essere riassunto in 5 punti, che sono:

  1. Reddito di base
  2. Liberalizzazioni
  3. Tasse
  4. Pensioni
  5. Federalismo fiscale (e non?)

(1) Reddito di base

Argomento storico del PP (italiano e non), negli ultimi tempi si è fatta strada la variante libertaria-Friedmaniana, ossia di erogarlo in sostituzione del Welfare State (risolvendo così quasi del tutto il problema delle coperture finanziarie). Cal segnala la necessità di porre attenzione in particolare alla sanità e raccomanda di evitare il modello americano, a favore invece quello israeliano con assicurazioni private gestite da enti no-profit.

Questo scenario presenterebbe i seguenti benefici:

  1. Riduzione alla radice del problema della corruzione in una parte della PA (verrebbero meno i trasferimenti di denaro dai ministeri, sui quali corrotti e e corruttori accorrono come mosche sulla merda; i vari fornitori di servizi sarebbero imprese a tutti gli effetti, con autonomia e responsabilità di far quadrare i bilanci)
  2. Riduzione drastica della burocrazia e delle norme (non ci sarebbe più bisogno di scervellarsi per trovare criteri “oggettivi” per misurare qualità dei servizi, o di inventare norme su norme per impedire - ad esempio - i concorsi truccati)
  3. FORSE potrebbe perfino migliorare la qualità complessiva dei servizi erogati

(2) Liberalizzazioni

In genere qui ci si riferisce alla prostituzione e alla marijuana, ma il tema sarebbe ben più ampio. Ci sono le professioni intellettuali, andrebbe capito se oltre alla marijuana si voglia legalizzare e liberalizzare anche altre droghe (e, se sì, quali). Poi ci sarebbe il discorso dell’abolizione delle licenze e albi professionali per alcuni settori (ex. tassisti, guide turistiche). Insomma, andrebbe studiata bene la cosa.

(3) Tasse

Qui mi rifaccio principalmente al documento postato da mark8. La tendenza mi pare quella di una semplificazione rispetto all’attuale situazione. Aggiungo che, come linea generale, secondo me sarebbe da perseguire la regola “tassare la rendita, detassare il lavoro”. Copio-incollo dal documento di mark8:

Modifica IRES/IRAP

Accorpare l’IRAP nell’IRES.

Vantaggi e corollari immediati: Modifica da “IRAP” a “addizionale regionale IRES”; E’ un’unica imposta, quindi le imprese che subiranno il controllo si vedranno vedere un unico avviso; Un’unica imposta comporta un unico tipo di tassazione. Per chi conosce un minimo la tassazione fiscale delle imprese, IRES ed IRAP non hanno la stessa base imponibile (altrimenti sarebbe incostituzionale visto che non è possibile tassare due volte lo stesso reddito) ma vi sono delle differenze, tra le quali la più importante è la non deducibilità (parziale) dei dipendenti; da sempre forte piano di scontro tra imprenditori e Stato che, quest’ultimo, puntualmente aumenta e diminuisce la deducibilità sul costo del lavoro; Questa riforma deve essere fatta a saldo zero, anche a costo di aumentare l’aliquota (apparente) derivante dalla mera somma algebrica del 24% (IRES) + 3,9% (IRES, al netto di eventuali aumenti).

Modifica IMU/TASI

La proposta qui è semplice: ritorno alla “vecchia” IMU e rimozione della TASI. Sulla prima casa ci sarà una detrazione di 200€ + 50€ per figlio a carico (massimo 2 figli). La riduzione non è prevista per le categorie abitative A1, A2, A8, A9, A10. Visto che il gettito finirà integralmente nelle tasche comunali, loro potranno variare anche le detrazioni (in alcuni casi questo è auspicabile, come nei casi in cui le abitazioni hanno un valore catastale alto, ad esempio nelle grandi città tipo Milano e Roma). Il gettito fiscale sarà più elevato rispetto ad ora, pertanto effettivamente ci sarà una pressione fiscale maggiore su questo aspetto, che può essere ridotta se le amministrazioni comunali lo vorranno.

