Chi sono i Pirati? Sull'Identità di questo partito

Come flusso mi sembra corretto. Io insisterei sul fatto che quando le proposte arrivano alla fase di decisione su Liquid dovrebbero avere già degli implementatori e degli attuattori definiti, questo per evitare un problema a noi ben noto, ovvero decisioni prese senza che ci fosse qualcuno disposto successivamente ad implementarle Tanto per dire, la proposta di pubblicazioni delle mozioni politiche fu votata favorevolmente dall’AP ma nessuno l’ha poi implementata.

Io credo, ma forse ho torto, che la responsabilitá dell’attuazione ricade sul primo firmatario o comunque sul promotore. Peró per ovviare a questo si potrebbe aggiungere una regola che definisce tutti gli attori chiamati a svolgere del lavoro nel percorso e perché avvenga la votazione questi team o persone devono impegnarsi formalmente a perseguire il progetto, se decidono di non farlo saranno loro ad aver perso del tempo, oltre ad averlo fatto perdere all’assemblea. E a questo punto conviene andare completi, prevedendo un paragrafo obbligatorio con la lista delle risorse che si prevede utilizzare, costi compresi e chi paga.

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Giusto, ma ricordo anche che abbiamo introdotto il Gruppo Coordinamento nello Statuto a risolvere questo aspetto — ma non lo abbiamo creato fino a qualche giorno fa. Il compito del coordinamento è, fra l’altro, di stare appreso agli implementatori e dargli i necessari calci nel sedere…

sono 8 anni che usiamo la democrazia liquida e si chiama cosi perchè è cosi, è come lo spaziotempo cosi la democrazia liquida esiste con la presenza combinata delle due caratteristiche. Lo spaziotempo lo abbiamo scoperto dopo che abbiamo trattato separatamente lo spazio ed il tempo. La democrazia liquida l’abbiamo configurata dopo aver vissuto con la democrazia diretta e quella rappresentativa.

La democrazia diretta e quella rappresentativa sono riduzioni approssimate della democrazia liquida, il fatto che nel tempo quella liquida è stata sperimentata dopo è irrilevante perchè quest’ultima vale più della somma delle apparenti parti.

Il Partito Pirata usa la democrazia liquida e questa è l’unica definizione esatta, le altre sono errate e non vanno usate.

non c’è nessun obiettivo finale, è un’invenzione di fantasia, anche se lo ripeterai non si trasformerà in realtà.

Il Partito Pirata gia dal 2011 appena ha avuto la possibilita tecnica di usare un software che implementasse la democrazia liquida in modo efficiente, ne ha approfittato il prima possibile. Ecco che nel 2011 è nata l’Assemblea Permanente che usa la democrazia liquida tramite l’implementazione software di LiquidFeedback e le regole del PP per risolvere i problemi strutturali riscontrati in germania. Questa combinazione è la formula magica a disposizione di tutti.

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Credo di avere giá risposto a questo argomento, arrivi tardi, abbiamo convenuto che “democrazia liquida” é il termine corretto.

Non l’ho mai ripetuto, l’ho scritto una sola volta, conosci il concetto di spazio-tempo e poi ti perdi sul concetto di iterazione? In ogni caso anche questa affermazione lascia il tempo che trova.

Grazie della correzione, credevo di ricordare che liquid feedback nelle sue prime versioni non avesse implementato le deleghe, evidentemente mi sbagliavo.

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LQFB è nato nel 2009/2010 per realizzare le deleghe transitive suddivise per aree, cioè quello che Adhocracy non è mai riuscita a realizzare, e infatti Adhocracy come piattaforma di democrazia liquida non funziona. Attualmente non esiste altro software che implementi la democrazia liquida in modo corretto come lo fa LQFB.

Tutti gli usi di LQFB con “deleghe disattivate” come praticato in PARELON e forse altri ambiti M5S sono usi che invalidano lo scopo del software. Sono comunque meno peggio di Rousseau in quanto trasparenti nelle procedure.

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Passare da eretico a santo è semplice. Ma non facile. :wink:

Ti rispondo brevemente qui, ma ti prometto una risposta più elaborata in un altro thread.

