Un Leader non lo so, ma comincio a pensare che il confronto tra due o più mozioni congressuali tradizionali in effetti potrebbe far comodo.
Questo perché mi pare che ora come ora ci siano 2 visioni contrapposte e diffuse nel PP-IT: quella di chi si augura che il medesimo diventi una sorta di “Partito Radicale applicato al mondo digitale” (ritenendo questo scenario un buon augurio), e chi vorrebbe almeno tentare di emulare i cechi e contare davvero qualcosa.
Chi opta per la prima opzione è spinto dalla convinzione (messa nero su bianco in chat) che in Italia appena si parla di riformare la giustizia la gente si chieda, per prima cosa “cosa ne pensano di ciò i Radicali?”. Quanto questa convizione corrisponda al vero lo lascio stabilire all’esperienza di ciascuno di voi. La mia personalissima sensazione è che “la gente” in Italia sia parecchio giustizialista e forcaiola, e che basti guardare i risultati elettorali per rendersene conto (per non parlare dei commenti sui Social o delle chiacchiere al bar, dal parrucchiere, al mercato, sull’autobus). Ergo, non me la sentirei di prendere il Partito Radicale come esempio vincente di sensibilizzazione riuscita. La gente si chiede cosa ne pensi Travaglio, di una riforma.
Casomai, mi pare che siano piuttosto i diritti civili il tema a cui vengono associati i Radicali (o più correttamente Emma Bonino e il defunto Pannella): il divorzio, la legalizzazione della cannabis, i diritti dei carcerati; anche in questo caso si tratta di posizioni che continuano ad essere minoritarie (non so dire quanto largamente) nel Paese, almeno in questo periodo. Tra quelle citate sopra, l’unico argomento ormai assodato mi pare il divorzio (e comunque faccio notare che nello scorso governo c’era Pillon, il cui ddl di fatto restringeva anche quel diritto). Il popolo mi pare ancora proibizionista sulla cannabis, e dei diritti dei carcerati credo gliene freghi quanto il campionato di serie C dell’Ucraina. Ad ogni modo, i fautori di questa “mozione congressuale” (così si chiamerebbe in un partito tradizionale) ritengono che il partito debba pressoché limitarsi a parlare di copyright, privacy e “società della conoscenza”, avendo come faro quanto scritto nel CEEP (che, ironia della sorte, non è affatto concentrato solo sui temi digitali: parla anche di programmi spaziali e di politiche agricole, essendo stato scritto di fatto dai cechi, che a quanto pare è gente che sa come prendere i voti dei contadini). La “strategia comunicativa”, in questo scenario, si regge su due grandi pilastri, ossia:
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ignorare beatamente quisquilie quali crisi di governo e in generale l’attualità politica, a meno che non ci siano notizie che riguardano da vicino i suddetti temi
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dare la precedenza al piano internazionale anziché a quello nazionale, ritenendo evidentemente un dettaglio il fatto che i voti si prendono in Italia
Dall’altro lato c’è chi vorrebbe fare del PP-IT un partito che si dota di un programma il più possibile esaustivo, in grado di dare risposte ai problemi più urgenti della popolazione: disoccupazione, malfunzionamento della PA, corruzione, clientelismo, pressione fiscale, adeguamento del territorio ai cambiamenti climatici, eccetera eccetera eccetera. Il tutto con una visione d’insieme rappresentata dall’etica hacker, riassumibile nei seguenti princìpi: meno Stato, più libertà individuale (il singolo deve essere libero di fare tutto ciò che non limita la libertà altrui), decentralizzazione (federalismo), peer-to-peer, mercato liber(at)o, conoscenza bene comune". Chiaro che, ora come ora, non esistono le competenze per coprire esaustivamente tutti questi ambiti; ma stanno entrando nuove persone, e vivaiddio non sono tutte troll. Anzi, le proposte più interessanti vengono da iscritti recenti, vedi quella di Sara sulla disabilità o le proposte economiche di mark8.
Questo, a grandi linee, lo stato dell’arte. Un “congresso” tradizionale potrebbe servire a capire quanti si identificano nella prima visione e quanti nella seconda. L’elezione di un “qualcosa” (Leader? Capo? Chiamiamolo “segretario”, per ora) darebbe a costui o costei i seguenti compiti e poteri (per rispondere a @storno):
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parlare a nome del partito in occasioni pubbliche, interviste etc, ovviamente senza passare ogni volta dall’AP. Se è stato eletto, evidentemente gode della fiducia dei più
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creare la sua piccola “squadra di governo” e coordinarla (gestione comunicazione, storytelling)
Il tutto, ovviamente, fatta salvo il diritto dell’AP di sfiduciare il gruppo (analogamente alle mozioni di sfiducia del Parlamento nei confronti dell’esecutivo di turno). Da capire con quale policy, quorum iniziale, tempi di discussione etc.