Modifica aliquote fiscali

A tutti piacerebbe avere una riduzione delle aliquote fiscali a fronte di, beh, nulla. Questo è ovviamente impossibile quindi avrei delle proposte su questo lato:

  • Rimozione delle no-tax area
  • Rimozione degli “80€ di Renzi” (art. 1 DL 66/2014);
  • Aumento delle detrazioni da lavoro dipendente da 978€ a 1.200€

Rimodulazione delle aliquote fiscali in:

  • 0% da 0 a 9.000€
  • 20% da 9.000 a 15.000 (fino a 1.200€ di imposta)
  • 25% da 15.000 a 28.000 (da 1.200 a 4.450€ di imposta)
  • 30% da 28.000 a 55.000 (da 4.450€ a 12.550€ di imposta)
  • 35% da 55.000 a 75.000 (da 12.550€ a 19.550€ di imposta);
  • 43% oltre 75.000

(Molte persone che superano oggi la soglia dei 28.000€ si vedono aumentare l’aliquota IRPEF dal 27% al 38%. Sinceramente questa differenza è inammissibile, 28.000€ lordi è, per molti lavoratori autonomi, un reddito basso e si vedrebbero tassare la differenza quasi come se fossero super-ricchi).

  • Modifica relativa agli oneri e spese detraibili nel 730 (per chiarezza, spese sanitarie, spese per i veterinari, spese per interventi di recupero sul patrimonio edilizio, ecc). Da oneri detraibili diventano crediti d’imposta: così facendo, per chi ha poco reddito e si ritrova ad avere più oneri detraibili rispetto alle imposte pagate, si vedrà comunque riconosciuta la differenza. Il trade-off avviene, però, riducendo le percentuali per le “vecchie” detrazioni:

  • Oneri e spese della sezione I (ad esempio, spese sanitarie, veterinari, università): riduzione dal 19% al 15%

  • Oneri e spese della sezione IIIA (spese per interventi di recupero sul patrimonio edilizio): riduzione dal 50% al 40%, riduzione da 10 anni a 5 anni per il recupero fiscale

  • Aumento delle prestazioni occasionali da 5.000 a 6.600 (500€ mensili) con obbligo di ritenuta a titolo di acconto del 20%

  • Modifiche nel regime forfettario: La riduzione della percentuale contributiva INPS è ora pari ad 1/3 del totale, da portare a 2/3. La differenza sarà da integrare entro 5 anni altrimenti si avrà il conteggio contributivo ridotto di un ammontare proporzionale

(Sebbene la tassazione per le nuove attività è solo del 5%, il maggior costo per i nuovi “imprenditori” è il costo dei contributi INPS che scoraggia l’apertura di una partita IVA e costi della gestione annessi); L’obiettivo finale è una riduzione graduale di tutte le aliquote fiscali, fino ad ottenere un ipotetico 0%, 15%, 20% e 30% come uniche aliquote IRPEF (partendo da un abbassamento graduale per la fascia più ricca, in modo tale da far entrare capitali dall’estero), un abbassamento dell’IRES al 20% ed una riduzione dell’IVA, anch’essa, al 20% (ma questa riforma è un processo talmente lungo che si tratta di impiegarci complessivamente almeno 15-20 anni per arrivare a tale proposito e per la quale, pertanto, non mi dilungo qui altrimenti potrei scrivere molto di più).

(4) Pensioni

Qui, se ho ben capito, mi pare si sia tutti d’accordo sul fatto che in passato i vecchi abbiano gozzovigliato col portafoglio dei nipoti, che il c.d. sistema retributivo è un furto ai danni dei giovani e che il contributivo per tutti è imprescindibile, sennò i conti dell’INPS saltano.

Però da un lato c’è mark8 che propone:

  1. Pensioni solo contributive – pensione minima La pensione minima è da aumentare a 550€ (ora è 513€). Sopra al doppio della pensione minima (1.100€), tutte le pensioni (nonché i vitalizi ancora presenti) saranno ricalcolate con il sistema contributivo.

Dall’altra c’è la proposta shock di @Rasna e della corrente dei Radicali (spero non s’offenda nessuno se la chiamo così), che chiede in pratica di privatizzare la previdenza, abolendo l’obbligo di versare contributi all’INPS e liberalizzando il mercato dei fondi pensionistici privati, e addirittura permettendo dall’oggi al domani alla gente di farsi ridare i soldi versati all’INPS (giusto?). E, sempre se ho capito bene, la risposta all’obiezione “ma così saltano i conti dell’INPS e si rischia la catastrofe” è un sonoro “e sticazzi” (in estrema sintesi).

(5) Federalismo fiscale (e non?)