Sono abbastanza d’accordo sull’approccio metodico (giustamente lo definisci più avanti Informatico) sui cui dettagli si può naturalmente ragionare insieme. E sarebbe bello poterlo fare con esperienza di LQFB e con il supporto scritto di una descrizione oggettiva delle problematiche e delle qualità emerse negli anni passati in questo partito.

Ci sono solo due punti (correlati) che non mi trovano d’accordo, ma sono punti fondamentali (nel senso proprio del termine, “relative alle fondamenta”).

Il problema delle definizioni sfumate è la propagazione dell’errore.

Costruire una comunità annacquando il significato delle parole è facile e rapido, ma è un approccio solo apparentemente inclusivo. La probabilità di giungere ad sintesi condivise (invece che a compromessi) si riduce con l’aumentare dell’errore prodotto dall’ambiguità dei termini.

Questo errore si moltiplica con l’aumentare dei passaggi, degli scambi. Le conseguenze sono messaggi ambigui e comunità fragili. E come insegna Silla (e poi Cesare, e poi Augusto), una comunità fragile è facile da manipolare. Il dividi et impera è tanto più facile quanto meno solida è la comunità in cui viene operato. E la solidità di una comunità dipende anche dalla comunicazione.

Questa comunità è estremamente fragile. Gli argomenti fantoccio sono lo strumento dialettico principale di membri influenti come @solibo e @lynX per esempio.

L’errore di comunicazione è strutturale nelle comunicazioni umane, inevitabile per la stessa natura del linguaggio, ma possiamo cercare di minimizzarlo attraverso definizioni semplici e chiare.

Anche io come @briganzia, leggendo le tue parole ho intravisto un approccio manageriale.

Come dici, l’open source adotta procedure simili ed in effetti l’open source è uno strumento di marketing. Come si è potuto osservare negli ultimi anni guardando la Linux Foundation o la Apache Foundation, riproduce sempre di più una struttura organizzativa e comportamentale di tipo aziendale, permettendo ai leader di applicare meccanismi di controllo dei progetti tipici degli uffici statunitensi. Con la differenza che invece di gestire la forza lavoro pagata di un azienda, questi leader controllano anche volontari. Ovvero sfruttano lavoro ad alto grado di specializzazione senza pagarlo.

Il software libero è molto diverso perché è aperto ai fork, per esempio. Chi modifica il tuo software, non è un nemico che “spezza la comunità”, ma un amico che apprezza il lavoro che hai svolto e vuole provare a percorrere una nuova strada. Una strada che magari a te non interessa. Ma della quale sei comunque curioso.

Un partito politico novecentesco è, in effetti, molto simile ad un progetto open source. Compete per il voto come un progetto OSS compete per la propria market share.

Il Partito Pirata, invece può essere diverso. Ma per spiegarti come, ho bisogno di scrivere un’altro thread.

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In italiano si usa un per i sostantivi maschili: un altro un approccio. Senza l’apostrofo.

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Oh mamma… che vergogna… mi scappa sempre… non so perché.

Hai ragione.

Scusate. Correggo subito. :blush:

Possiamo fare un thread apposito effettivamente, organizzazione e identitá sono due cose diverse.

E’ vero, ma c’é anche il problema della propagazione delle definizioni da contenere. Per esempio, nella progettazione del software una volta si pensava che si dovesse prima progettare l’intero software scrivendo tutto ció che dovesse fare e poi passare alla sua scrittura, poi ci si é resi conto che era meglio partire da piccole implementazioni e allargarsi piano piano attraverso un continuo confronto col cliente. Il mio punto é che preferirei rimanere sulla definizione delle cose che ci servono e lasciare il resto alla libera discussione. Per esempio, possiamo fare il nostro lavoro giornaliero e continuare a dibattere sulla societá dell’informazione, perché sono sicuro che quell’argomento merita di essere dibattuto per anni, ma non possiamo aspettare di risolverlo per continuare con altro. Gli argomenti fantoccio sono uno strumento dialettico, ogni OT é un argomento fantoccio, anche involontario.