Anche qui copio-incollo dal doc. di mark8:

Al fine di responsabilizzare la politica locale e regionale è necessario aumentare il loro impegno avendo le risorse a disposizione direttamente nelle loro disponibilità invece che avere continui trasferimenti dallo Stato. Per fare questo è, però, necessario riformare le imposte che maggiormente fanno entrate nello Stato, ossia IRPEF, IRES, IRAP e IVA. Sarà quindi necessario suddividere le aliquote IRES (e relativa addizionale regionale, vedi punto 2) ed IRPEF (e relativa addizionale regionale) garantendo allo Stato il 60% del gettito ed alle regioni il restante 40% (queste percentuali potranno tranquillamente essere rimodulate). Lo Stato userà quei soldi per pagare gli “interessi sul debito”, gli investimenti sul territorio statale e le pensioni; le regioni useranno quei soldi per pagare gli “acquisti di beni e servizi” nonché i “redditi da lavoro dipendente” a loro relative, nonché parte degli investimenti locali e le prestazioni sociali rimanenti. Le Amministrazioni regionali potranno emettere titoli del debito pubblico non garantiti dallo Stato italiano ed avranno la tassazione “agevolata” del 12,5%. Tale proposta potrebbe essere anche finalizzata ad una possibile rimozione delle regioni a statuto speciale, questa sarà una riforma costituzionale.

Mi chiedo se, oltre a quello fiscale, non sia il caso di pensare a una riforma della Costituzione, che dia un assetto federalista una volta per tutte (in particolare intervenendo sul famigerato titolo V e risolvendo alla radice il problema delle competenze centrali o locali). Anche qui ci sarebbe da studiare parecchio. So che Cacciari da sempre porta avanti questa tesi, ma non trovo nulla di scritto in rete.

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Arriva la fatidica domanda.

Approvazione integrale o punto per punto?

Mi pare che ultimamente la tendenza sia quella di approvare le cose integralmente. In questo caso mi pare quasi d’obbligo, visto che si parla del programma economico, argomento che richiede appunto una coerenza organica. Procedendo punto per punto c’è il rischio di approvare mozioni in contrasto tra loro

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In tal caso, bisogna sciogliere alcuni nodi… quelli che hai giustamente evidenziato.

Alcuni dubbi sono di semplice risposta. Quando hai parlato dell’abolizione degli ordini professionali, storica battaglia del PP-IT, devi considerare che nel proporre qualcosa del genere si perderebbe elettorato: ergo lo si pensa (forse), ma non lo si scrive in un programma economico.

Droghe terrei la formula CEEP, che è abbastanza esplicita.

Il resto, aspetto di avere un PC davanti per sviluppare. Spero nasca un Gdl in tal senso.

Il dibattito sulle pensioni penso potrebbe trovare una sintesi, se ci fosse dialogo. Cosa che ad oggi non ho visto. Una liberalizzazione ha senso, se tiene un piede nella realtà.

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Intanto grazie per aver avuto la pazienza di esserti letto questi due post, il mio e di @rasna e, soprattutto, aver avuto la pazienza di esserti letto diversi OT che hanno inutilmente allungato il contenuto dei post.

La mia posizione è piuttosto chiara (anche perchè l’hai incollata qui sopra eheh), però vorrei fare qualche piccolo appunto anche in relazione alle mie proposte ed alla domanda qui sotto scritta di @lanta riguardo l’approvazione integrale o punto per punto.

Premesso che sono sempre aperto a critiche costruttive per migliorare il contenuto qui sopra, mi sono reso conto di averle scritte “di getto”, senza aver dato loro un grado di importanza secondo la quale effettuare tale programma. Detto ciò, nella mia ipotesi, con riferimento all’elenco qui riportato, sarà necessario affrontare “immediatamente” i punti 3 (tasse) e 4 (pensioni), dopodichè passare al punto 2 (liberalizzazioni), il punto 5 (federalismo fiscale) ed infine il punto 1 (reddito di base). In quest’ottica si avranno semplificazioni che snelliranno il sistema tributario e burocratico e che saranno maggiormente ben viste dalla collettività per arrivare a riforme più controverse per l’opinione pubblica (liberalizzazioni) ed infine riforme costituzionali (il federalismo fiscale). Solo dopo aver ridotto la burocrazia e semplificato il sistema tributario si potrà poi avere un reddito di base: vista la portata enorme a livello fiscale, è necessario evitare il maggior numero di possibili abusi prima di attuarlo.

Ciò detto, risposto a qualche punto che hai inserito nell’ordine che hai riportato:

Qui si sta parlando di reddito di base. In effetti, se si danno soldi ai cittadini e si rimuove gran parte del welfare, sarebbe possibile a quel punto “obbligare” i cittadini a far dirottare parte di quei soldi per la propria salute. Vediamo anche ora che vi sono lunghissime file quando si va dai dottori tramite il SSN, la privatizzazione di gran parte della sanità potrebbe portare maggiore efficacia ed efficienza. Il problema di fondo è che, al momento, non esistono tante assicurazioni private gestite da enti no-profit anche perchè il concetto di assicurazione collide in maniera netta con il concetto di no-profit. Quando si parlerà di reddito di base, si dovrà prendere anche questo in considerazione.