Credo che per il dibattito tra il concetto di open source e free software si debba creare un altro thread, perché é lungo é complesso e non é detto che la ragione si trovi tutta da un lato. Ti faccio solo notare che hai nominato delle fondazioni, e non delle aziende, é ampiamente documentato che i programmatori che producono open-source, ma anche quelli che producono free software sono ben pagati, di solito al di sopra della media. Dei meccanismi di controllo non so che dirti, a me non risultano.

Non credo sia possibile distinguere un progetto open source da uno free software, al massimo li possiamo distinguere per la licenza: MIT, Apache, BSD, GPL*… Puó esistere un progetto open-source rilasciato sotto GPL? Penso di si, git é open source o free software?

Tornando al concetto di definizione, la differenza tra open source e free software é importante perché definisce il nostro immaginario collettivo, ma queste definizioni, non sono necessarie all’organizzazione del partito. Cioé non mi serve definire cosa sia l’open source per delineare il flusso decisionale del partito. Sto usando cultura aziendale statunitense? No, sto usando la globalizzazione e la conoscenza che si é formata in questa societá e mi appartiene. In realtá quello schema ha molti piú concetti europei e giapponesi che americani, ma in realtá é globale ti potrei dire che si fonda sul Toyota production system, sul lean development e sull’agile e sulla visione devops, ma la veritá é che é solo uno schemino di merda che ho fatto per disegnarmi nella testa come funziona questo partito e per avere un confronto aperto. Diciamo che se non viene usato non mi interessa, io l’ho messo li, peró se non venisse usato per motivazioni ideologiche (tipo é troppo aziendale) allora credo che si starebbe perdendo un’occasione per cercare di lavorare meglio.

Su questo sono d’accordissimo, infatti non volevo sembrare quello che vuole imporre uno stop al dibattito… Però si crea troppa confusione, diventa un dibattito in cui l’unica cosa positiva è che le persone si possano conoscere meglio. (per me non esistono cose inutili) Ma se viene un esterno interessato al PP penso che rimarrebbe inorridito. Io adesso rispondo a te, quello dopo risponde ad un altro, quello dopo ancora risponde ad un altra cosa, non si capisce niente. Forse in realta sono io che non mi devo preoccupare più di tanto? E molto probabilmente farò così, risponderò a cose più coincise rimanendo comunque presente ed attivo… (E forse dovrebbe essere questa l’identità del partito)

Infatti ci vorrebbe un continuo lavoro di strutturazione dei dibattiti… ritagliare, riorganizzare… e la pazienza dei partecipanti di non sentirsi subito abusati.

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Se i moderatori non partecipassero ai dibattiti stessi, ed ancor di più non partecipassero con toni aggressivi quando non sono d’accordo su qualcosa e non potessero nascondere contenuti, forse si potrebbe instaurare un clima di fiducia tale da giustificare tale pazienza. :wink:

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Il forum non é progettato per questo, ci vuole il tool giusto per il problema giusto

Questo è un tema su cui in passato ho discusso a lungo con Carlo Piana che ha scritto persino un bel libro intitolato Open source, software libero e altre libertà - Un’introduzione alle libertà digitali che ti consiglio vivamente di leggere (è coerentemente rilasciato sotto CC).

Lo conoscevo di fama già da prima, ma in quel dibattito si è guadagnato il mio voto, molti mesi prima che immaginasse di candidarsi per il Partito Pirata.

Credo che Carlo sarebbe d’accordo con te. Nel libro sorvola l’argomento. :smile:

Io però ho sviluppato una tecnica infallibile per distinguere un software libero da un software open source. La differenza è culturale. Il software libero è espressione della Curiosità di chi lo sviluppa. Il software open source persegue la massimizzazione della propria market share. Dunque il modo più semplice per distinguere fra un software libero e un software open source è entrare nella comunità, studiare i sorgenti, contribuire ad aspetti rilevanti e possibilmente core del progetto e a quel punto dichiarare l’intenzione di creare un fork:

  • Se l’idea è accolta con gioia e curiosità e viene persino supportata da parte degli altri sviluppatori, sei di fronte ad un software libero.
  • Se ti saltano al collo come traditore, si stracciano le vesti per l’inefficienza, gridano allo sdoppiamento degli sforzi e magari arrivano dopo diversi mesi dal tuo abbandono a togliere il tuo nome dal progetto pur preservando i tuoi contributi (nonostante il fatto che questo termini la loro licenza sul software stesso), ecco allora sei davanti ad un software Open Source.