Qui si parla di liberalizzazioni. Sebbene sia tendenzialmente d’accordo con tale opinione (anche perchè, effettivamente le licenze sono concesse praticamente a titolo gratuito dallo Stato (c’è solo il pagamento di una minima quota annuale). Oramai esiste un enorme valore per tali licenze (150.000-200.000), specialmente nelle grandi città e, se si propone questo escludendo qualche sorta di compensazione a chi ha già le licenze, ci si ritroverebbe contro una movimentazione molto grave e molto difficile da gestire. Fosse per me le toglierei immediatamente senza dar nulla, così come non è stato dato nulla dal cittadino al momento della concessione allo Stato, però bisogna trovare un compromesso.

Qui si parla di tasse. Al momento una politica del genere non è pensabile visto che le maggiori entrate sono relative a IRPEF ed IRES ed un aumento dell’imposizione indiretta sul patrimonio provocherebbe una propensione al consumo nettamente più alta che scoraggerebbe il risparmio (meno risparmio -> meno possibilità di acquistare casa o autovettura -> minor valore delle case -> maggior ricorso ad affitti e leasing. E’ da vedere perchè comporterebbe un cambiamento molto grande sulla concezione che si ha ora dell’economia, proverò a buttar giù qualche idea). In un’ottica futura, dopo le semplificazioni sopra riportare, sarei propenso “immediatamente” ad aumentare IRPEF ed IRES per abbassare l’IVA (l’IRPEF è un’imposta progressiva, l’IVA è un’imposta proporzionale ma ad effetti regressivi) a parità di gettito fiscale.

Nel capitolo pensioni e nel capitolo federalismo fiscale non ho nulla da aggiungere :slight_smile:

Spero che, almeno qui si possa raggiungere quantomeno un pacifico scontro di idee, senza scadere troppo nell’OT come già accaduto.

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Io invertirei i due principi: prima il liberalismo, e poi il conservatorismo fiscale (se mantenerlo, ed ho dubbi: serve davvero, una volta in regime di liberalismo?).

E questo va benissimo.

Meno acquisti di case -> trasferimenti più facili, più mobilità sociale;

Meno acquisti di auto -> più condivisione, meno auto in giro.

Oltre al fatto che incentivare il consumo, va bene a prescindere.

personalmente ho enormi perplessità sul federalismo fiscale nel contesto attuale italiano.

Come si fa a prevedere un federalismo fiscale (agganciato ad esempio al reddito di base anche sanitario -che sarebbe bello ma che prevede un cambio di mentalità profonda nella popolazione, non immediatamente ottenibile) in un contesto così enormemente sbilanciato come quello italiano??

Allora mi chiedo se per una riforma del sistema pensionistico si chiede al Partito una responsabile corrispondenza con la realtà, perché non chiederlo anche per il federalismo fiscale?

E perché non chiederlo anche con il Reddito di base che, per me, dovrebbe potrebbe essere raggiunto dopo diversi step (già da soli rivoluzionari) che danno il tempo alla popolazione italiana di maturare una presa di coscienza che attualmente non esiste?

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Trovi tutte le risposte qui :slight_smile:

Riforme strutturali richiedono più tempo per essere digerite dall’opinione pubblica, in effetti federalismo fiscale e reddito di base le ho messe alla fine di un’ipotetica azione congiunta di tali ipotesi.

no, metterei penultimo il reddito di base ed ultimo il federalismo fiscale :wink:

In ogni caso secondo me sarebbe importante sviluppare per ogni proposta una base di step concreti per raggiungere l’obiettivo finale. Per esempio per il reddito di base io vederei bene una massiccia implementazione di forme di “assistenza indiretta” e/o budget di salute ( NO-VOUCHER!!!) che formerebbero quel mercato libero d’offerta indispensabile per realizzare una reale scelta per la popolazione.

Mmm, a occhio il reddito di base formulato come sopra darebbe una mazzata micidiale alla burocrazia: primo perché eliminerebbe tutte le forme di integrazione al reddito attualmente esistenti e l’annessa burocrazia, secondo perché eliminerebbe anche tutta la regolamentazione statale sui servizi pubblici.

Però forse il problema non si pone: si può davvero iniziare il discorso dalle tasse, perché la Negative Income Tax (NIT) e l’UBI (Unconditional Basic Income, chiamiamolo così d’ora in poi ché si fa prima) sono sostanzialmente la stessa cosa, almeno nell’output. [Spiegato in 3 parole: con l’UBI lo Stato dà la stessa cifra a tutti, ma poi con la tassazione toglie ai ricchi più di quanto ricevono e ai poveri meno. Con la NIT invece lo Stato dà solo soldi ai poveri e tassa i ricchi. In apparenza la NIT è più semplice da realizzare e richiede meno burocrazia, ma l’UBI ha più appeal a livello di narrazione].