A me sono successe entrambe le cose. E il programmatore che ha rimosso il miei copyright statement ha quasi 30 anni di esperienza nell’OSS. E lavora in Google. E a quanto ne so ha rimosso il mio copyright all’interno delle sue ore lavorative. E avrei dovuto fare causa a Google. E alla Software Freedom Conservancy.

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:joy:

Io al tuo posto mi sarei fatto trovare sul pianerottolo di casa sua. Mi perdonerai se non seguo il tuo consiglio ma lanciando il comando:

$ dpkg -l | wc -l
2204

ho appena realizzato di avere 2204 pacchetti software nella mia installazione, di cui sono certo, uno é proprietario, quindi dovrei infiltrarmi e contribuire in 2203 gruppi non credo mi basterebbe la vita, ma probabilmente finirei sui giornali come secondo committer su github dopo Microsoft. Tralaltro sono un fan dei test automatici, se trovi qualcosa che funziona con grep fammi sapere.

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In realtà il software Discourse è stato ideato per lavorare intensamente i flussi delle discussioni ma ci vogliono persone che osano farlo. Non so però se è il software più adatto a svolgere questo tipo di lavoro di strutturazione.

Nel 2014 abbiamo fatto dei dibattiti stile Kialo semplicemente utilizzando un etherpad. Spostavamo i contenuti PRO e CONTRO in modo tale da averci tutto ben allineato. L’effetto interessante fu che dopo un tot tempo si esauriscono gli argomenti nuovi ed il pad arriva ad un grado di completezza che è sufficiente per fermare il processo.

Ecco, questa è una cosa che Discourse può solo fare nella forma dell’edit del primo contributo (il quale si può convertire in modalità wiki). Ci abbiamo provato ma in pratica vince sempre la comodità e pigrizia di aggiungere yet another opinion invece di strutturare il dibattito. Inoltre ovviamente subentra il problema della neutralità della ristrutturazione (@Shamar mi rinfaccia ancora adesso che non ero neutrale, ma ero l’unica persona ad occuparsi di queste cose — ora non lo fa più nessuno) e della correttezza di eventuali riassunti…

E alla fine anch’io sono troppo pigro a cliccare “Rispondi come Argomento collegato” per ogni tre messaggi che cambiamo discorso… e lasciare che esploda l’universo degli thread, oppure andare sempre a caccia del thread giusto…

Diciamo che è più semplice usare Discourse bene se lo si fa dall’inizio con persone interessate ad avere una bella knowledge base piuttosto che solo un forum.

Tutti i software a un certo punto prendono una strada loro. Ma nel nostro caso io credo che il software dovrebbe chiedere meno manutenzione possibile agli operatori, e permettere alle persone di lavorare sulle cose interessanti.

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Dobbiamo fare un piano d’azione e delle task force per popolare e mettere in funzioni le strutture gia presenti poi penso possiamo teorizzarne e metterne di nuove; la mia preoccupazione è il livello di complessità che si viene a creare in seguito, come rendiamo il tutto mantenibile e sostenibile?

Ti ho detto che è infallibile, non che è economica. :wink:

Esistono euristiche più semplici che adotto per scegliere le dipendenze da usare per lavoro. Prima di scegliere un componente con una licenza libera, oltre a considerare le dipendenze e la qualità del codice, studio la storia dei candidati e talvolta mi aggrego alle comunità per qualche tempo. E’ un ottimo modo per minimizzare i rischi su progetti che richiedono effort pluriennali. Considera che se fai una domanda e nessuno ti risponde, che sia open source o free software, devi essere pronto a mettere mano ai sorgenti tu stesso in caso di problemi. Quindi meglio farlo prima che dopo, non credi?

In max 2 mesi ti fai un idea piuttosto dettagliata degli obiettivi del progetto e delle persone che ci lavorano.

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