Vero. Mi ero scordato di precisare che, in questo caso, il meccanismo di compensazione ci sarebbe, e consisterebbe in uno sgravio fiscale che compensi il costo sostenuto per acquistare la licenza.

Quoto.

Perché il federalismo è (secondo me e altri) una soluzione al problema. O gli amministratori locali si responsabilizzano, o il clientelismo finirà di distruggere quel poco che è rimasto al sud. [Detto in termini brutali: io Sindaco di Canicattì spreco i soldi dei miei contribuenti? Attualmente arriva da Roma il decreto salva-Canicattì, finanziato dai contribuenti tutti, e tappa i buchi. Soprattutto se il partito al Governo è lo stesso mio. In regime di federalismo no: se spreco i soldi, fallisco. Per la cronaca: è così che la Lega a vinto a Riace. Prima ha tolto i fondi ministeriali a Lucano, poi i leghisti locali si son presentati agli elettori e hanno detto loro “Hei, se votate per noi Salvini ci ri-sblocca i fondi”].

illuso!!! Non conosci la burocrazia nostrana che ha una capacità di radicarsi in qualsiasi cosa, peggio dell’edera, peggio delle belledinotte! La burocrazia andrebbe vietata e “forse” riusciremmo a limitarla…“forse”.

[quote=“Exekias, post:11, topic:3437”] con l’UBI lo Stato dà la stessa cifra a tutti [/quote] io questa cosa la contesto profondamente. Non si può dare la stessa cifra a tutti, questa è una semplificazione discriminante peggiore del reddito di cittadinanza. E non è questione di chi è più ricco o chi è più povero ma è questione che chi è, per esempio, disabile parte svantaggiato in partenza rispetto a chi non è disabile!! Sta cosa non si può ignorare perché va perfino contro alla Convenzione dei Diritti Umani.

Per cortesia evitiamo ste semplificazioni perché altrimenti non c’è proprio differenza tra i salviniani e noi… :rage:

Non è una semplificazione, il basic income questo prevede, un redidito eguale per tutti a prescindere, puoi non essere d’accordo, e preferisci un’altra forma di contrasto alla povertà oppure una variante diversa del reddito di base, ma allora non stiamo parlando del basic income.

allora non sono d’accordo. La ricchezza non è l’unica variabile di disuguaglianza nel mondo, semplificare tutto a questo assunto è di una superficialità , anche e soprattutto a livello economico, estrema.

Il reddito di base non nasce storicamente per far fronte a “tutte” le disuguaglianze,ma come misura contro la povertà e per mettere fine alla condizione di mendicanti non a caso fin dall’inizio, nelle sue prime forme, trovò l’opposizione degli ordini cattolici. Se il tuo fine è contrastare altri tipi di disuguaglianze, credo che dovresti guardare non al reddito di base ma ad altro.

Allora NON si può sostituire il diritto alla sanità con il reddito di base. E proporlo è grave proprio perché la salute si da proprio il caso sia una di queste variabili economiche di disuguaglianza.

Nominare poi i cattolici che contrastano i reddito di base mi fa decisamente ridere considerando che, posta in questi termini, è esattamente una ricetta perfetta per l’ideologia cattolica…anzi direi che è una ricetta cattolica di vincenziana memoria…

Rinnovo la mia contrarietà a proporre programmi dettagliati, per i motivi principali già espressi:

  • Non abbiamo dati sufficienti
  • Abbiamo tanta buona volontà ma non credo le competenze necessarie.
  • Il nostro compito è quello di portare conoscenza.

Faccio un banale esempio ponendo un paio di domande:

  • Federalismo fiscale: quali sono i numeri?
  • Qual è l’impatto sulle entrate statali della proposta di rimodulazione delle aliquote fiscali?
  • Cosa sapete del sistema sanitario israeliano per volerlo inserire in Italia?

Vi sentireste di rispondere a queste domande in un’intervista?

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Non è che li nomino tanto per dire, è che si opposero a questa riforma dal 1522…

Se io fossi un giornalista partirei dal chiedere: “come fa un elettore a sapere cosa intendete fare davvero?”

No.

E neanche davanti ad un banchetto.

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E’ un’affermazione pesante, non la nego né la supporto perché non conosco a quando ti riferisci, na se noi vogliamo portare conoscenza dovresti citare i riferimenti.

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